Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: DarkRose86    02/09/2008    10 recensioni
C'era una volta una bambola,
dai lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il cielo.
Guardava il mondo dalla vetrina di un negozio nel centro della città,
osservava attenta tutti coloro che passavano di là.
In molti si fermavano ad ammirarla,
quella bella, affascinante e triste bambola fatta di legno.
{ 4° classificata al Concorso sulla Drammaticità indetto da Rolly Too }
{ Sasori/Deidara }
.Dedicata, con infinito affetto, a Valentina.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akasuna no Sasori , Deidara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti!
La vostra DarkRose è qui che per presentarvi la storia che, inaspettatamente, è arrivata 4° al  Concorso sulla Drammaticità indetto da Rolly Too sul Forum di EFP; sinceramente, sono felicissima del risultato. Non pensavo di arrivare così in alto! *commossa*
Vi rimando a fine pagina per i ringraziamenti 'globali', ma prima di lasciarvi alla lettura, ci tengo a dire una cosa:

la storia che vi apprestate a leggere, è dedicata ad una persona speciale, di nome Valentina;
lei, sa esattamente perché.
Non dico altro, solo una cosina: tesoro mio, ti voglio un bene infinito, e tu lo sai. Spero che la mia fic non ti deluda.
E spero di non deluderti mai, in nessuna occasione. Ti amo di bene ciccina. <3


Autore:
DarkRose86
Titolo: My Precious Doll
Personaggi/Pairing: Akasuna no Sasori, Deidara – Pairing: Sasori/Deidara
Genere: drammatico, romantico, triste
Rating: arancione
Avvertimenti: yaoi, shonen ai, character death, what if? ( e se...? )
Introduzione: Il piccolo Sasori, resosi ormai conto che i suoi genitori, via per una missione, non sarebbero più tornati, decide che non intende passare la propria infanzia da solo; che cosa succederà quando, entrato in un negozio, apprende da uno strano signore che è possibile costruire una bambola che prova sentimenti umani?



C'era una volta una bambola,
dai lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il cielo.
Guardava il mondo dalla vetrina di un negozio nel centro della città,
osservava attenta tutti coloro che passavano di là.
In molti si fermavano ad ammirarla,
quella bella, affascinante e triste bambola fatta di legno.

My Precious Doll

Molti anni fa un bambino attendeva il ritorno dei genitori, partiti per una missione; lo avevano salutato con un dolce sorriso, e lui aveva ricambiato, iniziando poi a contare sulla punta delle dita i giorni che lo separavano dal poterli rivedere. Giorni che divennero mesi, fatti di notti trascorse affacciato a quella finestra, sperando di scorgere in lontananza i fluenti capelli lunghi della mamma, o lo sguardo gentile del papà; la nonna diceva che c'erano stati dei contrattempi, che sarebbero tornati prima possibile. Ingannare la fragile mente di un bambino non è difficile. Eppure, più passava il tempo, e più dentro quel piccolo cuore l'angoscia cresceva, finché finalmente lo capì. Mamma e papà non sarebbero tornati. Si guardava allo specchio, Sasori, sul suo volto di bambino il rancore crescente, poteva vederlo distintamente, sebbene tentasse in tutti modi di nasconderlo dietro una maschera d'indifferenza; non riusciva nemmeno a piangere.
E la nonna l'osservava silenziosa, senza riuscire a offrirgli parole di conforto. Il suo nipotino era rimasto orfano eppure lei... lei non sapeva stargli vicina come invece avrebbe dovuto. Decise però di fargli un dono. Gli insegnò a creare e a manovrare marionette. Non era certo una cosa che tutti i bambini sapevano fare; ma lui, Sasori della Sabbia Rossa, divenne ben presto maestro di tali tecniche. Ore e ore a maneggiare il legno, per creare qualcosa che potesse tenergli compagnia nelle notti più buie, quando si sentiva solo e smarrito. Ma le marionette dalle sembianze dei suoi genitori, che dentro di sé ancora sperava di poter riabbracciare, un giorno, non avevano il potere di farlo sorridere; non erano calde, né gli raccontavano avvincenti favole.
Sasori era solo. Ma non era intenzionato a rimanere per sempre in quella pietosa condizione. Perciò, un giorno decise di uscire di casa di nascosto, senza che nonna Chiyo lo vedesse, e andò a fare un giro per i negozi di Suna; una vetrina in particolare attirò la sua attenzione. Il suddetto negozio vendeva bambole, fatte di diversi materiali, dalla porcellana al... legno. Lo stesso materiale che lui utilizzava per creare le sue marionette. Quelle bambole, nonostante l'espressione assente, parevano guardarlo, volergli dire qualcosa.
- Siete così sole... - mormorò lui, - ...proprio come me. -
Entrò, e un signore piuttosto attempato gli si avvicinò sorridendo.
- Buon pomeriggio, piccolo. Posso fare qualcosa per te? - chiese, accogliendolo calorosamente nel suo negozio.
- Mi servirebbe... -
Si bloccò. Non aveva denaro con sé, non avrebbe potuto comprare nulla.
- ...no, nulla. Mi scusi il disturbo. - disse il bambino, voltandosi e facendo per allontanarsi; ma il vecchio lo bloccò, pregandolo di rimanere.
- Signore, mi spiace ma non ho soldi con me... in fondo... sono solo un bambino. -
Abbassò lo sguardo sul pavimento di un color grigio spento, che contribuiva a rendere l'atmosfera presente in quella piccola bottega ancora più cupa ed inquietante.
- Sta tranquillo... piccolo, voglio raccontarti una storia. - disse sedendosi su una vecchia sedia a dondolo, che scricchiolò appena sotto il suo peso, - Sai, non ricevo molte visite ultimamente, e sono sempre qui da solo... sono un povero vecchio, e mi fa piacere avere un pò di compagnia. Ma prego, siediti lì. - lo invitò, indicandogli una poltroncina di un tessuto di una chiara sfumatura di giallo, all'apparenza molto comoda. Sasori fece ciò che gli fu chiesto, senza dire nulla.
- Bene, direi che posso cominciare... devi sapere che un tempo, esisteva un bambino con la tua stessa identica espressione... possedeva degli occhi spenti, che esprimevano angoscia e solitudine. Un giorno, quel bimbo decise che si sarebbe cercato una compagnia, ma nessuno dei suoi coetanei voleva giocare con lui. Così, pensò bene di comprarsi un giocattolo; una bambola, per l'esattezza. Ma quella bambola, mio caro, era molto ma molto speciale... -
- Cos'aveva di così... speciale? -
- Lei sapeva donare una compagnia degna di un essere umano... grazie all'amore che quel bambino era riuscito ad infondere in essa. - spiegò, sorridendo.
- Ma non è possibile... per quanto amore si doni ad essa, una bambola non può diventare così simile ad un umano! - esclamò scettico Sasori; ok, era piccolo, ma sapeva riconoscere la differenza tra fantasia e realtà. Fin troppo.
- Ed invece può diventare possibile, credimi figliolo... ed io, nel mio modesto negozio, celo in un luogo segreto i materiali che furono stati utilizzati proprio per costruire tale giocattolo. - ammise.
- Vuol farmi credere che, se lo volessi, anche io potrei costruire una cosa del genere? - chiese, a mo di scherno.
In tutta risposta l'uomo si alzò, prendendo il suo bastone e scomparendo a passo lento dietro una porta; Sasori preferì però farsi divorare dalla curiosità, piuttosto che andare a vedere cosa potesse esserci là dentro. Era in realtà uscito per trovare qualcosa o qualcuno che potesse farlo sentire meno solo, ma la storia che quel signore gli aveva narrato gli sembrava fin troppo assurda. Quand'egli tornò, teneva in mano una scatola, ben sigillata; la porse al bimbo sorridendo.
- Che cos'è? - domandò quest'ultimo, aggrottando un sopracciglio.
- Ciò che venne usato per costruirla... - rispose l'altro, tenendo le mani conserte dietro la schiena.
- Le ho già detto che non ho denaro... - insistette il piccolo, lasciando a terra la merce.
- No, no... prendila, te ne prego. Vedi, io sono vecchio... da un momento all'altro potrebbe giungere per me il momento di abbandonare questo mondo. Per cui, ho deciso che questa eredità la voglio lasciare a te. Prendila, per favore. - lo esortò, stringendo forte al suo cuore il ciondolo che portava al collo. Dentro di esso, la foto del suo nipotino, dei suoi occhi grandi che parevano dire: " Nonnino... perdonami. ".
- Ok... va bene, la ringrazio. - si rassegnò Sasori, abbozzando un sorriso.
E mentre il bambino si allontanava continuando a guardarsi intorno, il signore l'osservò con sguardo triste.
" Scusami, piccolo... scusami... " pensò, voltandosi poi, rimettendosi seduto, a ripercorrere con la mente ricordi lontani.

~

Quella scatola conteneva diversi pezzi di legno pregiato, e ce n'era abbastanza per costruire una marionetta bella grande. E vi era anche una parrucca di folti capelli biondi, talmente morbidi che parevano quasi essere veri; sul fondo della scatola notò un foglietto, e lo prese, leggendolo:

{ Se possiedi questa scatola, chiunque tu sia, sicuramente ti senti solo, che tu sia adulto o bambino non importa;
se metterai assieme questi inanimati pezzi di legno, è probabile che una persona a te cara ti abbia abbandonato, che sia morta.
Dai alla bambola le parvenze che più si addicono ai tuoi nascosti desideri;
lei ti sorriderà, ti terrà compagnia ancor più di quanto speri.
Solo una cosa, piccolo o grande uomo, non sgarrare;
segui la linea del cuore, e l'ideogramma non gettare. }

“ Ma cosa... che significano, queste parole? “ si chiese il bimbo, incuriosito.
L'unica cosa certa, era che ciò che vi era scritto, non si discostava molto dalla sua realtà; lui si sentiva dannatamente solo, proprio perché delle persone a lui care se n'erano andate, e non erano più tornate a casa. Osservò le varie parti presenti nella scatola, accorgendosi che si trattava proprio di pezzi già ben modellati: c'erano due braccia, due gambe, e un busto. L'unica cosa che mancava era la testa, un volto; vi era poi un altro pezzo ancora, alquanto strano. Sembrava una scatoletta, era di forma quadrata, e Sasori non aveva idea di cosa potesse contenere; era comunque perfettamente sigillata, e al di fuori di essa vi era disegnato un ideogramma. Era di sicuro quello di cui parlava il biglietto. Si rigirò fra le mani lo strano oggetto, cercando di capire a che cosa potesse mai servire; ma se c'era scritto così, significava che doveva essere parte integrante di ciò che avrebbe di lì a poco costruito. Decise dunque di iniziare subito il lavoro, aveva intenzione di costruire qualcosa di perfetto, che gli altri gli avrebbero invidiato; qualcosa di eterno. Si chiuse nel suo piccolo laboratorio per giorni, e quando la nonna lo chiamava per avvertirlo che da mangiare era pronto, se lo faceva appoggiare fuori dalla porta, e metteva qualcosa sotto i denti giusto quando si sentiva particolarmente stanco, per riacquistare le forze. Doveva impegnarsi a fondo, mostrare agli altri, al mondo intero, quanto meravigliosa fosse la sua arte.
- Sarai bellissima... - mormorò, sistemando il pezzo caratterizzato dall'ideogramma all'interno del suo busto, fissandolo per bene, - un capolavoro... il mio capolavoro... sarai talmente stupenda, da sembrare quasi viva -.    
E il piccolo Sasori non aveva nemmeno idea, di quanto azzeccate fossero le sue parole.
Non dormiva neppure, si dedicava anima e corpo a ciò che pian piano, sotto quelle che erano ancora le mani di un bambino, stava prendendo splendidamente forma.

- Quando il gigante modellò la montagna *[1],  pensò di fare di essa una cosa speciale; e la scolpì seguendo fedelmente l'immagine della più bella cosa che avesse mai visto in vita sua. - leggeva il piccolo, in uno dei vecchi libri ritrovati in un cassetto del comodino, in quella che una volta era la camera dei suoi genitori, - Qual'è la cosa più bella che abbia mai visto in vita mia? - si domandò poi, stendendosi sul suo letto. Ci pensò per un po', poi prese un altro libro, che custodiva gelosamente, in quanto vi erano narrate le fiabe che sua mamma gli leggeva ogni sera prima di andare a dormire; in quel volume, circa a metà, vi era un disegno che lo aveva sempre affascinato. Una splendida fata dai lunghi capelli biondi, con in mano un grande mazzo di fiori di ogni tipo; la osservò per bene, e si rese conto che alla sua marionetta mancava qualcosa di fondamentale, per l'essere uguale ad ella. La sua creazione non possedeva quella parte così morbida, che caratterizzava il petto delle donne, che caratterizzava quello di sua mamma.
- Quindi ho creato un maschio... - borbottò, - ...beh, pazienza. Non voglio rischiare di rovinarti. - disse, accarezzando l'inumana guancia della sua bambola, - Per il resto, le assomigli. - commentò, toccando i fluenti capelli biondi, che gli ricadevano un po' sul viso, coprendo un po' uno degli occhi che, decise, avrebbero posseduto il colore del ciel sereno.
Quando ebbe finalmente terminato il lavoro, lo guardò fiero, sorridendo; si sentiva proprio soddisfatto di ciò che aveva creato. Ora, doveva solo imparare a manovrarlo per bene.
- Dunque... ho deciso di chiamarti Deidara. *[2] Che cosa ne dici? E' un bel nome... no? - chiese, ridendo poi, tristemente; si trattava di una marionetta. Non avrebbe potuto rispondere alla sua domanda sebbene, vestito così, con un paio di pantaloni neri ed una maglia dello stesso colore, potesse almeno da lontano sembrare una persona in carne ed ossa. Non lo era, purtroppo. In realtà, il più grande desiderio di Sasori era avere un amico con cui confidarsi, al quale raccontare i propri sogni; ma aveva sempre avuto difficoltà a legare con le persone, in quanto timido ed insicuro.
Quella sera, il bambino andò a letto molto presto, dopo notti in bianco passate a lavorare; appoggiò la bambola su una sedia vicino a lui, e si lasciò abbracciare subito da Morfeo, una volta sotto le lenzuola. Non immaginava neanche che qualcuno, in quel momento, stava vegliando, vigile, su di lui e sul suo sonno; e non si trattava di sua nonna, né d'un ipotetico Dio.
- Dormi bene, piccolo artista... - sussurrò una voce, nel buio della stanza, - ...ci sono io qui con te adesso, non devi più avere paura di niente... né della solitudine, e né del dolore. E grazie d'avermi dato questo nome... suona bene, sai? -
Una mano ruvida accarezzò la rosea guancia delicatamente, per non svegliarlo.
- Quello che avevo un tempo, non lo ricordo neppure. -
Il bimbo sognò d'attraversare deserti e di scalare montagne, mano nella mano con una creatura sorridente e calda, dai lunghi capelli dorati ed occhi limpidi e azzurri. Quello che la bambola avrebbe dovuto diventare; quello che, per un capriccio del destino, non sarebbe mai stata.

- Buongiorno Deidara! - esclamò Sasori, al mattino, quando i raggi del sole già filtravano dalla finestra socchiusa, - Oggi è una bella giornata, mh? - osservò.
 Si sentì in qualche modo ridicolo; si stava ostinando a parlare con qualcosa che non poteva rispondere alle sue domande. Abbassò lo sguardo, per questo non notò il cenno del capo che la marionetta fece, attenta a non farsi vedere; non era ancora giunto il momento, per lui, di venire a conoscenza della triste verità. Sì, era proprio una bella giornata, quella; la prima in compagnia di qualcuno, dopo anni e anni rinchiuso in una scatola di cartone. Sasori uscì, portando con sé il suo amico, manovrandolo attentamente grazie al proprio chakra, come la nonna gli aveva insegnato; aveva sentito dire che quella tecnica, nel mondo ninja, veniva utilizzata per combattere. Lui, invece, l'avrebbe usata per differenti scopi. E così, Deidara camminava accanto a lui, ogni tanto voltandosi grazie ai comandi del padrone.
- Ehi, che cos'è quella cosa? - chiese a mo di scherno un ragazzo un po' più grande di lui, - Alla tua età giochi ancora con le bambole? - lo prese in giro, avvicinandosi alla marionetta, picchiettando con la mano sul suo petto.
- Lascialo stare! - esclamò Sasori, e l'altro rise sprezzante.
- Ma che fai, difendi un coso di legno come se fosse una persona? La sai una cosa? Sei veramente patetico! - l'offese, dando un calcio alla creazione del bambino, facendola inevitabilmente cadere a terra; un braccio gli si staccò, finendo qualche metro più in là, - Ah ah! E' pure fragile! -
Il ragazzino dai capelli rossi guardò con orrore la marionetta a terra, fulminando con lo sguardo il ragazzo.
- Beh, che vuoi da me? Sei tu che hai costruito uno schifo! - continuò a deriderlo, mentre Sasori raccoglieva l'arto staccato, e rialzando Deidara utilizzando i fili di chakra.
- Non toccarlo... non lo toccare mai più. - lo ammonì, voltandosi e correndo verso casa, sentendo le lacrime, prepotenti, bagnargli le guance; non voleva farsi vedere così, da nessuno.
Tranne che dalla sua fedele, inseparabile bambola.
- Perché? Perché mi prendono in giro? - singhiozzò il bimbo, stendendosi sul letto, sotto lo sguardo fisso di Deidara, addormentandosi a forza di piangere, stanco e ferito, nell'orgoglio e nel cuore.
- Stai tranquillo... adesso ci penso io a coloro che ti fanno del male; non dovrai più temere nessuno. Adesso... adesso aspettami qui... tornerò subito. - mormorò la marionetta, alzandosi cercando di non fare troppo rumore; constatò che la signora Chiyo in quel momento non era in casa, così furtivamente uscì, scendendo in strada, indossando un cappuccio che aveva trovato in un cassetto dall'armadio della nonna di Sasori, in modo da nascondere il più possibile il proprio volto. Camminò guardandosi attentamente attorno, e dopo circa un quarto d'ora, vide finalmente colui che stava cercando; il ragazzo che poco prima aveva preso in giro il suo creatore stava giocando a pallone in un vicolo, da solo. Gli si avvicinò silenziosamente, e il ragazzino si accorse di lui solo quando gli fu vicinissimo.
- Ehi, e tu chi... -
Non finì la frase. Quando vide di che cosa si trattava, le parole gli morirono in gola.
- Tu... non è possibile... dov'è lui? Non puoi essere qui, non... -
Rumore d'ossa che si spezzano, che si frantumano, in chissà quanti pezzi; Deidara aveva afferrato la sua testa, piegandola in maniera innaturale, rompendogli il collo, uccidendolo all'istante.
- Tu non ferirai più il mio Sasori. Torna ad essere cenere, ignobile creatura. Ricongiungiti alla sabbia... - disse, lasciando il corpo cadere a terra a peso morto, scomparendo poi velocemente.
Una volta tornato a casa, si accorse che, per fortuna, Sasori stava ancora dormendo, e non si era accorto che lui si era alzato da quella sedia, andando a vendicarsi delle angherie subite dal proprio creatore. E lo avrebbe protetto sempre, se necessario per tutta la vita; sarebbe rimasto al suo fianco e avrebbe vegliato su di lui, uccidendo chiunque minacciasse di fargli del male. Cercando di donargli quel sorriso che aveva smarrito.

~

E così passarono ben cinque anni, fra pianti, falsi sorrisi, e morti inspiegabili di molte persone. Deidara era riuscito a non farsi mai scoprire, ed era rimasto al suo fianco come suo amico inumano, ma per lo meno costantemente presente. Si era fatto manovrare da Sasori per tutto quel tempo senza mai rivolgergli la parola, sebbene più volte ne avesse avuto la tentazione; avrebbe voluto urlargli la sua gratitudine, dato che era solo per merito suo se era tornato ad amare. Sì, ad amare il suo bellissimo angelo dai capelli rossi.
- Deidara, ti rendi conto? Oggi sono precisamente cinque anni che ti ho creato, è il tuo compleanno! Il tempo vola proprio, non credi? -
La bambola se ne stava immobile ad ascoltare le parole che le venivano rivolte, talvolta battendo le mani, opportunamente manovrato dall'ormai adolescente marionettista.
- E' solo grazie a te se sono ancora qui. - confessò, abbracciandolo.
E fu allora, che il cuore di Deidara iniziò a battere più velocemente, tanto che anche Sasori poteva sentirlo, rimanendo stretto a lui.
- Ma che cosa... - disse, toccandogli il petto, - ...cos'è questo rumore? Sembra... un battito. -
E la marionetta non ce la fece più. Si era trattenuta per troppo tempo. Circondò l'esile corpo del giovane con le braccia, appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Sasori no danna... *[3] perdonami se non l'ho fatto prima. - si scusò, affondando le dita fredde fra i morbidi capelli.
Sasori sussultò spaventato, e l'allontanò d'istinto.
- Che... che cosa diavolo sei? Tu non puoi essere vivo! - esclamò il ragazzo, spaventato.
- Hai ragione, ed infatti non sono altro che un burattino. Ma qui, dentro di me, - disse, indicando il punto in cui il suo creatore aveva sigillato attentamente il suo cuore, unica sua parte ancora umana, - batte ancora un cuore; è quello che mi tiene in vita. E' quello che tu non hai gettato via. Per questo ti ringrazio, grazie per avermi dato una nuova possibilità. E scusami... scusami se non ti ho detto nulla fino ad adesso, ma temevo di farti paura, che tu non mi volessi più una volta scoperta la verità... ma non ce l'ho fatta a resistere oltre. Dovevo dirti grazie. - spiegò, sorridendo.
Sasori spalancò gli occhi incredulo; la marionetta che aveva creato, che aveva tenuto con sé per anni, considerandola l'unico suo amico... gli stava parlando. E gli aveva appena detto che dentro di lui batteva un cuore umano!
- Ma... non è possibile! -
- Lo è, credimi. Ed io ne sono la prova; guardami bene, maestro. Sono solamente una bambola. - sentenziò, chiudendo gli occhi, - Sai, quando sono nato, ero un bambino come tutti gli altri... e molti mi dicevano che infondevo allegria nelle persone che mi incontravano. Ma dentro di me, ero esattamente come te, Sasori no danna... mi sentivo dannatamente solo. Fuggii via, senza dire nulla a nessuno. Incontrai una persona all'apparenza dolce e mite, che mi accolse in casa sua come suo figlio adottivo; in seguito, scoprii che la sua non era nient'altro che una maschera. Quel che accadde dopo, non so dirtelo; io ricordo solo un mare di sangue, e la stanza anonima di un ospedale. Anni fa, non ricordo neanche quanti, ho vissuto per alcuni mesi dentro un altro involucro simile a questo, ma meno perfetto... poi sono stato cacciato via, quando ho rivelato al mio vecchio padrone che cos'ero realmente... ho camminato per chilometri e chilometri finché le gambe non mi si sono inevitabilmente spezzate... sono stato lasciato a marcire sull'asfalto, sotto le intemperie, fino a che un giorno qualcuno non mi ha trovato. Quella persona... io la conoscevo bene. Lui mi stava cercando disperatamente da anni, e mi ha raccolto bagnando il mio corpo di bambola con le sue calde e amare lacrime; non si aspettava di ritrovarmi così.  Il cuore che apparteneva al corpo che un tempo fu umano, fatto di carne e sangue, è stato sigillato in quella scatoletta, e lasciato nell'angolo di un piccolo negozio. Poi, tu mi hai trovato... ti scongiuro, non gettarmi via anche tu. - raccontò; se avesse potuto piangere, la sua voce sarebbe stata senza alcun dubbio rotta dai singhiozzi.
Era la prima volta che narrava a qualcuno la sua vera storia.
Sasori lo guardò, senza sapere cosa dire; il racconto che aveva appena udito era a dir poco assurdo, ma certamente corrispondeva alla realtà. Anche perché altrimenti non avrebbe saputo in nessun altro modo spiegare il fatto che la marionetta che aveva creato gli stava parlando, si stava muovendo.
- Deidara... -
- Sì? -
- Ti credo. - disse con un sospiro, - E sono felice di averti trovato. Ti prometto che ti terrò al mio fianco per sempre... perché tu sei il mio capolavoro assoluto. Tu rappresenti la mia arte; l'arte eterna. -
Il burattino lo abbracciò nuovamente; e, stavolta, lui non si scansò. Ma lo strinse forte, come a cercare quel calore che però, purtroppo, solo un corpo umano poteva regalargli.
- Però su una cosa non andiamo d'accordo, danna! -
- Su cosa? E poi, perché continui a rivolgerti a me in quel modo? -
- Ti ho sempre considerato il mio maestro. Maestro di vita, d'amore... lascia che ti chiami così, te ne prego... - gli sussurrò all'orecchio, - ...riguardo l'altra domanda, beh... per me, l'arte è sempre stata qualcosa di immediato, che esplode in un secondo, come posso spiegarti... -
- Per quale motivo la pensi così? - chiese il rosso, accarezzando i lunghi filamenti dorati, morbidi fra le sue dita.
- Perché io, in quanto artificio umano, posso essere considerato come qualcosa di artistico, no? Ecco, nel corso della mia esistenza, molti mi hanno ammirato con occhi sognanti... e poi, dopo poco tempo, mi hanno gettato via perché non regalavo più emozioni, quando mi guardavano. Oppure, quando scoprivano che cosa sono realmente... dunque, non sono che un'effimera illusione... l'arte di un momento... no? -
Sasori strinse forte a sé Deidara, chiudendo gli occhi, ripensando ai momenti passati al suo fianco durante quei lunghi, lunghissimi cinque anni; no, per lui non era mai stato solo un'illusione, e mai l'avrebbe considerato tale.
- No, mi spiace ma non sono d'accordo. Tu rappresenti il mio capolavoro assoluto, e in quanto tale, vivrai in eterno. -
- Danna... -
- E non osare mai più rivolgerti a te stesso con l'appellativo di “artificio umano”; il cuore che batte dentro di te appartiene ad una persona. Tu sei nato, e cresciuto. Tu sei esattamente come me. -
Deidara lo guardò, sforzandosi di sembrare felice; ma il suo volto, fatta eccezione degli occhi che poteva aprire e chiudere a propria discrezione, era impossibilitato a tradire qualsiasi emozione.
“ Magari lo fossi... allora sarei la persona più felice del mondo. ” pensò la marionetta.
- Che ti va di fare? - chiese poi il ragazzo, - Adesso non ti manovrerò più, sei libero di fare ciò che desideri. Ah, però... -
- Cosa? -
- Posso chiederti se... se tu c'entri qualcosa con le morti che si sono verificate qui al villaggio? -
Colpito nel segno. Lo avrebbe allontanato? Avrebbe avuto paura di lui?
- Ehm... -
- Ehi, stai tranquillo... se sei stato tu... a me non importa. Cioè... sinceramente, se è così, te ne sono grato. Sono proprio un egoista, mh? -
- Ho voluto proteggerti da chi ti faceva stare male. Se potessi... -
Si bloccò. Doveva dirglielo o no?
- ...sì? -
- ...se potessi, sterminerei l'intera umanità, solo per te. Ci pensi? Il mondo, tutto per noi... il Paradiso. -
Un' esplicita dichiarazione d'amore. Da quanto tempo desiderava rivolgergli quelle parole!
- Deidara... ? -
- Danna... per quanto certe volte io proprio non ti sopporti... -
- Che cosa?! -
- ...tu sei tutto per me. Sei il mio mondo. So che detto da una... cosa come me, potrà non significare nulla, ma io, nonostante tutto, non posso fare a meno di amarti. -
Sasori sussultò dolcemente; nessuno gli aveva mai detto una cosa simile. Si sentiva infinitamente felice, e al contempo strano.
- Le tue parole, i tuoi timidi sorrisi, quelle carezze che, anche se non posso sentirle sulla pelle che non possiedo, riescono comunque a scaldarmi il cuore... insomma, ti sto confessando il mio amore! - esclamò poi; se avesse avuto un corpo come quello di Sasori, di certo, a quelle parole, sarebbe arrossito vistosamente.
Il rosso rimase in silenzio per lunghi secondi, sorpreso, confuso, e contento.
- Non significa nulla, vero? Voglio dire... che cosa mai può darti un essere come me? Tu meriti di più. -
- Che stai dicendo? Non esiste nessuno che sia migliore di te; ti ho già detto che rappresenti la mia arte nell'assoluta perfezione... -
- Ok, ma non posso essere amato... giusto? Perché non sono altro che una bambola. -
- Io amo il tuo “involucro”, perché sono fiero di me stesso per come l'ho modellato... ma sappi che ciò che c'è dentro di te... ecco, quello è la cosa più importante. - disse il ragazzo, posando la mano su quel punto, ascoltando il battito leggermente accelerato, - Il tuo cuore... puro e pieno d'amore, a differenza del mio... -
- Puro non direi proprio! - rise la marionetta, - Pieno d'amore, di sicuro. -
- Insegnami ad amare, Deidara. Io... l'ho dimenticato. Da quel giorno... -
Ripensò al sorriso dei suoi genitori, al loro saluto; l'ultimo.
- Questo non è vero, danna. Non lo hai dimenticato; parte dell'amore che alberga dentro di te, adesso sta dormendo in un angolo nascosto della tua anima e del tuo cuore... devi solo cercarlo, e dopodiché lasciarlo uscire. -
- E l'altra parte? -
- L'altra parte, è quella che, inconsciamente, mi hai donato nel corso della nostra convivenza, e che continui ad esprimere ogni volta che mi guardi. -
- Deidara... -
- Io starò sempre al tuo fianco, se tu lo vorrai. Dimmi che mi vuoi. Dimmi che per te non sono solo un'effimera illusione... -
- Non lo sei, e lo sai benissimo. Ti voglio... non abbandonarmi... -
“ Non lasciarmi sprofondare nel baratro che mi minaccia. ”

Si sentiva inquieto, Sasori. Da qualche tempo, non capiva neanche lui perché, quando guardava Deidara, provava delle strane sensazioni; una sorta di attrazione, ma allo stesso tempo, un profondo odio. Odio perché anche se lo avesse accarezzato come desiderava fare, lui non avrebbe provato assolutamente nulla; difatti, il rancore che provava era verso sé stesso, e non nei confronti della marionetta che, a differenza di lui, pareva essere felice. Non si allontanava mai dal suo danna, chiamandolo sempre -o quasi- con quel titolo onorifico che sosteneva gli si addicesse più di qualsiasi altro nome; Sasori significava Scorpione. E non ce lo vedeva proprio, paragonato all'animale.
“Gli scorpioni sono velenosi. Ma il mio danna... no, lui è dolce più di qualsiasi altra cosa al mondo” pensava, ignaro della tempesta che si stava facendo strada dentro quel ragazzo che tanto amava.
Adorava in particolar modo guardarlo dormire beato su quel grande letto, osservare ogni piccolo movimento del suo corpo, ascoltarlo respirare tranquillo; una notte, poi, scelse di posare la mano sulla sua guancia, accarezzandola piano, come aveva fatto anche molte altre volte.   

{ Anche il più potente dei veleni, può essere molto dolce. }

Passò le fredde dita fra i capelli rossi, e il ragazzo si mosse appena, socchiudendo le labbra; Deidara le toccò piano, immaginando quanto potessero essere morbide. Poi, disegnò lentamente il suo profilo con l'indice, scendendo a toccare il collo candido. Sasori sospirò leggermente, e la marionetta scostò un poco la coperta, per poter accarezzare le braccia nude; la sua pelle era chiara e perfetta. Tornò sul suo volto, sfiorandolo coi polpastrelli, e poi nuovamente sul collo e le spalle. Il ragazzo allora alzò il braccio alla ricerca di un contatto, aprendo piano gli occhi.
- Oh... scusami... - sussurrò Deidara, ma l'altro, in tutta risposta, afferrò il suo polso, costringendolo a toccarlo ancora.
- No... non smettere... è una così bella sensazione... - lo pregò, e allora la bambola chiuse gli occhi, posando la mano sul suo petto, accarezzandolo attraverso la leggera stoffa del pigiama; soffriva terribilmente, in quel momento. Era come se il suo cuore stesse per esplodere per l'emozione ma soprattutto per la tristezza. Sebbene gli facesse piacere vedere Sasori così dolcemente scomposto a differenza di quando invece si ostinava a fare il duro, nello stesso momento avrebbe voluto che una lama trafiggesse quell'unica parte di lui rimasta umana. Non poteva provare quelle stesse sensazioni, e se lo avesse baciato, le sue labbra sarebbero state fredde e immobili, anche a contatto con la morbidezza e il calore di quelle del suo creatore.
- Danna... - mormorò, provando comunque ad avvicinare il volto al suo.
Sasori si avventò sulle sue labbra, stringendo forte a sé quel corpo inumano; ma Deidara, per quanto volesse farlo, era impossibilitato a ricambiare quel bacio così appassionato.
Il rosso lasciò che una lacrima rigasse silenziosa la sua guancia, mentre cercava da parte dell'altro una reazione che non poteva giungere.
- Sei triste? - chiese la bambola, abbracciandolo e accarezzandogli la schiena.
Il ragazzo non rispose, continuando imperterrito a toccare quel corpo di legno, in ogni sua parte.
- Io non provo nulla, Sasori. - disse poi, sconsolato, - Ma ti toccherò come e dove vorrai... la tua felicità è più importante della mia. -
“ Non è vero... come posso essere felice, se so che da questo contatto, non puoi ricevere soddisfazione? ”
Eppure, Sasori sentiva un irrefrenabile bisogno di essere accarezzato e abbracciato, unicamente da lui, dal suo Deidara.
- Deidara, ti prego, toccami ancora... -
“ ...fammi sentire che ci sei... ”
“ ...sono un egoista, lo so... ma ti voglio a tutti i costi... ”
Quelle sensazioni, prima di allora, non le aveva mai provate; sentiva uno strano, insolito calore irradiarsi in tutto il corpo. La sua schiena venne percorsa da un inaspettato brivido, quando Deidara accarezzò le sue parti più sensibili; avrebbe voluto rimanere così per sempre. Così, sospeso fra l'estasi e la razionalità, in uno strano mix di emozioni che non gli permetteva di vedere altri che lui. La stanza si riempì di ansiti mal trattenuti, tanto che la marionetta dovette sperare che la signora Chiyo non sentisse; il volto di Sasori contratto dal piacere era la cosa più bella che avesse mai visto. Più dei tramonti osservati stando fra le sue braccia, quando non si era ancora mostrato a lui per ciò che realmente era, più del sorriso della mamma che aveva perduto quand'era bambino. Vederlo così era un prezioso privilegio, ma nonostante ciò, non gli bastava; avrebbe voluto provare anche lui quel piacere fisico che leggeva negli occhi del rossino, socchiusi e liquidi d'eccitazione. L'unica cosa che sentiva, era il proprio cuore, che batteva all'impazzata; la sola emozione che gli era concesso di provare.
- Deidara... ! -
- Danna... - sussurrò al suo orecchio, - ...come ti senti? -
- ...sento di volerti... ti desidero ancora, ancora e ancora... -
- Birichino! - lo apostrofò, scherzoso.
Al diavolo il dolore che sentiva, che stava attanagliando il suo cuore.
Sasori era più importante.

{ Era il sensuale veleno che lo stava lentamente distruggendo. }

Eppure, stava sfuggendo via dalle sue braccia, inesorabilmente.

Non era la bambola che sarebbe scappata, ma l'uomo.
L'uomo dalle troppe ambizioni.
Colui che aveva visto l'eternità, negli occhi immobili della marionetta.

E che aveva suo malgrado capito, che l'odio che provava non era dovuto solo al fatto che Deidara non poteva godere di quelle inebrianti sensazioni; perché, anche se non ne aveva la possibilità, il suo cuore avrebbe comunque continuato a battere in eterno.
L'essere umano è debole, e cerca a tutti i costi qualsiasi espediente per evitare sofferenze.
Strapperebbe perfino l'anima a chi gli sta accanto, al fine di godere di fama e gloria.
L'uomo venderebbe sé stesso, pur di vivere per sempre.

E si lascia facilmente trasportare da quella follia sopita, che fa parte di lui.

~

Per qualche motivo non chiaro a Deidara, Sasori, ultimamente, parlava molto poco con lui, quando invece in passato amava conversare animatamente, chiacchierare di un po' di tutto; e quando gli chiedeva il perché si stesse comportando così, il rosso non rispondeva. Quei silenzi lo tormentavano, facevano male; eppure, era più che sicuro di non averlo in alcun modo offeso. Sasori se ne stava ore e ore chiuso nel laboratorio, lasciando lui in camera, seduto su quella sedia, a rimuginare sul da farsi; che poteva fare? Parlagli era pressoché inutile, dato che pareva non avere alcuna voglia di ascoltarlo. Per cui, se ne stava giornate intere affacciato a quella finestra, e ogni tanto volgeva lo sguardo verso quella foto sul comodino; Sasori, da piccolo, fra le braccia dei suoi genitori, aveva un sorriso solare e capace d'infondere gioia alla prima occhiata. E si rese conto, Deidara, che lui non aveva mai avuto il privilegio d'osservarlo; nonostante tutto, non era riuscito ancora ad afferrare il vero sorriso del suo danna, sebbene si fosse ripromesso di farlo. La missione si stava rivelando molto più complicata del previsto, purtroppo.
- Danna... -
- Che c'è, Deidara? -
- Scusami, lo so che ti do fastidio ma... volevo chiederti perché ultimamente sei così scontroso... e distante... -
Sasori lo guardò, sospirando.
- Non è niente, sono solo un po' stanco; stai tranquillo. - mentì, rigirandosi nel letto, - Buonanotte. -
La marionetta sapeva benissimo che non era vero; nei suoi occhi, poteva leggere inquietudine e una sorta di strana indecisione. Come se volesse dire qualcosa, ma non avesse il coraggio di farlo.
Passarono giorni, settimane, e il ragazzo continuava a comportarsi in quel modo strano, parlando con Deidara solo quando ce n'era strettamente bisogno; e quest'ultimo iniziava a non tollerare veramente più, quella situazione.
- Danna, dimmi la verità... ti sei stancato di me, non è vero? - chiese un giorno, esasperato, - Tutti si stancano, prima o poi, e gettano via i vecchi giocattoli. - disse, pungente.
- Che diavolo stai dicendo? Tu non sei un giocattolo! - esclamò Sasori, - Te l'ho detto, sono stanco, dannazione! -
- Ah, e perché sei stanco, uhn? Non mi risulta che tu abbia fatto nulla di particolarmente faticoso, in quest'ultimo periodo! Quando si è umani... ci si stanca così facilmente? -
- D'accordo, ho capito. Vieni con me. - lo invitò, chiedendogli di seguirlo all'interno del laboratorio.
Finalmente avrebbe saputo.
Ma non avrebbe mai potuto immaginare di trovarsi davanti ad una cosa del genere.
- Ma... quella... - balbettò.
- Non è bellissima? Questa marionetta... non è altro che il mio ritratto più perfetto, ed immortale... -
Davanti ai loro occhi, un burattino dalle sembianze umane, così come lo era Deidara; ma quella marionetta aveva i capelli rossi, e somigliava a Sasori in una maniera impressionante.
- Cosa... che intendi dire? -
- Non capisci? Questo sarà il mio nuovo, eterno corpo; così, niente e nessuno potrà separarci, Deidara. Nemmeno la morte ci riuscirà... perché essa non potrà coglierci. - spiegò, con una strana luce negli occhi.
La marionetta lo osservò impietrito. Che diavolo stava blaterando? Intendeva davvero trasformarsi in un burattino, per restare assieme a lui per sempre? Per poter vivere per sempre?
- Cosa cazzo stai dicendo, Sasori? - chiese, scordando perfino di chiamarlo “danna”, - Pensi forse che potremmo essere felici, se tu farai una cosa del genere? -
- Noi potremo stare assieme per l'eternità, non ti rendi conto di quanto sarebbe meraviglioso? -
- E' vero, sarebbe meraviglioso stare insieme per sempre; ma non voglio che tu sacrifichi il tuo corpo, affinché questo accada. Mi dispiace, ma non sono affatto d'accordo con te; non voglio che tu ti trasformi in una cosa... come sono io. -
- Sei un fottuto egoista! Perché tu puoi essere eterno, ed io no? -
Quanto avrebbe voluto poter piangere, Deidara.
- Sasori... non ho chiesto io di essere così come sono. Per quel che mi riguarda, preferisco morire adesso, piuttosto che vivere al fianco di una marionetta come me! -
- Ah, davvero? - disse il rosso, stringendo i pugni, tremando di rabbia, - Ed io che volevo farlo per te... perché ti vedevo triste... sei un bastardo! -
- Forse hai ragione. - ammise, - Dunque, se sono un bastardo, perché non mi uccidi adesso? Avanti... basta che trafiggi il mio cuore, non è difficile. Almeno, così, metteresti fine alle mie sofferenze! - esclamò, indicando il suo petto.
- Deidara... non potrei mai farlo, e lo sai. - borbottò, un attimo prima di uscire dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
La marionetta non accettava le sue idee, come suo solito; che avesse ragione, quella volta? Non lo sapeva, Sasori. Però, era certo di desiderare l'eternità.
Più di qualsiasi altra cosa.
Più di Deidara stesso.
E un po', in un angolino remoto della sua anima, se ne vergognava.
Ma oramai aveva deciso, e non sarebbe per nessun motivo tornato indietro, e anche Deidara lo sapeva benissimo. E, proprio per questo, era terribilmente combattuto.
Mandare al diavolo la razionalità e lasciarlo fare, potendo poi effettivamente vivere in eterno al suo fianco? Oppure cercare in qualche modo di fermarlo?
Era un tipo molto testardo, il suo danna, e ossessionato dall'idea della morte; a differenza della marionetta che, invece, adorava le cose belle che duravano per poco tempo, come meravigliose esplosioni artistiche, di vita. Che antipatico, il destino. L'esistenza di Deidara, che lui avrebbe tanto desiderato cancellare, era quella che l'altro voleva con tutto sé stesso; e quella di Sasori, così intensa ma ogni giorno a rischio, era l'ideale d'arte e di vita del burattino. No, non potevano andare avanti così; avevano vissuto anche per troppo tempo, in quella situazione.
“ Ti fermerò, danna... costi quel che costi. Dovessi uccidere di nuovo. ”

Sangue che scorre, lama che penetra nella carne; soffocate grida di dolore, invisibili lacrime.
- Guarda, danna... l'eternità ha generato un mostro... -
- Dei... da... -
- ...un mostro che, per amore, ti cancellerà. -
Agonia, sofferenza, paura.
- Che si prova... quando si è tra la vita e  la morte? -
- Ti... prego... -
Cercava di dimenarsi, l'uomo che aveva peccato, volendo troppo.
- Danna... che tu possa perdonare quest'anima inquieta... che adora la tua morbida pelle e i tuoi occhi di fuoco... -
- Deidara... -
- ...che ti ama molto più di quanto tu non abbia mai amato lei... -
Corpo esanime, abbandonato fra braccia inumane.
- ...mi dispiace. Ma non avrei sopportato di non poter più vedere il tuo sorriso, seppur io non sia mai riuscito a donarti reale felicità... era comunque bello vedere sul tuo volto quell'espressione, anche se non era mai del tutto sincera. -
Il volto contratto dal dolore, pallido; le labbra leggermente schiuse, macchiate di sangue.
- Quanto sei bello, Sasori; anche in questo momento, lo sai? Lo sei sempre stato... -
Un timido sorriso, disegnato su quel viso morente.
- Danna... -
- Grazie... - sussurrò il ragazzo, con un filo di voce, un attimo prima che il suo cuore cessasse di battere.
- Di cosa? Ehi! Perché mi hai ringraziato? Eh? - lo scosse, ma non ricevette risposta.
Lo strinse forte a sé, mentre la pozza di sangue sul pavimento si allargava; era tutto finito.
Ripercorse con la mente ricordi felici, dal giorno in cui il suo danna lo aveva creato, gli anni passati assieme, le serate trascorse a guardare il cielo, mano nella mano, come due innamorati splendidamente innocenti. Momenti che non sarebbero più tornati, ad allietare le sue giornate.

Chi può dire perché il tuo amore rimpiange ciò da cui il tuo cuore è fuggito;
e chi può dire perché il tuo cuore piange quando l'amore fa la sua scelta?
Solo il tempo. *[4]

Non poteva piangere, non poteva tornare indietro.
Col cuore infranto, raccolse il corpo di Sasori, al quale aveva strappato la vita per negargli di raggiungere l'eternità; di certo, il suo danna l'aveva accusato di egoismo. Di sicuro lo odiava. Ma allora, continuava a chiedersi, che significava quel “grazie” ?
Uscì, e fuori era notte inoltrata; portò con sé il cadavere, guardandolo ogni tanto, mentre il suo colorito si faceva violaceo. Attento a non farsi vedere da nessuno, si recò sulla piccola collina dalla quale era soliti ammirare le stelle, e lo posò a terra, guardando il cielo. La costellazione dello Scorpione *[5] era ben visibile, quella sera, silenziosa testimone di un peccato mortale.
- Perdonami danna... non volevo che anche tu fossi condannato ad una vita ignobile come la mia... - mormorò Deidara, accarezzandogli la guancia per l'ultima volta, - ...grazie di quel che mi hai dato in questi anni. Non ti dimenticherò mai... -
- ...ti amo... -
“ Diventerai una splendida e luminosa stella... ”

Quelle furono le ultime parole che rivolse al suo amato, prima di abbandonarlo lì, sotto quel cielo che centinaia di volte avevano osservato fianco a fianco; tornò a quel negozio, constatando che il signore che vi lavorava, oramai era morto. Anche suo nonno se n'era andato per sempre, condannandolo ad una vita alla quale avrebbe tanto voluto porre termine; ma un po' d'orgoglio, lo aveva conservato.
Si mise seduto davanti alla porta, con l'espressione fissa davanti a lui, immobile, in attesa di essere raccolto, e magari comprato da una famigliola benestante dalle facce sorridenti, per poi soggiornare forse in una camera da letto, o in salotto. Forse per poco, oppure per sempre. Chi può dirlo?
Solo il tempo.

C'era una volta una bambola,
dai lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il cielo.
Guardava il mondo dalla vetrina di un negozio nel centro della città,
osservava attenta tutti coloro che passavano di là..

Nella speranza che, in una magica notte d'estate, una stella potesse cadere su di lui,
bruciando il suo involucro e il suo cuore.

Per ardere assieme.
Per scacciare la tristezza, e volare via.
L'uno fra le braccia dell'altro, magari per l'eternità.

Quel compromesso, sì,  avrebbe potuto accettarlo.

~ Fine  ~


Note:

*[1] Citazione dedicata al mito di Deidarabocchi, molto famoso in Giappone; la leggenda narra che si trattasse di un gigante che aveva la facoltà di modellare le montagne a proprio piacimento.

*[2] Sempre riferito al mito della nota di cui sopra; Sasori decide di chiamare la sua marionetta con una parte del nome del gigante della leggenda, per onorare il libro che stava leggendo, sentendosi in un certo senso nei panni di Deidarabocchi, avendo modellato non una montagna, ma comunque un qualcosa di inanimato, rendendolo più umano, per lo meno alla vista. Il fatto che il bambino decida di chiamare la sua creazione Deidara, oltre che, ovviamente, necessario ai fini della storia, dati i personaggi che ho deciso di utilizzare, non è un caso; lo stesso Masashi Kishimoto, infatti, si è ispirato alla leggenda spiegata in precedenza per creare il suo personaggio, rendendolo poi alquanto somigliante ( specie riguardo il suo motto “L'arte è esplosione!” ) anche ad un  famoso artista ( scultore ) giapponese, Taro Okamoto.

*[3] Ho scelto che Deidara avrebbe chiamato il suo creatore col titolo onorifico di Sasori no danna ( Maestro Sasori ) anche in questo contesto, per esprimere tutta la gratitudine che la marionetta prova verso di lui, per avergli dimostrato che al mondo esiste l'amore che tanto gli mancava; l'appellativo Maestro è riferito comunque anche alla sua bravura nel costruire e manovrare burattini, e all'ammirazione verso il suo carattere forte.

*[4] Strofa tratta dalla canzone di Enya, “Only Time”.

*[5] A proposito della Costellazione dello Scorpione, uno scorcio di mitologia:
“ Orione fu punto da uno scorpione mandatogli da Diana per punirlo della sua vanità, Orione, infatti, si vantava di essere più abile di lei nel cacciare. Fu trasformato dagli dei in costellazione e collocato in posizione totalmente opposta a quella di Orione, per evitare che si scontrassero anche in cielo: una sorta di eterna fuga del cacciatore dal mortale aracnide. ”
La citazione all'interno della fic non è messa a caso; innanzitutto, come si sa, il nome di Sasori significa appunto Scorpione. Lo stesso Sasori si vanta di essere un'artista più in gamba di Deidara, da qui la similitudine con Orione e Diana. Deidara uccide Sasori per non permettergli di raggiungere l'eternità attraverso quell'arte di cui tanto si vanta, ma che lui non condivide; e l'ultima frase che pronuncia prima di lasciarlo per sempre è “Diventerai una splendida e luminosa stella”. Inutile dire che è riferita al fatto che Orione viene trasformato in una costellazione.


SPECIAL THANKS TO...

Rolly Too ( la giudice ), per la sua gentilezza e disponibilità, nonché per la velocità nel dare i giudizi. Grazie davvero!
Le altre concorrenti, con tanti complimenti, e un grazie per aver condiviso quest'emozione.
Valentina, ti ho già citata, ma ti dico grazie ancora una volta. Ti lovvo da morire... all'infinito ed oltre.
Claudia, teso, spero che la storia ti sia piaciuta. ^^ Grazie per quello che fai per me, per lo starmi sempre e costantemente vicina. Ti lovvo infinitamente!
Jonathan, perché anche tu non fai che sopportare i miei scleri ( e quelli di Robi XD ). Spero ti piaccia la fic. ^^ Tivvibbì!
Elly, sperando che la storia ti piaccia... e che sia abbastanza drammatica per i tuoi gusti. XD TVTTTTTB!
La Mella, la mia mogliettina, visto? Finalmente puoi leggere MPD! ^^ T'amu <3
E tutti gli altri miei amici, per lo starmi vicino e l'essere così meravigliosi. Vi adoro tutti.

  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: DarkRose86