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Autore: DalamarF16    16/07/2014    2 recensioni
Milano, quartiere Bovisa. Natalia Romanova è in missione sotto copertura, con lo scopo di raccogliere informazioni su un nuovo velivolo in sviluppo al dipartimento di aerospazio del politecnico. Clint la sta seguendo, l'ordine di tenderle un'imboscata...ma qualcosa cambia...e Clint si ritrova a proteggerla.
Questa fanfiction nasce dall'altra storia che sto scrivendo, La recluta. Lì racconto a flashback la mia versione dell'inizio dell'amicizia tra Clint e Natasha e siccome mi è venuta voglia di approfondirla...eccomi con questa fanfic del tutto indipendente da "la recluta". E' una Clintasha? Probabile. Chi sta leggendo la recluta troverà parti uguali, ma il tutto è approfondito...per chi invece non la sta leggendo...bè spero che questa mia versione vi piaccia...
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PERSONAL SPACE: Rieccomiii!! scusate se sono stata un po' latitante ma come spaete mi stavo portando avanti con La Recluta, ma non pensate che io abbia abbandonato i Nostri Clint e Natalia! Un grazie come sempre ad Alexis e Ledy leggy, che mi recensiscono sempre e a chi ha inserito questa sotria tra le seguite e le preferite!
Vi lascio al capitolo...Buona lettura!

Capitolo 3: Tra 8 milioni di persone


Non lo video più per un bel po' di tempo.
Da subito aveva scartato l'ipotesi che fosse un abituè del locale: ormai lavorava lì da parecchio e non l'aveva mai visto prima.
Certo era probabile che, chiunque fosse il suo mandante, facesse un lavoro che lo mandava in giro per il mondo con una frequenza tale da rendere inutile una dimora fissa (un po' come lei) o, ancora, era possibile che lui fosse lì in missione e si fosse fermato fino al completamento per poi tornarsene in patria, qualunque essa fosse, anche se da quel che ricordava del loro dialogo, le era sembrato decisamente americano sia nell'aspetto che nella parlata.
-...Festa sabato?-
Natalia ci mise qualche minuto a capire che la collega stava parlando con lei.
-Come scusa?- chiese educatamente -ero sovrappensiero e non ti ho sentito-
-Sabato è il mio compleanno- ripetè paziente Martha -Ho visto che non sei di turno, e mi chiedevo se ti facesse piacere venire alla mia festa. Non sarà niente di che- si affrettò a spiegare vedendo l'espressione lievemente stupita sul suo volto -Solo pochi amici, così, per stare in compagnia. Potrebbe anche essere l'occasione per fare nuove amicizie, vieni dall'Ucraina giusto?-
Natalia, ora Nina, annuì.
-Sì, va bene. Grazie-
Non aveva la più pallida idea di cosa diamine fosse una festa di compleanno. Cioè, in teoria lo sapeva, ma nella pratica non ci aveva mai partecipato. Sapeva che bisognava portare un regalo, ma nulla di più.
Quindi quel pomeriggio, a fine turno, si recò al centro commerciale alla ricerca di qualcosa di adatto.
All'inizio aveva pensato allo spray al peperoncino, che, si sa, a una ragazza sola che finisce tardi di lavorare può sempre servire, poi aveva pensato di stare esagerando.
Provò a entrare in libreria, dove fece l'enorme sbaglio di chiedere aiuto a una commessa, che le consigliò svariati libri che al momento sembravano andare molto di moda. A Natalia provocarono solo un gran mal di testa e un profondo disgusto.
Scartò le scarpe.
E la musica.
Alla fine vide una t-shirt che le sembrava abbastanza carina. Era a maniche corte, di un grigio chiaro, con dei brillantini e un disegno floreale stampato. Stufa della ressa di quel luogo pubblico, che risvegliava in lei le peggiori paranoie facendole vedere cecchini e spie ovunque, la comprò senza fare caso al presso e si precipitò all'aria aperta.
Ahhh.

Di Natalia non si svevano più notizie ormai da mesi, e non sapeva se esserne sollevato o preoccupato.
Probabilmente l'aveva preso sul serio, ed era sparita dalla circolazione, almeno per ora.
Dopo il fallimento con la rissa, Fury l'aveva tenuto per un po' lontano dal campo, per punizione probabilmente, ma poi si era accorto che Clint aveva un'innata capacità di irritare chiunque in qualunque modo se iniziava ad annoiarsi, e così, più per disperazione che per altro, l'aveva rispedito in azione.
La prima missione era stata una noia mortale. La scorta, a debita distanza, di un presidente di non si ricordava nemmeno quale sperduta nazione del mondo, abbastanza piccola da non averla mai sentita nominare prima. Essendo sconosciuto, i rischi che correva erano minimi, e infatti era tornato alla base dopo un mese con un livello di noia che rasentava l'infinito.
Poi era stata la volta del Canada, dove per lo meno si era divertito a fingersi un giovane scapestrato (il che per lui non era che un essere sé stesso) solo con lo scopo di riportare a casa la figlia fuggiasca del vice-presidente degli Stati Uniti.
Sì, Fury gli stava dando delle missioni al limite del ridicolo, probabilmente per punirlo senza far venire un esaurimento ai soldati di stanza al quartier generale.
Riuscì a tornare nella sua casa di New York solo dopo mesi.
Non la ricordava così tanto in disordine, ma non ci mise molto a capire che era tutta opera sua.
Si decise, più per avere dello spazio su cui camminare che altro, che era ora di riordinare un po' le cose.
Dopo il quarto carico di lavatrice aveva ancora svariati capi sporchi.
Decise di infilarli nell'armadio e accontentarsi già della montagna di roba che aveva lavato.
La cucina non era in condizioni migliori.
Svuotò il frigorifero dopo aver indossato nei guanti buttando il (poco) contenuto direttamente in un sacco della spazzatura. Non osò guardare lo stato del cibo, ma l'odore gli bastava ed avanzava.
Un lancio preciso, e i resti volarono 5 piani più sotto, dritti nel bidone della spazzatura.
Lavò il frigorifero e poi lo lasciò spento e aperto, per eliminare definitivamente i residui.
Doveva decisamente smetterla di comprare beni deperibili.
Non era la prima volta che tutta la sua dispensa veniva tirata letteralmente fuori dalla finestra.
Finita l'operazione si fece una doccia e decise di andare a cenare al fast food sotto casa, poi si buttò sul letto così com'era e cadde in un sonno profondo.

Si era quasi rassegnata al fatto che quel tizio non l'avrebbe mai più rivisto, quando, dopo qualche mese, eccolo ricomparire, sempre per la colazione del mattino.
Di nuovo, come la volta scorsa, fece una pausa strategica per non farsi vedere. Certo il suo aspetto era cambiato, tanto che ancora faticava lei stessa a riconoscersi allo specchio, ma non voleva esporsi.
Una parte di lei credeva alla versione di quel tizio di Milano, quello che voleva darle una seconda possibilità, ma il suo lato paranoico, quello che vedeva nemici ovunque e le impediva di star bene in un centro commerciale come tutte le sue coetanee, credeva che lui fosse l'ennesima trappola per eliminarla.
Quello che si chiedeva davvero era, però, per quale diavolo di motivo volesse davvero rivederlo.
Che a livello inconscio volesse avere quella seconda possibilità? O che si desse almeno il tempo di sapere cosa volesse proporle.
Decise che se si fosse fatto vedere ancora l'avrebbe seguito, se non altro per capire che tipo di individuo fosse e possibilmente dove lavorasse. L'unica pecca era che ora doveva anche lavorare e gestire quell'inizio di vita sociale che era nato con la festa della sua collega Tiffany.
-Quel tipo è veramente carino, sei riuscita a vederlo?- la accolse la ragazza non appena rientrò dalla pausa.
-Chi?-
-Quello che ha preso il caffè. Biondino, occhi azzurri..un gran bel didietro...-
Ci mise un attimo a realizzare che stava parlando di quel tizio.
-Ah...sì, un bel tipo- rispose distrattamente. Non era abituata a osservare in quel modo gli altri. Per lei osservare significava notare dettagli tipo rigonfiamenti nei giubbotti, o zoppie, o modi di fare che indicassero lati deboli. Però ne approfittò per fare la domanda che le premeva -Viene spesso?-
-No, non direi. Probabilmente lavora fuori città. Non si fa vedere magari per mesi, ma poi ricompare, salvo poi sparire di nuovo, ma credo che abbia una casa nel quartiere-
Quindi probabilmente aveva ragione.
Il suo lavoro lo portava in giro per il mondo.
-Sei interessata?- Martha non vedeva l'ora di farle trovare un fidanzato, e le aveva presentato almeno una decina di ragazzi nelle ultime tre settimane.
-Che? Eh, no...solo che sembrava che l'avessi radiografato più di una volta- (radiografato? Quando diamine aveva iniziato a parlare come una di quelle ventenni che aveva iniziato a frequentare dopo il lavoro?)
-Bè uno così non passa certo inosservato...specialmente quando viene dopo aver fatto jogging, o palestra...che peccato che non dia confidenza a nessuno...-
Natalia non si stupì di quell'affermazione. Se faceva il suo stesso lavoro, le relazioni non erano consigliate. Erano non solo una distrazione, ma anche una debolezza: avere qualcuno a cui si teneva era dare un'arma carica ai propri nemici.
Lei stessa usciva con le ragazze e sopportava tutti i loro tentativi di farla innamorare solo in virtù della facciata che voleva mantenere, ma non considerava nessuno un amico.
Fatta eccezione forse per Michela, la figlia di quel professore di Milano, non aveva mai avuto qualcuno con cui confidarsi.
Si sforzò di fare una risata complice
-Non vedo l'ora di ammirarlo allora-
Si diedero delle gomitate scherzose, complici, e per un attimo Natalia ebbe l'illusione di essere una persona normale, prima di ricordarsi che non era Natalia Romanova, ma Nina Golubev.
Nina era una ragazza normalissima, arrivata in America in cerca di fortuna. Natalia una forse ex spia russa ricercata da più paesi di quanti ne conoscesse.
-Speriamo torni presto...-
Natalia sorrise di nuovo, mentre prendeva il taccuino per fare il giro ai tavoli per le ordinazioni.

Quando si svegliò il sole era già alto nel cielo. Ma quanto accidenti aveva dormito?
Ancora con gli occhi ridotti a fessure prese il cellulare che gli aveva appioppato Nick Fury per poterlo sempre rintracciare, e vide che era quasi mezzogiorno. Accidenti, più di 12 ore...quasi un record.
Si costrinse a rotolare giù dal letto.
Doveva assolutamente rifornire la dispensa o sarebbe morto di fame. Bè, ok, forse non sarebbe morto di fame, ma di certo il suo conto in banca ora di fine mese ne avrebbe decisamente risentito.
Lo SHIELD pagava bene, ma non così tanto da permettergli di fare tutti i pasti fuori casa.
Si fermò al solito ristorantino sulla strada per il centro commerciale. Il caffè non era male, e il personale abbastanza gentile, nonché decisamente carino, specialmente la parte femminile di esso.
Fu lì che, per un istante, gli sembrò di vedere Natalia.
Si voltò in un secondo, sperando di dare un'occhiata più accurata, ma la ragazza era già sparita in cucina.
Certo, non era rossa, questo l'aveva visto, ma non era certo il colore dei capelli a identificare una persona, specialmente una donna.
Prese il caffè e uscì accantonando momentaneamente l'episodio. Prossima tappa: centro commerciale.

Lo vide sempre più spesso nel locale. Evidentemente si era preso una pausa dalle missioni e stava vivendo la vita di semplice cittadino.
Arrivava agli orari più disparati, non aveva una routine. A volte all'alba, a volte a metà mattina, delle volte al pomeriggio. Era sempre solo e raramente parlava con gli altri avventori, anche se era sempre educato con il personale.
Un pomeriggio il suo arrivo coincise con la fine del turno, così l'aveva seguito, non vista, fino a casa.
Si era ufficialmente trovata un hobby.
Un po' per sospetto, un po' per deformazione professionale, un po' per noia, e un po' per curiosità, aveva iniziato a seguirlo.
Abitava non molto distante da lei, e per fortuna non metteva spesso piede nel suo posto di lavoro.
Non era una cosa morbosa, semplicemente quando lo incrociava lo agganciava e lo seguiva. Era anche un ottimo allenamento per non perdere le vecchie abitudini.

Anche quel giorno, lo stava seguendo. Era presto e lei aveva appena staccato dal lavoro. Non aveva troppa voglia di andare subito a casa, così si era concessa un giro al centro commerciale per comprare una nuova tintura per capelli. Dio solo sapeva quanta voglia aveva di tornare al rosso, ma sapeva di non poter rischiare una mossa del genere. Sicuramente era la ricercata numero uno sulla lista.
Optò per il solito, anonimo, castano scuro, che ben si sposava con i suoi occhi.
Poi però lo aveva intravisto, vestito in borghese, jeans, allstar e una felpa col cappuccio. E gli immancabili occhiali da sole.
Si era subito messa a seguirlo, fortunatamente senza deviare dal suo obiettivo primario della tinta, visto che anche lui aveva fatto una tappa al supermarket.
Poi li aveva visti.
E loro avevano visto lei.
Aveva però letto nei loro occhi l'incertezza. I capelli erano diversi, il trucco le cambiava leggermente i connotati grazie a un sapiente uso di fondotinta, terre e quant'altro. I primi tempi faceva fatica a riconoscersi guardandosi allo specchio.
Non. Andare. In. Panico. Sta. Calma. Si disse. Stai in pubblico, in mezzo alla gente, e tieni le distanze.
Aveva visto Mr. Occhiali da sole entrare alla Grand Central Station, e immediatamente aveva deciso di seguirlo. Non perse tempo ad ammirare la grandiosità dell'edificio. Fece il giro, e gli corse incontro come se stesse arrivando direttamente dai binari.
-Amore!- Lo strinse a sé e lo coinvolse in un bacio appassionato.

PERSONAL SPACE: Che succederà ora? Chi sono i misteriosi inseguitori? Come reagirà Clint? Questo e altro nel prossimo capitolo!
   
 
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