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Autore: Dragon_Flame    18/07/2014    7 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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8.

 

Dopo la cena a casa dei genitori di Marco, la famiglia Castellucci era partita da lì verso le dieci.

La piccola Emma era distesa sui sedili posteriori, assopita. Era tanto stanca, dopo un pomeriggio e una sera passati a correre, giocare e divertirsi con Marco e gli altri loro amici. Un sorrisetto soddisfatto era accennato sulla boccuccia semiaperta.

Ivan, suo padre, se ne stava accomodato sul sedile anteriore della vettura, con lo sguardo rivolto al chiaro cielo serale costellato di astri. Ignorava volontariamente la moglie, alla guida della macchina, per evitare di doverci parlare. Quasi non si guardavano più in faccia, quando non dovevano fingere di fronte alla figlia.

"Ivan" lo chiamò ad un certo punto la donna, allungando la mano per poi picchiettare leggermente un dito sul dorso della mano del marito.

Lui si voltò, guardandola con aria diffidente.

"Che vuoi, Alessia?"

"Ivan," ripeté la donna, "io voglio divorziare."

"Ne parliamo più tardi."

Gli occhi scuri della moglie si ridussero a due sottili fessure, posandosi per un momento su di lui, freddi e brucianti di rabbia, per poi tornare a concentrarsi sulla strada.

"Perché non adesso? Emma è addormentata, non ci sentirà" insisté con voce pretenzionsa.

"Perché se si sveglia senza che ce ne accorgiamo nel bel mezzo di una discussione potrebbe capire tutto!"

"Dovrà comunque affrontare questa nostra decisione, prima o poi! Anche se viene a saperlo prima invece che più tardi, il suo dispiacere sarà lo stesso. Anzi, più aspettiamo, peggio è: Emma è piccola, ma anche tanto percettiva... secondo me ha già capito tutto, ma non ci dice niente perché non ne ha le prove."

Ivan non rispose. Stava pensando a come rimandare la discussione; non aveva proprio voglia di dover parlare di una questione così spinosa proprio in quel momento.

"Attendi fino a che le vacanze in Valle d'Aosta non saranno terminate... almeno la piccola starà serena. Dovrà affrontare una tempesta, dopo. E da sola, perché noi ce ne staremo in disparte a scannarci l'un l'altra per ottenere la sua custodia."

Alessia lo osservò con i grandi occhi scuri, fingendo confusione.

"Che cosa intendi dire? Non vuoi l'affidamento congiunto?"

Le iridi nocciola di Ivan ressero quello sguardo con durezza e diffidenza.

"Non fare la finta tonta, Alessia. Ti conosco da quindici anni; so le tue intenzioni. Me la strapperai via definitivamente, mi priverai dell'affidamento congiunto. Non è tua intenzione permettermi di frequentarla o di passare con lei un certo numero di giorni alla settimana o al mese, come viene stabilito in questi casi. Tu me la porterai via e non mi permetterai più di vederla. Il tuo amante si trasferirà in Renania per gli affari economici della sua impresa farmaceutica e tu intendi seguirlo. Tu vuoi andartene in Germania e portare con te Emma. Per non farmela più vedere. Vuoi portarmi via mia figlia."

"Non sei tanto stupido, allora."

Il sogghigno che la donna rivolse all'infermiere fu di scherno. L'uomo resisté all'impulso di ribattere con un commento soltanto perché sapeva come finivano quelle accese discussioni: l'atmosfera si riscaldava, i due contendenti cominciavano ad alzare la voce e la figlia si svegliava in mezzo a un putiferio. Essendo più cauto e intelligente della moglie, Ivan si limitò a tacere, contenendo la collera, tuttavia la tentazione di porre una domanda alla donna lo vinse.

"Posso soltanto sapere perché mi odi così tanto? Che grave torto ti ho fatto, da spingerti addirittura a vendicarti di me per mezzo della mia piccola Emma?"

Il tono di voce dell'uomo era leggermente venato dall'incredulità. Non riusciva minimamente ad intuire le ragioni che avevano spinto Alessia ad essere così feroce contro di lui. Fondamentalmente, lui non le aveva mai fatto nulla di male, non le aveva mai fatto subire un torto abbastanza grave da provocare una reazione così abietta e spietata.

"Non avresti dovuto intrappolarmi in un matrimonio" fu la risposta secca di lei.

"Non ti ho obbligata a rispondermi di sì" replicò lui stizzito.

"Ora sarei libera di poter stare sempre accanto a Giacomo, e invece..." Alessia non finì la frase.

Giacomo era l'uomo con cui aveva tradito il marito.

Ivan tirò un profondo sospiro. Non gli sarebbe stato difficile tollerare di sentire il nome dell'amante di sua moglie, una donna per cui ormai il suo amore aveva smesso di ardere, se quest'individuo non fosse stato anche la causa di gran parte dei problemi che lo tormentavano.

"Quando ci siamo sposati eravamo innamorati... Solamente adesso mi accorgo che la nostra relazione è stata una scintilla che s'è subito spenta. Ma, se volevi il divorzio fin da subito, non dovevi aspettare che Emma fosse già abbastanza grande da poter comprendere la situazione e risentire della nostra separazione!" rimproverò il moro alla conducente della macchina.

"Ho sbagliato a temporeggiare, su questo hai ragione. Ma io ho deciso che chiederò il divorzio. E nulla mi farà cambiare idea. Preparati, perché le vacanze in Valle d'Aosta saranno anche l'ultimo tuo periodo di tranquillità!" lo minacciò la donna malignamente, chiudendo la discussione.

Ivan si portò le mani al volto, massaggiandosi le tempie vigorosamente con le dita. Alessia l'odiava. E non era neanche colpa sua. O, meglio, la colpa era in parte anche dell'uomo, ma nulla di ciò sarebbe successo se lei avesse deciso di dire no alla sua proposta di matrimonio, dieci anni prima. Si sarebbero risparmiati un mucchio di cavilli legali e di lotte famigliari.

E il peggio è che sarà Emma la vittima principale di questa separazione, considerò amareggiato. Ho commesso una cazzata, sposandomi. Una cazzata colossale.

 

***

 

Ivan, quella notte, non era riuscito a riposare in santa pace. Il suo sonno era continuamente intervallato dalla visione di due vividi occhi azzurri che piangevano, di una voce incrinata dal dispiacere, da sentimenti repressi e tumultuosi che fuoriuscivano dal suo subconscio prendendo la forma delle più svariate cose.

Si era svegliato di soprassalto alle sei, osservandosi attorno alla ricerca della causa del forte rumore che l'aveva destato. Alla fine, cercando nella stanza, s'era accorto che un chiodo lento affisso al muro aveva ceduto, facendo cadere a terra la foto appesa. Il vetro del ritratto era andato in mille pezzi. Prendendo il mano la forma rettangolare del riquadro, Ivan aveva notato che la fotografia caduta a terra era quella che lo raffigurava insieme alla moglie e alla figlia nel giorno del suo quinto compleanno, ossia poco tempo prima che cominciassero i primi, grossi problemi di coppia con Alessia.

Quella coincidenza era curiosa: si era rotta la fotografia che ritraeva una famiglia spezzata. Questa, almeno, era stata l'ironica riflessione di Ivan su quel fatto.

L'uomo aveva poi raccolto la foto fra le dita, piegandola e poi strappando la parte in cui era raffigurata Alessia nell'atto di sporgesi verso il marito, che stava in piedi con la piccola Emma in braccio. Lasciò integra la parte di sé con la bambina, posandola sul comò della stanza, poi accartocciò la metà in cui appariva sua moglie e la gettò nel piccolo cesto della spazzatura della camera insieme ai frammenti del vetro di protezione e della cornice della fotografia. Avrebbe giustificato la mancanza di quella parte di foto dicendo che era stata danneggiata e tagliata vistosamente dai frammenti affilati del vetro.

Ivan avrebbe voluto fare la stessa cosa anche con la moglie in carne ed ossa: spesso si fermava ad immaginare la scena in cui si sbarazzava per sempre di Alessia, divorziando da lei e andando a vivere con la figlia in una zona più tranquilla. Rimpiangeva ancora la sua scelta testarda e insensata di sposarsi con una donna che già in passato gli era stata infedele. Accecato com'era da quell'intenso innamoramento, destinato tuttavia a soccombere sotto il peso schiacciante della loro flebile affinità, della routine domestica e del passare degli anni, non aveva pensato al fatto che il tradimento avrebbe potuto essere consumato un'altra volta ancora, anche dopo il perdono e il matrimonio. L'unica cosa buona che quel connubio aveva portato nella sua vita era l'irruenta gioia di vivere di Emma. Ora, a parte per la nascita della figlia, si era pentito di quella scelta. A quell'ora lui sarebbe stato libero di poter riservare il proprio cuore e i propri sentimenti a una persona che lo potesse ricambiare. Sarebbe stato più sereno, in tutti i sensi. E magari innamorato e felice accanto alla persona giusta.

Il pensiero di Lidia fece capolino nella sua mente. Gli veniva spontaneo accostare la figura bella e delicata della ragazza al concetto di amore. Perché lei era questo, vera e pura attrazione. Un'attrazione che andava oltre il semplice desiderio fisico, che attraversava la loro anima e vi penetrava a forza nel profondo, legandoli l'uno all'altra intimamente. Era un sentimento nuovo e ardente, ma non per questo superficiale o destinato a spegnersi in poco tempo. Una trepida promessa di felicità, di serenità, di gioia. Ivan aveva amato Alessia in modo leggero e apparente, senza cercare mai di approfondire e condividere tutto il suo amore con lei, e perciò l'aveva perduta. Alessia non era mai appartenuta completamente a lui, così come lui a lei. Non erano stati capaci di amarsi. L'uomo, grazie a questa esperienza fallimentare, aveva compreso veramente cosa significasse amare. E, nonostante conoscesse Lidia da poco, si riteneva perfettamente in grado di affermare con certezza che il sentimento che provava per lei era molto più profondo e intenso. Ma, a differenza della prima volta, lui non avrebbe lasciato che quel sentimento si consumasse. L'avrebbe approfondito, l'avrebbe curato, coltivato, l'avrebbe fatto crescere e maturare, fortificarsi e rendersi inossidabile anche dal tempo e dalle avversità. Non sarebbe stato superficiale. Lidia per lui valeva tutto questo. Lei era vibrante di vita e piena d'amore da donare e ricevere e lui bramava di raggiungere la sua sagoma distante e lontana, come la larva terrestre che desidera ardentemente la metamorfosi che le permetterà di volare fino alla luna, lassù nel quieto cielo serale.

Ivan voleva amare Lidia. Voleva amarla perché sentiva il bisogno di averla accanto, di esserle al fianco. Voleva condividere con lei i suoi momenti più belli e brutti, ed esserle accanto nelle difficoltà così come nella gioia.

Ivan voleva Lidia. La voleva perché lo intrigava, perché era certo che quel sentimento di indefinita e confusa attrazione che provava nei suoi confronti si sarebbe rafforzato e sarebbe stato forte e tenace anche nello scorrere del tempo. Lui aveva diritto ad innamorarsi una seconda volta. Aveva diritto ad essere felice. E lo avrebbe preteso, d'ora in avanti, e avrebbe combattuto per vederlo riconosciuto e rispettato.

Ivan doveva parlare con Lidia. Subito. Doveva parlare con lei prima di poterla perdere a causa della propria ostinazione e stupidità.

E vaffanculo alle conseguenze e all'amicizia con Sara... Cioé, gli dispiaceva, ma tutto era passato in secondo piano. Per troppo tempo lui era stato infelice per agevolare la serenità degli altri. Ora era il suo turno di raggiungere la felicità. E, se questo doveva valere un sacrificio del genere, il tradimento di una schietta amicizia, lui lo avrebbe fatto, mettendo a tacere i sensi di colpa e perseguendo il suo scopo.

Tu devi sempre, ma non puoi né vuoi mai. Tu sei obbligato, sei in dovere, e devi, sempre e comunque. Ti conformi sempre alla situazione e cerchi di risolverla seguendo solo il ragionamento, ma non lasci mai spazio ai tuoi sentimenti, alla tua volontà. Tu devi e basta, erano state le parole dette da Lidia la sera prima. E mai, negli ultimi anni, aveva sentito parole più critiche e sincere.

Lidia aveva colto nel segno. Ivan era terribilmente in obbligo di anteporre i propri desideri a tutto e a tutti, per una buona volta.

 

***

 

Dopo una colazione frugale, l'infermiere andò in bagno a lavarsi, decidendo infine di andare a correre nella zona intorno a casa per schiarirsi le idee.

Ivan si vestì in modo leggero, con una canotta, un paio di pantaloncini elasticizzati da jogging e una felpa per coprirsi dopo aver corso, per evitare l'emicrania, infilandosi poi una fascia elasticizzata nera per trattenere i capelli color ebano, ormai diventati piuttosto lunghi, all'indietro. Si infilò le scarpe da ginnastica, le allacciò, afferrò una mela dalla fruttiera, la risciacquò sotto l'acqua fredda del rubinetto e se la mangiò mentre finiva di prepararsi per andare a correre.

Fare jogging la mattina era uno dei suoi passatempi preferiti. A Ivan piaceva la tranquillità della prima mattina, la pungente frizzantezza dell'alba, la foschia sfumata che s'ergeva dal letto dell'Arno rendendo grigi e indefiniti i contorni delle case prossime alla riva. Gli piaceva osservare i movimenti nelle case e nei negozi e nelle officine che aprivano prima dell'alba, vedendo intorno a sé la magnifica Firenze risvegliarsi e dare il benvenuto al nuovo giorno.

Correre lo faceva pensare con mente fredda e lucida e quello era ciò di cui aveva bisogno al momento per decidere sul da farsi. Aveva molte questioni in sospeso su cui decidere: come 'parare i colpi della sorte' - come scriveva il Boccaccio -, o, meglio, il colpo basso che Alessia intendeva infliggergli, cioé aprire un processo di separazione in tribunale e strappargli la custodia di Emma, non curandosi delle ripercussioni che esso avrebbe avuto sull'infanzia della figlia; come incontrare Lidia il più presto possibile senza che nessuno, oltre a loro due, sapesse di ciò che aveva da dirle; stabilire come dire a Sara delle proprie intenzioni nei confronti della sua primogenita, se quest'ultima si fosse trovata d'accordo a parlare con la madre di una loro probabile relazione futura. Ovviamente, soltanto qualora Lidia avesse accettato di provare a stringere una relazione con lui.

Solo di una cosa era certo: Lidia era una ragazza molto giovane e, se mai ci fosse stato qualcosa di serio fra di loro in futuro, lei non si sarebbe mai dovuta sentire limitata nelle proprie scelte da questa relazione. Inoltre, essendo Ivan vicino ai quarant'anni, era ormai esperto di donne e le sue storie erano state sempre costruite dapprincipio su un'affinità caratteriale e carnale, ma l'uomo s'impose che all'inizio non sarebbe stato così per Lidia, che avrebbe escluso l'aspetto fisico di una relazione, perché l'amore non era solo eros e sesso, ma anche rispetto, condivisione, complicità e pure screzi e discussioni, e lui non doveva imporle il proprio modo di vivere una storia, ben più maturo rispetto a ciò cui la giovane poteva essere abituata. Con lei aveva intenzione di escludere, almeno all'inizio, qualsiasi approccio fisico che fosse andato oltre l'eros.

Doveva elaborare un modo di conciliare la propria visione da quarantenne dell'amore con quella di una diciottenne.

 

***

 

Con il fiatone, i polmoni che bruciavano e i muscoli mezzi irrigiditi dall'acido lattico creatosi dopo una lunga corsa, Ivan si fermò decelerando piano piano, per poi sedersi su una panchina a recuperare. Bevve un sorso d'acqua dalla bottiglietta che s'era portato dietro, massaggiandosi vigorosamente i muscoli indolenziti. A quarant'anni, seppur ancora al massimo delle sue forze, cominciava ad avvertire i propri limiti fisici, cosa che a vent'anni non avrebbe mai considerato. Si manteneva in forma e conduceva una vita sana e attiva, ma gli sforzi che compiva li avvertiva chiaramente e si sentiva affaticato, talvolta.

Interrogandosi sul modo di poter incontrare Lidia e chiarire definitivamente le proprie intenzioni, l'infermiere ripartì di scatto dopo due soli minuti, in modo da evitare un irrigidimento eccessivo dei muscoli e da sentire meno la stanchezza fisica.

Stava correndo a passo spedito all'angolo fra due strade secondarie, quando intravide una solitaria figuretta fremente e sottile emergere dalla foschia che avvolgeva il Lungarno, correndo rapida e leggera lungo la riva costeggiata dalle acque torbide e quiete del fiume. La ragazza - poiché quella era una ragazza - parve accorgersi da lontano della sagoma mascolina e atletica di Ivan che correva nella direzione opposta alla sua.

Non diede comunque molto peso a quella giovane, perché, anche se per un momento gli era sembrata Lidia, il riverbero del sole che si ritrovava contro doveva averlo sicuramente fatto sbagliare.

Fu con immenso stupore e piacere che, alzando la testa per osservarsi intorno, l'uomo si accorse che la figura che se ne stava ferma a osservarlo a una dozzina di metri di distanza era veramente quella di Lidia. Si fermò anche lui improvvisamente, facendo scivolare lo sguardo sulla sua figura per un lungo istante.

Lidia Draghi era una ragazza non eccessivamente alta, magrolina e piuttosto sportiva, che aveva la passione per la corsa fin da piccola. Il mezzofondo semplice e prolungato erano le sue specialità, determinate dalla grande resistenza fisica del suo corpo. Era iscritta a un club di atletica leggera per il quale aveva gareggiato e vinto un terzo posto del podio alle gare regionali dell'anno precedente. In quel momento la giovane indossava proprio l'uniforme dell'associazione sportiva a cui apparteneva, con una semplice maglietta bianca che esaltava le sue forme proporzionate ma piuttosto generose e un paio di shorts elasticizzati che sottolineavano la linea dei fianchi. Gli occhi azzurri brillavano accesi dallo sforzo compiuto e il rossore estremo delle guance lucide dava un tocco di colore al volto, pallido e lucente nella luce del sole albeggiante. Le spalle si sollevavano e abbassavano a seconda del respiro accelerato. Nel complesso, nonostante la coda sfatta e i ciuffi ribelli che erano scappati dall'elastico che li conteneva, nonostante l'affaticamento corporeo della ragazza, la figura di Lidia che gli si delineava davanti era così bella e così vitale che Ivan ebbe un sussulto al cuore.

Lei lo salutò in maniera molto goffa, evidentemente imbarazzata da quell'incontro inatteso. L'uomo invece si fece avanti improvvisamente, preso da un'inarrestabile determinazione, e rispose al saluto della castana con un Ti devo parlare inaspettato. Serrando nella stretta delle proprie mani i suoi polsi sottili ma volitivi, il moro trascinò con sé la ragazza a sedere su una pachina del Lungarno, accomodandosi faccia a faccia l'un l'altra.

"Che vuol dire 'Ti devo parlare'? Cosa c'è adesso, Ivan?!" esclamò confusa la ragazza, guardandolo con occhi smarriti e malinconici. Quello sguardo fu per l'uomo come una stilettata al petto, perché gli riportò alla mente i ricordi della sera precedente. Si ripromise di non ferirla mai più nei sentimenti e nell'animo, perché non poteva sopportare di vederla soffrire e dispiacersi.

"Ieri sera avevi ragione, riguardo al fatto che io 'devo sempre' ma 'non posso né voglio mai', lo sai?" cominciò, tirando un respiro per recuperare ancora il fiato.

"Avevi solo questo da dirmi? Sei qui per questo motivo?" chiese Lidia allibita e incredula.

"No! No... cioé, anche per questo. Ma traiamo le conseguenze: il tuo commento mi ha ferito, perché rifiutavo di ammettere anche con me stesso il fatto che ciò che hai detto è vero, ma me lo hai fatto anche accettare, finalmente. E ho deciso di agire di conseguenza. Io adesso non devo più. Io voglio. E voglio provare a frequentarti. Se sei d'accordo lo diremo ai tuoi genitori, altrimenti... be', lo faremo di nascosto, oppure non lo faremo affatto. Ma voglio provare. E al diavolo i miei doveri verso gli altri: ormai mi premono solo la felicità di Emma e i tuoi sentimenti" ammise il bruno in un soffio, guardandola dritto negli occhi con uno sguardo così sincero e determinato che la ragazza fu certa che l'uomo avesse messo a nudo la sua vera volontà.

"Vogliamo provare a frequentarci?" le chiese infine, respirando affannosamente per la fatica compiuta in precedenza e per il discorso precipitoso appena detto.

"Tu non avrai mica intenzione di dirlo alla mamma, vero?" domandò a sua volta Lidia, evadendo la domanda dell'uomo.

Ivan s'accigliò.

"Se la decisione fosse solo mia, glielo direi subito. Non mi piace avere segreti con Sara, che per di più riguardano te, sua figlia... sto tradendo la nostra amicizia. Ma, se è questo che vuoi - solo se è questo ciò che desideri -, allora sono disposto a mantenere celata la nostra relazione" promise.

Lidia rise divertita.

"Ma se non abbiamo nemmeno una relazione!" replicò mentre un sorriso smagliante le si apriva sulle labbra scarlatte. Il moro non aveva mai visto un sorriso così intrigante e affascinante sul volto di una ragazza.

"Be', possiamo cominciarla" obiettò Ivan osservandola dritto negli occhi celesti.

"Tu dici?"

L'uomo rimase spiazzato di fronte a quella risposta.

"Ma... io pensavo... non credevo che cambiassi idea così velocemente, Lidia..."

"Ma io stavo scherzando!" esclamò la castana ridendo ironicamente.

Lidia si portò in avanti in uno slancio d'affetto, fiondandosi tra le braccia semiaperte di Ivan. Con gli arti che cingevano il collo di lui mentre l'uomo la stringeva pian piano a sé, la ragazza andò a ricercare la sua bocca grande e sottile, sfiorandola con le proprie morbide labbra. Le loro lingue si incontrarono poco dopo, timide e restie a toccarsi, per poi assaporarsi lentamente e fondersi insieme, mentre il colore azzurro delle iridi della ragazza e il nocciola dorato degli occhi dell'uomo si confondevano ed univano insieme in un abbraccio indissolubile, osservandosi l'un l'altra con sguardi di estatica felicità.

Lidia e Ivan se ne rimasero così, avviluppati l'una all'altro, per molti, lunghissimi minuti, liberando finalmente l'istintiva passione per l'altro che sentivano originarsi dal profondo dei loro esseri, incuranti degli sguardi curiosi o impertinenti o di disapprovazione che venivano rivolti loro dalle persone, le quali, passando per lì, si voltavano a guardare la scena fuori luogo che si svolgeva proprio davanti ai loro occhi basiti sullo sfondo di un orizzonte lucente e indefinito.

Perché loro due erano felici così, anche con la gente che guardava e giudicava. Erano felici, da soli, nella loro dimensione parallela alla difficile, triste realtà.

 

***

 

 

N.d.A.

Salve a tutti! :D

Ed ecco la svolta che tutti si aspettavano! XD

Ora siete curiosi di sapere come continuerà la storia, vero? (sì, come no... xD ) Be', allora vedrete cosa succederà nel prossimo capitolo – o, meglio, leggerete.

Ora passo ai ringraziamenti: grazie a Piebavarde, che ha recensito il capitolo scorso <3  e a Daisy90, che ha cominciato a seguire la storia e che ha commentato l'ultimo aggiornamento *-*

Grazie, inoltre, a chi legge la mia fic e la segue <3

Bon, mi dileguo perché ho sonno xD

Al prossimo venerdì, e buona notte. :*

 

Flame

  
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