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Autore: SmartieMiz    18/07/2014    5 recensioni
Sono tutti liceali così differenti tra loro con le loro passioni e i loro segreti, i loro sogni e le loro incertezze; eppure sono i perdenti, gli "sfigati", solo perché non seguono la massa o perché strani, "diversi" agli occhi altrui.
Solo perché c'è chi ama la propria patria. Chi la poesia. Chi la libertà. Chi l'amore.
[AU! Lycée; e/R - Jehan/Courfeyrac - Eponine/Combeferre - Marius/Cosette + other ships]
Rating dovuto alle tematiche trattate.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Courfeyrac, Enjolras, Eponine, Grantaire, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo IV ~ I ragazzi del Musain



Il freddo era giunto piuttosto in anticipo: quella mattina Parigi era gelida. Le vie ricoperte di foglie rosse davano una sensazione di calore e vivacità, nonostante l’arrivo del gelo.
Eponine camminava verso scuola. I capelli bruni le scendevano dolcemente sulle spalle; indossava una felpa grigia di un paio di taglie più grande e ascoltava la musica.
Quello era il momento della giornata in cui non pensava a niente, se non a se stessa. Non esisteva nessun Marius e nessun problema, ma soltanto la musica che le attraversava la mente e il cuore.
Tuttavia, qualcosa la distrasse quel giorno: dietro ad un muretto, un ragazzino del primo anno era accerchiato da un gruppo di ragazzi.
Eponine si tolse le cuffiette e provò ad origliare.
«Sgancia i soldi, moccioso».
«E già che ti trovi, dacci anche il cellulare».
Eponine riconobbe quella voce: era la voce di Montparnasse. Montparnasse era un ragazzo dell’ultimo anno ed era un amico di famiglia. Per Eponine era stato anche il suo amico d’infanzia, ma con il passare degli anni aveva incominciato a non sopportare più il suo atteggiamento.
«Hey, Montparnasse e voi altri», Eponine si mostrò allo scoperto: «Sparite».
«E tu saresti?», chiese un ragazzo.
«È la figlia dei Thénardier», rispose Montparnasse con pacatezza, poi si rivolse al ragazzino e fece: «L’angelo custode è venuto a salvarti, sei stato fortunato. Ora scappa prima che cambi idea».
Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte e se la diede a gambe levate.
«Ti fai sottomettere da una smorfiosa?», mormorò un altro ragazzo.
Montparnasse rimase impassibile. «Lasciateci soli», disse, semplicemente.
I compagni fecero spallucce, per poi eseguire la sua volontà. «’Ponine, è sempre un piacere vederti, peccato che ti vedo sempre nei momenti meno opportuni», esordì il ragazzo.
«Il piacere è tutto mio, ‘Parnasse, e sarò ancora più felice di vederti quando la smetterai di intimorire i ragazzi più piccoli», rispose lei, risoluta.
«Perché mai dovrei smettere?».
«Perché mai dovresti continuare?».
«L’ho sempre fatto e così farò».
«Hai sempre sbagliato e continuerai a sbagliare».
«Per me non è sbagliato. La cosa è sempre relativa».
Eponine sbuffò. «Se non ti dispiace ora dovrei andare a scuola e no, non ho intenzione di essere accompagnata da uno come te. Non fare guai in mia assenza», e andò via.
Montparnasse sorrise: quella ragazza sarebbe stata senz’altro la sua rovina.
 
«Io sarò anche matto, ma tu Jehan, sei un completo idiota».
«Perché?».
«Non puoi essere in ansia per un semplice colloquio tra ragazzi! Come te lo devo far capire? Non stai per incontrare la Regina d’Inghilterra o il presidente degli Stati Uniti!».
Grantaire e Jehan stavano fuori scuola. Nel giro di pochissimi giorni erano diventati inseparabili e molti a scuola si erano meravigliati di quella strana coppia. Erano noti come l’alcolizzato e il figlio dei fiori, oppure più semplicemente i due froci.
«Ma non conosco nessuno! Eccetto te», aggiunse Jehan all’occhiataccia di Grantaire: «Mi sentirò sicuramente a disagio, come sempre… ho deciso: mi porterò un libro e mi rintanerò in un angolino, sarà la cosa migliore da fare…».
«Se ti porti il libro te lo brucio, okay? Smettila di farti paranoie», fece Grantaire: «Mal che vada ci sono io. Non sei solo come credi».
Grantaire era assolutamente sfrontato ma decisamente efficace: le sue parole erano come un toccasana per il timido Prouvaire.
«Sta’ tranquillo, davvero. Enjolras frequenta gente a posto, ne sono più che sicuro», aggiunse Grantaire: «Non ci sarà nessuno a tormentarti, se è questo che ti preoccupa».
 
La giornata passò come in un battito di ciglia. Jehan arrivò a casa prima del solito: doveva aver corso.
«Buongiorno, caro. Già a casa?», lo salutò la signora Prouvaire.
Jehan posò lo zaino a terra. «Ciao, mamma. Sì, ho degli impegni oggi».
La signora Prouvaire annuì, non nascondendo una certa curiosità.
«Papà quando torna?», chiese Jehan.
«Stasera alle otto», rispose sua madre: «Oggi ha da fare a lavoro…».
Jehan annuì. «Oggi alle cinque dovrei uscire», la informò.
«Sì, lo so che vai sempre in biblioteca, è inutile che me lo dici», disse la donna con un piccolo sorriso.
«No, non devo andare in biblioteca», fece Jehan, poi spiegò quasi con vergogna: «Sono stato invitato da un gruppo di ragazzi per discutere dei problemi della scuola. E del paese. Al Musain, hai presente?».
Evitò di dire “ho conosciuto un ventenne alcolizzato di nome Grantaire che però è molto simpatico ed è una bravissima persona e mi ha convinto anzi costretto a venire con lui”.
La signora Prouvaire sgranò gli occhi. «Jean, ma è una bellissima notizia!», lo abbracciò, e Jehan si sentì in estremo imbarazzo. Era vero, in quei diciassette anni di vita non era uscito molte volte con altre persone, ma non pensava che sua madre avrebbe avuto una reazione così eccessiva.
«Sono brave persone?», fu l’unica cosa che osò chiedere.
Jehan deglutì.
Non conosceva nessuno.
«Sì, suppongo di sì», rispose infine Jehan, fidandosi delle parole di Grantaire e della sua fiducia cieca in quell’Enjolras.
 
«Non fanno per me queste cose, Courf».
«Avanti, che ti costa! Enjolras è diventato decisamente irritante nei miei confronti e ho bisogno di una spalla amica».
Courfeyrac aveva telefonato Marius e stava provando a convincerlo a venire con lui al Musain. «Okay, Enjolras non è proprio quello che s’intende per una persona amichevole, ma ci sono io con te, e tu con me».
«Devo studiare».
«Pontmercy, trovati una scusa migliore!», sbuffò Courfeyrac: «Siamo agli inizi della scuola, se non esci ora non uscirai mai più».
«Molto rassicurante».
«Ti ho convinto?».
«Quasi».
«Bene. Passo sotto casa tua alle cinque meno dieci».
«Va bene. Ah, dimenticavo di dirti una cosa di vitale importanza».
«Cosa?».
«Cosette. Si chiama Cosette!». Courfeyrac non poté vedere il tenero sorriso che era comparso sul volto dell’amico.
«La ragazza nuova?».
«Sì. Ha uno sguardo dolcissimo, Courf. Devo conoscerla».
Courfeyrac ridacchiò. «Ti sosterrò, lo sai, mentre io rimarrò scapolo a vita».
Marius rise. «Conoscerai anche tu la donna della tua vita, vecchio mio».
Courfeyrac arricciò il naso. «Nah. L’amore è una cosa stupida, ho capito che non fa per me. Si vive meglio senza: meno intralci e meno problemi».
 
Sto fuori al Musain. Non oso entrare finché non arrivi – Jehan
 
Sto per raggiungerti e farti una partaccia ;) – R
 
«Eccoti!», Grantaire comparve dietro Jehan, facendolo quasi sussultare.
«La partaccia?», chiese l’altro, con un timido sorriso.
«Te la risparmio, ma sappi che non sono queste le cose di cui bisogna vergognarsi. Devi smetterla di essere così… così preoccupato per tutto, ecco», rispose il compagno, senza peli sulla lingua, poi disse: «Entriamo?».
Jehan annuì. I due ragazzi varcarono la soglia del Musain e subito Grantaire individuò Apollo, seduto ad un tavolo in fondo con dei ragazzi.
«Buongiorno», fu il saluto di Enjolras.
«Buongiorno a tutti», rispose Grantaire, controllando le sue emozioni: «Sono Grantaire, lui è Jean Prouvaire».
«Combeferre, piacere di conoscervi», un ragazzo con i capelli biondo-castano e gli occhiali li salutò molto cordialmente.
«Feuilly, piacere», un ragazzo poco più grande d’età tese loro le mani con un sorriso.
«Bahorel. Ah, ma io vi vedo sempre», esordì un ragazzo.
A Jehan venne un brivido. Riconobbe immediatamente Bahorel: era il quarterback della squadra di football della scuola. Non l’aveva mai tormentato, ma ormai Jehan aveva paura di ogni singolo giocatore.  
«Io sono Bossuet, lui è Joly», si presentarono due ragazzi piuttosto stravaganti, uno calvo e l’altro piuttosto pallido.
«Eccoci! Scusate il ritardo!».
I ragazzi si voltarono: erano appena entrati Courfeyrac e il suo amico.
«Lui è Marius Pontmercy. Marius, lui è il famoso e terribile Enjolras di cui ti parlavo!».
Enjolras storse il viso. «… lui è il carissimo Combeferre, quello che sta tossendo come un dannato è Joly e quello sempre al suo fianco è Bossuet, quello forte e robusto è Bahorel, quello riccio è Feuilly e… oh ciao! Altri novellini?».
«Courfeyrac, la smetti di parlare, di grazia?», prese posizione Enjolras, piuttosto scocciato: «Loro sono Grantaire e Jean Prouvaire».
Courfeyrac sorrise, calorosamente. «Piacere di conoscervi! Ho sentito parlare di te», disse, porgendo la mano a Grantaire, poi si avvicinò a Jehan, quasi con esitazione.
Immediatamente riconobbe il ragazzo del parco.
«Sei tu Jean Prouvaire, giusto?».
Jehan sentì qualcosa all’altezza dello stomaco. Non era il timore che aveva provato nel salutare Bahorel, e nemmeno il senso di vergogna che lo assaliva costantemente.
Era ben altro.
«S-sì, puoi c-chiamarmi Jehan, s-se vuoi», balbettò il ragazzo, facendosi rosso per l’imbarazzo.
Courfeyrac gli sorrise, un sorriso dolcissimo e gentile. Jehan perse un battito nel senso più letterale del termine.
«Courfeyrac, piacere», il ragazzo gli strinse la mano, poi cercò di metterlo a suo agio dicendogli: «Spero ti troverai bene con noi».
«T-ti ringrazio».
Dopo qualche minuto, i ragazzi presero tutti posto. Grantaire alternava momenti di contemplazione del posto a momenti di contemplazione di Apollo; Jehan, invece, aveva il capo chino.
«Dichiaro ufficialmente aperta la prima seduta dell’anno de Les Amis de l’ABC», esordì Enjolras.
Courfeyrac notò gli sguardi confusi di Jehan, Grantaire e Marius.
«Dell’ABC, sì. È un nome bellissimo che abbiamo inventato io, ‘Ferre ed Enj all’asilo e siamo affezionati, ormai. Ma questa è un’altra storia!», spiegò Courfeyrac con una risata.
«Abaissé è anche il popolo!», lo rimbeccò Feuilly.
Combeferre fece un cenno a Courfeyrac, invitandolo a tacere. Enjolras lo ignorò completamente: «Frequentiamo tutti lo stesso liceo eccetto Feuilly che è comunque pronto a darci una mano per qualsiasi cosa. Possiamo iniziare a stilare la lista delle cose che vorremmo cambiare in quest’istituto, partendo da quelle più urgenti e che consideriamo più rilevanti».
Joly alzò la mano. «Di’ pure», lo invitò a parlare Enjolras.
«Maggior sicurezza per quanto riguarda gli armadietti. Non so chi e non so nemmeno come faccia, ma qualcuno si frega sempre tutte le mie medicine! Sono costretto a portarmele nello zaino ogni giorno», protestò il ragazzo.
«Ma piantala, Joly: non sei malato!», Bahorel alzò gli occhi al cielo: «Sei soltanto malato mentalmente, ecco».
«Bahorel, ho la tosse da tre settimane! Potrei tossire fino allo sfinimento per poi soffocarmi e morire», spiegò Joly, convinto.
«Ha ragione!», concordò Bossuet: «Non fa altro che tossire dalla mattina alla sera…».
«Combeferre, puoi aggiungerlo alla lista», tagliò corto Enjolras: «Il prossimo?».
Questa volta fu proprio Combeferre ad alzare la mano. «Io avanzerei la proposta di richiedere colloqui con il preside. L’istituto va a rotoli proprio perché non è possibile dialogare con il suo organo principale».
«Ben fatto, ‘Ferre, giustissimo», approvò Enjolras: «Qualcos’altro?»
«Introduzione di sorveglianti dato che non ce ne sono, e che siano competenti. Il bullismo si sta espandendo a macchia d’olio e bisogna fare qualcosa di concreto contro di esso», continuò l’amico.
I ragazzi annuirono. Jehan si limitò a non guardare nessuno in faccia.
«Io avrei una proposta», alzò timidamente la mano Marius.
Enjolras inarcò un sopracciglio, interessato. «Parla pure, Pontmercy».
«I distributori non funzionano da circa un anno. Credo sia necessario fare qualcosa».
Bahorel non si trattenne: a quelle parole rise sguaiatamente. Marius fu squadrato minacciosamente da Enjolras da capo a piedi. Courfeyrac strinse i denti e incominciò a pregare per il suo amico.
«E questa ti sembrerebbe una richiesta urgente?», disse Enjolras, con assoluta fermezza: «Si può vivere benissimo senza distributori».
«Ma se ad esempio mi viene mal di stomaco o mal di pancia non posso prendere nemmeno una camomilla o un tè caldo…», aggiunse Marius, cercando di dare prestigio alla sua proposta.
«Vai in infermeria a prenderti qualcosa», gli suggerì Joly con premura.
«Oppure vai alla mensa», aggiunse Feuilly: «Di solito hanno sempre qualche tisana o camomilla».
Grantaire ridacchiò. «Beh, a questo punto io richiedo la distribuzione di vino e birra alla mensa. Andiamo, si beve soltanto acqua a scuola! Un po’ di vino risolleverebbe il morale di tutti gli studenti che saranno poi incentivati a studiare. La scuola ci guadagnerebbe soltanto!».
Questa volta fu Jehan a recitare preghiere per Grantaire.
Enjolras guardò Grantaire: era la prima volta che lo scrutava con assoluta freddezza. «Spero per te fosse una battuta», disse, algido.
Grantaire rise. «Ovviamente! Anche se non sarebbe male», disse, divertito, poi si rivolse ad un cameriere: «A proposito, avete del buon vino?».
Enjolras scosse il capo. Combeferre notò la sua disapprovazione: sembrava quasi deluso. Forse aveva visto in Grantaire del potenziale quando l’aveva difeso di fronte all’intera scuola e quando aveva parlato durante l’ora d’arte.
Forse si era sbagliato.
Grantaire era l’alcolizzato, proprio come era chiamato a scuola. Nient’altro che un alcolizzato.
«Qualcuno ha intenzione di avanzare una proposta intelligente?», domandò Enjolras.
«Jehan, per esempio. Ancora non hai parlato!».
Jehan alzò il capo, incontrando gli occhi vivaci di Courfeyrac che lo scrutavano e il suo sorriso appena accennato sulle labbra.
Sentì il cuore battere all’impazzata.
«Io… beh, ecco, io…», incominciò a tentennare Jehan.
Io cosa?
Per Jehan il problema più urgente di quell’istituto era assolutamente il bullismo, ma ormai vi era abituato.
«Io concordo pienamente con Combeferre in tutto e per tutto», disse, infine, poi aggiunse: «Ci sarebbe un’altra proposta, ma di certo non è di grande importanza per il bene dell’istituto… cioè sì, potrebbe esserlo, ma non è una priorità, insomma…».
Courfeyrac era curioso. «Di' pure», lo incitò.
«Sicuramente la tua proposta sarà meno stupida di quelle che abbiamo appena avuto la sfortuna di ascoltare», osservò Enjolras.
Jehan arrossì. Tuttavia, prese coraggio e parlò speditamente, senza balbettare: «Ho notato che questo liceo non propone attività che possano incoraggiare lo studente. Vi sono soltanto attività sportive e dall’anno scorso sono stati introdotti i club di teatro e musical e quello di cucito. Secondo me sarebbe opportuno introdurre altre attività che possano stimolare la creatività degli studenti, ma anche il pensiero. Club di scrittura, di disegno, di lettura… ma anche gruppi di dibattito politico, economico, sociale… qualcosa di simile a questo, per esempio. Per molti di noi questo è l’ultimo anno, ci attende l’università. Non so voi, ma la penso così».
«Non hai tutti i torti», fece Enjolras: «Insomma, è una gran bella idea. Anche questo è importante».
«Sì, infatti», condivise Combeferre, poi disse ispirato: «Formare le giovani menti e proiettarle verso il futuro… è essenziale per il progresso umano».
«Concordo! Io già so per certo cosa fare dopo il liceo ma ci sono studenti che ancora non ne hanno la minima idea. Anche dei corsi di orientamento sarebbero l’ideale», parlò Courfeyrac.
«Quanto ti ci metti d’impegno dici cose intelligenti, però!», scherzò Feuilly.
«Avevi dubbi, amico?», rise Courfeyrac.
Jehan sorrise, lievemente. Il calore di quelle persone lo avevano reso un po’ più allegro, riuscendo a scacciare per un po’ la sua costante malinconia.
«Mi piace, Jehan. Bravo», disse Grantaire, finendo la bottiglia di vino che aveva ordinato poco prima. Ne ordinò un’altra. «Un corso di enologia, per esempio, con visite guidate annesse nei vigneti più prestigiosi della Francia. Sarebbe grandioso!».
Grantaire rise, un po’ rosso in viso, facendo ridere anche gli altri.
«Ragazzo, sei uno spasso. Credo di amarti», disse Bahorel, sbellicandosi dalle risate.
Enjolras era profondamente sdegnato.
Come aveva potuto fare un simile sbaglio? Perché aveva dato a Grantaire fiducia che non meritava?
L’incontro terminò un’ora più tardi. I ragazzi si salutarono e furono tutti molto carini con Jehan, in particolare Feuilly, Joly e Bossuet.
E Courfeyrac.
«Alla prossima!», gli disse, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
Jehan arrossì, inevitabilmente. «Q-quando?», farfugliò di nuovo.
«Non so, solitamente ogni mercoledì pomeriggio. Potresti lasciarmi il tuo numero così posso farti sapere, se vuoi».
«C-certamente», fece Jehan, rossissimo per l’imbarazzo e per l’emozione: «Il mio numero è questo…».
I ragazzi si scambiarono i numeri di cellulare, poi Courfeyrac lo salutò e con un sorriso andò via.
Un sorriso che però non scomparve dalla testa di Jehan.
«Jehan, sei un pomodoro. Sei rosso», Grantaire rise, barcollando verso l’amico.
«Anche tu. Hai bevuto troppo», rispose Jehan, serio: «Ti accompagno a casa. Dove abiti?».
«Abito a casa mia!», rispose lui con un sorriso, per poi ridere di nuovo.
Enjolras osservava la scena da lontano con assoluta discrezione, in silenzio e inorridito. Gli occhi color ghiaccio di Grantaire erano gonfi e ormai rossi: la sua espressione era alterata dall’ebbrezza.
Scosse il capo, come se volesse cancellare chissà quale pensiero dalla testa.
Abbandonò il Musain.
 






 

Angolo Autrice

Buongiorno a tutti! :)
Ecco il quarto capitolo dove finalmente abbiamo tutti les Amis al completo!
Innanzitutto iniziamo con un esemplare di Montparnasse (♥) che Eponine ferma con gran stile. Sarà sempre così? Chi lo sa! v.v
Jehan e 'Taire sempre più amici e sempre più cuccioli *w*
Abbiamo Enjolras e le gaffe di Grantaire, e poi abbiamo Courf, e Jehan è completamente andato in un mondo di unicorni e glitter.
Meglio che mi fermo a sparare stronzate XD
Che dire? Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono <3
Credo che aggiornerò ogni venerdì, salvo imprevisti.
Alla prossima! :)
SmartieMiz
   
 
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