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Autore: Liris    02/09/2008    4 recensioni
Ricorderò sempre quel pomeriggio d’inverno.
Il sole faceva capolino a fatica dalle nuvole grigie che macchiavano il cielo bianco, mentre nell’aria si sentiva l’arrivo della neve.
Nell’inverno dei miei dieci anni, ero del tutto inconsapevole di ciò che sarebbe successo di lì a poco.
E di ciò che avrebbe cambiato la mia vita, e quella di mio fratello, per sempre.

Ecco la vostra Liris con una nuova fic a capitoli su un genere totalmente differente dalle prime.
Genere: Drammatico, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Away from the sun
Categoria: FullMetal Alchemist
Autrice: Liris
Desclaimers: Tutti i personaggi contenuti non sono di mia proprietà ma di Hiromu Arakawa e la storia non è a fini di lucro
Genere: Drammatico, Guerra, Azione, Romantico (ma non da carie v.v)
Raiting: Giallo






-Away from the sun-




-Destino comune-





Ricorderò sempre quel pomeriggio d’inverno.

Il sole faceva capolino a fatica dalle nuvole grigie che macchiavano il cielo bianco, mentre nell’aria si sentiva l’arrivo della neve.
Il silenzio della vallata era interrotto solo dalle nostre urla gioiose, mentre rincorrevo il mio Nii-chan nel nostro infantile gioco.
Mamma stava preparando lo stufato, circondata dai buoni odori che occupavano l’intera piccola cucina della casa in cui abitavamo da quando ero nato io, il più grande fra i due pestiferi fratelli Elric.
Papà trascriveva i suoi appunti sul suo immancabile taccuino, seduto comodamente sulla sua sedia in veranda, tirando di tanto in tanto su lo sguardo per controllarci.
Non faceva freddo, anzi, il sole riscaldava con i suoi tiepidi raggi i nostri visi puntati verso il cielo, speranzosi di vedere qualche fiocco scivolare giù per colpire con dolcezza i nostri nasi.

Nell’inverno dei miei dieci anni, ero del tutto inconsapevole di ciò che sarebbe successo di lì a poco.

E di ciò che avrebbe cambiato la mia vita, e quella di mio fratello, per sempre.


Come dicevo, era un tranquillo pomeriggio inoltrato, e stavo tranquillamente cercando di acchiappare quella peste di Al, che aveva deciso di farmi dannare.
Piccolo, anni 8, capelli più scuri dei miei, occhi grandi e da cucciolo che avrebbe fatto cadere in ginocchio anche la persona più spregevole del mondo, e un innato amore per i gatti.

In una parola: Alphonse Elric.

Col visino mezzo coperto nella calda sciarpa rossa che nostra madre aveva confezionato ad ognuno di noi, rideva quando inciampavo e cadevo, nel tentativo di afferrargli il braccio e fermare la sua folle corsa.
Lì per terra, ora, stavo io, con sul viso dipinta un espressione di disappunto e sconfitta all’ennesima vittoria del mio Nii-chan, che tranquillo se la sghignazzava più in là.

L’ombra che però lo ricoprì interamente, cancellò il riso dalle sue piccole e tenere labbra, facendolo girare verso chi aveva oscurato per un attimo il sole.
Mi tirai su, notando due uomini fermi dietro a mio fratello.
Divise di un blu scuro, coperti da pesanti, alla vista, pastrani neri e sguardo serio.

Non era difficile riconoscere un soldato di Amestris, quando lo si incontrava; ma per noi, che sapevamo così poco del mondo, erano una novità e una curiosità in più nel nostro piccolo universo fatto di gioie e torte alle fragole.

Una novità che mi fece contorcere il piccolo stomaco da bambino che mi ritrovavo, mentre uno dei due si sistemava gli occhiali sul naso e l’altro mi sorrideva ora gentilmente.
-Edward! Alphonse!- la voce di nostro padre mi riscosse dalla posizione di sfida che avevo assunto, guardando quei due uomini, facendomi muovere.
Presi per mano mio fratello e tornai di corsa da papà, che ci stava venendo incontro, senza staccare gli occhi dai due sconosciuti.

O almeno per noi.

Papà prese la mano di quello che aveva disegnato sulle sue labbra un caldo sorriso, dandogli amichevoli pacche sulla spalla.
-Qual buon vento vi porta qui?- domandò con quella voce allegra e profonda, che adoravamo sentire quando ci raccontava le più grandi imprese dei suoi tempi passati.
Noi nascosti dietro le sue gambe, osservavamo con occhi diversi i due uomini; mio fratello curioso mentre io deciso.
Parlarono per qualche minuto fra loro, dopo di che mio padre li invitò ad entrare.
Quello che aveva salutato così amichevolmente, si abbassò verso di me, continuando a tenermi quel sorriso divertito e al contempo malinconico.

Non ho mai dimenticato i due sentimenti contrastanti sul suo volto giovane.

Di qualcuno che sa già che deve dare brutte notizie, e che non vorrebbe.


E la novità giunta fino alle campagne di Reesembol, paese di contadini e lavoratori artigianali, era quella più fredda e triste.


Al crepuscolo stavo osservando la schiena di mio padre mentre si allontanava con i due uomini, senza voltarsi, con la cadenza nei passi così pesante che avevo il terrore che il terreno si sarebbe spaccato, portandoselo giù.

Non fu la terra, ad allontanarlo da noi.

Ma eravamo solo bambini.


La guerra era ancora lontana per le nostre infantili menti.





Reesembol 10 anni dopo







Cielo terso, aria pulita e carica di profumi.
Usignoli si libravano con grazia e maestria, mentre alcuni contadini falciavano i grandi campi di grano.
Il passaggio di un giovanotto sulla ventina non passò inosservato a chi si era fermato nel proprio operato, per asciugarsi il sudore dalla fronte.
-Buongiorno- voce allegra, un suono limpido e quasi non umano, mentre gli occhi degli uomini studiano la figura che si è fermata a salutarli.
Divisa dell‘esercito indosso, nella mano una piccola valigia, capelli ben raccolti in un alta coda, e facenti invidia al colore delle spighe nel quale i tre contadini sono immersi.
Un giovane dall‘aspetto normale…un uomo comune.

Ma arrivano gli occhi, a far credere ai comuni mortali, che quello davanti a loro deve essere qualcosa di diverso da un semplice ragazzo.

L‘oro sembra fondersi in quelle iridi grandi e perfette.
È il nettare degli dei che è stato versato in quelle polle di miele, non ci sono dubbi.

Il giovane soldato sorride leggermente imbarazzato, mentre si gratta una tempia con un dito
-So di essere abbastanza cambiato, ma….beh…- cerca di giustificarsi, ridacchiando nervoso.
Dopotutto sono cinque anni da quando sono partiti.
È naturale che chi conoscevano, in tutta Reesembol, non coglie quella sottile linea di somiglianza nel suo viso.

Uno degli uomini sembra risvegliarsi dalla contemplazione del giovane ufficiale, puntandogli il dito contro. -Non dirmi che sei il piccolo Edward Elric!- esclama, facendo però scattare l‘inevitabile reazione a catena: una vena nervosa compare sulla fronte del ragazzo, mentre un pugno viene chiuso e stretto con alterazione.
Anche gli altri ora sembrano ricordare, e sorridendo si appoggiano alla staccionata di legno che li divide dalla strada. -Ma si! È proprio lui! Certo che ti sei alzato poco in questi anni!- scatta su un altro.

-CHI SAREBBE RIMASTO UN MICROBO COSì MICROBO DA FAR INVIDIA ALL‘INTERO ECOSISTEMA DEI VIRUS?? EH??- è lo scoppio del giovane Elric, mentre i tre uomini scoppiano in una fragorosa risata.
-Inconfondibile! È un piacere rivederti, Edward. Vedo che hai fatto passi da gigante- riprende a parlare il primo, dopo essersi spanciato per cinque minuti buoni con i compagni.
Incrociando le braccia al petto, Edward annuisce, con un leggero sbuffo.
-Avevate dubbi?- domandò retorico, guardando il cielo scocciato.

-E il piccolo Alphonse? Come mai non è con te? Da bambini ricordo che eravate inseparabili.
I dorati occhi tornano sugli uomini curiosi di altre novità, mentre le labbra si tirano un in malinconico sorriso.
-Ha troppo da fare a Central, per poter girovagare con me- spiegò spicciò, mentre il ricordo dei due infantili Elric viene scacciato dalla mente troppo razionale e seria del maggiore.

Non è il momento di rinvangare il passato, anche se è nel posto sbagliato per tenere la memoria buona in un cantuccio.

-E tu quanto ti fermerai? Spero che un salto a casa nostra lo farai. Sai che Helena sarebbe felice di rivederti e prepararti una delle sue superbe crostate!- saltò su il terzo uomo, notando però l‘aria afflitta del ragazzo.
Questo alzò le spalle -Si vedrà…- mormorò soltanto, riprendendo poi a camminare.
Alzò una mano, senza voltarsi, mentre i tre contadini rimasero immobili, vedendolo allontanarsi su per la via.

-Ho sentito dire che ha partecipato alla guerra su a Ovest.- iniziò uno, riprendendo a falciare il grano con costanza, mentre gli altri due lo guardarono curiosi.
-Tale padre, tale figlio…- mormorò un altro.
L‘ultimo scosse piano la testa, guardando ancora verso il sentiero, dove ormai il giovane ufficiale era un puntino blu


Tornò poi a lavorare, con solo il leggero rumore della falcetta che recideva gli steli, come sottofondo.





Il cane continuava ad abbaiare gioioso, mentre il pomeriggio stava scemando con discreta velocità.
Tutto sembrava essere rimasto identico a come l’avevano lasciato.
La casa, il grande melo che produceva con la sua folta chioma una buona chiazza d’ombra dove potersi spaparanzare, e il dolce sorriso di Winry.
Seduto così sulla veranda di casa Rockbell, il giovane Elric sorseggiava un po’ di buona aranciata preparata artigianalmente dalla piccola Pinako, la zia dell’amica.
Le due erano le più brave meccaniche della zona, e Edward non sarebbe andato da nessun altro per i suoi piccoli problemi.

-È la prima volta in cinque anni, Ed, che vieni tu da noi a farti sistemare.- saltò su Winry, pulendosi le mani sporche di olio, con uno straccio.
Sua zia annuì, buttando fuori una buona boccata di fumo, mentre abbassava la sua pipa per poter guardare meglio il giovane conoscente.

Erano state sempre delle persone squisite, e per il giovane Elric non scomodarsi almeno una volta per andarle a trovare, sarebbe stato un affronto al suo orgoglio.
-Dovevo tornare anche per altri motivi…- mormorò, guardando verso un punto indefinito, per chi non avesse conosciuto il biondo.
Ma chi, come le Rockbell, sapeva fin troppo bene ciò che portava nel cuore il ragazzo, il luogo dove il suo sguardo dorato era puntato, era fin troppo conosciuto.

Alzandosi in piedi, l’ufficiale si stiracchiò i muscoli indolenziti, aprendo e chiudendo il pugno destro fatto di metallo.
Come dicevamo, le due donne avevano un attività molto rinomata, come meccaniche, o più specificamente, creatrici di auto-mail.
Il braccio destro e la gamba sinistra di Edward erano la prova della loro inconfutabile bravura.

-Ottimo come sempre, Winry. Mi serviva proprio una revisione veloce- affermò Ed, portando le mani sui fianchi coperti dalla camicia bianca, mentre la giacca della divisa rimaneva posata sullo schienale della sedia.
-Quindi, partirai subito?- domandò, con un filo malinconico nella voce la biondina, sistemando le chiavi inglesi che aveva adoperato per mettere a posto alcuni problemi all’arto d’acciaio.
L’altro annuì, senza però rispondere a parole.
Fece qualche passo, scendendo i tre gradini della veranda, per ritrovarsi sul prato di un bel verde rigoglioso.

-Edward! Dove vai? Rimani naturalmente a dormire, vero?- domandò Pinako, prendendo finalmente parola, mentre il giovane figlioccio si girava sorridendo con dolcezza.
-Certo zia. Domani mattina ho il treno per Central, e a meno che non volete farmi riposare sul melo, direi che ad un comodo letto non dico di no- affermò, portando le braccia incrociate dietro la testa, tornando a camminare lungo il sentiero laterale, che passava proprio dietro la casa.
-Allora ti prepariamo la tua vecchia stanza- disse, buttando fuori un’altra nuvoletta di fumo, Pinako, mentre Winry rimaneva immobile a guardare la schiena di Edward, mentre questo si allontanava, diretto in un luogo a loro conosciuto.




Pochi raggi arrivarono a toccare la tenue collina che predominava la vallata, mentre una quercia cresceva rigogliosa come sovrana incontrastata. Un albero tanto antico, quanto malinconico, soprattutto per chi ora si era inerpicato con lentezza lungo il sentiero ti terra malmessa.
Qualcuno che la sopra, ora secondo sovrano, insieme all’arbusto dalla folta chioma, dava poca importanza al paesaggio sottostante, accarezzato dai raggi morenti del sole. Perché qualcosa di più impellente attirava il suo sguardo, mentre un ginocchio si piegava, fino a farlo mettere così genuflesso, davanti al marmo bianco.
Piccole vene di edera a ricoprire un lato, in modo naturale, quasi stessero abbracciando la pallida lapide semplice e senza troppi fronzoli. Un nome scritto in elegante scrittura dorata, e una piccola foto sorridente: uno scatto rubato moltissimi anni prima, ad una donna intenta a raccogliere mele.
Immortalata nell’atto di protendersi verso un frutto con una mano, mentre con l’altro braccio stringe a se un cesto pieno di rosse mele dall’aspetto delizioso.

Niente sfiorirà mai il sorriso di quella foto.
Niente cancellerà il profondo divertimento e amore che quel viso perfetto esprimono, mentre gli occhi sono chiusi, strizzati verso il fotografo in un gesto naturale.

-Visto, Mamma? Sono tornato..- la voce del giovane è bassa e piena d’affetto verso la persona che ivi riposa, controllata per l’eternità dalla quercia sovrana.
Nessuna lacrima a rigare un viso che ha passato una notte intera ad accogliere stille d’acqua salata sulla propria pelle.
Non si dispera, ne fa altro, il giovane Elric, mentre posa qualche fiore appena raccolto lungo la via, sul tumulo di terra che racchiude il corpo di chi ha amato fin da quando ha aperto gli occhi sul mondo, per la prima volta. -Ti saluta anche Alphonse. Sai che non è potuto venire per un buon motivo- continua a parlare, Edward, sentendo il cuore più leggero, mentre osserva il viso sorridente di Trisha.

Sua madre ha sempre avuto la gioia dipinta su quei lineamenti angelici.
Non meritava tanto dolore.


E lui non merita di parlarle ancora, dopo quello che ha fatto.


-Mi dispiace, mamma…ma sai che ho le mie ragioni. Ti prometto, come quel giorno, che Alphonse non entrerà nel giro.- di nuovo in piedi, ora, osserva la foto con decisione dipinta nell‘oro che sono le sue iridi.
Ha già commesso l‘errore di lasciare che il suo Nii-chan lo seguisse….non gli avrebbe permesso di commettere i suoi stessi errori e di vedere le sue stesse atrocità

Mai.

Con questa convinzione nel cuore, e quella promessa nella mente, torna indietro dopo aver dato un fugace sguardo nel luogo dove riposa sua madre, prima di proseguire verso casa Rockbell.








Central City
Una settimana dopo





-Signore, questo non posso accettarlo!-
L‘esclamazione irritata si poté sentire fin fuori da quell‘ufficio elegantemente arredato e dall‘aspetto spartano.
Il giovane Edward Elric stava ora immobile davanti ad una scrivania di mogano scuro, davanti a chi, in tutta Amestris, era conosciuto come Comandante Supremo.
Un uomo in uniforma, col grado di Generale, saltò su nella discorso, facendo un passo avanti.
-Con che pretese vieni davanti al Furher in persona a mettere in discussione i suoi ordini?!- affermò imperioso Frank Archer, militare tutto d‘un pezzo, fedelissimo a chi occupava il posto di capo dello Stato.

Edward digrignò i denti, per tutta quella schifosa fedeltà, proprio come un autentico segugio.
Un perfetto cane dell‘esercito, ecco cos‘era quell‘uomo.

-La pretesa di conoscere bene Alphonse, e nel dire che non è persona per la guerra! E non sto parlando con te, Archer, ma con il Furher! Quindi tappati quella lingua e rimettiti al tuo posto!- affermò il biondino a sua volta, ritornando con lo sguardo dorato sull‘uomo tranquillamente seduto sulla poltrona “del capo“, con in viso un espressione serena e per nulla scocciata dal diverbio.

King Bradley poteva parere la persona più gentile del mondo, dato il suo sangue freddo e la sua immancabile serenità, anche in situazione critiche.
Poteva apparire….diceva bene
Edward lo conosceva bene, ormai da cinque anni di servizio presso l‘esercitò.
Era stato lui, dopotutto a prenderseli sotto la sua ala protettrice e a guidarlo nel grande conflitto a cui aveva preso parte solo tre anni prima, ricevendo così i gradi di Colonnello a solo a diciassette anni, dopo essere diventato alchimista a quindici.

Una cosa sbalorditiva anche per i grandi Generali, che avevano visto in Edward Elric un valido alleato, come anche un valido modo per essere sbattuti in seconda fila
Ma le mire di potere non erano nei progetti del giovane FullMetal, come era stato chiamato lì nell’esercito.

Tutti lo sapevano bene che non era nei suoi pensieri scalare al potere.

Per questo, per la maggior parte dei commilitoni, era rispettato e ammirato per le grandi gesta che aveva affrontato su a Ovest.
Per Edward, tutto quello, era stata solo l’ennesima carneficina.

Il suo peccato più grande.

E ora, non voleva che anche Alphonse vi entrasse a farne parte.

-Colonnello Elric, sa bene che suo fratello è un ottimo studioso, non che stratega di mirabile arguzia. Come alchimista, quale anche voi siete, saprete bene che non può non prendere parte alla nuova guerra che ormai è scoppiata a Sud.- la voce di Bradley si era finalmente decisa ad uscire da quelle labbra sorridenti, mentre l‘occhio, l‘unico che aveva mentre l‘altro era coperto da una benda di stoffa nera, rimaneva chiuso.

Edward sbatté le mani con forza sulla scrivania, facendo scricchiolare il punto che era stato colpito dall‘auto-mail.
-Ha solo diciott‘anni e ha affrontato l‘esame per diventare Alchimista di Stato solo un anno fa! Non posso permettere che venga sbattuto su un campo da guerra, quando potrebbe benissimo essere utile qui!- esclamò inviperito il biondino, per nulla dedito a piegare la testa davanti all‘uomo più potente di tutta Amestris, che voleva mandare il suo Nii-chan in una stupida atrocità come era la guerra.

Archer si mosse, indispettito del comportamento poco decoroso da parte di Elric.
Non aveva mai sopportato quella pulce, che credeva di comandare a bacchetta li dentro, come se ci fosse seduto lui su quella poltrona.
O almeno, questa era la visione di Frank Archer, che non vedeva Edward come un ottimo Colonnello, sempre pronto a dar manforte alle truppe che addestrava o ad aiutare i suoi sottoposti nelle ricerche minori.

Per lui era un insetto fastidioso e da eliminare sul nascere.

Fermato da un alzata di mano di Bradley, rimase immobile mentre il Furher si tirava su in piedi.
Le braccia dietro la schiena, in una posizione di riposo, che davano alla sua persona un aria ancora più austera e potente
-Ci lasci soli, Generale- ordinò King, ricevendo all’inizio uno sguardo sconcertato da parte del sottoposto, che però poi dovette ubbidire.
Con un veloce saluto militare, uscì, rivolgendo a Edward uno sguardo di intesa, mettendoci tutto il risentimento che si sentiva salire dallo stomaco.
Dal canto suo, il maggiore degli Elric lo guardò con una certa vittoria nelle iridi dorate.


Una volta rimasti soli, Bradley aprì il suo unico occhio pece sul viso giovane del sottoposto, indicandogli con una mano uno dei divanetti al centro del grande ufficio.
FullMetal si sedette in modo svogliato sul mobile di velluto nero, passandosi una mano fra le ciocche bionde e ribelli.
-Ti conosco da cinque anni, Edward, e so che sei identico a tuo padre, sia per carattere che per i lineamenti del viso.- iniziò il Furher, prendendo comodamente posto sul divano di fronte al ragazzo

Questo si prese quei pochi minuti per osservare il volto segnato da anni prestati al servizio militare, dell’uomo.
Piccole rughe facevano capolino accanto all’occhio di quel colore profondo.
Gli anni avanzavano, ma quella persona sapeva come combatterli al meglio. Un ottimo soldato e comandante.

-Lo so Signore…me lo ripete spesso- borbottò a sua volta Edward, rivolgendo lo sguardo da tutt’altra parte, mentre il Comandante Supremo accavallava la gamba destra sull’altra.
-Bene…saprai allora che nutro una profonda ammirazione per il suo lavoro qui al Quartier Generale e al fronte, come anche per i suoi ultimi istanti di vita.- un’altra pausa, che diedero la pelle d’oca al giovane Elric, che tutto voleva, se non ricordare in quel momento Hoenheim.
Bradley sembrò notare la cosa, e cercò di essere il più spiccio possibile, per non far riaffiorare il passato nella mente del sottoposto.
-Come per lui, provo un profondo affetto e rispetto anche per te e tuo fratello, che ho deciso di seguire, fin da quando vi ho visti la prima volta a Reesembol. Credimi, se ti dico che Alphonse starebbe bene sempre con te, Edward. Questo stupido conflitto è quasi alla fine, e ci vogliono persone giovani e ben preparate in momenti del genere- incrociò le braccia al petto -Sarò anche io in prima linea, e vicino a me voglio solo gente di cui mi possa fidare ciecamente.- concluse, chiudendo il suo unico occhio, mentre il maggiore degli Elric riportava le sue polle dorate su di lui.

Sapeva di essersi meritato anche una certa “amicizia” con il Furher, ma arrivare a dire che si fidava ciecamente di loro…beh, era una sorpresa.

-Tuo fratello non correrà alcun rischio. Come ti ho appena detto, siamo alla fine. È proprio questione di ultime strategie.- disse ancora Bradley, unendo le mani in una posizione comoda.
Capendo che queste sarebbero state le uniche parole ad uscire dalle labbra dell’uomo, Edward si alzò, sistemandosi invisibili pieghe sui pantaloni della divisa.
-Se posso, vorrei congedarmi, Signore- mormorò, con ancora nel tono di voce l’incertezza.
Il cenno d’assenso dell’altro gli diede il via libera, e con un saluto militare e viso serio si diresse verso la porta.

Oltrepassatala e chiusasela alle spalle, tirò un lungo e sofferto sospiro, passandosi una mano sul viso.
Si tirò indietro le ciocche dorate, guardando avanti a se con sguardo grave.

Promessa infranta.

Era un inutile idiota.


Con passo incerto si diresse nell’ufficio dove avrebbe trovato di sicuro Alphonse, intento a sistemare le ultime carte insieme ad uno dei suoi colleghi.
Mai tragitto fu più doloroso.
Stava per trascinare con se il suo Nii-chan in guerra….maledizione! Una guerra!
Non una scampagnata in cerca di funghi!
Ma un maledetto massacro!

Arrivato davanti alla porta, si diede un contegno, e poi l’aprì, sentendo subito aleggiare nella stanza il tipico odore di tabacco, proveniente dalla scrivania sullo sfondo, del Maggiore Jean Havoc.
-Colonnello!- saltò su questo, nel suo tipico saluto militare, mentre cercava di spegnere la sigaretta, colto alla sprovvista.
Con un gesto scocciato, Edward gli fece intendere di non badare a lui.
-Per questa volta ti concedo di dimezzare la tua vita e quella di chi ti circonda con quelle stramaledette cose- affermò il biondo, cercando con lo sguardo dorato il suo fratellino.

Questo venne su da dietro una grande pila di fogli e libri che stava controllando, con i fatidici occhialetti inforcati sul naso.
-Ehilà, Nii-san! Le tue urla hanno scosso l’intero Quartier Generale, tanto che il Tenente Mareg è arrivato stralunato a chiedere spiegazioni- lo prese in giro, mentre con l’indice destro si sistemava la montatura.
Edward si avvicinò al più giovane degli Elric, scompigliandogli la massa sempre in disordine di capelli, di una tonalità meno intensa del suo biondo.
-E tu che stai facendo lì dietro?- domandò perplesso questo, puntando gli occhi di miele sui titoli dei tomi, leggendoli velocemente.

Ciò che scoprì non gli alleggerì la notizia da dare.

Fascicoli interi di preparazione, resoconti velici sulla spedizione iniziale che aveva poi scatenato tutto quell’inferno giù a Sud e libri e libri di strategia erano in bella mostra sulla scrivania del fratello.
Qualcosa gli diceva che non era più di dominio personale il suo arruolamento.
-Come penso tu sappia già, dalla furia che stavi scatenando dal Furher, devo partire per il fronte ed è richiesta una certa preparazione…- parlò con voce tranquilla Alphonse, mentre Edward sentiva il sangue gelarsi nelle vene.
-Non è da prenderla alla leggera, Nii-chan - iniziò, ma fu subito fermato dall’altro.
-Lo so, lo so, e infatti vedi che mi sto sistemando?- sbatté più volte una mano su un fascicolo, mentre Jean buttava fuori una buona boccata di fumo….

…buona, per quanto lui diceva, sia chiaro….

…tutto contento che il suo capo gli aveva dato quella piccola libertà
-Al! Sembri uno che si sta preparando ad andare in villeggiatura!- affermò basito Edward, lasciandosi cadere con sofferenza sulla sedia della sua scrivania.
Il fratello minore lo guardò con un sopracciglio alzato, da dietro le fini lenti.
Con un gesto della mano, il Colonnello Elric lasciò cadere il discorso, ponendo la sua attenzione sulle ultime notizie riportate sul giornale.

Il danno ormai era bello che fatto. Né il Furher, né Alphonse sembravano essere inclini a rinunciare alla medesima cosa, così a lui toccava rimanere con le prese di coscienza.
Senza realmente vedere i grossi caratteri in grassetto nero con cui erano ripostati i titoli del quotidiano, pensò alla sua veloce visita a Reesembol

Non avrebbe mantenuto la promessa.


Havoc prese una pila di fogli bianchi, dopo aver spento il mozzicone nel posacenere sul suo banco di lavoro, dirigendosi alla porta per continuare il lavoro.
Alphonse era di nuovo immerso nella lettura e nella trascrizione di alcuni appunti sul suo quaderno, mentre il fratello di tanto in tanto gli tirava veloci occhiate.

Ora soli, in quell’ufficio, dove il silenzio veniva interrotto dal lieve frusciare delle pagine girate e dello scribacchiare veloce del minore dei due, Edward Elric si prese alcuni minuti per studiare il fratello.

Ormai più alto di lui di qualche spanna, ben piazzato ma non necessariamente di corporatura possente, anzi, dall’aspetto gracile e gentile.
Occhi luminosi e attenti, sempre pronti a ghermire parole riportate in un libro.
Mente attiva, parlantina calma e allenata a tergiversare con altri colleghi su tattiche e nuove strategie sul campo

Un ottimo conoscitore dell’alchimia applicata e scritta, e quant’altro….un ottimo studioso.

Peccava come soldato attivo.

Non aveva mai partecipato di persona ai massacri di cui invece il più grande si macchiava fin dentro all’anima.
Edward non l’avrebbe mai voluto vedere invischiato in cose di questo genere….

Ma a quanto pare, doveva essere destino di tutti gli Elric.

Lo vide sistemarsi per bene gli occhiali cascanti sul naso, mentre gli occhi di un oro meno intenso del suo, si puntavano su una qualche situazione riportata nel testo che non riusciva a cogliere, dato il corrugare della sua fronte.

-Nii-san…piantala di guardarmi- borbottò Al, mentre l’altro, colto sul fatto sbuffava e tornava con gli occhi sul giornale dove la scritta “Guerra del Sud: siamo ad una svolta definitiva?” svettavano con decisione in prima pagina.

Quei massacri si stavano portando via tutti…

In quel momento, al Colonnello Edward Elric non rimase che arrendersi, e lasciare che la mente si perdesse nei ricordi.











Note d‘Autrice:


Oh, buonsalve *-* sembrava che fossi sparita, ma invece noo XD (*viene pestata* n.d. tutti)(O-O *fugge* n.d. me)
Ehm…coff coff, allora A__A cosa dire? Non posso rimanere tranquilla e buona per troppo tempo XD tanto che appena conclusa (manca l‘Omake >.< n.d. Lilith)(lo soo >.< n.d. me) -I want you to Know- eccomi con una nuova fic A__A che nn so minimamente da dove sia spuntata XD

Allora, premetto subito che molte cose si scopriranno più avanti XD quindi fatevi tutte le domande che volete, da me non avrete anticipazioni bauahauahua *-* me malvagia *-*
Per ogni più piccola cosa ho la sua spiegazione (rendetevi conto che si è fatta lo schema v.v n.d. Ed)(Ti uccido ora se non taci…n.d.me)(*.* n.d.Ed)
Premetto anche che, da come avrete visto negli avvertimenti XD è una Roy/Ed, ma ci vorrà tanto di quel tempo che farete le ragnatele XD o almeno, nella fic sembrerà così XD visto che non so quanti capitoli saranno.

Messo in chiaro queste cosine, vi lascio ai commenti, che esigo v.v altrimenti libero i miei gatti infernali *-* ghghgh e me ne parto giovedì tutta contenta per la Francia *-* tre giorni di assoluto relax v.v prima della scuola ç_ç sigh.

Ah! Come al solito, a titoli faccio schifo v.v e quindi mi aggrappo sempre a qualche canzone che ascolto “leggermente” duecento volte al giorno XD in questo caso Away from the sun dei 3 Doors Down ^^ che mi sembra perfetto per come va la storia
Ultimissima cosa ç.ç poi fuggo XD non so bene cosa mettere come “Nota” se qualcuno ha un suggerimento, ben venga ^^

Bacionii ^-^ e commentate! (vi supplico ç-ç)(v.v n.d. Ed)

   
 
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