Crossover
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Autore: Registe    17/07/2014    2 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 16 - Insieme, per sempre





Matoriv


Ho sempre creduto che ogni vita fosse preziosa. Ho fatto il possibile per non lasciare mai nessuno indietro, per non abbandonare nemmeno un civile nelle mani dei nemici, ho sempre cercato di vedere nelle persone in difficoltà il viso di coloro che sono più cari per trovare la forza per correre nella loro direzione, per voltarmi indietro quando tutto mi grida di correre avanti. Ho sempre creduto che fosse questa la vera dote di un leader, quella necessaria per ricordarmi che il fine non giustifica i mezzi e che il sentiero per la vittoria non può essere lastricato di vite spezzate.
Ma ieri ho spezzato una vita. Cerco di dirmi che l’ho fatto per Ivalice, ma questo non riesce ad addolcire la sensazione amara di aver appena calpestato tutto ciò in cui ho creduto per tutta la mia esistenza. Ho abbandonato una persona e l’ho condannata a morte.
Sono nella sua stanza, seduto al suo scrittoio. Un paio di occhi inquisitori mi fissano da una fotografia incorniciata, occhi che sarei stato felice di non rivedere mai più e che adesso cercano di incenerirmi per aver occupato questa stanza. Mi chiedo cosa avrebbe fatto l’imperatore Vayne al mio posto.
dai diari di Halim Ondore IV, Marchese di Bhujerba, Re di Dalmasca, Imperatore di Archadia.




“Ciao Killvearn! È qui la festa?”
Mara tossì per le polveri che si alzarono nel momento in cui la parete della caverna crollò. Lo gnomo mandò un grido di sorpresa e saltò sulla spalla del suo lugubre padrone quando l’esplosione coprì le loro parole e Lavok cadde a terra. Una sfera infuocata partì nella direzione del prestigiatore, ma Mara vide la figura respingerla con la falce e mandarla a schiantarsi sul soffitto. I fiori marcescenti che tappezzavano il pavimento della caverna svanirono con quel movimento. Una seconda fiamma illuminò l’ingresso, e comparve un uomo anziano, curvo e pallido che avanzò verso Killvearn a passo deciso mentre generava un lieve turbine d’aria che gli gonfiò la tunica bianca ed il mantello verde. “È un vero peccato che non ti sia degnato di invitarmi! Eppure dovresti sapere che amo questo tipo di feste … specie quando ci sono delle belle invitate!”
“Ohi ohi, Killvearn, qui le cose non vanno, Piro Piroro! Ma non avevamo catturato le prede sbagliate?”
Il prestigiatore le diede le spalle e si voltò verso il nuovo arrivato. Mara estese il Lato Oscuro verso le manette che la tenevano prigioniera approfittando della distrazione e cercò un punto debole, uno spiraglio, qualcosa che le permettesse di liberarsi le mani. Eomer doveva aver avuto la sua stessa idea, perché cercò di allungare le gambe ed avvicinare a sé la sua lancia. Lavok era caduto a terra e si premeva la ferita con la mano.
Killvearn roteò la falce e frappose la lama tra sé ed il mago. “Devo dire che il tuo tempismo è alquanto … irritante, Matoriv. Avrei davvero gradito vedere te in trappola al posto di questi buffoni!”
“Non puoi capire come sono contento di averti rotto le uova nel paniere, Killvearn!”
La sfera infuocata saettò dalle sue dita; il suo nemico la deviò una seconda volta, ma prima che le fiamme potessero dissiparsi altri tre globi furono scagliati in rapida successione, girarono intorno alla figura nera ed esplosero. Il mago dal vestito verde non si accontentò, e ad un gesto della mano fece crollare parte del soffitto della grotta ed i massi volarono sotto il suo controllo fino al centro del fumo. Ci fu un lungo silenzio dopo il boato, accompagnato solo da una lieve brezza. L’aria portò via i residui dell’incantesimo, ma dell’uomo con la maschera non vi era alcuna traccia. Al suo posto c’era solo un cappello nero, lucido, con un grande cilindro ed un tetro scintillio.
“MATORIV, ATTENTO!”
Una voce femminile, una che Mara era certa di aver già sentito da qualche parte, attraversò lo spazio. Dall’ingresso partì una scarica di punte gelide che si infranse proprio alle spalle del mago. Una sottile patina di gelo si formò nell’aria tutto intorno, e delineò una figura armata di falce che altrimenti sarebbe stata del tutto invisibile. Il prestigiatore fu colpito proprio mentre si trovava alle spalle del mago, pronto a far calare la falce sulla sua testa, ma quello grazie all’avviso si voltò ed aggiunse un secondo incantesimo di ghiaccio a quello già attivo. La magia avvolse Killvearn e lo rese visibile in modo definitivo, poi la creatura con la maschera fu allontanata da lì da una raffica di fiocchi di neve e vento freddo che congelò Mara pur sfiorandola di poco.
L’uomo anziano mosse le mani ed il corpo di Killvearn si spostò e si schiantò contro l’altro versante della grotta, poi di nuovo sulla parete. Mara vide l’assistente monocolo scappare terrorizzato proprio dietro alla figura ancora inerte di Valygar, ma era chiaro che il mago dal mantello verde non aveva alcuna intenzione di rincorrere quello gnomo fastidioso. “Ti conviene arrenderti, Killvearn! Oggi non è il tuo giorno fortunato!”
Le ultime parole furono seguite da un tonfo spaventoso; la pressione dell’aria creata dalle dita del nuovo arrivato spinse il nero prestigiatore contro l’ennesima parete, ma quella si distrusse per il colpo e la figura con la maschera venne avvolta da una pioggia di polvere e sassi.
Nessun essere umano resisterebbe ad un simile impatto …
La Sith rimase in silenzio, trattenendo il respiro. Il loro salvatore –e la sua misteriosa alleata- aveva gli occhi puntati sul corpo di Killvearn, con un’aura azzurra tra le dita che prometteva di partire non appena il nemico avesse compiuto un solo gesto sconsiderato. La falce era caduta per terra, ma Mara continuò a fissarla.
“La delicatezza non è mai stata il tuo punto forte, Matoriv” sussurrò Killvearn. Nonostante i colpi subiti si mise in piedi. Lo fece lentamente, mostrando ogni suo movimento al mago, ma nella voce e nei gesti non vi era nulla che testimoniasse delle ferite o una qualche forma di debolezza. A parte la maschera.
Mara vide una crepa bianca disegnarsi lungo la superficie del copricapo nero, all’altezza dell’occhio destro. La mano del prestigiatore corse sulla maschera e coprì il punto in cui il viso rischiava di scoprirsi, e per quanto Mara cercasse di vedere qualcosa, nemmeno un brandello di pelle o un capello trapelava da quella figura scura. Ma almeno aveva perduto la sua aura di invincibilità. “Dovrò insegnarti a portare rispetto verso un nemico di classe come me!”
“Io so essere molto delicato, Killvearn … MA NON CON TE!”
La roccia si mosse di nuovo, ma stavolta il prestigiatore fu più rapido. Con un’agilità impensabile per la sua figura evitò l’incantesimo e l’aura azzurra dell’uomo che si faceva chiamare Matoriv, poi si portò al centro della stanza. La falce volò di nuovo nella sua mano, e l’immancabile gnomo fece capolino. “Che movimento ineccepibile, che classe che hai, Killvearn!”
Saltò sulla spalla del suo padrone e strofinò le piccole mani verdognole sul metallo della maschera. Mara vide solo una tenue luce verde in quella direzione, e prima ancora che l’altro mago potesse scatenare una controffensiva la maschera era tornata intatta e la crepa era scomparsa. Saette e fiamme attraversarono l’aria, ma lui roteò l’arma e le mandò ad esplodere altrove; una cascata di scintille cadde su Lavok, che si contorse ancora di più per il dolore.
“Non si interrompe così la performance di un grande attore, Matoriv. E per ricordartelo bene … credo che innanzitutto taglierò a te ed alla tua misteriosa amichetta la via di fuga”.
Batté i piedi sul pavimento, e dallo stivale ne uscì un suono metallico. La roccia davanti a lui si spostò, e l’ingresso che conduceva alla Cripta Nera fu coperto da una luce color topazio: calò come una tenda sull’accesso appena creato, e Mara sentì nelle ossa la potenza di quell’incantesimo che divampava e cercava di incenerire tutti i presenti, anche loro che erano immobilizzati. Il nuovo arrivato scagliò un paio di magie elementali contro la barriera, ma il fuoco si infranse in quella strana luce e l’acqua si ridusse a dei sottili fili di vapore. Riprovò di nuovo, stavolta con un sasso, ma quello si sgretolò all’impatto.
“Hai spaventato il mio prezioso assistente, Matoriv …” disse lui, sollevando Piroro dalla sua spalla e appoggiandolo sulla sommità della maschera, formata da un semicerchio ed alcuni rettangoli di cui la donna non era sicura di volerne sapere il significato. Lo gnomo salutò il mago con la mano, poi si girò verso di loro e fece una linguaccia. “Perché invece non mi fai vedere la tua aiutante?”
“Sei davvero sicuro di volermi rivedere, schifoso mascherone?”
L’aria vibrò proprio alle spalle del mago, e l’incantesimo di invisibilità si dissolse rivelando una esile figura dal lungo abito viola ed i capelli rossi. L’ultima persona che Mara si sarebbe aspettata di rivedere lì.
Zachar.
Sapevo che dopo la disavventura al Castello dell’Oblio era tornata all’Impero con la coda tra le gambe.
La ragazza dagli occhi verdi sollevò i palmi ed una lingua di fuoco passò dall’una all’altra mano. Per quanto fossero trascorsi anni dall’ultima volta che l’aveva incontrata, Mara era certa che vi fosse qualcosa di diverso nel suo sguardo. Qualcosa di molto più determinato.
“Credevo che Auron ti avesse staccato la testa per bene, Killvearn. Ma non c’è problema!” disse mentre la fiamma si staccò dalle braccia ed iniziò a ruotare intorno a lei disegnando un cerchio. “Sono pronta a testare un’altra volta la tua presunta immortalità! E giuro che stavolta avrò molta cura nel non lasciare intatto nemmeno un mignolo del tuo corpo!”
“Tosta la mia assistente, eh? Mica come il tuo gnomo da quattro soldi!” rispose il mago.
Mara si voltò, e gli sguardi interrogativi dei suoi compagni confermarono tutti i dubbi che la stavano assalendo. Se quella era davvero la Zachar che conoscevano –e non ne era sicurissima, perché quello che ricordava della maga era solo un’ameba piagnucolosa al servizio di Kaspar- non aveva alcun motivo per essere lì. Quel Matoriv che era corso al loro salvataggio doveva essere un membro della Resistenza che stavano cercando, ma la ragazza serviva l’Imperatore. Un binomio che la rendeva perplessa.
E la preoccupava.
“Oh, no, Killvearn, è la guastafeste che ha rovinato il tuo superbo spettacolo sul Baan Palace! Mi sta davvero antipatica, Piro Piroro! Lei non apprezza la tua arte, non si merita nemmeno di vedere i tuoi numeri spettacolari, no no!”.
“Tranquillo, Piroro, non …”
“ADESSO MI HAI STANCATO!”
Zachar corse in avanti, avvolta dalla sfera infuocata. Estese una mano ed un’esplosione di scintille si riversò sul nemico. L’armatura nera del prestigiatore brillò per il riflesso della fiamma, si lasciò avvolgere dal potere della magia e quella si dissipò. L’avversario fece un passo indietro e portò la falce davanti all’assalitrice, ma la roccia sotto i suoi piedi si frantumò e quelle che sembravano gigantesche radici marcescenti saettarono verso l’alto e si avvilupparono contro il manico dell’arma. Matoriv mosse la mano destra, avvolta da un’aura argentata, e le radici aumentarono la stretta. Zachar approfittò della guardia abbassata del prestigiatore, lanciò un grido di battaglia e scagliò contro di lui quattro globi oscuri, mirando alla faccia.
Killvearn abbandonò la presa della falce un attimo prima dell’esplosione. I nuclei di oscurità collassarono proprio dove si trovava un attimo prima, e le radici incantate si disgregarono sotto la pressione della magia. L’arma si brunì, poi si tinse di nero, e Mara non riuscì nemmeno a vedere le sottili crepe sulla superficie metallica che essa esplose in migliaia di schegge.
La deflagrazione spinse il prestigiatore a terra. L’armatura che prima aveva assorbito così bene la fiamma adesso aveva perso parte della lucentezza, ed una colonna di fumo si innalzava all’altezza del petto. Gli strani pendenti che decoravano la maschera erano volati chissà dove, rendendo l’effetto di quel sorriso dipinto ancora più sinistro.
“Che guaio, CHE GUAIO!” gridò il fastidioso gnomo. Sbucò da dietro il corpo del padrone ed appoggiò le mani sul suo petto.
“Eh, no, piccoletto!”
Zachar superò con un salto lo spazio che la separava dall’avversario, sollevò Piroro per la tunica e lo allontanò dal prestigiatore. “Io e te abbiamo un conto in sospeso, gnomo. E sappi che Auron ha sempre desiderato calpestarti con i suoi stivali chiodati!” disse con un tono di voce diverso dal piagnucolio che tutti conoscevano. “Matoriv, ho il permesso di portarlo a Leona … in un simpatico cubo di ghiaccio?”
“Ma certo, cara!”
La luce azzurra ancora non si era formata del tutto sulle dita della ragazza che Killvearn fu su di lei. Si alzò ad una velocità incredibile, e l’attimo successivo aveva stretto il polso di Zachar con tanta forza che quella fu costretta ad abbandonare l’incantesimo. Abbassò il braccio e la spinse a terra; doveva possedere una forza fisica superiore a quella della media, perché Mara lo vide trascinare a terra il corpo della maga senza alcuno sforzo. Matoriv reagì subito scagliando un fulmine, ma Killvearn non rispose né si difese, assorbì il colpo in un silenzio innaturale per la sua voce di solito chiacchierona e continuò ad opprimere Zachar. Lei cercò di liberarsi dal controllo, ma dalla mano imprigionata non uscì altro che una fontana di scintille; lo prese a calci, ma non ottenne altro risultato che farsi scagliare contro il pavimento mentre il suo compagno scagliava un’altra magia di luce violastra. Zachar fu costretta a cedere, e la mano sinistra si aprì liberando lo gnomo da compagnia che aveva continuato a tenere stretto. La creatura mandò un gridolino a scappò lontano da lei, ma adesso la ragazza aveva il palmo pieno di fiamme che scagliò al centro della maschera, disegnando cinque archi gemelli sulla faccia del suo assalitore. Mara vide il minuscolo Piroro inciampare nella sua stessa veste, poi si arrampicò sulla spalla del padrone. “Killvearn, Killvearn, adesso direi che dobbiamo proprio andare! Hanno interferito di nuovo nel tuo grande show, dobbiamo fargliela pagare!”
“Suppongo che dovremo cancellare anche questo spettacolo, Piroro. Anche se la cosa mi irrita …” disse l’altro. Prese il suo assistente su una spalla, e nelle sue mani comparve un mazzo di carte. Una di esse si ingrandì e si stagliò tra il padrone ed una raffica di luci incandescenti create da Matoriv per poi dissolversi in un mucchietto di cenere. Una seconda iniziò a girare intorno al prestigiatore, e riflesse come uno specchio i raggi gelidi che Zachar aveva appena scagliato. Mara gridò qualcosa quando vide la mano del nemico schioccare, per poi far apparire nel palmo la familiare figura di una Pietra Dimensionale.
Lanciò un’ondata di forza contro la pietra verde, ma l’altro fu più rapido. La strinse saldamente tra le dita e fece un inchino. “Gli applausi sono sempre graditi”.
Uno sbuffo di fumo si creò dal nulla e Killvearn sparì sotto i loro occhi, e rimase soltanto la risata stridula dell’assistente monocolo.
Nella grotta calò il silenzio, perché tutti, prigionieri e salvatori, fissavano il punto in cui l’emissario del Grande Satana era scomparso. Per terra era rimasta una carta da gioco; da quella distanza Mara non riuscì a vedere cosa vi fosse disegnato sopra, ma Matoriv la incenerì prima che Zachar potesse chinarsi per raccoglierla. Il mago lanciò un’occhiata sospettosa all’ingresso ed al soffitto, poi si avvicinò a loro. Ora che si trovava a nemmeno un metro da lei Mara notò che, nonostante l’età, l’uomo non aveva il volto coperto di rughe come lei si era immaginata: indossava un copricapo enorme, nero, rosa e decorato da minuscole pietre simili a rubini. L’oggetto gettava sulla fronte un’ombra tetra, che invecchiava e rendeva più profondo quello che si rivelò un viso gioviale. La tunica bianca doveva aver visto stagioni lontane, perché era lunga per quel corpo curvo e copriva quasi del tutto i piedi, creando un’unica onda di colori mentre si congiungeva al verde smeraldo del mantello. Sui paramenti erano intessute delle rune, ma la Sith non era sicura che si trattasse di mere cuciture ornamentali. Zachar trotterellò verso di lui, ma il suo sguardo era gelido.
Era arrivato il momento delle spiegazioni, ma nessuno di loro sembrava intenzionato a fare la prima mossa.
Grazie al cielo Matoriv ruppe il ghiaccio: “Ci avevano detto che alcuni membri della Resistenza erano stati catturati e portati qui. Ma sinceramente non ricordo nessuna delle vostre facce, quindi … sono più che felice di avervi salvato da quell’infame di Killvearn, però un paio di spiegazioni sarebbero gradite!”
“Lo so io chi sono, Matoriv!” disse Zachar. I suoi occhi saettavano da uno all’altro. “E se sono qui è per portare ulteriore scompiglio in questo mondo. Come se non ve ne fosse già abbastanza …”
“Beh, se li conosci tutto è più facile. Ma non è un buon motivo per lasciarli appesi lì come prosciutti, no?”
Lei sbuffò e rimase dov’era, ma il mago si avvicinò e fece scorrere un incantesimo sulle loro manette. Eomer imprecò non appena le sue ginocchia toccarono terra, ed Aragorn si tuffò a riprendere Anduril. Mara ebbe la sensazione che il nuovo arrivato fosse molto più intenzionato a fissarle il seno che non a liberarla, ma si trattenne ed aspettò con pazienza che venisse il suo turno; nel momento in cui i suoi polsi vennero liberati iniziò a massaggiarli con vigore sotto lo sguardo sospettoso di Zachar. Ricambiò l’occhiata in cagnesco. La maga non era certo la mente più temibile dell’Impero Galattico, ma la sua innata propensione per gli incantesimi l’aveva resa uno degli ossi più duri dei servitori di Palpatine. Non avrebbe rischiato una palla di fuoco nella schiena.
Gandalf si mise in piedi e si profuse in ringraziamenti, seguito dal suo migliore amico. Matoriv rispose con una stretta di mano vigorosa ed un bel sorriso, uno sincero che a Mara piacque istintivamente. E lo avrebbe apprezzato ancora di più se non fosse stato per la frase lanciata da Eomer.
“E questa cos’è?” esclamò con un tono così preoccupato che spinse tutti gli altri a guardare nella sua direzione.
Una carta da gioco si materializzò nella grotta con uno sbuffo di fumo e cadde pigramente sui vestiti di Lavok. Il cavaliere di Rohan allungò la mano per prenderla, ma la rimosse subito con un grido, come se avesse toccato qualcosa di incandescente. Mara estese subito i suoi poteri per allontanare la carta dal suo amico, ma qualcosa nell’aria si oppose e rispose alla pressione della Forza. Provò a spingerla da un’altra parte, ma era come cercare di spostare un muro di transparacciaio a mani nude. “Levategliela di dosso. SUBITO!” gridò madida di sudore.
Fece saettare la Forza contro l’oggetto in una seconda ondata: provò a spingerla a destra a sinistra, verso l’alto o ai lato del corpo di Lavok, ma qualunque suo sforzo veniva compensato dall’energia misteriosa di cui non percepiva la sorgente. Gandalf vide la sua espressione stravolta e si gettò verso il mago con il bastone in avanti. Puntò l’estremità dell’arma per spostare l’oggetto senza rischiare di ferirsi, ma il gioco del prestigiatore lo anticipò: l’asta era a pochi palmi dalla carta quando questa si dissolse. Svanì in una piccola colonna di fumo rosa. Una colonna che si ingrandì dopo tre secondi.
“STATE INDIETRO!” gridò Matoriv. Si fece avanti e spinse Gandalf lontano nonostante la diversa altezza. Lanciò una spirale d’acqua contro il fumo per dissiparlo, ma quello inghiottì la magia dentro le sue volute. Lo scontro fu rapido, ma tra i riflessi azzurri dell’acqua nel fumo Mara vide qualcosa che le gelò il sangue nelle vene.
Il corpo di Lavok era scomparso, inghiottito dal fumo. E quando voltò gli occhi verso Valygar si accorse che anche il ranger era sparito. Gandalf riuscì a divincolarsi dalla stretta del nuovo arrivato e si portò in avanti con il bastone che fendeva il fumo, ma nessuno dei due comparve. Un secondo ed un terzo fendente allontanarono l’aria colorata e la costrinsero a disperdersi nell’aria della Cripta Nera. Tutti guardarono con il fiato sospeso il pavimento su cui fino a qualche attimo prima si trovavano i due Corthala. La carta era ancora lì: incurante dei consigli dell’altro incantatore, Gandalf si fece avanti e la raccolse portandosela davanti agli occhi. Mara si avvicinò per saggiarne il potere, e quando la prese in mano vide la figura di Piroro che ammiccava in maniera impertinente da un grosso cuore disegnato sulla carta da gioco. Un joker, se conosceva bene quel tipo di carte.
Augurò a quello gnomo di finire schiacciato da uno Star Destroyer, poi la passò di nuovo allo stregone che se la vide subito distrutta da Matoriv.
Si guardarono tutti di nuovo, ma lo sguardo di speranza si era trasformato in un’ondata di preoccupazione.
Il nuovo arrivato fissò di nuovo quello che restava della carta, poi si voltò verso di loro. “Credo che abbiamo qualcosa di cui parlare”.



“Bene arrivati, amici!”
Aragorn sorrise, di un sorriso sincero. Porse la mano e, quando la ragazza che tutti chiamavano principessa Leona accettò la cortesia e la strinse, tutta la gente accalcata nella sala del trono di Minas Tirith sommerse il vociare dei nuovi arrivati con un applauso a dir poco frastornante.
L’entusiasmo per la nuova festa che aveva annunciato soltanto qualche ora prima era smorzato solo dalla curiosità di tutta l’Alleanza Ribelle di conoscere i loro nuovi, particolari alleati.
Da quando il mago Matoriv e Zachar li avevano salvati dalla trappola dell’agente del Grande Satana, Aragorn aveva capito che non c’era tempo da perdere; avevano momentaneamente sospeso le operazioni di salvataggio dei civili di quel mondo, ed avevano lasciato il loro piccolo presidio di guaritori nel villaggio di Amer come garanzia che non avrebbero abbandonato quella gente sfortunata. Tornare indietro da quel pianeta senza nome era stato molto più facile dell’andata, senza infiltrazioni o viaggi clandestini a spese del carburante imperiale: avevano visto il posto, e tanto bastava ad alcuni dei loro druidi. Una volta chiaro nella mente dove dovessero andare, i druidi dell’Alleanza avevano aperto un canale di teletrasporto con centro nel Perno dell’Ade ed erano riusciti a stabilire un passaggio tra la Terra II ed il pianeta. I loro nuovi amici, che si facevano chiamare “la Resistenza”, avevano accettato immediatamente di incontrarsi con loro.
Avevano molte cose in comune.
Aragorn fece un gesto galante ed accompagnò la nuova arrivata davanti al tavolo in cui avevano già preso posto Gandalf, Leia e Mon Mothma. Era giovane, molto giovane. Non le avrebbe dato più di venti anni, poco ma sicuro. Si sedette con un movimento delicato, forse un po’ intimorita dalla folla assiepata nella stanza, sulle scale, sul trono e persino sui lampadari; Leia aveva espresso il desiderio di un incontro privato, ma il re era pronto a giurare che Gandalf avesse detto una parolina o due all’orecchio di Merry e Pipino sulla possibilità di avere degli alleati e subito dopo un fiume di abitanti della capitale si era riversato nel palazzo fin quasi a rendere impossibile l’ingresso agli ospiti.
Il re si avvicinò al posto che gli spettava. “Direi per prima cosa di far sentire alla principessa Leona ed a tutti i membri della Resistenza un nostro caloroso benvenuto!”.
Non riuscì nemmeno a terminare la frase che tutta la sala si riempì di applausi. Sciogliamo la tensione.
La ragazza scosse la testa, lasciando che i suoi lunghi capelli biondi le decorassero meglio il viso; si voltò a destra ed a sinistra, poi rivolse un timido saluto verso la folla. Un paio di nani sollevarono i boccali nella sua direzione e ruttarono vigorosamente, ma prima che la giovane ospite fuggisse scandalizzata Leia prese in mano le redini dell’incontro. “Principessa Leona, membri della Resistenza, siamo molto felici che abbiate accettato di conoscerci. Vi siete fidati di venire nel nostro mondo senza alcuna garanzia, e questo ci rende felici e abbastanza sicuri di poter trovare in tutti voi gli alleati di cui avevamo bisogno”.
“Grazie della festosa accoglienza, principessa Leia” disse la ragazza. A dispetto del suo aspetto minuto, la voce era ferma, sicura. “Se anche solo la metà delle cose che ho ascoltato dai membri dell’Alleanza Ribelle è vero, non vi è mondo dove i tempi non siano bui, e dove le persone che combattono per la libertà non cerchino qualcuno con cui battersi spalla a spalla. Credevamo di essere soli a proteggere la nostra gente dal Grande Satana, e quando sono comparse quelle navi volanti che hanno lasciato cadere dal cielo soltanto fuoco e morte … credevamo che fosse giunta la fine …”
“È lo stile del nostro amato Imperatore Palpatine. Far danni a scapito del prossimo” disse Gandalf, accendendosi anche la pipa. “Ci dispiace che sia dilagato anche nel vostro mondo …”
“Cambiano i luoghi, ma sembra che la libertà non riesca a trovare una dimora. L’Imperatore Palpatine e il Grande Satana: un amabile duetto che non sembra felice se non opprimono tutti quelli che capitano loro a tiro”. A parlare fu Matoriv, il mago che li aveva salvati dal burattinaio nero; il mago fece un passo avanti e senza alcun invito si avvicinò alla sedia della sua principessa, per poi prendere un boccale di birra e trangugiarlo tutto d’un colpo.
Va bene, mi sta ufficialmente simpatico.
“Ma c’è anche una cosa che non cambia. La libertà sembra capeggiata da due belle e procaci principesse. Un vero piacere stare dietro di loro, non so se mi spiego…”
Va bene, a Leia starà ufficialmente antipatico!
La giovane Leona arrossì dalla testa ai piedi in mezzo alle risate del reparto hobbit e nanico di tutta la sala; prima che il mago potesse impugnare un secondo boccale e trasformare quella grande riunione in una gigantesca baraonda, un uomo dai capelli azzurri ed un paio di occhiali –sicuramente a tenuta antiproiettile, almeno a giudicare dallo spessore- uscì dall’entourage della principessa e trascinò Matoriv lontano dal tavolo. Un gigantesco soldato dal vestito rosso lo azzittì con un pugno sulla testa che aveva ben poco di amichevole.
Leia fece platealmente finta di non aver sentito, o almeno cercò di ignorare Gandalf che per le risate si stava strozzando con il fumo della sua stessa pipa. “Non conosciamo bene il Grande Satana, ma se esiste una Resistenza vuol dire che il suo regno non è di certo bene amato dal popolo, e da quel poco che siamo riusciti a comprendere non è certo un sovrano che avete eletto di vostra spontanea volontà”.
“Nessuno elegge un Grande Satana, e nessuno di noi lo desidera” disse la giovane Leona, guardando lentamente tutti gli ascoltatori. Il suo tono di voce aumentò. “Prima dell’arrivo della famiglia demoniaca, noi umani vivevamo in pace; non posso di certo dire che tutti i nostri sette regni fiorissero, né che non vi fosse nemmeno un conflitto, ma la nostra esistenza scorreva tranquilla. Ve lo posso assicurare, perché ricordo benissimo come fosse la vita nel mio regno, a Papunika, prima dell’avvento dei demoni”.
Si fermò per un attimo, come a ricordare qualcosa, ma rialzò la testa e riprese il discorso. “I demoni non erano altro che leggende, fatti per spaventare i bambini che non volevano andare a dormire; erano mostri disegnati sugli antichi testi sacri, e nessuno riuscì a rendersi conto di cosa fosse successo la notte che draghi, demoni, animali e non-morti comparvero dal nulla e distrussero tutto. Assolutamente tutto. Poi la nostra vita diventò un inferno di fuoco e sangue”.
Le espressioni sui volti degli accompagnatori della principessa chiusero quella narrazione in maniera più efficace di centinaia di parole. Aragorn sospirò, chiedendosi quante altre volte sarebbero stati costretti a sentire storie simili. Alcuni parlavano di fuoco, altri di acqua; altri parlavano di veleni che bruciavano la pelle, altri ancora di rocce che ingoiavano la gente nelle loro profondità. Tutte le persone che giungevano all’Alleanza avevano una storia, e tutte imploravano un lieto fine –o almeno un finale accettabile- che appariva sempre lontano o addirittura impossibile. Da quando si era unito alla Ribellione aveva sempre cercato un modo per aiutare il prossimo, per trasformare il mondo di cui era sovrano in un asilo per tutti coloro che i propri sovrani avevano abbandonato, tradito o deluso. Ve ne erano stati tanti, quasi tutti vittime dell’Imperatore Palpatine. Ma non il solo.
Il Grande Satana sembrava solo uno della lunga lista di tiranni che lui e Gandalf si erano ripromessi di far cadere. “Leia, direi che non è il caso di far indugiare i nostri ospiti in ricordi spiacevoli. Credo che abbiamo sentito abbastanza, e quello che ho sentito non mi piace affatto!”
Da ogni parte della stanza giunsero sorrisi favorevoli. Guardò verso Arwen, ed il suo annuire lo sospinse. “Abbiamo visto abbastanza ingiustizie negli ultimi anni, e l’unico rimorso che ho è quello di non essere riuscito a correggerle tutte. Nessuno di noi ha mai rifiutato la mano a qualcuno in difficoltà, e non sarà certo con lei, principessa Leona, che faremo eccezione. E anzi, la tenderemo ancora più volentieri, perché avete qualcosa che raramente si trova in questi giorni. La forza di combattere.”
La ragazza non aveva ancora terminato il suo sorriso che lo stregone si alzò in piedi. “Molto bene, gente di Minas Tirith, direi di procedere subito alla votazione. Niente foglietti di carta, faremo alla vecchia maniera … quanti di voi sono favorevoli ad accogliere i nostri ospiti nell’Alleanza Ribelle? Valgono anche due mani alzate, ricordatevelo!”
Tutta la sala sembrò gonfiarsi, come se una folata improvvisa di vento avesse preso le braccia di tutta la gente e l’avesse sollevata verso l’alto, quasi fino a toccare il soffitto; i nani accolsero l’idea con un’esplosione di grida di festa, gli elfi alzarono elegantemente una mano con un gesto d’assenso, Merry e Pipino sollevarono sia le braccia che una gamba e qualcuno sul fondo fece persino partire un petardo. Il ramingo sorrise: nessun re poteva vantare un popolo migliore. La giovane ospite ed i suoi dignitari non sapevano più dove guardare.
“Perché l’esito di questa votazione non mi sorprende?” mormorò Leia, ma il suo tono sardonico non riuscì a nascondere il sorriso soddisfatto. Ormai il ramingo era abituato a riconoscere le sue espressioni: sapeva quanto la principessa fosse legata alle votazioni eleganti, ai seggi del Senato, alle luci lampeggianti dei burocrati che declamavano le loro pompose leggi nei loro abiti paludati. Era una donna cresciuta con il sogno di una Repubblica migliore, una Repubblica galattica ben diversa dalla gente che ogni giorno cercava di sopravvivere sulla Terra II, che a malapena sapeva leggere e scrivere e che non sentiva le leggi nei rotoli di carta, ma solo nel proprio cuore.
“C’è solo una questione da risolvere …” disse lei, e si sollevò dalla sedia, lo sguardo fisso sull’entourage della nuova arrivata.
Quando vide la chioma di capelli rossi che sbucava tra i soldati ed i maghi, Aragorn capì dove Leia volesse andare a parare. “Se la vista non mi inganna, tra le vostre fila c’è una persona che non possiamo fingere di ignorare. Una persona che si è macchiata di vari crimini al servizio dell’Imperatore Palpatine in passato, e che mi stupisce vedere in compagnia dei suoi attuali nemici”.
“Suppongo che possiamo …”
“No, Leona. Non devi loro nessuna spiegazione”.
Il gruppo di nuovi arrivati si aprì, e persino il mago ubriaco si fece da parte. Zachar uscì da loro con passo deciso, più fermo di quanto il ramingo avesse mai visto in una donna che era sempre stata considerata niente più dello stuoino di Kaspar. “I miei trascorsi con l’Alleanza Ribelle non sono dei più rosei, e preferisco chiarire le cose di persona. Non voglio che le buoni relazioni tra la Resistenza e l’Alleanza si incrinino appena nate solo per colpa mia”.
Decisamente questa NON è la Zachar che conoscevamo …
Gli occhi di tutti furono su di lei, e l’immancabile vocio attraversò tutto il palazzo mentre la maga dai capelli rossi e gli occhi verdi si avvicinò al tavolo delle riunioni con uno sguardo di sfida rivolto verso Leia. Aragorn non sapeva se fosse più strano vederla con quell’aria agguerrita dipinta sul viso o vederla lontana dal guinzaglio di Kaspar. “È vero, sono stata per anni al servizio dell’Imperatore. Non sono mai stata felice di ciò, però …”
“Però potevi benissimo abbandonarlo e venire all’Alleanza” sbuffò Leia, già sul piede di guerra. Accanto a lei lo stregone smise di fumare e le mise una mano sul braccio, ma questo non bastò a trattenerla.
“Sì, è vero, non l’ho fatto. Non subito. Ho avuto … ho avuto bisogno di tempo. E di amici”.
“Quindi possiamo desumere che tu abbia definitivamente voltato le spalle a Kaspar? Sai, cara la mia maga, trovo un po’ difficile fidarmi di qualcuno che ha sempre fatto di tutto pur di compiacere quell’incasinatore di mondi senza scrupoli. Perdonami se mi sembra molto più probabile che tu stia spiando la Resistenza per conto del tuo adorato Kaspar piuttosto che tu abbia deciso di voltargli le spalle mentre uccide migliaia di persone innocente al guinzaglio dell’Imperatore!”
“La mente di Kaspar è condizionata! Lui non è felice di obbedire all’Imperatore!”
“No, infatti, preferirebbe di gran lunga pugnalarlo alle spalle e diventare il nuovo sovrano della Galassia …”
La faccia di Zachar divenne color porpora. Con la coda dell’occhio Aragorn vide il soldato dalla lunga tunica rossa scivolare di un passo ed allontanarsi dal suo gruppo, e si portò a pochi metri dal punto dove le donne stavano discutendo. L’uomo portò una mano alla spada che aveva legata alle spalle, e per puro istinto il ramingo sfiorò il pomo di Anduril, sentendo la familiare freschezza del metallo. Scrutò quel soldato malmesso, ma anche attraverso gli occhiali incrinati si potevano vedere i suoi occhi immobili nel punto in cui Zachar e Leia si stavano fronteggiando. “Io credo …” sussurrò Leia “… che la presenza di questa donna tra le vostre fila potrebbe rivelarsi molto controproducente, principessa Leona. Una spina nel fianco pronta ad abbandonarvi non appena il suo amato Kaspar le lancerà un osso. Non ho passato tutti questi anni a combattere l’Impero senza rendermi conto di quando …”
“Credo allora che dovremmo rivedere i nostri accordi, principessa Leia”.
Le parole della ragazza bionda si riempirono di un gelo che il re non pensava potesse uscire da un corpo così minuto; la giovane rimase seduta, e con deliberata lentezza incrociò le braccia. Zachar cercò di rispondere, ma lei sollevò una mano e le rimandò indietro tutte le parole. Fissò la persona davanti a lei, incurante della decina di anni che le separavano. “So benissimo chi sia Zachar. E so anche benissimo chi sia questo Kaspar che temete tanto. Alcuni di noi lo hanno conosciuto e mi hanno raccontato che essere spregevole sia …” e a quelle parole Aragorn fu certo di vedere la maga abbassare la testa “… ma Zachar ha accettato volontariamente di unirsi a noi. E questo ci basta. Non tutte le persone posso vantarsi di essere difensori della legge, patrioti o martiri sin dalla nascita: è qualcosa che diventiamo, non che ci viene apposta alla nascita come un marchio. Lei ha deciso di cambiare, e tutti noi le abbiamo creduto”.
Era vero.
Quanto era incredibilmente vero.
Aragorn aveva perso il conto di quanta gente avesse incontrato che rispondeva a quella descrizione. E quante di quelle persone si erano uniti alla loro lotta senza apparente speranza. Anakin, Nevius, la stessa Mara, i soldati minori devastati dai massacri ordinati dai loro superiori … una fila di volti che poteva vedere proprio lì, in quella selva di teste, con il capo chino alle parole della giovane donna. Il perdono era la pianta più difficile da coltivare. Ma dopo di esso venivano la delusione e la vergogna, dei fiori che crescevano solo dove la terra era più arida. E uno stava sbocciando proprio in quel momento, quando un velo lucido, quasi impercettibili, riempì gli occhi verdi di Zachar alle parole del piccolo e determinato capo della Resistenza. “Sappiamo benissimo che un’alleanza con voi ci sarebbe solo che d’aiuto, principessa Leia, ma penso di parlare a nome di tutti quanti noi quando le dico che non possiamo accettare il vostro suggerimento. Zachar è una della Resistenza, e la Resistenza non volta le spalle a nessuno dei suoi. Non allontaneremo uno dei nostri. Nemmeno alle condizioni più vantaggiose del mondo, nemmeno se ci proponeste di scacciare il Grande Satana Baan con le vostre sole forze. E con questo credo che non ci sia altro di cui discutere a questo tavolo”.
Clap.
La ragazza fece per alzarsi, ma si fermò a metà.
Clap.
Clap. Clap. Clap.

A quel battito di mani secco se ne aggiunse un secondo, più energico, dal fondo della stanza dove i Jedi erano seduti. Poi un terzo si aggiunse, più rapido, un duetto di piccole mani hobbit proprio dalla primissima fila. Aragorn allontanò la mano dalla spada e si unì a quella piccola pioggia che si trasformò in pochi attimi in un meraviglioso temporale. Tutti coloro che erano seduti si alzarono in piedi ed iniziò una gara incessante a chi battesse le mani con più forza, a cui persino alcuni elfi si unirono con sempre più convinzione man mano che il temporale saliva e scendeva, scrosciava per tutta la stanza ed arrivava a scuotere fino la torre più alta della città dalle mura bianche. L’uomo dal vestito rosso si voltò per un attimo verso il fiume di persine piene di gioia, lo sguardo sorpreso come quello del suo compagno Matoriv o dell’uomo con gli occhiali; ma nulla in quell’istante eguagliò il viso della principessa Leona, i cui grandi occhi marroni sembrarono ingrandirsi per lo stupore. In piedi davanti al tavolo fece scorrere lo sguardo sulla folla in piena ovazione per le sue parole, la determinazione di qualche istante prima svanita quasi del tutto davanti all’inaspettata esplosione di solidarietà. L’unica persona assolutamente immobile era Leia, le cui braccia erano rigide e le mani poggiate sulle ginocchia; alzò gli occhi al soffitto, ma tornarono subito sulla figura alla sua destra che aveva scatenato la cascata di applausi. Ma anche se si fosse accorto dello sguardo infastidito del suo capo, Gandalf non avrebbe smesso neppure per un istante di guidare la folla con le sue mani nodose. Aragorn seguì il suo ritmo, e quando vide che Leia stava riprendendo il discorso si schiarì la voce e si mise in piedi accanto al tavolo, riempiendolo tutto con la sua stessa figura. “Non avrei potuto fare un discorso migliore, principessa Leona! Quello che ha detto … quello che ha detto rispecchia tutto quello in cui crediamo! Ed anche tutto quello che l’Imperatore ed il Grande Satana non possono capire! Non potremmo trovare persone come voi in milioni di anni”.
La ragazza stava per rispondere, ma la interruppe. “Sono perfettamente d’accordo con i nostri ospiti. Insomma, abbiamo accolto nel nostro palazzo centinaia di ex imperiali, quindi perché essere così severi con la nostra Zachar. Anzi, direi di organizzare una gigantesca festa perché ha deciso di voltare le spalle all’Impero ed unirsi alla Resistenza!”
Un’altra ondata di gioia, seguita da Jessie e James che scattarono in direzione delle cucine. “Suvvia, Leia, concedile una possibilità. In fondo l’hai concessa ad Anakin …”
“Dovremmo indire un processo …”
“Perché invece non facciamo una bella votazione?”
“Tanto avete già deciso …” mormorò lei, piuttosto seccata. Il ramingo sapeva che dentro di lei si stava agitando una battaglia accesa tra le sue personali questioni di principio e la necessità di trovare degli alleati. Uno scontro piuttosto acceso, almeno a giudicare dalle occhiate che rivolgeva a Zachar. Il clamore del popolo in festa allontanò l’attenzione degli ospiti dalla principessa dubbiosa, lasciandole il tempo di decidere. Sebbene fossero in democrazia totale, Aragorn sapeva che l’opinione di Leia aveva un peso molto importante, dettato spesso dal senso pratico che la donna aveva e che –ne era cosciente- sia lui che Gandalf avevano in quantità ridotta. “Suppongo che dopo questa dichiarazione anche noi non abbiamo altro da aggiungere” disse, alzandosi in piedi e avvicinandosi a Leona. “Non solo abbiamo problemi e nemici simili. Abbiamo una filosofia in comune. La vostra determinazione nel proteggere uno dei vostri è la prova definitiva che siete gli alleati che stavamo cercando da anni; se desiderate avere Zachar al vostro fianco la accetteremo … se sarete pronti ad assumervi la responsabilità delle sue azioni. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro”.
La ragazza bionda sorrise. “Grazie per aver compreso la nostra posizione. Tutti noi ci assumeremo questa responsabilità, perché sono sicura della persona che abbiamo accolto. Dunque possiamo considerare l’accordo concluso?”
Leia allungò il braccio ed aprì la mano verso Leona. “Assolutamente. L’Alleanza e la Resistenza combatteranno insieme”.
Dietro di loro, Gandalf tirò un respiro di sollievo. Il capo della Resistenza strinse vigorosamente la mano che le veniva offerta, e tutti si protesero meglio per guardare le due donne in quel momento eccezionale, e anche dal cortile si sentirono i preparativi della festa che stava per cominciare. Il re si rese conto che avrebbe superato tutte quelle degli ultimi anni.
“Insieme, per sempre”.
 
  
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