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Autore: Goldenslumber14    17/07/2014    3 recensioni
"-Ma questo è un fottutissimo triangolo, e da entrambi i lati!-
-In che senso?-
-Nel senso dell'eterosessuale e dell'omosessuale!-"
Si sono conosciuti ad Amburgo, erano ancora dei ragazzi e nessuno di loro avrebbe immaginato che, quella città sporca e violenta avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Un semplice incontro in uno strip club si rivela essere più significativo di quanto avessero pensato e l'unico ricordo di quell'incredibile storia, è una bambina: Marilyn. Non le hanno mai detto nulla su sua madre, volendo come cancellare ogni ricordo di quel periodo, ma Marilyn vuole sapere, e forse sarà proprio ricordando che John e Paul capiranno che non possono continuare a fingere.
Dal testo (Cap VIII):
"-Paul, non ho più nessuno, se adesso te ne vai anche te- Paul lo zittì. Disse che avrebbe sicuramente trovato un'altra donna e sarebbe stato felice -Si, e poi magari viviamo per sempre felici e contenti? Paul non è come una fiaba, io non sono come te! Hai trovato la donna della tua vita, la mia se n'è andata. So che in passato ho sbagliato, ma non lo rifarei, perché adesso so cosa significhi per me"
•momentaneamente sospesa•
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo XII:

 

-Liverpool- 10:00-

 

Paul aspirò a pieni polmoni quell'aria familiare, quell'aria che sapeva di casa. Faceva sempre uno strano effetto tornare in quella città, dove tutto era iniziato.

Sentì che Marilyn lo stava tirando per il cappotto -Papà, perché mi hai portato a Liverpool?- chiese nuovamente. Per tutto il viaggio aveva sempre fatto quella domanda, ma Paul non le aveva mai risposto.

-Tu seguimi e basta- le prese la mano trascinandola per quelle strade che da moltissimo tempo non percorreva. Si fermò davanti ad una chiesa, il suo cuore ebbe un sussulto al ricordo di quel giorno.

Prese un bel respiro ed entrò nel giardino della parrocchia. Marilyn la riconobbe, la St. Peter Church.

Non era più come Paul la ricordava, il giardino si era fatto più incolto e una pianta rampicante aveva avvolto la parrocchia, dandole l'aspetto di una casa abbandonata.

Paul si avviò nel giardino -Lo sai cosa è successo qui?- chiese. Marilyn sorrise, certo che lo sapeva -Hai incontrato John-

-Esatto, ed ero proprio qui- si fermò in un punto, per Marilyn indistinto, del giardino restando con lo sguardo fisso davanti a se.

Chiuse gli occhi e fu come se fosse di nuovo lì. Sentiva le risate, il sole che gli batteva sugli occhi e la sua voce, non l'avrebbe mai scordata.

Marilyn lo raggiunse. Si sedette sull'erba e provò ad immaginare la scena. Paul che guardava rapito il teddy boy sul palcoscenico, e John che con quell'aria strafottente suonava la chitarra con gli accordi del banjo.

Paul aprì improvvisamente gli occhi e guardò sua figlia. Si sedette accanto a lei, senza però dire niente, ma ai due non dispiaceva stare qualche momento in silenzio.

-Secondo te rivedremo John?- a quella domanda Paul si voltò verso la figlia. La strinse a se comprendendo cosa voleva dire distaccarsi da una persona cara -Si, vedrai che si rifarà vivo- in verità Paul non era affatto sicuro di quel che diceva. John era capace di sparire senza dare più sue notizie per moltissimo tempo, ma non voleva che accadesse.

Paul si alzò improvvisamente prendendo Marilyn per mano -Papà, che succede?- chiese lei mentre lo seguiva.

-Dobbiamo andare in un altro posto-

Camminava velocemente per non farsi riconoscere dai passanti, ma era quasi impossibile. Molti lo riconobbero e subito chiesero un suo autografo. Paul non riusciva mai a dire di no, un po' perché aveva un carattere buono e un po' perché doveva ai suoi fan il successo dei Beatles.

Marilyn lo prese per la giacca -Ci conviene prendere l'autobus- Paul annuì e scappò alla fermata degli autobus.

Appena arrivò pagò in fretta il biglietto per poi rintanarsi al piano superiore. Quando finalmente si sedette si lasciò andare in un gran sospiro di sollievo. Sua figlia lo guardò per poi scoppiare a ridere.

-Perchè ridi?-

-Sei buffo quando scappi dai fan-

Paul lasciò cadere la testa all'indietro, cercando di nascondere quel sorrisetto che gli era spuntato in viso. Tornare a Liverpool era stata una pazzia, lo sapeva benissimo che se si fosse sparsa la voce sarebbe stato aggredito.

Marilyn intanto guardava le case che scorrevano veloci. Non si ricordava molto di Liverpool, ci era stata poche volte -Ma perché non mi portavate a Liverpool?- Paul non sapeva cosa dire, John voleva starci il meno possibile anche se l'adorava -Non lo so, probabilmente per il lavoro-.

Quando scesero erano nel centro di Liverpool. A Marilyn piaceva quella parte di città, perché era molto rumorosa e le ricordava quando abitava a Londra.

Lei aprì la sua borsa e ne tirò fuori un paio di occhiali da sole e un cappello, che diede a Paul -Almeno ci avremo provato- disse trattenendo una risata.

-Sono così ridicolo?- chiese Paul cercando un vetro dove specchiarsi. Marilyn lo spintonò scherzosamente.

Paul era sicuro di se mentre camminava per quelle vie, come se non le avesse mai abbandonate. Ormai erano dentro di lui e avrebbe potuto camminare anche a occhi chiusi.

Quando arrivarono all'inizio della Matthew Street, Marilyn capì dove voleva portarla suo padre. Il luogo dove tutto era cominciato, i Beatles erano cominciati.

Il Cavern Club.

Rimasto famoso nella storia solo grazie a loro.

A Paul quel posto scatenava una marea di ricordi, dei ragazzi, di John. Soprattutto di John.

Mentre scendevano le scale si poteva sentire la musica che pian piano si faceva più potente. Era questo l'effetto del Cavern, fuori nulla, ma dentro si scatenava l'inferno.

Paul fu costretto a togliersi gli occhiali da sole. Sul palco c'era un altro gruppo, e lui immaginò i Beatles, nuovamente lì.

Marilyn notò subito l'espressione nostalgica di Paul -Mi offri qualcosa?- disse quindi per risvegliarlo. Il padre acconsentì ed andò al bancone.

Inizialmente la ragazza che lavorava lì non lo riconobbe e infatti chiese cosa volesse senza problemi, ma quando lo sentì parlare -Ma lei è- Paul la zittì. In quel caos se l'avessero scoperto sarebbe stata la fine -Sono in incognito- scherzò lui mentre la ragazza andava a riempire un bicchiere di birra per poi andare a prendere una bottiglietta di Coca Cola.

-Grazie- disse cordialmente pagando. Prima di ritornare dalla figlia lanciò un occhiolino alla ragazza che per poco non cadde per terra.

-Perchè tutte queste smancerie con quella?-

-Se non le avessi fatte adesso saremmo assediati dai fan-

Marilyn bevve un sorso di Coca -Ma adesso mi spieghi perché mi hai portato qui?-

Paul sospirò guardando nuovamente il locale -Pensavo che sarebbe stato più bello raccontare la storia proprio qui, in uno dei luoghi che la caratterizzano-

Marilyn accavallò le gambe -Beh, allora vai, non aspettavo altro-

 

 

-1961- Cavern Club (Liverpool) -15:50-

 

-John, cosa voleva quel tipo?-

-Quale tipo?-

-Dai, quello in giacca e cravatta-

John si voltò verso il suo amico o avrebbe dovuto chiamarlo amante? Era almeno un anno che stavano insieme, tra litigi e scontri vari, ma finivano sempre per far pace.

-Ah, dici Epstein. Era parecchio strano, ci ha detto di andare nel suo studio domani- si sistemò con il pettine quella strana pettinatura che si era fatto ad Amburgo, non pensava che gli donasse tanto, ma gli altri gli avevano detto il contrario.

Paul si avvicinò al compagno -Ancora non sei convinto vero?- disse appoggiando la testa sulla sua spalla. John scosse la testa.

Il più giovano gli prese le spalle, costringendolo a voltarsi -Hey, tu stai bene con tutto, ricordalo- quel complimento fece sorridere John. Nella sua vita aveva ricevuto più rimproveri e insulti che complimenti e Paul sembrava l'unico ad averlo capito. Ogni volta gli ripeteva che aveva fatto una splendida esibizione e John si atteggiava come se fosse logico, ma in realtà gli faceva piacere.

John si sedette su una sedia sbilenca, che sembrava stesse per cedere. Lo stesso fece Paul, appoggiandosi sulle ginocchia dell'altro.

John aveva notato che Paul era stranamente nervoso, ma non riusciva a spiegarsi il perché.

-John-

La voce di Paul era tremolante, come se stesse per dirgli che stava morendo. John lo circondò con le braccia -Cosa c'è Paul?- il più giovane sospirò. Stava diventando rosso “Ma perché devo fare sempre così?” si chiese.

-John, è più o meno un anno che continuiamo con questa cosa e io...- John si fece attento -Vuoi tirarti fuori?- chiese con tono cupo.

Paul strabuzzò gli occhi -No, certo che no, è solo che...io ti amo, anche quando fai lo stronzo e mi tratti male, io continuo ad amarti. Forse penserai che sia stupido ma-

-Io non penso che l'amore sia stupido- quell'osservazione fece rimanere Paul un po' disorientato. John lo canzonava sempre per il fatto che fosse molto sentimentale, a differenza sua, ma in quel momento non sembrava più lui. Era questa la bellezza di John, quella di saper cambiare.

Paul si mise una mano in tasca -Ti conosco bene John, e posso dire che da quando ti conosco la mia vita è cambiata e credimi, vivrei tutti i dolori della mia vita ancora una volta, solo per incontrarti- a John cominciavano a pizzicare gli occhi. No, non poteva piangere davanti a Paul “Non piangere, stupido, non piangere”.

-Quindi...volevo darti questo- Tirò fuori dalla tasca un piccolo anello. John prese quasi un colpo al cuore quando lo vide, ma si accorse ben presto che non era una fede per sua fortuna. Lo prese tra le mani e lo guardò luccicare -Beh, cosa dovrei dire?-

-Niente, devi solo tenerlo legato al collo con questa- Paul teneva in mano una corda per la chitarra. Gliela legò al collo insieme all'anello -Guarda- disse facendo vedere che portava al collo la medesima cosa.

John non resistette più e si alzò di scatto voltandosi contro alla parete. Provò ad asciugarsi quelle lacrime, ma non ci riusciva. Perché solo Paul riusciva a farlo sentire cosi?

Paul lo raggiunse -Johnny? Stai piangendo?- gli appoggiò una mano sulla spalla, ma l'altro non disse nulla.

Quando John si girò, Paul notò subito un leggero rossore intorno agli occhi. -Non mi stai chiedendo di sposarti vero?- si misero a ridere entrambi. Come al solito John cercava di sfuggire da quella situazione.

-Dai, vieni qui, romanticone del cazzo- gli prese la testa fra le mani e lo baciò. Paul lo strinse a se facendo aderire i loro corpi. Era incredibile il legame che c'era fra i due. Erano stati per lo più amici, ma poi il tutto si era evoluto.

John passò una mano fra i capelli corvini di Paul, guardandolo con dolcezza. Lo amava, si proprio così e non avrebbe voluto essere con nessun altro in quel momento.

Paul gli prese la mano -Ma Jenn? Come la prenderà?- quella era la domanda che da un po' di tempo si stava facendo l'altro. Alzò lo sguardo in cerca di una risposta “Non posso comunque abbandonarla” pensò.

-Tu la ami ancora Paul?-

-Si, ma non è lo stesso sentimento che provo per te...è strano da spiegare- John capiva benissimo. Tutto quello era strano, era strano che lui stesse con un ragazzo ed era strano che convivesse in una relazione a tre.

Paul si mise le mani in tasca abbassando lo sguardo -Non possiamo comunque dirle che non le vogliamo più bene, perché non è vero e lo sai anche tu-

John si sedette nuovamente sulla sedia -Vedrai che non la prenderà male, ha un carattere forte e sa cosa c'è fra noi due...a dirla tutta è anche l'unica a saperlo- Paul annuì all'osservazione dell'amico.

Jenn intanto li stava cercando per tutto il Cavern. Dopo l'esibizione George e gli altri se n'erano andati e soltanto quei due erano spariti.

Forse sono ancora nel camerino”

E infatti aveva visto giusto, erano proprio lì.

Fece per entrare, ma si fermò guardandoli dal piccolo spiraglio. Anche se la visuale era ridotta riusciva a vedere i due che parlavano. Paul si rigirava tra le dita un anello “Ma cosa è successo?” si domandò lei. Non volle però interrompere la loro conversazione.

Si sedette e cercò di capire cosa si stessero dicendo “Grace Genesis Allen, sai benissimo che non si deve origliare!” ma la curiosità era più forte di tutti i suoi buoni propositi.

-Adesso che abbiamo l'anello, ci mancherebbe solo un figlio e siamo a posto- Paul lo guardò serio, non aveva gradito la battuta. Sapevano benissimo entrambi che la loro relazione aveva dei limiti, ma John ogni volta ci scherzava su -Avanti Paul, era solo uno scherzo- gli mise una mano sulla spalla, ma lui la allontanò -Lo sai che mi da fastidio quando scherzi su queste cose-

-Ma Paul, anche se volessi non sarebbe possibile...e poi sarei un pessimo padre- abbassò lo sguardo sospirando. Non si vedeva per niente nel ruolo di un padre, era troppo irresponsabile e se non si sapeva prendere cura di una pianta figuriamoci di un essere umano!

Paul si girò verso di lui -Non è vero John e lo sai. Solo perché tuo padre non ha saputo fare il suo dovere, non significa che anche tu farai così- si avvicinò a John arrivando a pochi centimetri dal suo viso -Perchè io ti conosco, e so che non sei solo uno stronzo irresponsabile-

John sorrise. Un sorriso che avrebbe illuminato le strade di notte, il sorriso che Paul amava.

-Ma come lo chiameresti?-

-Non so...Elvis magari-

-Dai, non dire cazzate!-

Risero entrambi.

Ma Paul ci pensava, al figlio. Avrebbe voluto veramente averne uno da educare insieme a John? Dopotutto erano giovanissimi, non ce l'avrebbero fatta. E gli altri, cosa avrebbero detto?

Fanculo gli altri!”

-Comunque, se fosse possibile, a me piacerebbe- disse tutto d'un fiato Paul. John lo guardò strano -Ne sei sicuro?-

-Si. Te lo immagini, un piccolo Beatle- John incrociò le braccia. Restava comunque il fatto che non fosse fisicamente possibile per loro due, e di adottare un bambino all'orfanotrofio... “Nah, non se ne parla”.

Jenn aveva ascoltato tutto. Era rimasta sbalordita dalla convinzione di Paul, che sicuramente avrebbe contagiato anche John.

Ma come potrebbero fare?” Jenn pensò e ripensò ad una possibile soluzione. Non riusciva a trovare una risposta a quell'interrogativo. Ad un certo punto il corso dei suoi pensieri si fermò. Un'idea, le era balenata nella mente “Io. Potrei essere io la madre. Realizzerei il loro sogno e sarebbe un modo per ringraziarli per tutto quello che hanno fatto per me”. Non c'era altra soluzione.

Si alzò da terra, decisa più che mai, ed aprì la porta -Io vi darò un figlio!-

John e Paul la guardarono stralunati, non si erano accorti che li stava spiando da un po' e quell'entrata li aveva lasciati basiti -Cosa?- disse John.

-È un modo per ringraziarvi di tutto quello che avete fatto per me- Jenn non capiva, aveva trovato la soluzione, come mai allora quest'insicurezza.

John la prese per le braccia -Jenn, non devi rimanere incinta solo per ringraziarci, perché poi non è Paul che deve partorire, sei tu-

-Aspetta, perché io dovrei partorire?- Paul mise le mani sui fianchi guardando il suo compagno malissimo -Beh, perché sinceramente tu sei più femminile di me, e non mi stupirei se un giorno tornassi a casa con delle tette- Paul gli diede un colpo in testa per poi spingerlo via.

Jenn sbuffò, era difficile prenderli in un momento di serietà -Ragazzi dico sul serio. Per me non è affatto un problema, anzi! Farei di tutto per la vostra felicità-

-Ma non questo. Poi potresti pentirtene, cosa ne sai se vuoi avere figli?-

-Senti John, io voglio avere dei figli. Ma non voglio che il padre sia un uomo all'infuori di voi due. Perché grazie a voi ho trovato un equilibrio stabile. La verità è che non so se questo equilibrio lo troverò anche con qualcun altro-

Le parole di Jenn erano vere, venivano dal cuore. Infatti li fece riflettere parecchio. Ma avevano entrambi paura di quel che sarebbe accaduto, di come si sarebbero comportati.

Fu Paul a prendere parola per primo -Ok, ma solo se vuoi tu, se vorrai tirarti indietro, giuro che capirò-

-Non ce ne sarà bisogno Paulie, perché non mi tirerò indietro-

 

 

-Liverpool- 10:15-

 

-Ma quindi poi cosa è successo?- chiese Marilyn che ormai giocherellava con la bottiglia vuota.

Paul si schioccò le dita di entrambe le mani -Eravamo tutti in fermento perché era una novità. Le domande erano tante, dove ti avremmo messo quando saresti nata e chi, soprattutto, sarebbe stato il padre-

Ecco, quello che Marilyn aspettava da anni. Paul le leggeva negli occhi la voglia di sapere -Ma lei non voleva lasciare fuori nessuno, così si affidò al caso-

-Cosa?-

-Si, in pratica andò a letto con entrambi-

Marilyn restò a bocca aperta. Non pensava che sua madre si fosse spinta fino a quel punto solo per avere lei.

-Ma quindi, come fate a sapere chi è il padre?-

-Devi avere pazienza, che ci arrivo-

Decisero di uscire dal Cavern. Dovevano tornare a casa, visto che Linda li aspettava per quel pomeriggio.

-Papà, ma cosa si fa per Natale?- chiese la ragazza mentre camminavano per il marciapiede. La scuola sarebbe finita fra pochi giorni e Marilyn non vedeva l'ora di entrare nelle vacanze natalizie, per avere finalmente un po' di riposo.

Paul scaldò le sue mani nelle tasche della giacca -Non so, si invitano i ragazzi?- la sua era una domanda retorica. Sapeva benissimo che Marilyn non vedeva l'ora di vederli -Davvero? Fantastico!- improvvisò un balletto per la strada, costringendo Paul a ballare con lei.

-Ok, ok. Allora poi li chiamo-

-Sarà fantastico!-

 

-Londra- 18:00-

 

John tirò un'altra boccata di fumo che si sparse per la stanza. Da quando Paul se n'era andato non era più in se. Beveva e fumava più del suo solito ed ogni sera girava per strada ubriaco.

Mi sto distruggendo” pensò mentre guardava il fumo fare dei strani disegni nell'aria.

Il telefono squillò, ma non aveva per niente voglia di rispondere. Rimase quindi lì, sulla poltrona davanti alla finestra. Sotto di lui la città era in pieno movimento e tutti preparavano i negozi per il Natale.

Quando il telefono finì di squillare partì il messaggio in segreteria -John, sono Yoko. Quanto starai ancora in Inghilterra? Sai, fra poco è Natale e mi sarebbe piaciuto averti a casa. Mi manchi-

John ridacchiò maligno -Adesso quindi ti manco eh?- fece schizzare via la sigaretta ormai finita e se ne accese un'altra.

Si alzò e prese tra le mani il 33 giri di Abbey Road. Lo esaminò a fondo, era stato l'ultimo disco dei Beatles.

Lo mise nel giradischi ed aspettò che partisse Come Together. Era molto tempo che non ascoltava un loro vecchio disco, sembrava passata un'eternità.

Si ritrovò a battere il tempo con il piede “Sono proprio senza speranza” pensò mentre canticchiava.

Dopo la prima canzone decise di passare a Oh Darling. Sapeva che sarebbe stato un duro colpo risentirla, risentire la voce disperata di Paul. Sapeva che quella canzone l'aveva scritta per lui “Ma visto che sei uno stronzo insensibile non hai detto nulla, vero Lennon?”. Si era incolpato più e più volte del legame interrotto con Paul.

John attraversò a passi lenti la stanza, ascoltando la canzone, che gli faceva riemergere tantissimi ricordi. Non erano belli. Ricordava Marilyn, che aveva cominciato a guardarli diversamente, sapendo anche lei che qualcosa era cambiato.

Il telefono squillò di nuovo. John non si scomodò nemmeno ad abbassare il volume della musica ed andò a rispondere.

-Pronto?-

-John sono Paul-

Rimase di sasso risentendo la sua voce, non si aspettava per nulla una sua telefonata -Beh, cosa ti ha indotto a chiamarmi?-

-John, sai benissimo che non puoi sempre sparire senza più dare tue notizie! Non tanto per me, che ci sono abituato, ma per nostra figlia. Pensavo che almeno a Marilyn avresti concesso l'onore di sentire la tua voce, ma a quanto pare mi sbagliavo-

John sapeva che Paul aveva ragione, il suo comportamento non aveva scuse -Beh, cosa avrei dovuto fare? Tornare da te in Scozia facendo finta che nulla fosse accaduto? Forse non ti ricordi, ma abbiamo fatto sesso Paul!-

-Questa non è una scusa-

-Falla meno lunga McCartney, perché mi hai chiamato?-

-Marilyn ti vorrebbe qui a Natale-

John giocherellò con il filo del telefono. Aveva paura di rispondere di si, perché avrebbe rivisto Paul, ma non poteva rispondere negativamente -Ok vengo, ma ci sono anche gli altri vero?-

-Si...ma stai ascoltando Oh Darling?- anche se non aveva Paul davanti, John arrossì violentemente -Beh, si...qualche problema?-

-No, certo che no-

Ci fu un momento di silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa dire. La canzone intanto continuava e Paul dall'altro capo del telefono non riuscì a non pensare a quel periodo. John all'epoca era tutto preso da Yoko e lo aveva lasciato, Paul aveva cercato inutilmente di convincerlo ma ormai il rapporto era stato rotto ed ogni tentativo di ricongiungersi era stato disastroso.

John batteva le dita sul comodino del telefono -Sai Paul, Yoko ha ricominciato a chiamarmi- Paul ne rimase sorpreso, pensava che ormai fosse tutto finito, ma si sbagliava.

Peccato” si ritrovò a pensare.

-Si vede che le manchi. Dopo anni ed anni passati a sopportarti anche a me sei mancato-

-Ma come sei sentimentale- lo canzonò John sbattendo più volte gli occhi con fare civettuolo, come se avesse Paul davanti. Infatti lui rise, contagiando anche il più grande. Non c'era niente di meglio della risata di Paul -Allora ci si vede a Natale?-

-Si, a Natale-






Angolo Autrice:
Salve a tutti, rieccomi con un nuovo capitolo :D
Anche questo potrebbe essere un capitolo corridoio (ma quanto dura 'sto corridoio?) ma visto che si ha "l'idea", chiamiamola così, di Marilyn...non saprei.
Ringrazio Kia85, che continua a seguire la storia e a darmi consigli, e ChiaraLennonGirl06 che con i suoi complimenti mi fa sciogliere.

With Love
Goldenslumber14


 

  
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