Capitolo 6
“Quando
l’hai capito?” chiese John. Erano seduti sulla
veranda, l’uno accanto all’altro consumando un
pranzo a base di panini. Sherlock
mangiava più facilmente ultimamente.
John aveva iniziato a desiderare di aver saputo prima che tutto
ciò che gli
sarebbe servito erano lunghe giornate di sesso. E poi aveva capito che
non si
sarebbe mai concesso delle lunghe giornate di sesso con Sherlock prima
di
perderlo, perché John non sapeva che lo desiderava in quel
modo fino a che non
lo aveva perso. John non si era permesso
di pensare che poteva desiderarlo in quel senso.
“Quando
ho capito cosa?” chiese Sherlock, leccando
distrattamente via il sale delle patatine dalle dita.
“Quando
hai capito che saremmo stati così, insieme?”
Sherlock lo
guardò, sorpreso. Era vestito, ma a stento, con
la camicia sbottonata e le maniche arrotolate, e i suoi capelli erano
un disastro
assoluto, e John pensava che non era mai stato attraente in maniera
così
devastante. “L’ho capito dal momento in cui ti ho
visto. Non l’avevo già
scritto nelle lettere?”
Fu la volta di
John per essere sorpreso. “Sì, ma pensavo che
tu fossi... pensavo che stessi esagerando. Pensavo che stessi, sai,
utilizzando
una figura retorica.”
“No.”
Sherlock tornò al suo panino, come se questa fosse una
cosa casuale da affermare. “L’ho capito appena sei
entrato nel laboratorio. Con
quel ridicolo e falso zoppicare.”
“Non
era ‘falso’ “ corresse John
“Era psicosomatico. C’è
differenza.”
Sherlock si
strinse nelle spalle e morse un cetriolino.
“Quindi
sono entrato dentro il laboratorio del San Bart, e tu
mi hai visto e…” incitò John,
affascinato adesso.
“E ho
pensato, ‘Eccellente. Mike mi ha portato il mio soldato
personale.’”
“Smettila.”
John rise e lanciò una patatina contro Sherlock.
Sherlock sorrise
e diede un morso al suo panino, e John lasciò
perdere perché era chiaro che l’altro non aveva
voglia di discuterne
seriamente.
Ma Sherlock,
dopo aver ingoiato, continuò a parlare: “Quello
che ho pensato, nel primo momento in cui ti ho guardato, è
stato che eri un ex
militare, ferito di recente. Che eri un tipo insolito e un
po’ incerto. Che sembravi
mite come un bibliotecario,
ma c’era
dell’acciaio in quella spina dorsale che avrebbe preso in
contropiede qualsiasi
idiota che avesse cercato di sfidarti con spiacevole - mortale, si
sarebbe poi
scoperto -
sorpresa. Che sembravi più vecchio di
quello che eri, perché ti sentivi più
vecchio di quello che eri. Che non sorridevi abbastanza, anche se
sembravi essere
piuttosto incline a farlo, quindi avevi bisogno di qualcuno che ti
facesse
sorridere di più. Che i tuoi capelli mi sarebbero piaciuti
di più una volta che
fossero cresciuti un po’. Che eri annoiato
dal tran tran della vita quotidiana. Che capivo quella noia. Che, se ti
avessi
fatto entrare nel mio appartamento, se ti avessi fatto entrare nella
mia vita,
non avrei mai voluto lasciarti andare. Questo è quello che
ho pensato.”
John rimase in
silenzio per un attimo, sentendosi un po’
stordito. “Hai pensato tutto questo. Durante quel primo
sguardo.”
“Sì.
E decisi di averti non appena mi hai offerto il tuo
cellulare. ‘Mike non ha il suo cellulare,’ ho
pensato. ‘Chiederò di usarlo, e
Mike rifiuterà, e se questo nuovo medico militare
permetterà ad uno perfetto
sconosciuto di usare il suo telefonino, piuttosto che costringermi ad
usare il
telefono fisso o ad andare in un posto dove potrei avere un segnale
migliore,
allora gli dirò dell’appartamento.’ E tu
ti sei offerto.”
“Era
tutto un piano?”
“Certo
che lo era. Mi conosci. Faccio mai niente senza un
qualche motivo? Ho mai chiesto di usare il cellulare di
un’altra persona?”
“Sì.
Insisti sempre di usare il mio cellulare.”
“Insisto
ad usare il tuo
cellulare. Sei così sciocco. Continuavi a pensare che le
cose che facevo con te
dovevano essere messe in una categoria di Cose Che Sherlock Fa Con La
Gente. Nonostante
fossero sempre e solo, per me, cose che facevo con te.
Mio Dio, sei così esasperatamente ottuso alle
volte.” Sherlock disse
con affetto, come se pensasse che anche quello era adorabile se
riguardava
John.
“Così
ho acconsentito a farti utilizzare il mio cellulare, e
tu hai detto, ‘Grazie’ e sei venuto a prenderlo,
e non hai detto una parola
sull’appartamento. Non in quel momento.”
Le labbra di
Sherlock si contrassero. “No. Mi sono messo in
mostra. Dovevo. Non potevo resistere. Sai cosa avresti fatto, se ti
avessi
semplicemente detto, ‘Oh, ho un appartamento nel centro di
Londra, posizione
ottima, vogliamo condividerlo?’”
“Sarei
venuto a guardare l’appartamento con te. Ero alla
ricerca di un appartamento, Sherlock.”
“No,
non lo eri. Eri depresso, John. Stavi cercando un amico.
Se ti avessi detto, ‘ti va di
venire a vedere questo appartamento, possiamo essere coinquilini,
sarebbe tutto
molto pratico, avrebbe perfettamente senso.’, tu, che sei una
persona gentile, avresti
risposto: ‘Sì, potrebbe funzionare,
perché no, mi segno il tuo numero sul
cellulare, ti chiamo più tardi.’ e poi
più tardi mi avresti mandato un
messaggio e declinato l’offerta, perché
l’idea ti avrebbe fatto andare nel panico,
l’apatia di tutto
ciò, di quell’uomo al
laboratorio del San Bart che stava
facendo
esperimenti scientifici, Dio, che noia. L’idea di fare un
qualcosa di pratico
come il semplice trovare un coinquilino, un coinquilino pratico, non
saresti
mai stato in grado di farlo. Non potevi fare un passo verso un qualcosa
che
avrebbe cementato la noia della tua vita. Dovevo impressionarti. Dovevo
essere
sorprendente. Dovevo catturare il tuo interesse come niente aveva fatto
da
quando eri tornato. Dovevo essere l’idea più folle
che avessi mai avuto. Quindi
lo sono stato.”
John
guardò fisso verso di lui, mentre
diceva tutte quelle cose in maniera così
semplice, e John aveva
sempre pensato alla cosa quasi fosse stato destino. Aveva incontrato
Sherlock
quel giorno, e la sua vita era stata un turbinio da lì in
avanti. Non aveva mai
pensato che fosse così perché Sherlock
l’aveva voluto. Sherlock
si era messo in testa di farlo nell’istante in cui
l’aveva visto, e Sherlock aveva fatto in modo che accadesse.
E se non l’avesse fatto?
“Oh
mio Dio.” disse John.
Sherlock lo
fissò. “Non hai intenzione di arrabbiarti per
questo, vero? Non ti ho realmente manipolato
–”
“No.
No, non sono arrabbiato. Sono... E se tu non avessi
fatto tutto ciò? Cosa sarebbe successo se non avessi deciso
di catturare il mio
interesse? Cosa sarebbe successo se non avessi chiesto di usare il
cellulare di
Mike; cosa sarebbe successo se non ti avessi offerto il mio; cosa
sarebbe
successo se non mi avessi colpito? Cosa sarebbe successo se mi avessi
guardato e
non avessi capito in quel momento che mi volevi?”
Sherlock si
sedette di nuovo e lo guardò con calma. “John. Per
fare in modo che tu quelle cose non accadessero, tu non saresti dovuto
essere
tu, e io non sarei dovuto essere io. E poi non avrebbe avuto importanza
perché
non sarei stato io a incontrare te. Ma sono stato io
a incontrare te. Era
inevitabile. Fossi entrato in un qualsiasi laboratorio del San Bart, o
allo
Speedy Café, o mi fossi imbattuto in te ad un parco o in
metropolitana, ti
avrei riconosciuto immediatamente. Avrei avuto quella stessa sensazione
di guardarti
per la prima volta. Avendoti incontrato, in alcun modo avrei potuto
evitare di
impressionarti.”
John
deglutì a fatica, a causa di un improvviso groppo in
gola, guardando Sherlock prendere uno dei cioccolatini arrivati con il
servizio
in camera. “Finché ci fossimo incontrati,
l’avresti fatto. Che cosa sarebbe
accaduto se non ci fossimo mai incontrati?”
“Beh,
adesso stai solo facendo il filosofico.” lo accusò
Sherlock, scartando il cioccolatino.
“Comunque.
Sento che dovremmo mandare a Mike un mazzo di
fiori.”
“Gli
ho già mandato un mazzo di fiori.”
commentò Sherlock,
infilandosi il dolcetto in bocca.
“Che?”
“Gli
ho mandato un mazzo di fiori. Dopo che ti sei trasferito
e hai ucciso un uomo per me, ho deciso che era vero amore.
Così ho mandato a
Mike un mazzo di fiori.”
“Da
parte di entrambi?” non sembrava simile a qualcosa che
Sherlock avrebbe fatto.
“Certo
che no. Eri ancora in fase di negazione, ricordi?” Sherlock
gli lanciò un’occhiata acida.
“Cosa
hai scritto
nel bigliettino che hai inviato con il bouquet?” John stava
cercando di
immaginarselo. Stava cercando di ricordare se Mike si fosse mai
comportato come
se sapesse che Sherlock era innamorato di John.
“Ho
scritto, ‘Grazie per aver salvato le nostre
vite.’”
“Pensavo
che avessi detto che non l’hai mandato da parte di
entrambi.”
“Beh, dopo l’ho
firmato solo con ‘Sherlock’.”
“Ma
hai usato un pronome plurale.”
“Perché
ha salvato entrambe
le nostre vite, John. Come tu stesso hai confermato nello chalet in
Siberia,
ricordi? Solo che non sapevo quanto fosse letterale la cosa. Ho pensato
che
fosse un biglietto divertente, onestamente, dal momento che mi avevi appena salvato la vita, e ho
pensato che la tua vita era semplicemente sprecata per come la vivevi
prima di
incontrarmi.”
“Non
posso credere che tu non me l’abbia mai detto.”
“Cosa
avrei dovuto dirti? ‘Oh, John, a proposito, ho mandato a
Mike dei fiori per ringraziarlo per l’enorme favore che ci ha
fatto nel farci
incontrare’.”
“Beh,
sì, avresti potuto dire questo.”
Sherlock fece
una smorfia. “Sai cosa mi avresti riposto? Non
sono gay, Sherlock,’ ecco
quello che
avresti detto. ‘Non siamo una coppia.’“
Ci fu un momento
di silenzio. Sherlock accartocciò e risistemò
l’involucro del cioccolatino.
John disse:
“Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Davvero. Avremmo
dovuto farlo molto prima.”
Sherlock si
concentrò sulla confezione. “Sì.
Avremmo dovuto” concordò
brevemente.
“Perché
non me l’hai detto? Vorrei che l’avessi
fatto.”
Sherlock
alzò lo sguardo, i suoi occhi cristallini passanti dai
colori del mare a quelli del cielo,
penetranti e accusatori. “Pensi davvero che, se ti avessi
detto che ero
incredibilmente innamorato di te, saresti giunto
all’improvvisa consapevolezza
che provavi lo stesso? Perché non sarebbe accaduto. Forse,
alla fine, ma il tuo
primo istinto sarebbe stato quello di respingermi con delicatezza, e
poi
mettere una certa distanza tra di noi, e non potevo sopportare
l’idea.”
John riconobbe
che Sherlock probabilmente aveva ragione. E
disse: “L’ho capito nel momento in cui mi hai detto
addio.”
“Cosa?”
chiese Sherlock.
“Quando
mi hai telefonato quel giorno. Alla fine della
chiamata. L’ultima cosa che mi hai detto. È stato Addio, John. Tu hai detto
‘addio’ e ho improvvisamente capito che
ero innamorata di te, che ero stato
innamorato
di te, e volevo dirtelo, ma era finita, ti eri buttato dal tetto. Ma lo
sapevo
allora, in quell’istante, quando hai detto
‘addio’ e ho capito cosa intendevi.
O quello che pensavo intendessi. E lo capii.”
Ci fu un momento
di silenzio. “L’ho capito entro la fine
della prima corsa in taxi, sulla strada per la scena del crimine della
signora
in rosa.”
“Pensavo
che avessi detto che l’hai capito nel primo istante in
cui mi hai visto.”
“No,
no, sapevo che eri un problema per me. Sapevo che se ti
avessi lasciato entrare non sarei mai stato in grado di vivere senza di
te.
Sapevo che ci saremmo incastrati al meglio, perfetti l’uno
per l’altro. Non ho
messo la parola amore alla cosa
fino
alla prima corsa in taxi. Pensavo soltanto, non so, che fosse fascino.
Anche
dipendenza, forse, perché certamente era quello che ho
sentito quando ti ho
visto ancora una volta al di fuori del 221B e mi hai chiamato
‘Mr. Holmes’ come
l’idiota più adorabile che avessi mai incontrato.
Una sfida, ho pensato. Forse
mi piacevi perché eri una sfida. Avevo voluto
così tanto farti una certa
impressione, e continuavo a sbagliare: pensavi che
l’appartamento fosse troppo
disordinato e affollato, non ti piaceva il mio sito.
Curiosità intellettuale,
pensai. E poi eravamo dentro il taxi, e ti spiegai la mia deduzione, e
tu la
lodasti, dicesti
che era straordinario,
e ti guardai e... il mio cuore è crollato. Il che non ha
senso. Ma l’ho
sentito. È crollato direttamente ai tuoi piedi. Ho avuto la
chiara impressione
che fosse quello che era accaduto. Mi sono detto, ‘Oh mio
Dio, penso che tu sia
effettivamente innamorato di
quest’uomo.’
E lo ero.”
John sorrise.
“Divertente.” commentò.
“Lo
è?” Sherlock sembrava incerto, come se non capisse
cosa ci
fosse di divertente.
“Perché
quando ci ho ripensato, dopo tutto quello che era
successo e ho capito che ero stato innamorato di te per tutto il tempo,
ho
provato a pensare a quando era successo, quando mi ero innamorato, per
quanto
tempo ne ero stato all’oscuro. E decisi che era accaduto
durante quella prima
corsa in taxi.”
Sherlock
sembrò compiaciuto. “La deduzione?”
“No.
Il fatto che hai fatto quella piccola battuta subito
dopo, sulle persone che di solito dicono ‘fuori dai
piedi’. Non
solo eri straordinario, ma eri anche divertente.
Come poteva mai il mio cuore avere scampo di fronte a Sherlock
Holmes?”
Gli angoli della
bocca di Sherlock si alzarono verso l’alto. “Non
è quello che la gente normalmente dice.” disse.
“Grazie
a Dio la gente è così incredibilmente
idiota.”
rispose John.
****
John stava
guardando la televisione quando Sherlock uscì
dalla doccia. Alcuni terribili programmi a quiz che aveva trovato. Non
gli
interessavano particolarmente; era semplicemente qualcosa da fare
nell’attesa
di Sherlock, così che potessero discutere la cena.
Sherlock si
sedette sul divano accanto a lui, vicino ma senza
toccarlo, attento. Così attento che John lo
guardò. Stava guardando fisso il
televisore.
“Tutto
bene?” John chiese incuriosito.
Sherlock
annuì, con il mento che si muoveva a scatti.
Non stava
sicuramente bene, ma non sembrava il tipo di non-bene
che aveva bisogno di un po’ di
pressione da parte di John. Non era nemmeno una quasi-crisi-emotiva,
era
semplicemente Sherlock che stava pensando a qualcosa, processando le
informazioni.
Per quel motivo,
John non menzionò la cena. Si morse la
lingua e pensò di poter aspettare fino a quando quel round
del quiz fosse
finito, semplicemente per vedere se Sherlock stesse per dire altro.
Con la coda
dell’occhio vide Sherlock spostarsi verso di lui,
poi via, poi verso di lui. John stava per dirgli di sputare fuori il
problema
quando Sherlock alzò timidamente la mano e posò
le dita contro il dorso della
mano di John, che stava riposando sul divano.
John
girò la testa, curioso.
Sherlock
sembrò incerto, diffidente, come se John stesse per
scattargli contro. “Va bene?”
John
guardò il punto dove le dita di Sherlock giacevano
dolcemente
contro la sua mano. “Certo che va bene.” disse, non
capendo proprio quale fosse
il problema. Con tutte le cose che lui e Sherlock avevano fatto negli
ultimi
giorni ed era il tenersi per mano sul divano che metteva Sherlock in
imbarazzo?
John girò la mano per intrecciare insieme le loro dita,
proprio per
sottolineare il punto, e tornò di nuovo a guardare il
programma televisivo.
“Non
ho realmente voglia di una scopata.” Sherlock
sbottò all’improvviso,
e John lo guardò sorpreso. “Voglio dire, non
adesso. Non voglio dire - non
intendo - era solo
che –”
“Sherlock.”
John lo interruppe, con pazienza. “Non so di cosa
tu stia parlando, ma non ho intenzione di offendermi se non facciamo
sesso ogni
minuto di ogni giorno. In realtà sarebbe una cosa
fisicamente impossibile, sai.”
“Giusto.
Ma.” disse Sherlock, e poi smise di parlare e
guardò
le loro mani unite.
“Oh,
stupido idiota.” John realizzò, e usò
la sua mano per
tirare Sherlock contro di lui. Confermando i suoi sospetti, Sherlock si
rilassò
subito, accoccolandosi saldamente a lui
con un
piccolo sospiro contento che John non era nemmeno sicuro fosse
consapevole d’aver
fatto. John sfiorò la sua testa con un bacio, che ora stava
rannicchiata contro
la sua spalla. “Se volevi qualche coccola, bastava
chiedere.”
Sherlock
girò la testa, il naso premuto contro il collo di John,
ancora caldo dalla doccia. “Non volevo
disturbarti.” Sherlock mormorò contro la
sua pelle.
“Non
mi dai fastidio.” John lisciò i capelli di
Sherlock con
la mano, perché notava che ogni volta che le sue mani erano
vicine a toccare i
capelli di Sherlock, tendevano ad essere nei
capelli di Sherlock.
Sherlock
respirò, in maniera profonda e lenta, e poi disse:
“Questo
è in realtà quello che volevo di più.
Non sono mai stato propenso a passare
molto tempo a pensare al sesso, ma avrei voluto osservarti guardare la
televisione e avrei voluto fare semplicemente questo.
Solo rannicchiarmi accanto a te e che tu mi avessi voluto
lì. C’erano alcune notti in cui il mio cervello
non riusciva a stare tranquillo
e pensavo che se solo avessi potuto stabilirmi proprio qui, avresti
potuto
farmi scivolare nel sonno cullato dal tuo respiro.”
John si
fermò, pensando. “Ma... tu non coccoli. Per nulla.
Non
mi tocchi quasi mai a meno che non stiamo scopando o ci stiamo
avvicinando alla
cosa.”
Sherlock non
rispose.
“Sherlock.”
John lo spintonò dalla spalla, e Sherlock si
sedette a malincuore, sembrando temere la conversazione. “Ti
piacciono davvero
le coccole, non è vero?”
Sherlock
alzò una spalla in una scrollata, cercando di
sembrare indifferente.
“Oppure…”
continuò John, lentamente, “Sarebbe
così, se in primo
luogo lo facessi. Ti piacerebbe
davvero coccolarci, ma per qualche motivo pensi che a me non
piacerebbe?”
“Non
voglio disturbarti.” ripeté Sherlock.
“Non è importante.”
“Certo
che è importante. Il sesso è facile, puoi
stabilire se
mi piace il sesso, ma non puoi dire se mi piacciono la coccole, quindi
sei
stato restio a introdurle.”
“Beh,
non sembravi incline a farlo.” Sherlock
sottolineò,
petulante.
“Pensavo
che fossi tu a
non volerlo. Sherlock, non volevo obbligarti a qualcosa con cui non ti
trovi a
tuo agio. Ho cercato di andare con calma. Ma in realtà mi
piace qualche sana
coccola sul divano. E non avrei obiezioni se non dormissi come se
avessimo la
Grande Muraglia Cinese lungo il centro del letto.”
“Davvero
non mi importa se non è qualcosa che desideri.”
disse Sherlock, fermamente.
John
inclinò la testa in confusione. “Ti ho appena
detto che mi
va bene.”
“Ma
non voglio che tu dica che va bene perché ho fatto
presente il problema per poi sviluppare un lento, ribollente
risentimento
perché in realtà davvero non ti va bene e poi
–”
“E poi
ti lasci.” concluse John.
“Beh…”
Sherlock considerò, e poi sembrò decidere di dire
tutto, serrando la mandibole. “Sì. E poi tu te ne
vada.”
“Non
me ne andrò.” disse John, fermamente. “E
non ho assolutamente
intenzione di lasciarti a causa di questo. Scherzi a parte, tra tutte
le cose
pazze che sono disposto a sopportare per quanto io sia innamorato di
te, tu ti
preoccupi che possa irritarmi perché vuoi mettere la testa
sulla mia spalla
mentre guardiamo la tv?”
“Cos’altro
sopporti?” Sherlock sembrava disorientato dalla
stessa idea che John dovesse sopportare delle cose riguardanti
Sherlock.
“Hai
una strana idea di ciò che ti renda una persona
difficile con cui vivere. Come quando ci siamo incontrati la prima
volta e mi
hai avvertito sul violino e la tua tendenza a non parlare per alcuni
giorni.
Nessun accenno, sai, alle teste mozzate che sarebbero state nel
frigo.”
“Ma la
testa mozzata era un
esperimento.”
Sherlock gli ricordò, suonando genuinamente confuso, come se
quel semplice
fatto significasse che nessuna persona logica potesse quindi
considerare la
testa mozzata come una cosa discutibile.
John prese
improvvisamente il volto di Sherlock nelle mani, e
la cosa sorprese Sherlock, come poté dire
dall’espressione negli occhi
grigio-azzurri. “Ti amo.” gli disse John,
ferocemente, la sua voce tremante “Così
dannatamente tanto.” John lo baciò in
maniera rude prima di tirarsi indietro e dire: “Tu completo folle.”
“Stai
guardando questo programma?” chiese Sherlock, leggermente
senza fiato. “Perché ho cambiato idea sul
sesso.”
****
Sherlock era
sudato e indecente, ma John si rifiutò di
pensarci. Si poggiò ostinatamente per metà sopra
di lui, e Sherlock sbuffò e si
agitò e disse: “Sei ridicolo.”
John fece un
rumore vago.
Sherlock
sbuffò di nuovo, si mosse di nuovo, e poi si
fermò,
rilassandosi molto più di quanto John non lo avesse mai
sentito fare dopo il
sesso. La sua mano si avvicinò, esitante, a premere John
contro di lui, per metà
una carezza, e per metà un reclamo. John sorrise sulla pelle
della spalla di
Sherlock e lasciò che il silenzio continuasse un altro
po’. L’oceano si schiantava
contro le rocce in lontananza.
Alla fine, John
ricordò il suo lontano pensiero della cena.
“Dovremmo
andare in città domani.” suggerì John.
“Lasciare
la villa?” la voce di Sherlock era piena di
divertimento. “Quale nuova idea.”
John era
sollevato dal fatto che Sherlock sembrasse
divertito. Il nervosismo di Sherlock attorno ad altra gente non era la
ragione
per cui non avevano lasciato la villa ultimamente, ma John si era
preoccupato
che forse Sherlock si sarebbe sentito incerto riguardo la prospettiva
di
lasciare la bolla di sicurezza dentro cui si trovavano. John era
contento che
Sherlock non lo sembrasse. “Se ci procurassimo del cibo,
potrei cucinare
qualcosa per te. So quanto ti sia mancata la mia cucina.”
“Se ci
procurassimo del cibo, potrei essere io a cucinare per
te” ribatté
Sherlock.
John
alzò la testa per guardare verso Sherlock, i cui occhi
erano chiusi, i suoi lineamenti rilassati. “Sai
cucinare?” chiese John,
incredulo.
“Quante
volte devo dirtelo, John? La cucina è una scienza.”
“Così
sai cucinare, allora.”
“Potrei cucinare. Scelgo
di non farlo.”
“Hai
mai cucinato qualcosa prima?”
“Cosa
pensi che facessi prima di incontrarti?”
“Penso
che semplicemente non mangiassi.”
Sherlock
ridacchiò. “Sei così
vanitoso.”
“Io sono vanitoso?”
“Pensi
che prima di incontrarti me ne andassi in giro senza
alcuna idea di come prendermi cura di me stesso.”
“Non
è vero.”
Sherlock
aprì gli occhi per lanciargli uno sguardo dubbioso.
“No?”
“Io so che è quello
che facevi prima di incontrarmi.”
“So
cucinare.” ripeté Sherlock.
“Fagioli
su pane tostato?”
“Hai
gusti così mediocri.”
“No,
no, se hai intenzione di cucinare per me, voglio
qualcosa di speciale. Qualcosa di francese.”
“Non
ti interessa nemmeno il cibo francese.”
“Come
lo sai?”
“Perché
io so tutto.”
“Sei
insopportabile.” commentò John, e pensò
alle lettere di
Sherlock, a Sherlock stanco di parlare francese, a Sherlock che provava
nostalgia
di casa.
Il pensiero
doveva essersi mostrato sul suo volto, perché
Sherlock disse, “Non era Parigi.”
“Cosa
non lo era?” chiese John.
“Quando
ho scritto quella lettera, non ero a Parigi. Ero in
una piccola cittadina in Provenza. È stato mortalmente
noioso. Fatta eccezione
per il fatto che c’era un assassino di classe mondiale con un
piccolo castello in
affitto lì vicino.”
Sherlock parlava
con gli occhi al soffitto. Si era fatto teso
sotto di lui, e John voleva cambiare argomento, non voleva che Sherlock
associasse
le coccole a quello. Abbassò di nuovo la testa e disse:
“Non dobbiamo parlarne.”
“Potremmo
andare a Parigi.” continuò Sherlock. “Mi
piace
Parigi. Parlo fluentemente il francese.”
“Certo
che sì.” disse John. “Possiamo andare a
Parigi. Oppure
no. Non mi importa.” John si interruppe. “Ho intenzione di insistere su una cena
francese per domani sera, però.”
“Non
è un problema.” rispose Sherlock, con
disinvoltura.
John sorrise e
sfiorò con un bacio la spalla di Sherlock.
Sherlock chiese,
“È strano per te?”
“Cosa?”
chiese John, pigramente, poggiandosi di nuovo sul
petto di Sherlock.
“Che
non sono una donna.”
“Sherlock,
in tutta onestà, verso la fine era strano quando
le donne con cui uscivo non erano te.
Forse questo potrebbe essere la cosa più strana che abbia
mai fatto in vita
mia. Forse lo è. Ma
è la prima cosa giusta
nella mia vita da un lungo periodo di tempo. Certamente negli ultimi
sei mesi.”
Un brivido
attraversò Sherlock, così che John dovette
alzarsi
sostenendo il proprio peso per guardarlo. “Cosa?”
chiese.
Sherlock, gli
occhi blu ghiaccio spalancati, scosse la testa.
“Niente.”
“Non
è niente.” John si spostò per poggiarsi
più saldamente contro
Sherlock, in modo che potesse guardare verso di lui più
direttamente. “Mi credi
quando lo dico, giusto? Non ti preoccupi di questo, vero?”
“No.”
disse Sherlock, con voce rauca. “Non sono preoccupato.
Ti credo.” Sherlock si spostò, spostò
leggermente John, rotolando fino a quando
non fu sdraiato sopra John, guardandolo e venendo guardato di rimando
con
curiosità. “Tu eri l’unica cosa giusta
che io abbia mai fatto in tutta la mia vita.”
John si prese un
secondo, guardando in quegli occhi insoliti,
aperti e vulnerabili come raramente lo erano stati, e mai
con qualcuno che non era John. Ingoiò il senso di
oppressione
al petto e disse: “Non parlare al passato, Sherlock. Io non
sono il passato.
Io sono il presente. Sono qui.”
e tirò Sherlock verso di se per un
bacio.
Note
della
traduttrice:
Sono IMPERDONABILE. Lo so, lo so,
avevo promesso che
avrei aggiornato prima e poi sono sparita, mi spiace, ma giuro che non
è stata
per strafottenza o perché mi sono stancata di tradurre.
E’ un periodaccio, come
potranno immaginare gli altri studenti universitari, e aggiungete che
sto
lavorando tutti i giorni e il tempo che ho a disposizione è
davvero poco. Per
fortuna sta arrivando la fine di questo periodo buio ( domani, se tutto
andrà
bene ) e con Agosto in mezzo dovrei riuscire a tirare un attimo di
respiro e
portarmi avanti senza farvi aspettare un’infinità!
Grazie, come sempre, alla mia beta PapySanzo89, non so come farei senza
questa ragazza sempre
disponibile ç_ç E sempre pronta a bacchettarmi
quando perdo tempo inutilmente
XD
Alla prossima, miei fidati lettori
<3
_opheliac