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Autore: jay hanks    17/07/2014    1 recensioni
“Non lo trovi bellissimo?” chiese Harry.
Stiamo sulla riva del Lago di Hogwarts ed è l’alba. Lo spettacolo della luce del sole che si rispecchia sullo specchio d’acqua è qualcosa di bellissimo.
“Sì, sì Harry, è bellissimo!” rispondo.
Il ragazzo mi guarda e si avvicina.
“Ashleen…” si avvicina ancora.
“Ashleen…” mi poggia le mani sui fianchi.
“Ashleen…” mi intrappola col suo corpo contro il muro.
“Ashleen…” poggia la sua fronte sulla mia.
“Ashleen…” chiudo gli occhi.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Il trio protagonista
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Da VII libro alternativo
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E capisco che non era solo un sogno.
                                
 
 
 
 
 
 
 
 
Non è ancora mattina quando mi sveglio, ma ormai è diventata una cosa abituale. Sono notti ormai  che faccio lo stesso incubo, ma questa volta è stato diverso. Cerco comunque di non pensarci e controllo che ore sono sulla radio-sveglia, sono le 5.00 di mattina e il pullman non passa prima delle 6.30. Decido di lavarmi, vestirmi e andare a svegliare mio fratello Sasha.
  Io e lui siamo gemelli, anche se non si direbbe: io sono bionda, ma di un biondo così chiaro da sembrare bianco e i miei occhi sono neri. Mio fratello, invece, ha capelli talmente scuri che neanche la luce riesce a riflettersi sopra di essi e i suoi occhi sono chiarissimi, del colore del ghiaccio. Siamo due opposti, ma non potremmo assomigliarci di più sotto il punto di vista del carattere, penso che non esistano persone più testarde di noi due messi insieme, più solari di noi due messi insieme e più… strani di noi due messi insieme.
  La camera di Sasha si affaccia sul giardino della reggia di nostro padre, ha muri neri e insonorizzati in modo tale che lui possa suonare chitarra, basso e batteria anche alle 3.00 di mattina, la musica è la sua vera passione. La stanza è provvista di enormi finestre con tende, anch’esse nere, che non lasciano passare uno spiraglio di luce e di una moquette scura che ricopre tutto il pavimento.
  Un giorno, nostra madre si era preoccupata, non si sa per quale motivo, che mio fratello potesse avere dei problemi a socializzare e un’inclinazione emo alquanto accentuata, tutto perché Sasha e il nero vanno molto d’accordo. È una cosa assurda e allo stesso tempo tipica della mamma, alla fine ci abbiamo fatto l’abitudine entrambi.
  Camera mia, invece, si trova in una biblioteca, la mia vera passione sono i libri e per questo ho fatto ricavare il mio letto in uno scaffale di una delle tante librerie che si trovano nella mansarda e ci ho stabilito la mia camera.
  Se il mio gemello è una rock star mancata, io sono una divoratrice accanita di tomi da 700 pagine.
  Mi do un’ultima sciacquata alla faccia per distogliermi dai miei pensieri e mi avvio al piano di sotto cercando di non fare troppo rumore. Quando arrivo davanti alla porta di Sasha, suono il campanello, può sembrare una cosa strana ma ogni stanza della casa ha un citofono da suonare e un telecomando per aprire la porta, mio padre è fanatico di certe cose e non c’è stato modo di dissuaderlo e non farglieli installare. Mi appoggio contro il muro aspettando che mio fratello apra, ripassando mentalmente la lezione di storia che la Johnson (l’insegnante di storia e letteratura della mia scuola) ha assegnato per oggi. Alla fine, Sasha mi apre: è strano vederlo di prima mattina, dorme con i calzoni di un pigiama a motivi scozzesi e una vecchia canottiera nera gli fascia il torace muscoloso, porta anche gli occhiali, prima di sostituirli con le lenti a contatto.
  Per un attimo mi guarda perplesso, poi, come ogni mattina, mi abbraccia e mi stampa un bacio sulla fronte, ed io gli do un bacio sulla guancia; devo dire che abbiamo un rapporto bellissimo.
  Essendo più alto di me almeno di tutta la testa, mi guarda dall’alto in basso tutti i giorni, con quegli occhi color del ghiaccio colmi di vita. Non penso di aver mai visto Sasha di malumore per più di cinque minuti, è impossibile demoralizzarlo, lui trova sempre qualcosa per cui valga la pena sorridere ed è troppo occupato a stupirsi della sua vita e delle cose che lo circondano per badare a quello che fa. È davvero unico e per questo ha un manipolo di ragazze che gli vanno dietro, anche se lui sembra non interessarsene molto. Lui vive per scoprire cose nuove e suonare; Sasha suona, suona e suona: suona nel cortile della scuola, suona nel salone di casa d’inverno e nel giardino d’estate, suona in camera sua ad ogni ora, è capace di svegliarsi alle 2.00 di notte e di buttare giù pagine su pagine di spartiti per poi mettersi a suonare fino al mattino dopo, per questo le pareti di camera sua sono spesse più di cinquanta centimetri. Mentre lo guardo, mi accorgo che in mano ha il plettro verde che gli ha regalato il suo insegnante di musica, quello è uno dei miei plettri preferiti, non so… ha una sfumatura di un verde intenso bellissima, ogni volta che lo vedo, prendo la mia, di chitarra, e mi metto a strimpellare qualcosa, con Sasha che ride in sottofondo quando stecco qualche nota.
  “Sasha, la colazione è pronta. Ho chiesto a Zio Stan di prepararla giusto cinque minuti fa”, dico riprendendomi dal torpore.
“Sono fermamente convinto che dobbiamo trovare una ragazza a quell’uomo, sta sempre a smanettare in cucina, neanche a dire che Rose sia carina”, risponde lui ridendo e chiudendo la porta.
  Stanley è il nostro cameriere, fin da piccoli abbiamo cominciato a chiamarlo “zio” perché stava sempre con noi, era come una balia e gli vogliamo davvero bene. Sasha dice così perché sono anni ormai che lo Zio non esce con una ragazza, e Rose, l’altra cuoca, non è esattamente la bellezza fatta persona: è grassa e bassa, con dita tozze e un perenne mal di testa che la fa diventare molto irascibile, ma cucina da Dio e per questo mio fratello la adora, tipico suo.
  Scendo al piano di sotto e mi siedo al mio posto, faccio un cenno col capo a mio padre quando entra e insieme aspettiamo Sasha e la mamma. Mio fratello arriva quasi subito, occupando il posto davanti a me, mentre mia madre si fa aspettare.
“Non scenderà prima di mezzora, direi che possiamo anche cominciare a mangiare”, esordisce mio padre riferendosi all’evidente ritardo della moglie.
“Dici?” risponde Sasha scettico, “lei tiene molto a mangiare tutti insieme”.
  Papà lo guarda per un attimo e posa le posate, mentre la mamma fa il suo ingresso nel salone.
  La prima cosa che Evelyn Stark nota è Sasha, è sempre stato il suo prediletto. Poi mi guarda e fa una specie di sorriso stiracchiato, rivolgendosi poi al marito.
“Caro, oggi fino a che ora devi lavorare?” chiede imburrando una fetta di pane.
“Non lo so, tesoro, forse fino alle 21.00” risponde lui “Sono tempi duri questi per la sociètà, serve il maggior numero d’impiegati disponibili”.
“Certo, capisco. Comunque oggi c’era una cena molti importante in programma, sai?” dice con fare apparentemente disinvolto.
“Ah sì? E chi sono gli invitati?” chiede allora papà.
Evelyn si mette a snocciolare nomi di gente proveniente dai quartieri aristocratici di New York e alla fine riesce a convincere il marito a uscire con lei quella sera.
Sinceramente non so se nostro padre abbia accettato per farla stare zitta o se è davvero interessato, ma non m’interessa molto.
Mi alzo da tavola prendendo lo zaino, la felpa e agguanto per un braccio mio fratello salutando tutti e uscendo di casa.
“Che materia abbiamo alla prima ora, Ash?” mi chiede Sasha.
“Matematica o storia. Ma credo matematica.” Imparare a memoria l’orario non è mai stato il mio forte.
“Perfetto, sono già stato interrogato in tutte e due le mater… uh, guarda! Questa foglia ha un colore stranissimo. M’ispira tantissimo, a te non ispira? Oddio, Ash! Ho un’idea per una nuova canzone: potrebbe parlare dell’autunno o di qualcosa di simile! Ci pensi? Ci stai pensando, Ash? Ash…?” credo che abbia continuato a chiamarmi per cinque minuti buoni, ma io non sono dell’umore per starlo a sentire. C’è qualcosa in Sasha che ti smuove qualcosa dentro quando inizia a parlare delle cose che lo entusiasmano: certa gente diventa più felice, a qualcuno salta in mente l’idea per un quadro, a me, personalmente, fa venire voglia di leggere… di solito.
Ma non oggi; mi sento strana, ho un forte mal di testa e non riesco a stare in piedi per più di dieci minuti, quindi varco la porta della scuola e mi siedo al mio banco prima di collassare in mezzo al corridoio.
Quando la Johnson entra, quasi non me ne accorgo: chiudo un attimo gli occhi e quando li riapro, mi trovo completamente da un’altra parte.
 
 
 
 
 
 
                                                               *****
Sono in un corridoio, vicino a me ci sono dei ragazzi e delle ragazze che non ho mai visto: indossano tutti delle uniformi nere, ma certi hanno ricamati diversi stemmi, qualcun altro ha sciarpe verde-argento o rosso-oro, qualcun altro ancora ha delle spille con animali diversi: una serpe, un tasso, un leone… In lontananza vedo dei ragazzi, vestiti con sciarpe verde-argento, prendere di mira un bambino di undici anni circa mentre una ragazza dai capelli ricci e l’aria abbastanza infuriata mi sorpassa urlando:
“Malfoy, Tiger e Goyle! Lasciatelo stare!” vedendo che, anzi, si accaniscono di più contro il malcapitato, la ragazza urla:
Stupeficium!” e due di quei tizi finiscono gambe all’aria nel corridoio.
Il terzo, quello dai capelli biondissimi, le urla qualcosa che suona come:
“Stupida Mezzosangue!” e la riccia risponde minacciando di togliere oltre cinquanta punti a Serpeverde… il flusso dei miei pensieri s’interrompe improvvisamente quando un ragazzo dai capelli rossi e con gli occhi azzurri mi finisce addosso.
“Miseriaccia! Scusami tanto!” comincia lui, “io sono Ron, Ron Weasley, sono un Grifondoro e… tu chi sei?” mi chiede.
“Ehm… mi chiamo Ashleen Stark e…” - e non ho la più pallida idea di cosa ci faccia qui- “… e vorrei parlare con… uhm… col preside” dico. Forse lui (o lei?) saprà dirmi qualcosa.
Il rosso mi guarda scettico, poi alza le spalle e mi fa segno di seguirlo dicendo che “miseriaccia! Fra poco ho Trasfigurazione! Chi la sente poi la McGranitt?” e “Se mi becca Piton, sono boccini miei!” convinto, probabilmente, che io non lo sentissi.
Ron mi guida attraverso corridoi, scale – Oddio, Ron! Ma si muovono! – Sì, alle scale piace cambiare. – e passaggi segreti. Quando, finalmente, arriviamo davanti a uno sgorbio di pietra, Ron dice qualcosa che suonava tipo: “Praline al cioccolato”, poi mi guarda e dice:
“Ecco, sali la scala e bussa alla porta, lì troverai il preside” faccio come mi ha detto e, poco prima di mettere il piede sul quarto gradino, sento Ron borbottare: “è stato un piacere conoscerti”.
“Quel ragazzo borbotta decisamente troppo” penso mentre busso alla porta.
Ho ancora il pugno alzato quando la porta si apre e un ragazzo dai capelli neri, gli occhi verdi e una strana cicatrice sulla fronte esce sorridendo; non ci faccio molto caso e guardo dentro la stanza. Un vecchio signore mi sta scrutando in modo strano, io sorrido ed entro nell’ufficio: è pieno di quadri che ritraggono gente che… momento, momento, momento. Quella gente mi sta guardando! Si muovono! Credo di aver fatto una faccia abbastanza scandalizzata perché il preside mi fissa curioso con un accenno di sorriso sul volto.
“Ma qui passano tutto il tempo a sorridere?” penso dentro di me.
“Io sono Albus Silente, ” inizia il vecchio, “lei dovrebbe essere la signorina Ashleen Evelyn Stark, non è così?”.
Io annuisco e chiedo: “Come fa a sapere il mio nome?”
“Ah, mia cara Ashleen, la professoressa Cooman non sbaglia mai!” risponde con fare filosofico.
“Ehm… okay… perché quel cappello sta parlando?” chiedo all’improvviso. La mia domanda, originariamente, era qualcosa tipo “Non so chi o cosa è una Cooman, vorrei solo sapere: cosa ci faccio qui?” ma poiché uno strano cappello malconcio continuava a borbottare “Tassorosso l’astuzia onora… ah, no, quello era Serpeverde!” quello che volevo dire è andato a farsi benedire, lasciandomi con una faccia scandalizzata.
Di nuovo.
“Ah, lascialo stare cara Ashleen, sta provando la nuova canzone per lo smistamento dell’anno prossimo,” continua a sorridere, “ti posso dare del tu, non è vero?” deve essersi risposto da solo, poiché non mi lascia il tempo di dire nulla. Silente apre un cassetto, prende un… cioccolatino? Okay, dicevo, Silente apre un cassetto, prende un cioccolatino, una specie di vaso con delle rune e una bacchetta magica.
Mi guarda e, lentamente, si porta la bacchetta alla testa, ne estrae un filo d’argento che mette in quella tinozza con i disegnini e mi prende una mano appoggiandola sul bordo del…
“È un Pensatoio, Ashleen”.
… del Pensatoio.
Sento una stretta all’ombelico e in pochi secondi mi trovo in una stanza, anzi, mi trovo in una classe.
C’è un ometto basso arrampicato su una pila di libri che sta spiegando la storia di Hogwarts. All’inizio non capisco cosa possa essere questa Hoguarts, Hoguortz, o quel che è, ma poi sento la voce dell’uomo-in-miniatura iniziare a spiegare.
Così, in pochi minuti, apprendo tutto di quel posto: scopro che è una scuola di magia e stregoneria, c’è uno sport che si pratica in volo chiamato Quiddtich, una Foresta Proibita, materie dai nomi strani come “Trasfigurazione” o “Erbologia” e mille altre cose.
Poi la scena cambia e vedo una Sala – Questa è la Sala Grande, dove vengono consumati i pasti, il cui soffitto è incantato e mostra il cielo -. Al centro della Sala c’è uno sgabello con lo strano Cappello poggiato sopra; alcuni ragazzini, si avvicinano e se lo posizionano in testa, il Cappello parla e urla qualcosa, solo che non riesco a sentire cosa.
La scena cambia un’ennesima volta e rivedo il ragazzo con la cicatrice a forma di saetta puntare la bacchetta contro un uomo vestito di nero – Quello è il Signore Oscuro e il ragazzo è Harry Potter, è riuscito a salvare il Mondo Magico con un incantesimo banale come l’Expelliarmus. –
Sento di nuovo la stretta allo stomaco e mi ritrovo nell’ufficio. Il Preside mi guarda con occhi e gentili ed io riesco solo a dire:
“è stato bellissimo!”
Silente parve compiaciuto.
“Bene, dove eravamo rimasti? Uhm, sì, giusto. Accio Cappello!” e fu così che, con molta grazia, quella sottospecie di Cappello si catapultò in braccio al Preside.
Potete immaginare la mia faccia.
Sono scandalizzata.
Per. L’ennesima. Volta.
Fatto sta che Silente si alza, mi spinge a sedere su una sedia e mi cala sulla testa il Cappello.
Subito questo si mette a snocciolare frasi senza senso nella mia testa.
Interessante, davvero molto interessante! Vedo un gran cervello, una grande forza d’animo e… potresti essere un tasso!”
Senza accorgermene mi ritrovo a pensare “Tutto ma non Serpeverde, tutto ma non Serpeverde!” mordendomi il labbro.
Ahahahah! Lei, signorina, non è certo la prima a dirmi una cosa del genere, sa?” dice divertito.
Silente si schiarisce la gola e il Cappello riprende a parlare.
“Mh… vediamo. Qui c’è anche un pizzico di astuzia, ambizione e orgoglio. Vedo anche coraggio, lealtà e fiducia”.
“Tutto ma non Serpeverde, tutto ma non Serpeverde!” penso di nuovo.
Grifondoro!” urla il Cappello nella mia testa.
 
 
                                                                   *****
 
 Poco dopo sto camminando in uno dei corridoi diretta verso un quadro chiamato “La Signora Grassa” mi è stato detto di dirle chi sono, cosa ci faccio qui, e bla bla bla.
Quando arrivo davanti al dipinto, trovo Ron e… Harry, giusto? Insomma, trovo il rosso e il moro che bisticciavano con la Signora.
“Per Godric, Ron! La parola è caleidoscopio!” dice Harry.
“Ed io ti dico di no! È Ungaro Spinato!” risponde Ron.
“No!”
“Sì!”
“Ti ho detto di no!”
“Ed io, invece, ti dico… Ashleen!” dice il rosso vedendomi.
“Mi dici Ashleigh?” chiede confuso il moro.
Se c’è una cosa che non sopporto, è quando pronunciano male il mio nome. Così non posso fare a meno di dire:
“Ehi, moro! Mi chiamo Ashleen. Ripeti con me: A-S-H-L-E-E-N”.
“Okay, Ashlice. Okay”.
Lo guardo male e Ron ride; in quel momento il quadro si riprende.
“è lei la signorina Stark?” mi chiede.
“Sì… il professor Silente mi ha detto di venire da lei per avere accesso alla sala comune dei Grifondoro.” Rispondo. “Quindi… posso, uhm, passare..?”
“Ma certo cara. Portati anche questi due idioti, non li voglio più vedere qui” e scompare nel suo vicino di cornice con fare offeso.
Cerco di non ridere e chiedo a Ron, che è quello che conosco relativamente di più, di farmi strada.
 
 
 
 
 
 
                                                                         *****
 
 
 
I giorni nella Torre dei Grifondoro passano veloci e divertenti: ho fatto amicizia con Hermione Granger – che è la fidanzata di Ron – e Ginny Weasley – che è la ragazza di Dean Thomas -. Per ora, le materie che ho capito più facilmente sono Pozioni, Erbologia e Cura delle Creature Magiche – Hagrid è una… persona, per modo di dire, fantastica e i è stato subito simpatico.
Ho scoperto che Harry è una delle persone più divertenti e carine che io abbia mai conosciuto; nelle settimane scorse io e il moro abbiamo instaurato un rapporto di amicizia bellissimo.
 
 
                                                                    *****
 
 
“Non lo trovi bellissimo?” chiese Harry.
Stiamo sulla riva del Lago di Hogwarts ed è l’alba. Lo spettacolo della luce del sole che si rispecchia sullo specchio d’acqua è qualcosa di bellissimo.
“Sì, sì Harry, è bellissimo!” rispondo.
Il ragazzo mi guarda e si avvicina.
“Ashleen…” si avvicina ancora.
“Ashleen…” mi poggia le mani sui fianchi.
“Ashleen…” mi intrappola col suo corpo contro il muro.
“Ashleen…” poggia la sua fronte sulla mia.
“Ashleen…” chiudo gli occhi.
 
 
   
                                                                      *****
 
“Ashleen…” apro gli occhi di colpo.
Non riesco lo stesso a vedere niente: è come se avessi un panno nero davanti agli occhi.
“Stark! Signorina Stark, si svegli per favore” di chi è questa fastidiosa voce che mi importuna?
“Ashleen? Ashleen, mi senti?” ecco una seconda voce, più preoccupata, che mi chiama.
“Dici che ci sente?” questa voce… no, non mi dice niente.
La vista si schiarisce, mi guardo intorno e capisco di non essere a Hogwarts, sono a Brooklyn. Sasha mi guarda preoccupato e la Johnson continua a dire di svegliarmi e alzarmi dal pavimento… un attimo, quando e come ci sono arrivata sul pavimento? Mio fratello mi guarda e sembra capire le mie domande.
“Sei caduta dalla sedia e sei svenuta, tesoro. Come ti senti?”
“Io sto… bene, davvero”. Mi aggrappò alle sue braccia e mi tiro su.
Chiudo gli occhi e penso a quanto tutto sembrasse così vero.
Quando li riapro, gli occhi color del ghiaccio di Sasha continuano a scrutarmi preoccupati, ma io non ci faccio caso.
Vedo qualcuno, oltre le spalle di mio fratello e oltre il vetro della finestra, che si sbraccia a cavalcioni di una scopa. È incredibile come i suoi occhi verdi siano luminosi anche da lontano.
Prendo il mio zaino – mai disfatto – stampo un bacio sulla guancia al mio gemello e corro fuori incontro a Harry.
 
E capisco che non era solo un sogno.









- SPAZIO AUTRICE -

Salve! Questa è la mia prima OS e, devo dire, per essere la prima è venuta anche abbastanza lunga :Q___
Bene, spero davvero che vi piaccia e che passiate a recensirla ^^'

Passate anche a leggere la mia long "La sorella di Harry Potter" e fatemi sapere che ve ne pare anche di quella, 
un bacio,
Jay <3
  
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