Da martedì scorso avrete notato che il mondo è
più bello, no? No, infatti è sempre la solita solfa, però la mia testa si è
trasformata in un luna park e nemmeno a dirlo è colpa
di Sasuke :3 Come dicevo nell’intro
ATTENZIONE, è tutto un mega-spoiler, un enorme, cosmico, gargantuesco spoiler
del capitolo 685. Semplicemente ci ho ricamato su e siccome Kishi
non proseguirà come dico io, il post capitolo me lo sono scritto da sola. LOL
Buona lettura J
Vivere
Amare qualcuno – amare Sasuke,
per quel che ne sapeva lei – era come trovare continuamente nuove, ammalianti
definizioni di bellezza. C’era qualcosa in lui che rendeva le sue battaglie, il
suo odio, le sue sofferenze, la declinazione di un incantesimo poderoso, che lo
possedeva, che l’aveva guidato nel suo cammino verso il fondo dell’oscurità –
per amore, solo per amore. E ora quello stesso tipo di bellezza l’aveva
condotto verso di lei, dietro di lei per la precisione, e si annidava nei suoi
occhi come un demone gentile – quegli occhi la stavano quasi accarezzando, o
almeno così le sembrava, ma Sakura sapeva che erano anche capaci di
inghiottirla, perché probabilmente lei lo avrebbe permesso. Non aveva mai
potuto scoprire come ci si sentiva tra le sue braccia, contro di lui, quanto
poteva essere confortevole restarsene premuti contro la spalla di qualcuno e
contro il suo petto, con una forza particolare, la più potente – che era quella
di Sasuke e di quella sua strana premura quasi tenera.
Quando riuscì a incontrare il suo sguardo, Sakura sentì le sue dita che
correvano leggere sulla propria pelle, evitando le ferite. Era come se non solo
lui stesse guardando nei suoi occhi, era come se Sasuke
fosse capace di vederla tutta, e lei
non sapeva nemmeno se fosse possibile o se per caso non fosse una sottile emanazione
dello tsukuyomi, quella, ma ora era lì e voleva
guardarlo allo stesso modo.
«Dobbiamo tornare da Naruto»,
lo sentì dire, e non stava parlando con lei.
Obito si passò una mano sul viso, ripulendosi
del sangue che gli copriva le guance, poi annuì tentando di tirarsi in piedi.
Sakura provò a fare lo stesso, concentrando un po’ di chakra
nelle gambe, ma non gliene era rimasto abbastanza nemmeno per resistere un
secondo e soprattutto la mano sinistra di Sasuke si
era velocemente posata sul suo ventre, impedendole qualsiasi movimento
azzardato.
«Tu hai bisogno di chakra»,
osservò, senza alcuna particolare inclinazione nella voce.
«Ne ho abbastanza per riportarci…»
«Non ne hai nemmeno un po’». Sasuke
fu diretto, come al solito, fedele a se stesso, e aveva ragione – ed era questo
che le faceva più male. Non importava quanto tentasse di spingersi oltre i suoi
limiti, di superarli perfino, non era mai abbastanza e lo sapeva anche Sasuke perché eccola,
davanti a lui, quasi esanime, completamente distrutta, il mediocre ritratto del
fallimento.
«Mi dispiace», sussurrò, senza permettersi di
spiare quanto fosse scocciato lo sguardo che lui le stava riservando.
Di tutta risposta Sasuke
sollevò appena la spalla, abbastanza da farle inclinare la testa in una
posizione più confortevole. «Tu…» cominciò, avvicinando
la mano sinistra al suo volto. Aveva la sagoma di una luna scura sul palmo, era
brillante e in un certo senso simile al sole di Naruto.
Doveva essere il simbolo del potere del Rikudou,
pensò lei, per quello che aveva potuto intuire. E le bastò un solo istante in
più per capire cosa avesse intensione di fare Sasuke.
«Dai…», le disse, vagamente incoraggiante, tentando
di toccarle la fronte e bloccandosi come raggelato quando lei gli afferrò il
polso per fermarlo.
«Devi combattere», gli disse, con la risoluzione
che riusciva a mostrare quando si trattava di lui. Non voleva che le prestasse
del chakra – che
lo sprecasse per lei, più precisamente – quando entrambi evidentemente
sapevano quanto fosse inutile al momento. Sakura avrebbe anche rinforzato la
stretta sul suo braccio se ne avesse avuto la forza – ma non ce l’aveva, ed era questa la sintesi perfetta della sua vita
– eppure notò che Sasuke le permetteva di tenerlo
fermo anche se avrebbe potuto facilmente continuare per la sua strada. I suoi
occhi stavano denudando dei sentimenti particolari – di quella bellezza che si nascondeva dentro di lui – e Sakura
realizzò che, a modo suo, lui stava tentando di dirle qualcosa di gentile, di
delicata sensibilità: non l’avrebbe forzata a fare qualcosa che non voleva
anche se le avesse fatto bene, e forse –
ma solo forse, in quel modo di
comunicare che sembrava sempre un’allettante e fugace emanazione dello tsukuyomi – Sasuke voleva farle sapere
che poteva capire se lei si sentiva spaventata da lui o da qualsiasi cosa
avesse intenzione di farle. Ma non era così, Sakura in quel momento non
riusciva nemmeno a ricordarsi di cosa significasse, essere spaventati,
probabilmente per qualche motivo legato a quel tipo di bellezza che Sasuke continuava a riversare su di lei senza un attimo di
tregua – sin dalla prima volta che l’aveva visto, oltretutto. E lei sapeva,
ormai, che qualche volta la bellezza faceva male, che poteva ferire nei modi
più dolorosi, ma aveva anche imparato un’altra cosa, amando Sasuke:
così come feriva – lui, quella bellezza – sapeva anche guarire, era così che
funzionava con lui. Ed era esattamente quello che Sasuke
stava tentando di fare, ricomporre il
puzzle disfatto nei mille pezzi in cui si era ridotta per lui, guarirla, in
un certo senso, onorando la propria natura. Ma in quel momento una
dimostrazione simile, di simile dedizione, non le sembrava…
necessaria. Sasuke
doveva combattere, e farlo al pieno delle forze e…
«Soprattutto devi sopravvivere», gli disse, scaldando la voce con un morbido
sorriso. Allentò la presa sul suo polso e si concesse un po’ di tempo per
guardarlo, da vicino.
Sasuke le
restituì lo sguardo con espressione pensierosa. Aprì la bocca per parlare, ma
le parole vennero fuori solo qualche momento dopo: «a dire il vero, dovrei
vivere».
Per un istante Sakura quasi si sentì mancare. Lui,
quello che aveva rinunciato alla propria vita pur di realizzare un sogno
distruttivo, lo stesso Sasuke – lo stesso, solo un po’
più maturo – le stava dicendo che finalmente desiderava riconciliare la sua
vita coi suoi sogni – diventare hokage e onorare la
sua famiglia o qualsiasi dannata cosa volesse in quel momento. Non sopravvivere,
comunque, voleva proprio vivere, e lo
stava dicendo a lei. E Sakura non aveva nemmeno lo spirito di considerarne le
implicazioni – lui voleva aiutarla, e voleva vivere – che forse sul suo viso
tutto d’un colpo si era dipinto un sentimento preciso – sì, devi vivere, e io vorrei essere parte della tua vita – e soprattutto
Sasuke aveva dovuto notare qualcosa, una specie di assenso,
nei suoi occhi, perché con un movimento molto cauto le scostò qualche ciocca di
capelli dalla fronte e posò il palmo della mano sul sigillo dello hyakugou.
Perché voleva
vivere, ora. «Te lo meriti, più di tutti», gli disse, in un
sussurro che le sembrò troppo intimo, e prima di chiudere gli occhi per
nutrirsi meglio di quel momento, lo scrutò un’ultima volta, appena in tempo per
scorgere l’ombra di un delicato stupore sul suo viso.
Angolo
della fangirl: lo so, lo sappiamo tutti, che
probabilmente Sasuke ha intenzione di distruggersi un
altro pochino prima di darsi pace e soprattutto concedere un momento di gioia
pure a noi che ci struggiamo col sasusaku da anni. Ma
alla fine confidiamo nel fatto che in futuro ci farà felici come nello scorso
capitolo, io ho solo anticipato i tempi :3 Mi sembra che in qualche punto
questa storia “suoni” male, il fatto è che c’è sempre il solito problema che in
origine l’ho scritta nel mio inglese maccheronico perché adoro tumblr, il suo fandom e tutto il
delirio che ne consegue, quindi ho portato tenda e picchetti e là mi sono
stabilita. Però efp è stata la mia prima casa e in
certi momenti più si fa festa meglio è *_* in ogni caso, volendo, sono qui.
Alla prossima!
F.