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Autore: Balaclava    17/07/2014    0 recensioni
"E non potevo più nascondermi. Ero nuda, in ogni senso. E non riuscivo a ricordare perché mi fossi coperta per tutto quel tempo. Cole era davanti a me. E io potevo scegliere come volevo che finisse. E scelsi la cosa che per me era la più pericolosa, più stupida e meno appropriata a Isabel Culpaper."
Per chiunque abbia voglia di riscoprire i lupi di Mercy Falls e, in particolare, Isabel e Cole ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Follow me

You can follow me

I will always keep you safe

Follow me

You can trust in me

I will always protect you, my love

(Seguimi

Puoi seguirmi

Ti terrò per sempre al sicuro

Seguimi

Puoi fidarti di me

Ti proteggierò sempre, amore)

(Follow me, Muse)

 

COLE

 

Il karma a volte sa essere molto crudele.

Avevo davvero commesso così tanti misfatti da non meritarmi un normalissimo risveglio accanto all'unica persona che mi importasse in quel modo, che per giunta mi aveva appena detto di amarmi? Evidentemente no, perchè qualche forza superiore aveva spinto Grace a chiamarmi alle dieci e quaranta di mattina. Avevo afferrato il concetto: la prossima volta avrei spento il cellulare.

-Da-

-Cole, non posso crederci!-

-A cosa? Grace, meglio per te che sia qualcosa di importante- suonai vagamente minaccioso, ma Grace mi conosceva abbastanza da sapere che non ero davvero arrabbiato.

-Il tuo regalo...-

-Già, non c'è di che-

-Ma...-

-Grace, non so se te ne sei accorta, ma ieri sera io e Isabel ce ne siamo andati insieme-

Lei soffocò una risata e mi ringraziò prima di riagganciare.

Posai il cellulare sul comodino e mi voltai verso Isabel, che fortunatamente dormiva ancora.

Non avrei conosciuto il giusto comportamento in situazioni come queste neanche tra mille anni, ma avere una manciata di minuti in più era comunque confortante.

 

ISABEL

 

In realtà avevo ascoltato tutta la conversazione di Cole e a stento avevo trattenuto le risate per il modo in cui aveva detto Meglio per te che sia qualcosa di importante.

Tuttavia non mi sentivo del tutto pronta ad affrontare con Cole la chiacchierata che avevo programmato, perciò rimasi immobile per un po' prima di andare in cucina.

Ripensai per un attimo a ciò che era successo nelle ultime ore, a come il mio mondo era stato stravolto dalle mie stesse parole. Non si poteva tornare indietro, e allora tanto valeva che andassi avanti.

In cucina Cole litigava col tostapane, e la sua presenza era qualcosa di esclusivo e raro anche quando se la prendeva con oggetti inanimati.

Non mi aveva visto; avrei potuto tornare indietro e aspettare che qualcuno mi dicesse qual'era la cosa giusta da fare, ma da tempo avevo capito che era una cosa che potevo decidere solo io.

I fogli nella mia mano destra pesavano quanto un macigno, peso che apparteneva più al loro significato che ai fogli in sé.

Lì posai sul bancone, abbastanza bruscamente perchè il rumore facesse voltare Cole.

Li fissò e continuò a farlo mentre parlava.

-Isabel, hai capito male. È vero, è una canzone, ma non voglio tornare alla musica. Non riuscirei a sopportare di... tornare sul palco, senza Victor. Non voglio cercare un nuovo batterista. E poi non sono più quel Cole.-

-E allora perchè l'hai scritta?- chiesi. La voce mi tremava, ma per una volta non cercai di camuffarla: c'erano cosa più importanti di nascondermi da me stessa.

-Non posso abbandonare tutto così di botto. Ho visto gli articoli che hanno scritto su di me, so che continuano a parlarne alla radio. E continueranno a farlo. Voglio mettere un punto e chiarire il fatto che sono fuori. Un'ultima canzone, per ufficializzare la fine della mia carriera.-

Mentre mi spiegava le sue ragioni, era come se avessi sempre saputo che le cose stavano così. Come un bambino che sa di essere bravo in qualcosa, ma vuole continuamente sentirselo dire. E tutto il rancore provato verso di lui svanì poco a poco, nessuna diga teneva, la rabbia scorreva via dal mio corpo senza freni, e per la prima volta nella mia vita mi sentii a posto. Non avevo bisogno di niente, tutto ciò che desideravo era qui di fronte a me, che mi apriva quella terza possibilità che non era né combattere né arrendersi. E la terza possibilità era Cole.

 

COLE

 

I giorni a seguire passarono in un lampo davanti ai miei occhi, giorni in cui non mi aspettavo niente, giorni di assestamento, come se questa volta fosse davvero cambiato qualcosa.

Quella mattina Grace e Sam partivano per la luna di miele che gli avevo regalato e quel pomeriggio io e Isabel saremmo partiti per New York, dove avrei registrato il mio singolo.

Raggiungemmo gli sposi nella penisola, li aiutai a sistemare le valigie in macchina e poi partirono alla volta dell'aeroporto, con Grace che pretendeva aggiornamenti sulla nostra “situazione di coppia”.

La sua voce-Quando torno mi racconterete tutto?-venne trascinata via con la macchina.

-Dove andranno?- mi chiese Isabel.

-In un posto caldo.- risposi, con un'alzata di spalle.

Io e Isabel rientrammo in casa per pranzare e poi partimmo anche noi, e non riuscivo a credere che stessimo andando d'amore e d'accordo da più di due giorni.

Quando arrivammo a New York raggiungemmo la casa dei miei genitori, ma solo per prendere la mia Mustang e portare i bagagli nell'hotel che avevamo prenotato.

Quando la porta dell'albergo si richiuse, era ormai sera, e crollammo addormentati sul letto.

 

ISABEL

 

Quando la mattina dopo mi svegliai, ero sola nel letto. Per un attimo, provai un intenso senso di abbandono e perdita, ma poi notai il bigliettino che c'era al posto di Cole.

Diceva solo che era allo studio di registrazione.

Mi immaginai Cole dietro il vetro, la tastiera davanti a sé, che cantava la sua ultima canzone. E decisi di raggiungerlo. Presi il taxi, perchè non avevo la minima idea di dove fosse lo studio di registrazione. Confidavo nelle abilità dell'autista. E poi Cole aveva preso la Mustang.

Il tassista mi lasciò in un enorme parcheggio deserto, eccetto per la macchina di Cole e una piccola utilitaria.

L'edificio era basso e scolorito, con due finestre in tutto e una sola porta, lasciata socchiusa.

La speranza di entrare di soppiatto si infranse non appena mi ricordai di indossare i tacchi, ma all'improvviso la voce di Cole esplose in tutto l'edificio facendomi trasalire. L'avevo già sentito cantare, ma la sua voce bassa e graffiante faceva sempre il suo effetto.

Continuai a camminare finché non mi trovai davanti ad una porta tappezzata di foto stropicciate. Un tizio era presente in tutte le foto, e i suoi orecchini e piercing aumentavano di scatto in scatto.

Cercai Cole, e lo trovai tre volte. In una doveva aver appena cominciato a suonare, i capelli erano abbandonati a loro stessi, lasciati al caso quasi quanto i suoi vestiti. Il sorriso era lo stesso, aperto e abbagliante.

Nella seconda stentai a credere che fosse lui, gli occhi erano circondati da ombre scure, i capelli erano molto più corti e curati ed era vestito tutto di nero. Il sorriso era scomparso, insieme alla spontaneità che sfoggiava nella prima foto.

Nell'ultima somigliava molto di più a sé stesso, i capelli erano cresciuti e avevano la stessa acconciatura spettinata di adesso, sorrideva ancora, ma il sul suo sorriso era scesa un'ombra di malizia. Se si sapeva dove cercare, si poteva scorgere un po' di tristezza.

La canzone finì nello stesso istante in cui varcai la soglia, ma nessuno mi aveva notato, eccetto un ragazzo che doveva avere più o meno l'età di Cole, seduto sul divanetto a ridosso del muro.

I capelli biondo cenere arrivavano sotto le spalle, indossava dei pantaloni color kaki larghi e una maglietta bianco sporco. I braccialetti di metallo tintinnavano al minimo movimento, erano una decina attorno al polso. Aveva la carnagione chiarissima, in nettissimo contrasto con il divano nero.

Mi portai un dito alle labbra e lui, in tutta risposta, urlò:-Cole, ci sono visite!-

Gli lanciai un'occhiataccia, che lui ricambiò facendo il segno della pace, e rivolsi il mio sguardo a Cole.

 

COLE

 

Ecco, era successo. Avrei dovuto cantare davanti a lei, il che era molto diverso da cantare davanti ad un pubblico. Le mie canzoni parlavano sempre di me, e le cantavo al mondo perchè ero pienamente consapevole che al mondo non importava niente dei miei dubbi esistenziali. Ma a lei sarebbe importato ciò che diceva questa canzone. Perchè per la prima volta la canzone non parlava solo di me.

E qui, in questa sala di registrazione a New York, tutti i cambiamenti che avevo attraversato fino ad ora si condensarono.

Fu come fare un salto nel vuoto senza paracadute o cantare un inedito per la prima volta.

Chiusi gli occhi, ma continuavo a rivedere la sagoma di Isabel dietro al vetro.

L'ansia mi squarciò lo stomaco, lasciando un vuoto famelico, e qualcosa di sconosciuto si agitò all'altezza del petto.

Paura.

Paura perchè ora, per la prima volta, avevo qualcosa da perdere, e quel qualcosa era Isabel.

E in quell'attimo si affacciò nella mia mente quello che sarebbe stato il titolo della canzone.

Iniziai a cantare, ad occhi chiusi, lasciando che le dita suonassero la tastiera, movimenti che avevo imparato a memoria. Ad occhi chiusi in una stanza insonorizzata era più facile illudersi di essere soli. Perciò cantai senza pensare al fatto che di là ci fossero Jeremy e Bart. Cantai pensando a ciò che stavo dicendo. Aprii gli occhi una sola volta, quando la canzone iniziava a parlare di Isabel, e la guardai negli occhi un momento prima di richiuderli.

Quando finii Jeremy e Bart applaudirono; ebbi l'impressione che Isabel avesse gli occhi lucidi, ma forse mi ero sbagliato.

La riascoltai, ed era esattamente come me l'ero immaginata.

Avevo finito, avevo inciso il mio ultimo singolo.

 

 

 

  
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