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Autore: Ale_edgy    17/07/2014    3 recensioni
64 d.C.
A Roma scoppia l'incendio. Nerone viene accusato.
Ma cosa accadeva veramente in quel momento nella mente dell'imperatore?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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- Non sono pazzo –
Continuava a ripetere Nerone tra se e se, mentre guardava Roma bruciare inesorabilmente
- Io non sono pazzo -
Sdraiato sul suo triclinio puntava gli occhi sulle fiamme che avvolgevano la città, passandosi lentamente la lingua sulle labbra.
Un ghigno di soddisfazione troneggiava sul suo volto.
- Brucia popolo ingrato, bruciate Romani! Io non sono pazzo -
Stringeva tra le mani un grappolo di uva con rabbia, come un assassino stringe il proprio pugnale, staccandone di tanto in tanto qualche acino da portare alla bocca.
E poi riprendeva.
- Per anni mi avete usato, per tutta la vita sono stato trattato come un burattino, prima da mia madre, poi da voi, popolo ingrato.
E ora bruciate, bruciate insieme al corpo senza vita di mia madre. Io l’ho uccisa. Ho ucciso mia madre. Non sono pazzo -
Il ghigno sul suo volto si trasformò presto in uno sguardo gelido, pieno di odio e di compiacimento.
- Il suo sangue scorreva lento sui pugnali dei miei sicari, come ora queste fiamme scorrono sui tetti delle vostre misere case.
 Brucia, fiamma dorata…brucia -

Fuoco. Indomabile creatura degli dei. Dono di Prometeo agli uomini.
Fuoco. Fiamma che tutto distrugge. Riscalda il mio cuore.
Avvolgi nel tuo folle abbraccio lo strazio di questa città.


- Guarda, guardali come fuggono, povere bestie. Le loro grida sono così forti che sovrastano il soave crepitio delle fiamme.
Guarda lì, l’avaro cerca di portare in salvo il suo oro..
Oh, e lì invece, proprio li giù, una povera madre cerca di salvare il suo bambino. Istinto materno, lo chiamano.
 Mia madre mi avrebbe lasciato solo, in mezzo alle fiamme.
 “Salvati da solo” avrebbe detto. “Ti servirà a diventare uomo”
Quella donna era un mostro. E i mostri non meritano la vita.
Io ho ucciso mia madre.
Per colpa sua vedo pericoli ovunque. Lei, colei che tanto voleva rendermi uomo, non ha fatto altro che alimentare le fobie di un povero fanciullo -
Si  alzò dal suo triclinio e si mise a girare per la stanza.
- Per tutta il tempo sono stati gli altri a decidere della mia vita. Se la sono presa, l’hanno usata a loro piacimento.
E di Nerone? A chi importava dei sentimenti del povero Nerone?
Loro si sono presi la mia vita. E io adesso mi prendo la loro.
Vendetta.
Io non sono pazzo –

Fuoco. Indomabile creatura degli dei. Dono di Prometeo agli uomini.
Fuoco. Fiamma che tutto distrugge. Riscalda il mio cuore.
Avvolgi nel tuo folle abbraccio lo strazio di questa città.


Il respiro affannato, le mani che compivano vorticosi giri per l’aria, intrufolandosi di tanto in tanto tra i capelli dell’ imperatore.
- Non ho mai chiesto molto. Una cosa mi sarebbe bastata per essere felice.
Mi sarebbe bastato l’amore di una madre.
Per anni ho finto che non me ne importasse.
Per anni mi sono dedicato alla poesia, al teatro, esprimendovi  i miei sentimenti più remoti.  Ma a chi importava delle mie poesie?
“sono solo il delirio di un folle” dicevano.
Io non sono pazzo - 
Si sedette di nuovo.
- Si sono forse dimenticati di quegli anni felici? Li hanno dimenticati?
Anni in cui gli unici ordini erano di divertirsi e godersi la vita nel lusso. Allora Nerone era un buon imperatore. Tutte le lodi per il buon Nerone.
Popolo ingrato.
Sono stato io.
Io ho ordinato che l’arte venisse insegnata anche al più povero dei cittadini.
Io ho fatto si che questa città tornasse al suo splendore.
Io ho fatto si che l’arte greca entrasse a Roma, tutto quello che di greco e orientale abbiamo a Roma è merito mio.
Mio.
E ora tutto questo brucia insieme all’ingrato popolo -

Fuoco. Indomabile creatura degli dei. Dono di Prometeo agli uomini.
Fuoco. Fiamma che tutto distrugge. Riscalda il mio cuore.
Avvolgi nel tuo folle abbraccio lo strazio di questa città.


- Non sono pazzo –
Continuò a ripetere Nerone tra se e se, mentre guardava Roma bruciare inesorabilmente
- Io non sono pazzo -
Sdraiato sul suo triclinio puntò gli occhi sulle fiamme che avvolgevano la città.
- Non posso essere pazzo, è colpa loro. E’ colpa loro, è solo colpa loro -
Si alzò per andare a sciacquarsi il volto. Prese un po’ d’acqua con le mani dalla sua ciotola in terracotta e se la buttò sul viso
- E’ colpa loro, guarda come sono ridotto. Sono un uomo finito, un imperatore fallito.
Ho ucciso mia madre, e ora tutti i miei cittadini stanno morendo -
Rivolse un altro sguardo alla città.
- Che cosa ho fatto… -
Rimase immobile lì, in alto, a guardare quello che ora gli sembrava un vero e proprio orrore
- Che cosa ho fatto.. i miei poveri cittadini.
No, io non sono pazzo, è colpa loro, colpa di mia madre, quel mostro e di miei inutili cittadini.
Brucia Roma, brucia -
Andò di nuovo verso la ciotola con l’acqua.


Acqua. Specchio limpido di purezza. Metti in mostra la mia anima
Acqua. Abisso oscuro. Affoga la mia tristezza.
Placa con le tue tenere braccia l’ira potente del fuoco.


La fissò. Era così decorata, con quei ricami azzurri sembrava sommersa da onde.
Poi la scosse.
E infine ci si specchio.
E l’immagine che ci vide riflessa gli piacque. Gli piacque davvero tanto.
Un ghigno di soddisfazione troneggiò sul suo volto…
- Io…-
- Io sono pazzo! -
  
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