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Autore: _wannamakeayeah    16/07/2014    0 recensioni
"L’importante non è se stai cadendo o se ti stai rialzando. L’importante è percepire la materia con cui sei a contatto, perchè è quella l’essenza dell’esistenza e noi siamo pedine che si muovono incostantemente su di essa, imperfette.
Non avevo paura della violenza dell'impatto, l’unica sensazione ricorrente nei miei pensieri l’unica sensazione ricorrente nei miei pensieri deliranti era quella di un vortice che stava spazzando via tutto dalle mie membra e io me ne stavo finalmente liberando."
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Catene
1.
 
giorno sconosciuto

Noah diceva che l’importante non è se stai cadendo o se ti stai rialzando. L’importante è percepire la materia con cui sei a contatto, perchè è quella l’essenza dell’esistenza e noi siamo pedine che si muovono incostantemente su di essa, imperfette.
Non avevo paura della violenza dell'mpatto, l’unica sensazione ricorrente nei miei pensieri deliranti era quella di un vortice che stava spazzando via tutto dalle mie membra e io me ne stavo finalmente liberando.
Quell’aria nello spazio che percorrevo gettandomi dalla scogliera era l’esatta distanza tra me e lui, perchè nel blu del mare c’erano riflessi i suoi occhi ad aspettarmi e le onde come braccia ad avvolgermi.
Mentre cadevo la forte pressione mi schiacciava i capelli sul viso, ma non mi impediva di osservare il cielo, che diventava ogni secondo leggermente più distante, ma sapevo che una parte di me sarebbe riemersa e volata più su del sole.


Quando mi sono svegliata in questo letto ho osservato in maniera distante e indifferente i fili collegati al mio corpo, la parete bianca e sbiadita, la tenda mossa dal filo di vento proveniente dalla finestra socchiusa, il raggio di sole che vi penetrava senza prepotenza. Avrebbe potuto essere un tiepido giorno di fine marzo, non troppo distante dal mio crollo emotivo.
O forse una fresca giornata estiva. In entrambi in casi, non devo esser stata abbastanza lontana dal mondo da far sì che gli altri mi abbiano già dimenticata. In entrambi i casi, non me ne sono mai andata davvero.

Non somiglia a quella cui ero abituata, questa stanza. La vecchia sapeva di soffocamento, qui l’aria è così taciturna e calma. Sono davvero ancora qua? Non voglio curarmi del resto.
Questa è la prima pagina di un’agenda blu trovata abbandonata sul comodino qua vicino. Un’agenda blu. Blu come l’oceano che mi cullava quel fatidico giorno, mentre bocca ed occhi andavano a fuoco. È quasi sollevante trascrivere i miei pensieri. Per la prima volta li vedo quasi tangibili e sono immobili e non c’è nulla che logori il foglio.
Sento dei passi al di là della porta. Non voglio parlare con delle persone.Tengo stretta l’agenda nelle mani, la nasconderò con me sotto la coperta e chiuderò le palpebre prima che qualcuno entri.

 

 
▸ 13 maggio
I giorni restanti che ho passato nella clinica sono stati pesanti.
I medici mi hanno dedicato costanti attenzioni, non molto sentite da parte loro e tantomeno volute da me. E’ perfino venuto uno psicologo, uno che non avevo mai visto. L’unico lì dentro con lo sguardo vivo e caldo, io l’ho chiamato Signor Luce.
Ha dovuto abituarsi in fretta alle mie labbra serrate.
E’ maggio ora, mi hanno detto. Il momento del mio risveglio e’ rimasto il più sereno del periodo trascorso in quella gabbia. Da un lato perchè ancora non avevo del tutto ripreso coscienza, dall’altro perchè i giorni sono andati ad incupirsi, fino ad arrivare a un forte temporale primaverile, con l’odore di fiore che impregna l’aria.
Ma la finestra restava aperta, l’ho voluto io. Non mi scuote il gelo, mi accarezza e mi increspa la pelle, mentre dentro rimbomba nel vuoto.Ogni volta che lui mi sfiorava lo stampavo sulla mia pelle. Lo sento ancora come un involucro che mi protegge dall’esterno, che ad ogni brivido si spezza un po’ di più.

Non sapevo rispondere alle loro domande. Non sapevo se fossi pronta per uscire da lì, non sapevo perchè non avessi fame, non sapevo a quale orario avrei voluto vedere il Signor Luce.
Rimasi in silenzio anche quando mi chiesero com’era possibile che fossi caduta dalla scogliera. Dissero proprio questo, sottolineando la parola “caduta”, perchè sapevano cosa avessi provato a fare. C’erano i miei medici riuniti, alcuni con uno sguardo quasi di rimprovero, altri di compassione, nessuno che sembrasse volermi capire davvero.
Era più facile restar zitta e mantenere il distacco, come a dire “ho bisogno solo di me stessa”. Una parte quasi ambigua da recitare, visto che tutto ciò che volevo era chissà dove oltre il sole ed ero stata pronta a rinunciare a me stessa pur di sentirmi più vicina a lui. Ora è finalmente il momento di andarmene, ma ormai non c'entro più un cazzo con là fuori.


Author's pov
Ehi, ciao a tutti!
Innanzitutto grazie per aver letto questo primo capitolo, spero vi sia piaciuto e che continuerete a seguire.
So che è un po' particolare, ma spero lo appreziate lo stesso!
Aggiornerò appena vedrò che la storia è stata letta da molti. Mi farebbe molto piacere se lasciaste una recensione, indicatemi pure ciò che non vi è piaciuto se volete, o fatemi domande se qualcosa non è stato chiaro!
Un bacio, S.
P.S. La storia è disponibile anche su Wattpad, dove potete vedere la copertina, questo è il link:
http://www.wattpad.com/story/19446237-catene
  
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