Un
altro giorno.
Un altro giorno
monotono.
Un altro giorno
pieno di rimpianti.
Mi alzo con la
testa dolorante: stanotte, come quasi tutte le notti, non sono riuscito
a
chiudere occhio.
Stanotte, come
tutte le notti, pensavo a lui.
Mi rigiro nel
letto in cerca di una posizione più comoda e soprattutto
più "fresca".
Credo sia l'estate
più calda di tutti i tempi; qui a New York non si respira,
un po' per l'aria in
sé stessa afosa, un po' perché è una
delle città più popolate del mondo.
Penso che avrei
dovuto comprare una casa in campagna per l'estate, e invece no.
Mi metto seduto
sul letto, fisso un punto indefinito di fronte a me ed è in
quel momento...che
appare il suo volto.
I suoi occhi del
colore dell'oceano infinito, le sue labbra piegate in un sorriso, i
suoi
capelli biondi così morbidi nei quali vorrei perdervi le mie
mani.
Sconsolato, scuoto
la testa e decido di alzarmi:devo andare a lavoro.
In
ufficio è un
continuo via vai, tutti scorrazzano di qua e di là intenti
nel proprio lavoro.
Io sto firmando
delle carte, ma la mia mente è altrove..
Ricordo la nostra
prima uscita a cena, ricordo il suo sguardo sempre fisso nel mio, le
sue risate
alle mie pessime battute..
Rammento le sue
carezze, i suoi baci dolci che sembravano lasciassero granelli di
zucchero ad
ogni sfioramento..
Il suono della sua
voce..come una melodia accompagnava di notte il mio sogno tormentato.
Un dolore
lancinante allo stomaco, così forte da farmi piegare in due
persino sulla
sedia.
Annaspo in cerca
di aria, cerco di alzarmi tremolante e ancora con l'intento di trovare
ossigeno.
L'ultima cosa che
vedo, sono delle scarpe di vernice nera avvicinarsi velocemente a me
mentre
rovinosamente, mi distendo sul pavimento in piastrelle azzurre.
Apro
gli occhi,
non sono a casa mia.
Tutto intorno a me
è bianco e melenso.
Sono in ospedale,
solo.
Non c'è nessunuo
intorno a me ad attendere il mio risveglio.
Non c'è nessuno
felice di vedermi sveglio.
Nessuno che si
accorga che anch'io esisto: solo lui , avrebbe
potuto.
Il dolore allo
stomaco è più lieve rispetto a prima, ma la testa
continua a farmi malissimo.
Ho un improvviso
conato di vomito e aggrappandomi al mobile di fianco al lettino, riesco
ad
afferrare un contenitore apposito per poter vomitare.
Mi sento un vero
schifo, ma evidentemente me lo sono meritato.
Mentre rigetto
tutto quello che posso, sento le forze abbandonarmi e con loro, anche
tutti i
miei pensieri scemano ritrovandosi in un sol punto: ancora lui.
Il mio tormento,
la mia frustrazione più grande, il mio incubo, la mia
ossessione, la mia
ancora, il mio cappio..l'amore della mia vita.
Non mi accorgo
nemmeno che sto piangendo, quando un'infermiera fa il suo ingresso in
camera e
cerca di aiutarmi.
Mi guarda
compassionevole, armeggia con qualcosa, prende il contenitore che ho
tra le
mani e lo ripone sul cassetto dove l'ho trovato.
Misura la mia
pressione, instabile.
Tocca la mia
fronte, dice ho la febbre alta e devo stendermi e rilassarmi.
Chiede se ho
qualcuno da chiamare e le rispondo con un semplice "no".
La vedo
allontanarsi tristemente, le faccio pena e la capisco, anche io mi
faccio pena.
Mi stendo
nuovamente posizionandomi di lato: sono stanco, devo recuperare tutte
le mie
ore di sonno.
Non credevo mi
sarei ammalato di nuovo, ma da un lato dovevo aspettarmelo: avevo
smesso ogni
tipo di cura, la mia salvezza era lui.
Quante volte mi
aveva ordinato di prendere quelle maledette medicine, quante volte mi
aveva
assillato dicendomi che non avrebbe avuto senso la sua vita, senza di
me.
Avevo una
consapevolezza, amara consapevolezza...che non mi restava
più molto; avevo
giocato con la mia vita e ora..ero in un baratro senza via di uscita.
Sorrido amaramente
mentre mi porto una mano sulla fronte: ho la febbre e a giudicare dal
calore
che emano, dev'essere anche molto alta.
L'infermiera torna
in camera e con lei, anche il medico che comincia a parlarmi, a
spiegare
cos'ho, ma lo so già.
Senza che io dica
nulla, continua a mostrarmi qualcosa riguardo la mia cartella clinica.
A me non
interessa, non mi interessa conoscere qualcosa che so già,
non mi interessa
sapere quanto potrei tentare di fare per salvarmi.
Non
mi interessa
restare in vita.
Non
ho più niente
che mi leghi a questo mondo straziante, niente per cui valga la pena
restare e
tentare di sopravvivere.
Sospiro, un
sposiro lungo, pesante.
Il medico mi
guarda in attesa di una qualche risposta.
<< Quanto mi
resta? >> chiedo solamente con la voce rotta.
Attende un paio di
minuti che sembrano interminabili.
<< Un mese al
massimo >> risponde.
E quelle parole,
risuonano in me come un eco, prima di cadere in un lungo sonno.
"Stiamo
correndo, insieme, mano
nella mano.
Me la stringe
così forte come se avesse timore di perdermi, e io faccio lo
stesso con lui.
Si volta a
sorridermi, ed io ricambio.
Corriamo sulla
spiaggia, verso il mare; ancora con gli abiti addosso, si getta
completamente
in esso e trascina me con lui.
Sott'acqua
restiamo a guardarci, i suoi occhi sono come diamanti puri della sua
anima.
Ci stringiamo
in un abbraccio, poi le nostre labbra si sfiorano in un bacio dolce,
senza
urgenza.
I nostri corpi
risalgono in superficie e noi siamo ancora stretti nel nostro lungo
bacio.
Nessuno dei
due ha intenzione di staccarsi per primo; le mie mani finiscono a
stringergli i
fianchi mentre le sue si intrecciano ai miei capelli bagnati.
Essendo più
piccolo di me, mi è facile avvolgerlo completamente con le
braccia e incollarlo
ancora di più al mio corpo.
Si stacca, ad
un tratto, mi sorride mentre con la mano destra mi accarezza
delicatamente una
guancia.
<< Ti
amo >> sussurra prima di tornare a fiondarsi sulle mie
labbra.
La visione
cambia.
Non ha più lo
stesso sorriso di prima, non ha più la stessa voglia d'amore.
E' lontano da
me, e stringe la mano di qualcuno, una mano che non è la mia.
Sembra non
accorgersi della mia presenza mentre è occhi negli occhi con
lei.
Le accarezza
una guancia, proprio come avrebbe fatto con me, la bacia con trasporto
avvicinando i loro visi più che possono. Si volta verso di
me, mi guarda.
Io sono
inerme, non posso far altro che fissare la scena da lontano.
E' triste.
Sembra deluso,
da se stesso.
O da me?
Scuote il
capo, come per dirmi che è dispiaciuto da quella situazione,
ma è andata così.
Il destino ha
voluto dividerci.
Alza una mano
debolmente, nel tentativo di salutarmi.
Senza sosta,
cerco di correre verso di lui, invano.
Proprio come
succede nei film, lo vedo allontanarsi e sparire
nell'oscurità."
Qualcuno
mi scuote
per farmi risvegliare, ma non voglio farlo, lasciate che il buio mi
prenda ora.
<< Signor.Lloyd,
si svegli! >> una voce autoritaria mi desta dal sonno.
Con gli occhi
sbarrati e colmi di lacrime mi volto verso l'infermiera.
Durante le due
settimane che avevo già trascorso lì, avevo
parlato molto con lei.
Il suo nome è
Judith, ed è Irlandese.
Mi guarda
spaventata, le tremano le mani.
<< Ha avuto
un incubo? >> mi chiede.
Ma non riesco a
parlare, non riesco a far uscire fuori nulla di concreto se non molte
lacrime.
Copiose esse,
scivolano sul mio viso cadendo sul bianco lenzuolo dell'ospedale.
Judith istintivamente
mi stringe in un forte abbraccio che a dir la verità mi
stupisce moltissimo.
Mi stringe forte,
cercando di infondermi sostegno, tutto quello di cui ho bisogno.
E anche io, senza
rendermene conto la stringo a me.
Con la mia
permanenza lì, avevo fatto molta amicizia; mi è
stata vicina quando ho cominciato
a perdere i capelli, e quando di continuo la notte, ho dovuto correre
al bagno
per vomitare.
E anche tutte le
volte che non riuscivo ad afferrare la forchetta e tenerla in mano per
mandare
giù qualcosa di commestibile che non siano i medicinali:lei
c'è stata.
Non sono stata io
a chiederglielo, non so cosa l'abbia spinta a farlo: forse la
pietà nei miei
confronti, o forse, cosa che non ammetterò mai,
semplicemente si è affezionata
a me e mi vuole bene.
Quando ci
stacchiamo noto con grande stupore che anche lei ha versato delle
lacrime.
Le dico che ho
questi continui incubi a causa sua.
Sa a chi mi
riferisco, ha voluto che le raccontassi tutto.
Conosce ogni
minimo particolare, oramai non mi resta ancora molto, quindi non vedevo
il
motivo di tenermi tutto dentro anche con l'unica persona che mi aveva
regalato
un po' del suo tempo.
Sa anche, che non
ho intenzione di combattere, e mi capisce o almeno, sa che comunque
vadano le
cose, non cambierei idea..perlomeno non mi giudica.
Mi accarezza la
testa, mi bacia una guancia, mi dice che va tutto bene..
Ma sappiamo
entrambi che non è così eppure, il suo finto
ottimismo, mi fa sperare in
qualcosa che so che non arriverà mai.
Le sorrido di
rimando cercando di donarle un po' di serenità e di calmarla
in qualche modo.
E sembro
riuscirci, perché mi abbraccia di nuovo e poi tutta
contenta, sbatte le mani
come una bambina dicendomi che ha un regalino per me; estrae qualcosa
dalla
tasca del camice che indossa..una collana.
Il suo ciondolo, è
una fenice d'argento con le ali spiegate.
La guardo
intontito e le ride.
<< La fenice
ha un simbolo importante per me. Nasce, muore e risorge in
sé stessa.
Non so cosa dirle,
penso che ogni parola in questo caso sia superflua.
L'abbraccio con le
poche forze che posseggo e lei sembra apprezzare tantissimo,
tant'è che mi
stringe e mi da ripetuti baci sulla testa ormai calva.
Mi allaccia la
collana, e mi guarda soddisfatta; dice che mi sta davvero bene, che mi
dona e
per renderla felice, le dico che sono davvero contento di quel gesto.
Questa
mattina
l'aria è cambiata, e anche io mi sento diverso.
Ma credo sia tutto
frutto di un'illusione, in verità vuol dire che sto per
morire, che devo
"godermi" questi giorni come posso.
Judith mi ha
portato a fare una passeggiata nel giardino dell'ospedale; ci sono
fiori
ovunque, bambini che giocano, anziani malati che si guardano in giro e
sorridono guardandoli divertirsi.
Judith mi sta
raccontando di quando era bambina e amava trascorrere il suo tempo in
montagna
con i suoi genitori.
<< E te? Cosa
preferisci? Mare o montagna? >> mi chiede ad un tratto.
Abbozzo un
sorrisetto.
<< Il
mare...l'oceano è la mia vita, il mio rifugio..
>> le dico.
Mi osserva ora
come pensierosa, so che sta tramando qualcosa.
La mente però
viene come tradita dalle mie stesse parole ed ecco che mi ritrovo a
pensarlo.
"Lo ricordo sulla
spiaggia, intento a dipingere l'orizzonte, il tramonto.. ed io
non posso far
altro che pensare che non ci sia nulla di più bello se non
lui.
E'
così intento
nella pittura che ho timore di disturbarlo, così mi siedo
accanto a lui, sulla
sabbia bianca.
In quel momento,
in silenzio, mentre lo osservo lavorare a quello che ama di
più al mondo,
vorrei che si fermasse il tempo.
Vorrei che
quell'istante si tramutasse in un tempo infinito.
Si volta e mi
accarezza la testa, poi mi lascia un bacio e torna a disegnare.
<< L'oceano è
il mio rifugio, la mia casa, la mia vita >> mi dice
mentre con l'azzurro
ripassa le onde del mare."
L'odore
del mare.
Quanto avevo
bisogno di sentirne il profumo, di percepire quel vento sulla mia
pelle, di
udire la melodia delle onde infrangersi sulla sabbia.
Sapevo che Judith
ne avrebbe combinata una delle sue, ma la ringraziavo infinitamente.
Cerco di fare
forza sulle braccia e darmi la spinta necessaria ad alzarmi, e ci
riesco.
Muovo un passo,
lentamente, poi ancora un altro; sto tremando, le gambe stanno per
cedere
quando sono afferrato da qualcuno.
So che è lei, ma
vorrei che non lo fosse.
Mi sorride e mi
incita ad andare avanti.
Lo faccio e arrivo
alla riva del mare, vi immergo i piedi e la sensazione di beatitudine
che mi
avvolge, riscalda il mio cuore morto e assopito.
Lascio che mi
culli, che la voce dell'oceano mi culli come una ninna nanna.
<< Vin >>.
A quelle parole
apro subito gli occhi, mi volto verso Judith e lei mi guarda stranita.
Era la sua voce.
Ho sentito la sua voce così chiaramente nella mia testa che
non potevo di certo
essermelo immaginato.
Guardandomi
attorno non trovo nulla, non trovo lui.
Mi illudevo
ancora, troppo facilmente che sarebbe arrivato da me, per un ultimo
saluto.
Tsé.
Mi siedo sulla
sabbia e con le mani, prendo a giocare con essa e l'acqua che copiosa,
si
infrange e ritira nella stesso modo con cui io, affaticato, alzo e
abbasso il
petto nel tentativo abituale di respirare.
Oggi
sto
malissimo, credo manchino solo poche ore alla fine.
Ne sono
consapevole, e non ho paura.
Non sono un
codardo, ma lo sono stato, altrimenti ora non sarei qui, a morire.
E lui sarebbe
con me, magari ora saremmo in spiaggia a rincorrerci e a schizzarci con
l'acqua.
Sento la testa che
mi scoppia, lo stomaco sembra voglia mangiare il resto dei miei organi
ormai
andati.
Il cuore mi batte
freneticamente, boccheggio in cerca di aria.
Non vedo quasi più
niente, Judith è arrivata di corsa e con lei ci sono altre
persone, tra cui il
medico.
Vorrei non
dimenarmi, ma il dolore è troppo forte e continuo ad avere
spasmi.
Judith sta
gridando qualcosa, ma non riesco a sentirla.
Chiudo gli occhi...
Non ci
credo, sono
ancora vivo. Morente, ma pur sempre ancora vivo.
Questa mattina
Judith mi ha cambiato gli abiti, mi ha aiutato nel lavarmi. E' stata
con me per
quasi tutto il tempo, ha persino scelto di non lavorare oggi per
dedicarsi
completamente a me.
Siamo a Sabato, 19
Settembre, il giorno in cui sono nato.
Oggi, compio 28
anni.
Judith mi ha
preparato un piccolo muffin con sopra una candelina, sa che non posso
mangiarlo, ma ci teneva a farlo.
Non riesco quasi
più a parlare e se non fosse per le macchine, nemmeno
riuscirei a respirare.
Sorrido quando
addenta il dolcetto anche per me.
Judith rimarrà
sempre nel mio cuore, anche quando non ci sarò
più.
Ha fatto così
tanto per me, e senza chiedere nulla in cambio.
Improvvisamente
mentre sto cercando di dirle qualcosa, mi sento stanchissimo, ho gli
occhi
pesanti, voglio dormire.
So però, che se
dovessi chiuderli ora, non riuscirei più a riaprirli e non
è una
consapevolezza, ma un vero e proprio dato di fatto.
<< Buon
compleanno Vincent >> mi dice sorridendo.
<< Ju-dith >>
cerco di pronunciare il suo nome.
Lei mi sta
guardando, è triste e sembra agitata, come se si aspettasse
qualcosa che non è
la mia vicina morte.
Si guarda alle
spalle, alla porta, come se qualcuno da un momento all'altro, dovesse
varcarla
e salvarmi.
E invece, ecco che
la pesantezza e il sonno si fanno sentire sempre di più:
comincio a chiudere le
palpebre e cercare di riaprirle contemporaneamente.
Judith mi afferra
le mani.
<< No
Vincent!Ancora no! Reagisci ti prego! >> il suo tono
è allarmato e
malinconico.
Ha la voce rotta
dal pianto, mi sta scongiurando di restare.
Vorrei dirle che
non dipende da me, che non sono io a decidere.
Ma il mio tempo è
scaduto, devo andare..non posso più restare.
La mia inutile
esistenza, sta lasciando spazio ad un altro essere su questa terra
pronto a
vivere.
Cerco di
sorriderle.
Vorrei che lui
fosse qui.
Vorrei che mi
stringesse un'ultima volta.
Che sfiorasse le
mia labbra ancora così che porterò con me
quell'istante infinito.
E
sapete..non è
vero che i sogni non si realizzano mai.
<< Vin..Vin
no! >> sento gridare.
Lo sento.
E' qui.
Il mio lui
è qui.
Mai come ora,
trovo la forza di riaprire gli occhi un'ultima volta, e bearmi dei suoi
diamanti luminosi.
Ha l'aria stanca,
è triste, sta piangendo.
Non mi chiedo come
sia arrivato, non mi sto nemmeno chiedendo perché l'abbia
fatto, l'importante è
che lui sia qui.
Per
me.
<<
Non
abbandonarmi..no ti pre-go.. >> biascica mentre le
lacrime gli rigano il
volto.
Mi piacerebbe
accarezzare le sue guancie e portare via quell'acqua dal suo viso, ma
non ne ho
la forza.
<< Mi
dispiace, mi dispiace per tutto! >> grida mentre mi
stringe ad esso e con
tutto l'ardore di questo mondo mi bacia.
Riesco a
ricambiare con gli ultimi granelli di forza che mi restano.
<< Ti amo, e
ti amerò per sempre.. >> sussurra.
<< Char-les...an-che
io.. >> .
Sono le ultime
parole che riesco a pronunciare prima che il buio mi risucchi e,
l'angelo della
morte, mi porti con sè.
Io sono nato e
morto nello stesso giorno, e sono anche certo, che il ricordo di me,
rimarrà
indelebile nella mente di chi ha saputo amarmi.
Caro
Vincent,
è passato un anno
dalla tua morte.
Oggi avresti
compiuto 29 anni..
Da quando non ci
sei più, hai lasciato un vuoto enorme dentro me.
Nulla ha più
senso..se continuo ad esistere, è solo per poter guardare i
miei bambini
crescere giorno dopo giorno, per poter ammirare in loro la stessa luce
che
avevi tu.
Mi manchi.
Immensamente.
Come un ossesso,
ti scrivo queste lettere ogni giorno.
Anche quando eri
ancora in vita, non ho smesso un attimo di farlo, ma a quanto ho saputo
solo in
seguito, non ti è mai arrivato nulla.
Non sai quanto mi
sono sentito triste e rammaricato per questo..io..avrei voluto fare di
più.
Avrei voluto
essere presente per te..
Se sei finito in
questo modo...è soltanto a causa mia.
Vorrei tornare
indietro, tornare a quando insieme correvamo sulla spiaggia felici del
nostro
amore, a quando dipingevo e tu restavi a guardarmi con quegli occhi
innamorati
e pieni di ammirazione per me.
Vorrei rivedere
quella scintilla di passione che attraversava i tuoi occhi quando
facevamo
l'amore sulla sabbia, sotto lo sguardo vigile della luna.
Tornare
indietro...soltanto per vedere ancora una volta il tuo sorriso,
perdermi nei
tuoi occhi di ghiaccio e strofinare la mia guancia ai tuoi capelli
corvino.
Mi manchi, ogni
cosa di te mi manca...
Persino Clara si è
rassegnata. Sa' che non l'ho mai amata quanto amo te, e che
sarà così per
sempre.
Sai..io e mia moglie..abbiamo
deciso di preparare due torte oggi.
Una è per te, per
ricordare il giorno in cui l'amore della mia vita è venuto
al mondo..
L'altra... è per
il piccolo Vincent, mio figlio.. è assurdo...è
nato il tuo stesso giorno, un
anno fa..
Mia moglie ha
partorito la sera stessa in cui...
Ho deciso io il
nome, lei non ha obbiettato.
Conservo ancora...
la tua camicia rossa nell'armadio..
Quando sono
triste, la indosso.. ha ancora il tuo stesso odore.
Credo rimarrà
indelebile come te nella mia mente.
E' come averti
sempre con me..
A volte parlo da
solo, nel tentativo invano di ricevere una risposta da te che so non
arriverà;
mia moglie molte volte mi ha dato del
"pazzo".
Ma non mi importa.
So che puoi
sentirmi, osservarmi.
Non so se esista
un paradiso, un inferno, ma sono certo che tu non sia in nessuno di
questi.
Sei qui con me, in
ogni cosa che vivo, in ogni cosa che respiro.
Ti sento accanto a
me anche ora che scrivo questa lettera.
Nella testa
risuonano ancora in me le tue ultime parole...
Il mio nome
pronunciato da te, è come latte e miele, un'infinita
dolcezza.
Ho fatto in modo
che tu potessi essere cremato, e che le tue ceneri fossero sepolte alle
radici
di un salice piangente.
Il tuo albero, il
nostro albero.
Proprio quello che
posseggo nel giardino di casa mia.
Tu...mi hai reso
una persona migliore, una persona..viva.
Hai preso il
meglio di me e hai fatto in modo che potessi portarlo in superficie.
Non ti ringrazierò
mai abbastanza..
Vin..mi dispiace
per tutto il male che ti ho recato, mi dispiace..averti abbandonato, di
non
essere stato presente per te quando ne avevi bisogno.
Ma credimi,
davvero avrei voluto trascorrere la mia esistenza con te, osservare il
tramonto, nella nostra casetta sul mare e morire mentre ancora ci
stringevamo
le mani..
Mi dispiace così tanto...
Sono qui a
scriverti, non so in che modo.. sto trovando la forze di muovere la
penna
mentre piango, nel tentativo di scrivere qualcosa di sensato e
opportuno per
te.
Non ci sono attimi
della mia vita, in cui non pensi a te, amore mio..
Vorrei che fosse
un brutto sogno, mi piacerebbe svegliarmi domani e trovarti al mio
fianco,
vivo, sorridente..
Ti amo Vin, più di
ogni altra cosa al mondo, più di ogni cosa umanamente e
disumana possibile.
Devo però
salutarti ora, il piccolo Vin aspetta di tagliare la torta con me..
Mentre lo farà,
penserò che sia tu, perché è
così.
Sei andato via, ma
sei tornato in lui, era destino, era scritto.
Sei proprio come
quella fenice che hai legata al petto che..ah...ho preso con me.
La indosso persino
quando dormo...brucia sul petto come fosse una carezza lasciata dalla
tua
mano...
Ora..è meglio che
vada, potrei restare a scriverti per ore ed ore, ma oggi proprio non
posso, è
un giorno importante.
E' il tuo giorno.
Non ti dirò mai
addio, perché il nostro non è un addio.
Io ti raggiungerò,
e vivremo finalmente nel modo in cui sognavamo tanto e passeremo le
nostre
giornate ad osservare l'oceano che si staglia e perde in sé.
Buon compleanno
Vin, amore mio.
Felici 29 anni...
Ti amo, per
sempre.
Tuo,
Charles.