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Autore: Willow Gawain    16/07/2014    1 recensioni
Dopo la dichiarazione di guerra, dopo la battaglia, dopo la distruzione, la fuga e la sconfitta, tutto ciò che resta è un paese distrutto, fatto di case abbandonate, cadaveri appesi per il collo e ricordi di un passato ormai morto. In mezzo alle fiamme che divampano e all'odore della morte, un soldato percorre vie di un villaggio che non conosce, ma che ha contribuito ad annientare. E riflette.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Possa la tua spada portare onore a tutti noi

Una nuvola maleodorante di fumo si solleva verso il cielo, annodandosi e disperdendosi nell’aria avvelenata. All’altezza della strada, distrutta dai recenti combattimenti, il fuoco divampa e divora le case abbandonate in fretta e furia; un tetto crolla con un gran trambusto, un urlo in lontananza riecheggia, una bambola di pezza a forma di gatto, che giace sul viottolo in cioccolato, viene raggiunta dalle fiamme.

Il numero delle vittime è stato alto, ma la battaglia è vinta.

Yves è immobile davanti a un albero, gli abiti in parte bruciati, il mantello sporco di terra, sangue e fango che ondeggia nel vento, e allo stesso modo anche le mani, il viso e le due spade che tiene in mano necessitano di una lavata.

Ma al momento non potrebbe importargli di meno.

Il suo compito è stato portato a termine: ha consegnato il sindaco ai suoi superiori, adesso è in ricognizione e può perdere tutto il tempo che vuole a osservare il corpo di un uomo penzolare da quell’albero. Si sarà impiccato per terrore e disperazione, immagina Yves, per non cadere in mano ai nemici.

Non è l’unico ad essersi suicidato: pare che in quel piccolo paese sia una pratica molto antica, quella di levarsi la vita se la situazione si fa disperata.

Un’altra delle loro mille battaglie che viene combattuta in nome di dio. Anche stavolta l’Ordine ha vinto, ma Yves, diversamente dal passato, sente che quella vittoria è una sconfitta, perché non era con l’intenzione di massacrare che erano giunti in paese il giorno prima.

«L’ostilità nei nostri confronti è normale amministrazione.» aveva spiegato il suo maestro, un uomo che si avvicinava alla terza età ma che ancora aveva la forza di un giovane toro, quella mattina, prima di dar al suo soldato prediletto gli ordini: attaccare il villaggio, prendere in consegna il sindaco e far quanti più prigionieri e meno vittime possibile.

Il risultato è stato catastrofico, però. Sono riusciti a catturare meno della metà della popolazione dei ribelli, una parte di essi si è data alla fuga attraverso le montagne, l’altra parte è perita.

Nessuno vuole affrontare il peso della propria colpa: essere traditori.

Quel che l’Ordine fa ai traditori è davvero spaventoso, pensa Yves, sentendo improvvisamente un moto di timore misto a risentimento. Ma verso chi? Non verso l’Ordine, questo è certo, poiché se non fosse stato per loro lui sarebbe stato solo un neonato abbandonato e morto di freddo in una notte di neve, ai piedi di un convento. Non sarebbe Yves de Saussure.

E allora dev’essere per i ribelli, quel rancore. Ma Yves, pur sforzando la mente appannata dallo sforzo e dalla stanchezza, non riesce comunque a trovare un motivo per convincersi che quello è il destino che si sono tirati addosso con le loro mani.

Stanco di star lì a rimuginare ed osservare il fuoco mangiare la casa, l’albero e il suo impiccato, abbandona il luogo prima che il fumo renda il suo roco respirare più difficile di quanto già non sia.

Si avvia lungo il viale, il suono dei suoi stivali è tutto ciò che ode nel silenzio di morte; si abbassa il cappuccio rosso sui capelli biondi, sente in bocca il sapore del sangue e ricorda d’essere stato ferito all’addome, ma non si tratta di niente di troppo serio, se ne occuperà più tardi all’accampamento.

Le sue spade, che maneggia con abilità sin dalla tenera età – dopotutto è stato cresciuto per diventare un soldato, lui – sembrano più pesanti del solito. Sono più pesanti del solito.

Tossisce, vorrebbe buttar fuori tutto quel fumo che sente nei polmoni, ma si rende conto che le sue vie respiratorie sono quasi completamente libere e in realtà è solo una sua impressione. È la suggestione, è tutta quella desolazione intorno a lui, che opprimerebbe chiunque.

Passa accanto a un altro paio di cadaveri: un uomo con una freccia conficcata in pieno petto e un vecchio che ancora stringe in mano la sua spada; Yves immagina che anche lui un giorno morirà così, impugnando le sue spade per l’Ordine.

Non è affatto raro che un soldato cada in battaglia, e di lì in breve ne ha la conferma.

Lo intravede nonostante il banco di fumo e la distanza, accasciato contro il muro di quella che, a giudicare dall’insegna, era una panetteria. Lo riconosce dal mantello rosso che si confonde con la pozza di sangue ai suoi piedi: è uno di loro.

I suoi piedi si muovono da soli, corrono senza remore in mezzo alla distruzione, in mezzo alla nube che puzza di decomposizione e corrosione; i suoi polmoni gli urlano di non fare idiozie, che stavolta non è un effetto della suggestione, ma Yves raggiunge in pochi secondi il suo compagno e con rassegnazione fissa la lancia che gli ha bucato lo stomaco e gli impedisce persino di appoggiarsi con entrambe le spalle all’edificio.

Respirando il meno possibile, si inginocchia davanti al compagno e gli solleva il cappuccio; in quel momento l’altro spalanca i suoi occhi azzurri e li punta su quelli verdi di Yves, si abbandona ad un colpo di tosse violento, sputa sangue e inizia ad ansimare di dolore.

«Toglila…» lo implora con voce strozzata: non vuole quel corpo estraneo nel ventre.

Yves sa che non c’è più niente da fare, ma questo arrecherà al suo compagno solo altra agonia e una perdita di sangue che lo porterà alla morte in pochi minuti.

Nonostante ciò ripone le sue spade e afferra la lancia, tiene fermo il commilitone e con un colpo secco estrae l’arma da lui, che gli urla nelle orecchie fino a stordirlo.

La lancia cade a terra, il soldato si accascia addosso a Yves, sanguinando copiosamente e respirando a fatica.

«Grazie…» sussurra, prima che l’altro lo appoggi con delicatezza contro il muro.

«Non sforzarti.» Yves prova ad essere rassicurante; in molti nella sua sezione dell’esercito lo conoscono e sanno che è una persona gentile, sempre sorridente, che cerca il lato positivo di tutto, ma in quell’occasione è troppo difficile persino essere se stessi «Vuoi che porti un messaggio a qualcuno?»

Il compagno senza nome sa di essere spacciato e l’ha già accettato, Yves glielo può leggere nel volto pallido e smorto, ma il sorriso malinconico che gli rivolge è come un colpo al cuore «No. Non ho… nessuno.»

Silenzio. Che cosa dire a una persona che in punto di morte si accorge di essere sola al mondo?

«Ti capisco.» riflette Yves sottovoce, ma poi aggiunge «Allora resterò qui un altro po’.»

Vorrebbe farla suonare come una piccola consolazione, come un hai me, che sono un tuo compagno, ma il fumo nei polmoni lo fa soffrire e tossire. Ciò fa sorridere ancora l’altro, che tossisce molto più di lui.

Quando sembra trovare un po’ di stabilità, egli chiede «Sei… il francese, giusto?»

Sì, lui è il francese. È ancora un po’ difficile per quelli della sede inglese accettare di avere un francese tra le loro file, ma lo trattano tutti con pazienza quando non sa tradurre questa o quella parola.

«Yves.» conferma, annuendo «E tu?»

«Charles.» si presenta a fatica l’uomo morente, con la voce che viene sempre meno e gli occhi che cominciano a lacrimare.

Anche quelli di Yves si velano di lacrime e pizzicano: il fumo si sta facendo pericolosamente denso, le fiamme si avvicinano e a breve passeranno dall’osteria vicina alla panetteria.

«Ti porto via di qui, Charles.» decide sul momento, ma viene interrotto da una mano che trema nell’aria.

Charles piange in modo doloroso, contemporaneamente il lago rosso ai loro piedi impregna i loro vestiti e scorre come un countdown. Altri colpi di tosse, la testa che gira, il calore che si avvicina e la strada che va a fuoco. La linea di confine tra vita e morte è a pochi metri da loro quando Charles chiede che lo si aiuti a sollevare la spada.

Yves capisce al volo cosa vuole fare; lo aiuta a stringere l’arma in mano, poi solleva anche la sua: i loro polsi si incontrano a metà strada e le lame s’incrociano.

Gli occhi del ferito iniziano a spegnersi «Possa la tua spada…»

«Portare onore a tutti noi.» termina il motto dell’Ordine Yves, per poi aggiungere con un sorriso «La tua l’ha fatto.»

Non è certo che Charles l’abbia sentito, ma immagina di sì, poiché muore con un’espressione serena sul viso, il braccio che si accascia sulla strada sporca e distrutta. Gli occhi azzurri si chiudono per sempre, la testa scivola di lato.

Yves sa che non può più star lì: ogni parte del suo corpo addetta alla respirazione urla, la ferita all’addome gli pulsa e comincia a perdere sangue, inoltre il cadavere di un compagno morto è uno spettacolo davvero insopportabile. 

Si mette in piedi, traballando inizialmente in preda a un capogiro, poi si allontana, dando le spalle all’incendio: non vuole assistere a quel che di lì a breve sicuramente accadrà. Non vuole vedere Charles sparire tra le fiamme.

Stringe in mano una delle due spade, finalmente esce dalla nube nera e sente l’aria farsi più respirabile.

Non si dimenticherà mai la voce che ha calato il sipario sulla sua vita con quella frase.

Possa la tua spada portare onore a tutti noi. 

 

 

 

Note:

Era da tempo che volevo scrivere qualcosa su Yves, personaggio che uso in un gioco di ruolo ma che non ho quasi mai avuto il piacere di giocare in una situazione che riguardi da vicino le sue missioni per conto dell’Ordine, la setta religioso-militare di cui fa parte. Spero di riuscire a scrivere qualcos’altro su di lui in futuro: avere un personaggio in una setta è davvero particolare!

Per il resto, era da tempo che non pubblicavo su EFP. Se qualcuno di voi mi segue, ho il grande piacere di dire che ho finito Twisted Mind e la sto rivedendo, assieme ad altre tre mie vecchie storie. A breve il mio account subirà una bella rinascita, con tante nuove storie e altre vecchie rivedute e corrette! Ringrazio infinitamente della grande pazienza tutti quelli che ancor oggi mi chiedono del seguito di Snow: arriverà presto, lo sto scrivendo; per adesso vi invito, se ne avete voglia, a tenermi compagnia attraverso le altre storie.

 

A presto!

Sely.

 

  
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