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Autore: futacookies    16/07/2014    3 recensioni
Prima classificata al contest: "Siamo sogni che camminano", indetto da ChrisBlazer su forum di Efp.
Era bello, il sorriso di Hermione. Era sempre tanto sincero da far male. Era sempre per lui. Poi c’era quel sorriso diverso, più maturo, sognante, quello che aveva quando Ron parlava di Quidditch o litigava con Grattastinchi per il posto sul divano di fronte al camino. [...] Sì, sapeva che era mattiniera, sapeva che odiava restare chiusa lì dentro senza poter fare nulla, sapeva che odiava volare perché soffriva di vertigini, sapeva che preferiva la cucina Babbana a quella Magica anche se il suo gelato preferito lo aveva soltanto Florian Fortebraccio. Sapeva di lei talmente tante cose che avrebbe potuto riempire pergamene su pergamene.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Storia partecipante al contest:
Siamo sogni che camminano
di ChrisBlazer


Nick dell’autrice: Liberty_Fede
Titolo: Fumo di Londra
Pacchetto scelto: Collana. Avremmo dovuto scegliere una sola tra tre opzioni, ma dato che io sono masochista le ho usate tutte e tre. ^^ (il contest è a pacchettinon esclusivi, non mi sembrava corretto divulgarne il contenuto. A contest scaduto modificherò le note – se proprio ovessero interessarvi ‘-.-)
Rating: Verde
NdA: Mh. Ringraziamento particolare a xitsgabs. Per aver ascoltato i miei isterismi quando credevo di non riuscire a combinare niente e per il geniale suggerimento sulle strade di Londra. Per il resto, ci vediamo alla fine.



 
Fumo di Londra
 

Abbey Road, Fleet Street, Picadilli.
Le strade della capitale scorrevano sotto i suoi piedi rapidamente.
Come ci era arrivato dal Surrey? Non ricordava che zio Vernon l’avesse accompagnato nella capitale. Forse era il primo settembre e avrebbe dovuto raggiungere King’s Cross, ma c’era qualcosa che non andava. Aveva appena voltato le spalle al Parlamento e aveva intrapreso una serie di vicoletti che non credeva di conoscere.
Green Street, Brick Lane.
Il paesaggio mutava rapidamente e a mano a mano che superava strade e vie sentiva qualcosa alleggerirgli il petto. «Harry?» 
Sorrise, vedendo Hermione corrergli incontro. Ecco dove stava andando. A casa. Per lui Hermione era proprio quello: casa. Dove trovava conforto quando era triste, dove trovava consiglio quando non sapeva cosa fare, dove trovava affetto quando ne aveva bisogno.
 Gli si buttò tra le braccia e la strinse forte, accarezzandole i riccioli selvaggi. «Harry!» Arrossì e per un momento pensò di trovare una scusa. «Io… Hermione, voglio dirti una cosa. Io sono innam…» Venne fermato dalla ragazza che gli posò un dito sulle labbra. «Ssh. Lo so. L’ho sempre saputo.» Si fermò e arrossì. «Anch’io…» Le impedì di proseguire, baciandole teneramente la bocca.

*

Passeggiavano per i quartieri Babbani di Londra, ormai da ore. Solo lui e Hermione, perché in fondo era giusto così. Avevano comprato le caldarroste da un venditore ambulante e adesso erano seduti su una panchina vicino a qualche ponte di cui non conosceva il nome, il Tamigi che scorreva placido sotto di loro.
«Hermione.» Quando la chiamò la ragazza, si voltò e sorrise. Era bello, il sorriso di Hermione. Era sempre tanto sincero da far male. Era sempre per lui. Poi c’era quel sorriso diverso, più maturo, sognante, quello che aveva quando Ron parlava di Quidditch o litigava con Grattastinchi per il posto sul divano di fronte al camino.
«No, nulla. Lascia stare, una semplice sciocchezza.» Tornò a guardare il fiume che continuava il suo corso. Avrebbe fermato il tempo e lo scorrere delle stagioni per stare con lei. Per trattenerla con sé e non lasciarla scivolare inevitabilmente verso Ron. 
Improvvisamente la ragazza gli prese le mani, scaldandogliele con le proprie. Londra era ricoperta da un manto candido. Stava nevicando. «Harry, io…» Arrossì, giocherellando con le sue dita. Aveva le labbra screpolate dal freddo della capitale, e sembravano ancora più belle. Non concluse la frase, ma appoggiò la testa sulla sua spalle, socchiudendo gli occhi. Stava sorridendo, ingenua, romantica e sincera. «Vorrei restare qui per sempre» le disse, rafforzando la presa sulle sue mani. Si era allontanata da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi e aveva annuito. Poi si sporse in avanti e lo baciò.

*

Hyde Park in primavera era meravigliosa. Gli alberi in fiore, gli scoiattoli che si risvegliavano dal letargo, gli uccellini che cantavano e, ovviamente, le pozzanghere, perché Londra restava pur sempre Londra e pioveva a dirotto anche con l’avvento di una stagione migliore. 
«Hermione, dai, vieni!» Anche in quel momento pioveva, e l’amica si era riparata sotto il tettuccio di un bar. Non avevano portato un ombrello. Lui se ne stava lì, tra due querce, a prendere acqua in testa. Probabilmente si sarebbe ammalato, ma non gli importava. Gli innamorati fanno sempre cose folli, no?
«Harry! Riparati subito! Non voglio nemmeno pensare a cosa dirà la signora Weasley quando torneremo alla Tana e ti vedrà con i vestiti tutti bagnati e sporchi di fango!» Le sorride e le tese una mano. «Se anche tu sarai tutta bagnata e coperta di fango, magari crederà che sia stato un terribile incidente, no?» Pur riluttante, Hermione accetto la sua mano e lo raggiunse. Le fece fare una giravolta e cominciarono a ballare sotto la pioggia. Dopo un po’ si fermarono e la ragazza nascose il volto nell’incavo del suo collo.
«Cosa stiamo facendo?» gli chiese, cingendogli la vita con le braccia. «Non lo so. La cosa giusta, credo.» Fecero qualche passo incerto verso una panchina vuota, ormai zuppi d’acqua. A metà strada Harry scivolò, trascinando con sé l’amica. Scoppiarono entrambi a ridere, rotolandosi nella pozzanghera per riuscire a uscirne. Alla fine Harry rinunciò e si distese sull’erba umida. Hermione lo osservò, poi allungò il braccio per aiutarlo. Le strinse forte la mano e la attirò verso sé. Era diventata rossa, un po’ d'imbarazzo, un po’ di rabbia, certamente. Le accarezzò una guancia e affondò una mano tra i suoi capelli, per avvicinarla. I loro nasi si sfiorarono, poi depose un casto bacio sulle sue labbra.

*

Era finita. Aveva davvero sconfitto Voldemort e non sarebbe più tornato, ne era sicuro. Tra le mura di Hogwarts tutti stavano festeggiando. Remus, Sirius, Tonks, il professor Silente, i Weasley al gran completo, i Grifondoro, i Tassorosso, i Corvonero, perfino i Serpeverde sembravano sollevati dall’accaduto, nonostante la faccia di Malfoy fosse livida di rabbia.
Lui non aveva voglia di festeggiare. Non riusciva a trovare Hermione. Aveva cercato l’amica in Sala Comune, sperando di che avesse preferito un po’ di tranquillità, ma probabilmente era in Sala Grande con tutti gli altri. Corse a perdifiato le scale, fino a raggiungere la Sala d’ingresso, con tutte le clessidre colme di pietre. Da lontano sentiva il vociare dei Membri dell’Ordine e vedeva la testa di Tonks su tutte, in un’esplosione di colori.
Avanzo di qualche passo, ma fu travolto da una cascata di riccioli scuri che gli gettò le braccia al collo. «Harry! Oh, Harry!» La ragazza singhiozzò contro il suo petto, bagnandogli il maglione della divisa. Le accarezzò piano i capelli, cercando di tranquillizzarla.«Ho avuto così tanta paura… Se ti fosse successo qualcosa, io…» La strinse più forte mentre i singulti aumentavano.
«È tutto a posto, Hermione. Sono qui.» Mormorò, il volto nascosto tra i suoi capelli. Si chinò verso le sue labbra e la baciò a lungo, come per garantirle che era lì, che era reale. Sapeva di buono, Hermione. Di sogni, di futuro, di promesse. Sapeva d’amore. Di quell’amore a cui lui non avrebbe mai rinunciato, per il quale aveva combattuto contro Voldemort, per il quale avrebbe lottato, sempre.

*

Aveva afferrato una manciata di Metropolvere e aveva scandito l’indirizzo di casa di Hermione e Ron. Che crudele il destino. La donna che amava aveva sposato il suo migliore amico proprio quando le aveva rivelato i suoi sentimenti, costringendo entrambi al tradimento. Lui non si era mai accorto di nulla, anche se ormai continuavano a incontrarsi di nascosto da quasi due anni. Non si era domandato perché non riusciva ad avere mai il turno di lavoro con l’amico, o perché erano mesi che non uscivano più tutti e tre insieme, come quando erano ragazzi.
«Harry.» Hermione stava leggendo. Seduta sul divanetto rosso, con le gambe incrociate e lo sguardo perso in chissà quali fantasie. Si alzò e gli andò incontro, abbracciandolo. «Ehi. Tutto bene? Come è andata oggi?» Quasi tutti i pomeriggi si ritrovavano, scambiandosi le attenzioni tipiche di una coppia. Si ripeteva che ci sarebbe dovuto essere lui, al posto di Ron, che  – per quanto simpatico e di buon cuore – non meritava Hermione.
«Bene. Sai stanno incominciando ad abbattersi i pregiudizi sui Lupi Mannari. La testimonianza del professor Lupin era stata di valore inimmaginabile. Lui è un Lupo, eppure ha una famiglia, lavora per Silente, ha combattuto contro Voldemort. È considerato un esempio.» Fece una piccola pausa. «Tu? Ron mi ha raccontato che avete problemi a rintracciare alcuni Mangiamorte.» Aveva annuito stancamente, sedendosi dove fino a pochi attimi prima c’era lei, che l’aveva raggiunto, stringendosi contro di lui. 
Entrambi videro uno sbuffo verde dal camino, ma non fecero in tempo a separarsi. Ron era davanti a loro, con un’espressione inizialmente confusa, poi stupita, infine arrabbiata. Le sue orecchie avevano lo stesso colore dei capelli. «Ron…» Hermione aveva tentato un approccio, ma lo sguardo che le aveva rivolto aveva indotto Harry a stringerla più forte. «Tu» cominciò, indicandolo. «Avevi detto che ‘eri stanco’. Che saresti andato a riposare. Così ti riposi? Buono a sapersi.» Aveva riempito di disprezzo ogni parola pronunciata. «Non voglio più avere a che fare con voi.» Si era smaterializzato senza permettergli di ribattere.
Aveva perso il suo migliore amico, ma da quel momento avrebbe potuto amare Hermione alla luce del sole, senza fingere di essere soltanto amici. «Hermione.» La donna gli rivolse un’occhiata di fuoco. «Vattene! Non voglio più vederti! Il tuo ‘amore’ ha distrutto la mia vita e rovinato il mio matrimonio! Sei un mostro! Sparisci!» Aveva provato a parlare, a fare qualcosa, ma l’immagine vivida nella sua mente si stava dissolvendo lentamente.

***

Si svegliò, sudato, angosciato nel suo letto a Grimmauld Place. Si accasciò contro la testiera del letto, socchiudendo gli occhi. No, si disse,non è possibile. Eppure, quante altre volte aveva sognato cose del genere? Ormai quasi tutte le notti sognava di Ron che veniva a conoscenza del suo segreto. Era un peso terribile da portare, forse anche più di Voldemort, della guerra.
Cosa avrebbe pensato di lui Sirius, o Remus, se avessero saputo che lui sarebbe stato disposto a sacrificare l’amicizia con Ron per avere l’amore di Hermione? Non osava immaginare cose gli avrebbero detto.
Se fosse stato vero? Insomma, se il suo amore le potesse davvero fare del male? Se fosse stato ricambiato? Scosse la testa, frustrato. Forse era meglio continuare a frequentare Cho e seppellire i suoi sentimenti. Si chiese se avrebbe mai potuto ignorare quello che provava –davvero, come ci era arrivato fino a quel punto? – se ogni giorno viveva con lei.
«Ehi.» Non si era neanche accorto che era arrivato nel salotto, per allontanarsi dalla visione dell’amico, che aumentava i suoi sensi di colpa. Non poteva continuare così. Si voltò verso Hermione, che gli aveva posato una mano sulla spalla. Si irrigidì.
«Che ci fai qui?» Appena sveglia i suoi capelli sembravano ancora più gonfi, ribelli e si rese conto che a lui piacevano così, una massa indefinita e selvaggia, che faceva a pugni con il carattere della ragazza. I suoi occhi sembravano più scuri nella quasi assenza di luci.
«È quasi l’alba, sai che sono mattiniera.» Le sorrise e annuì. Sì, sapeva che era mattiniera, sapeva che odiava restare chiusa lì dentro senza poter fare nulla, sapeva che odiava volare perché soffriva di vertigini, sapeva che preferiva la cucina Babbana a quella Magica anche se il suo gelato preferito lo aveva soltanto Florian Fortebraccio. Sapeva di lei talmente tante cose che avrebbe potuto riempire pergamene su pergamene. Cose che non avrebbe potuto dimenticare, seppure avesse voluto farlo. «E tu? Non dovresti essere con Ron a fare a gara per chi russa più forte?»
Forse avrebbe dovuto dirglielo. Forse non sarebbe stato tanto terribile. Forse avrebbe ricambiato i suoi sentimenti e Ron dopotutto l’avrebbe perdonato. No – si ripeté – non è possibile.
«Volevo restare solo. Sai, a volte credo che sia la cosa migliore. Se nessuno di voi fosse con me, probabilmente sareste al sicuro. Di certo, più di quanto lo siete adesso.» Sarebbe stata davvero la scelta giusta. Lasciare l’antica dimora dei Black e affrontare a viso aperto Voldemort e i suoi seguaci. Farsi uccidere per una buona causa invece che continuare a pugnalare se stesso. Sentì la mano di Hermione scompigliargli i capelli.
«Oh, Harry! Che sciocco che sei! Non siamo fatti per restare soli. Credi davvero che riusciresti a vivere da solo? Credi davvero che ti lasceremmo vivere da solo?» Sorrise di fronte alla spontaneità dell’amica. Avrebbe tanto voluto che fosse spinta dai suoi stessi sentimenti.
«Beh, io non vorrei lasciart…» Si bloccò quando sentì dei passi trascinati sulle scale.
«Mh, Harry… Hermione… come fate a essere già svegli?» La voce impastata di sonno di Ron gli impedì di continuare la frase. Si alzò e diede un’occhiata alla finestra. Londra stava prendendo vita, con gli automobilisti che suonavano i clacson e le fabbriche che cominciavano a mettersi in moto.
«C-ciao Ron.» Anche nella semi-oscurità poteva notare il rossore che le imporporava le guancie. Ah, già. Aveva dimenticato che al contrario del suo, l’affetto dell’amico era ricambiato. Uno sbuffo grigio si era levato dalla canna fumaria di qualche industria nelle periferie, seguito da tanti altri.
Fumo di Londra, come a volergli dire che in fondo anche i più profondi sentimenti potevano sfumare, quando il vento soffiava forte.

***

Note dell’autrice:
Umh. Mi fa profondamente schifo e non avrei mai dovuto consegnare una cosa del genere, ma vabbè. La storia – nel caso non si fosse capito – è ambientata all’inizio del quinto libro. Il contest prevedeva che la storia avesse come parte centrale un sogno, e dato che io sono solita strafare, ne ho messi cinque. Non siete costretti a considerarli in ordine cronologico, anche perché partono tutti da situazione diverse. (In realtà, i primi tre prevedono Harry che si dichiari, il quarto parte dal presupposto che siano fidanzati, il quinto da Harry che –seppur ricambiato – si è dichiarato un po’ troppo tardi, perché Hermione è in procinto di sposare Ron.). Non ci sono tracce di Harry/Ginny perché all’epoca l’interesse per la ragazza non era ancora nato. Il fatto che sogni di uccidere Voldemort, ci potrebbe anche stare, no? E c’è anche il fatto che molti dei personaggi che sono morti nel corso della storia nel quarto sogno siano vivi, perché non immagina il destino che gli toccherà. Il titolo è stato scelto per una serie di concatenati motivi. Primi tra tutti, il fumo, da me simbolicamente usato per indicare il sogno, tendenzialmente sfumato, poi la presenza di Londra, dove si trova effettivamente Grimmauld Place n.12 e dove sono ambientati gran parte dei sogni di Harry. Poi perché ‘fumo di Londra’ è una tonalità di grigio che adoro, quindi aggiungete anche i capricci della psiche. Nota sulle strade: non sono affatto convinta che siano vie comunicanti – in effetti, sono più sicura del contrario – ma ho preso nomi a caso che mi ispiravano. Da quel che ricordo dei libri, mi sembra che Hermione viva a Londra, ma se non dovesse essere così, perdonate la gaffe. Se non fosse stato abbastanza chiaro, l’ultima scena, prima che Harry si svegli, è più un incubo che un sogno. Harry soffre di sensi di colpa perché si è reso conto che Ron prova qualcosa per Hermione e che è ricambiato. Brr. (Non sono grande fan della Romione, ma tralasciamo). Il fatto che i sogni siano così nitidi e dettagliati è dovuto alla mia esperienza personale, perché i miei sogni – o incubi – sono estremamente realistici. Ho già ringraziato Gabs per il sostegno morale e psicologico, quindi direi che non c’è altro da aggiungere, se non recensiterecensiterecensite!
- Fede 
  
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