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Autore: Chloe R Pendragon    16/07/2014    7 recensioni
Questa è la storia di James, un cinquantenne che odia profondamente la musica: quale sarà il motivo di tale repulsione? Se volete scoprirlo, vi invito a leggere questa One Shot; spero che sia di vostro gradimento, se vi va fatemi sapere le vostre opinioni, significano molto per me! *^*
Vincitrice del primo turno del concorso "Tutti i generi più uno!" indetto da aturiel sul forum di EFP.
Sesta classificata al concorso "Il contest al contrario" indetto da DonnieTZ sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La musica è figlia del diavolo

 
Il sole sorgeva pigro all’orizzonte, gettando una sfumatura violacea sulle rare nuvole sparse nel cielo; quest’ultimo si tingeva di una moltitudine di colori e non perdeva occasione per specchiarsi nel mare sottostante, beandosi a sua volta di quel variopinto spettacolo. James si godeva quel surreale panorama da una collinetta poco distante dal porticciolo, osservando le case sul litorale illuminarsi lentamente di nuove e vivaci sfumature pastello: una leggera brezza scombinava i suoi corti capelli brizzolati e faceva danzare i fili d’erba attorno a lui, generando dolci fruscii.
Le barche in lontananza, cullate dalle placide correnti, generavano un suono così flebile e costante da sembrare una sorta di nenia; il solitario cinquantenne inspirò profondamente, inebriandosi del piacevole profumo di salsedine che veniva trasportato dal vento e sentendosi attraversare da una totale sensazione di pace. Un unico pensiero si librava nella sua mente: che bella musica il silenzio!
Sorrise compiaciuto, gli occhi azzurri accesi dalla soddisfazione, approvando parola per parola quella semplice frase: era più forte di lui, aveva sempre detestato tutto ciò che aveva a che fare con la musica. Come poteva l’uomo essere così presuntuoso da cercare di “suscitare forti emozioni” con qualche aggeggio primitivo? Nessuno poteva competere in voce con il canto degli uccelli, né poteva esistere qualcuno capace di infondere una quiete paragonabile a ciò che la natura era in grado di suscitare.
Quella repulsione era così radicata nel suo essere da spingerlo a fuggire da casa sua nel cuore della notte per godere di quel melodioso silenzio; avrebbe sfidato chiunque a non provare lo stesso desiderio, dopo una giornata intera a sentire il proprio vicino esercitarsi con il pianoforte o la signora al pianoterra cantare, o per meglio dire urlare, a squarciagola canzoni dai testi insignificanti.
Basterebbe solo questo a spiegare il suo rifiuto, ma in verità esso aveva radici ben più antiche: difatti, quando aveva solo sedici anni James aveva perduto la testa per una sua compagna di classe, Melanie Stuart. Ogni volta che i suoi occhi osservavano quelle grandi iridi celesti, il suo cuore perdeva un battito, le sue gote s’infiammavano quando quella slanciata ragazza dai lunghi capelli biondi gli sorrideva: era pazzo di lei, al punto da seguirla dappertutto pur di vederla.
Purtroppo però lei non si era mai accorta di lui, schivo e timido qual era, così il giovane aveva deciso di ricorrere ad un gesto estremo: un suo amico, Charles McGregor, si esibiva ogni settimana in un locale in centro con la sua band e Melanie ogni volta andava a vedere le sue esibizioni. La sera prima di uno di questi spettacoli James aveva chiesto il suo aiuto per fare colpo sulla sua amata,  dedicandole una canzone d’amore; di fronte all’approvazione del cantante, il ragazzo si era sentito elettrizzato come non mai, pensando che fosse il giorno più bello della sua vita.
Per quell’occasione, aveva pettinato i capelli all’indietro e aveva indossato una camicia di seta bianca, dei pantaloni a tubo neri e i mocassini in tinta del padre: aveva voluto apparire impeccabile. Arrivato al locale, l’aveva vista subito, seduta al bancone con il suo splendido abito rosa antico e la chioma dorata raccolta in un elegante chignon con un nastro bianco: sembrava un angelo.
Dopo un paio di canzoni, Charles aveva annunciato a gran voce che il pezzo seguente sarebbe stato dedicato da James a Melanie, per poi eseguire uno struggente brano d’amore; terminata la performance, la ragazza si era guardata intorno e, nel momento in cui l’aveva visto, era scoppiata a ridere senza ritegno e se n’era andata.
Come aveva osato quella sgualdrina prendersi pubblicamente gioco di lui, umiliandolo senza alcuno scrupolo? Non era riuscito a capacitarsi di quella reazione spropositata, finché il suo orgoglio ferito non gli aveva suggerito una scappatoia alla sua figuraccia: e se fosse stata colpa della musica? Quella domanda aveva preso lentamente forma nella sua mente, diventando sempre più assillante e convincente, fino a trasformarsi in una certezza. Era stata colpa di quell’inetto che aveva creduto amico e della sua ridicola canzone; non avrebbe mai dovuto cedere alle lusinghe della musica, perché quella è figlia del diavolo, un’accozzaglia di suoni e di inutili rumori, incapace di esprimere i sentimenti umani.
Da quel giorno maledetto James aveva evitato le canzoni come la peste, prediligendo i suoni armoniosi della natura poiché essi non sono contaminati dall’animo corrotto dell’uomo;  per questo ogni mattina saliva su quella collina e godeva di quel prodigioso spettacolo, poiché esso annullava l’effetto di tutto il diabolico veleno che nel corso di ogni giornata infettava il suo spirito tramite le orecchie, che si trattasse del vicino o della signora al pianterreno o di chiunque altro cantasse, suonasse o anche solo fischiettasse un motivetto.
Sospirò rassegnato quando si accorse che il sole era interamente sorto, segno che il tempo a sua disposizione era finito: si alzò in piedi e s’incamminò verso casa, pronto a dover sopportare le quotidiane note del demonio, ricordo inossidabile del suo orgoglio ferito e del suo cuore spezzato.



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