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Autore: IsabellaLilithLeto    18/07/2014    2 recensioni
Lo ricordo sulla spiaggia, intento a dipingere l'orizzonte, il tramonto.. ed io non posso far altro che pensare che non ci sia nulla di più bello se non lui.
E' così intento nella pittura che ho timore di disturbarlo, così mi siedo accanto a lui, sulla sabbia bianca.
In quel momento, in silenzio, mentre lo osservo lavorare a quello che ama di più al mondo, vorrei che si fermasse il tempo.
Vorrei che quell'istante si tramutasse in un tempo infinito.
Si volta e mi accarezza la testa, poi mi lascia un bacio e torna a disegnare.
- L'oceano è il mio rifugio, la mia casa, la mia vita - mi dice mentre con l'azzurro ripassa le onde del mare.
One Shot scritta nel giro di poche ore. Ha per me un significato importante, spero vi piaccia.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un altro giorno.
Un altro giorno monotono.
Un altro giorno pieno di rimpianti.
Mi alzo con la testa dolorante: stanotte, come quasi tutte le notti, non sono riuscito a chiudere occhio.
Stanotte, come tutte le notti, pensavo a lui.
Mi rigiro nel letto in cerca di una posizione più comoda e soprattutto più "fresca".
Credo sia l'estate più calda di tutti i tempi; qui a New York non si respira, un po' per l'aria in sé stessa afosa, un po' perché è una delle città più popolate del mondo.
Penso che avrei dovuto comprare una casa in campagna per l'estate, e invece no.
Mi metto seduto sul letto, fisso un punto indefinito di fronte a me ed è in quel momento...che appare il suo volto.
I suoi occhi del colore dell'oceano infinito, le sue labbra piegate in un sorriso, i suoi capelli biondi così morbidi nei quali vorrei perdervi le mie mani.
Sconsolato, scuoto la testa e decido di alzarmi:devo andare a lavoro. 
 

 

In ufficio è un continuo via vai, tutti scorrazzano di qua e di là intenti nel proprio lavoro.
Io sto firmando delle carte, ma la mia mente è altrove..
Ricordo la nostra prima uscita a cena, ricordo il suo sguardo sempre fisso nel mio, le sue risate alle mie pessime battute..
Rammento le sue carezze, i suoi baci dolci che sembravano lasciassero granelli di zucchero ad ogni sfioramento..
Il suono della sua voce..come una melodia accompagnava di notte il mio sogno tormentato.
Un dolore lancinante allo stomaco, così forte da farmi piegare in due persino sulla sedia.
Annaspo in cerca di aria, cerco di alzarmi tremolante e ancora con l'intento di trovare ossigeno.
L'ultima cosa che vedo, sono delle scarpe di vernice nera avvicinarsi velocemente a me mentre rovinosamente, mi distendo sul pavimento in piastrelle azzurre.

 

Apro gli occhi, non sono a casa mia.
Tutto intorno a me è bianco e melenso.
Sono in ospedale, solo.
Non c'è nessunuo intorno a me ad attendere il mio risveglio.
Non c'è nessuno felice di vedermi sveglio.
Nessuno che si accorga che anch'io esisto: solo lui , avrebbe potuto.
Il dolore allo stomaco è più lieve rispetto a prima, ma la testa continua a farmi malissimo.
Ho un improvviso conato di vomito e aggrappandomi al mobile di fianco al lettino, riesco ad afferrare un contenitore apposito per poter vomitare.
Mi sento un vero schifo, ma evidentemente me lo sono meritato.
Mentre rigetto tutto quello che posso, sento le forze abbandonarmi e con loro, anche tutti i miei pensieri scemano ritrovandosi in un sol punto: ancora lui.
Il mio tormento, la mia frustrazione più grande, il mio incubo, la mia ossessione, la mia ancora, il mio cappio..l'amore della mia vita.
Non mi accorgo nemmeno che sto piangendo, quando un'infermiera fa il suo ingresso in camera e cerca di aiutarmi.
Mi guarda compassionevole, armeggia con qualcosa, prende il contenitore che ho tra le mani e lo ripone sul cassetto dove l'ho trovato.
Misura la mia pressione, instabile.
Tocca la mia fronte, dice ho la febbre alta e devo stendermi e rilassarmi.
Chiede se ho qualcuno da chiamare e le rispondo con un semplice "no".
La vedo allontanarsi tristemente, le faccio pena e la capisco, anche io mi faccio pena.
Mi stendo nuovamente posizionandomi di lato: sono stanco, devo recuperare tutte le mie ore di sonno.
Non credevo mi sarei ammalato di nuovo, ma da un lato dovevo aspettarmelo: avevo smesso ogni tipo di cura, la mia salvezza era lui.
Quante volte mi aveva ordinato di prendere quelle maledette medicine, quante volte mi aveva assillato dicendomi che non avrebbe avuto senso la sua vita, senza di me.
Avevo una consapevolezza, amara consapevolezza...che non mi restava più molto; avevo giocato con la mia vita e ora..ero in un baratro senza via di uscita.
Sorrido amaramente mentre mi porto una mano sulla fronte: ho la febbre e a giudicare dal calore che emano, dev'essere anche molto alta.
L'infermiera torna in camera e con lei, anche il medico che comincia a parlarmi, a spiegare cos'ho, ma lo so già.
Senza che io dica nulla, continua a mostrarmi qualcosa riguardo la mia cartella clinica.
A me non interessa, non mi interessa conoscere qualcosa che so già, non mi interessa sapere quanto potrei tentare di fare per salvarmi.

Non mi interessa restare in vita.
Non ho più niente che mi leghi a questo mondo straziante, niente per cui valga la pena restare e tentare di sopravvivere.
Sospiro, un sposiro lungo, pesante.
Il medico mi guarda in attesa di una qualche risposta.
<< Quanto mi resta? >> chiedo solamente con la voce rotta.
Attende un paio di minuti che sembrano interminabili.
<< Un mese al massimo >> risponde.
E quelle parole, risuonano in me come un eco, prima di cadere in un lungo sonno.

 

"Stiamo correndo, insieme, mano nella mano.
Me la stringe così forte come se avesse timore di perdermi, e io faccio lo stesso con lui.
Si volta a sorridermi, ed io ricambio.
Corriamo sulla spiaggia, verso il mare; ancora con gli abiti addosso, si getta completamente in esso e trascina me con lui.
Sott'acqua restiamo a guardarci, i suoi occhi sono come diamanti puri della sua anima.
Ci stringiamo in un abbraccio, poi le nostre labbra si sfiorano in un bacio dolce, senza urgenza.
I nostri corpi risalgono in superficie e noi siamo ancora stretti nel nostro lungo bacio.
Nessuno dei due ha intenzione di staccarsi per primo; le mie mani finiscono a stringergli i fianchi mentre le sue si intrecciano ai miei capelli bagnati.
Essendo più piccolo di me, mi è facile avvolgerlo completamente con le braccia e incollarlo ancora di più al mio corpo.
Si stacca, ad un tratto, mi sorride mentre con la mano destra mi accarezza delicatamente una guancia.
<<  Ti amo >> sussurra prima di tornare a fiondarsi sulle mie labbra.
La visione cambia.
Non ha più lo stesso sorriso di prima, non ha più la stessa voglia d'amore.
E' lontano da me, e stringe la mano di qualcuno, una mano che non è la mia.
Sembra non accorgersi della mia presenza mentre è occhi negli occhi con lei.
Le accarezza una guancia, proprio come avrebbe fatto con me, la bacia con trasporto avvicinando i loro visi più che possono. Si volta verso di me, mi guarda.
Io sono inerme, non posso far altro che fissare la scena da lontano.
E' triste.
Sembra deluso, da se stesso.
O da me?
Scuote il capo, come per dirmi che è dispiaciuto da quella situazione, ma è andata così.
Il destino ha voluto dividerci.
Alza una mano debolmente, nel tentativo di salutarmi.
Senza sosta, cerco di correre verso di lui, invano.
Proprio come succede nei film, lo vedo allontanarsi e sparire nell'oscurità."
 

Qualcuno mi scuote per farmi risvegliare, ma non voglio farlo, lasciate che il buio mi prenda ora.
<< Signor.Lloyd, si svegli! >> una voce autoritaria mi desta dal sonno.
Con gli occhi sbarrati e colmi di lacrime mi volto verso l'infermiera.
Durante le due settimane che avevo già trascorso lì, avevo parlato molto con lei.
Il suo nome è Judith, ed è Irlandese.
Mi guarda spaventata, le tremano le mani.
<< Ha avuto un incubo? >> mi chiede.
Ma non riesco a parlare, non riesco a far uscire fuori nulla di concreto se non molte lacrime.
Copiose esse, scivolano sul mio viso cadendo sul bianco lenzuolo dell'ospedale.
Judith istintivamente mi stringe in un forte abbraccio che a dir la verità mi stupisce moltissimo.
Mi stringe forte, cercando di infondermi sostegno, tutto quello di cui ho bisogno.
E anche io, senza rendermene conto la stringo a me.
Con la mia permanenza lì, avevo fatto molta amicizia; mi è stata vicina quando ho cominciato a perdere i capelli, e quando di continuo la notte, ho dovuto correre al bagno per vomitare.
E anche tutte le volte che non riuscivo ad afferrare la forchetta e tenerla in mano per mandare giù qualcosa di commestibile che non siano i medicinali:lei c'è stata.
Non sono stata io a chiederglielo, non so cosa l'abbia spinta a farlo: forse la pietà nei miei confronti, o forse, cosa che non ammetterò mai, semplicemente si è affezionata a me e mi vuole bene.
Quando ci stacchiamo noto con grande stupore che anche lei ha versato delle lacrime.
Le dico che ho questi continui incubi a causa sua.
Sa a chi mi riferisco, ha voluto che le raccontassi tutto.
Conosce ogni minimo particolare, oramai non mi resta ancora molto, quindi non vedevo il motivo di tenermi tutto dentro anche con l'unica persona che mi aveva regalato un po' del suo tempo.
Sa anche, che non ho intenzione di combattere, e mi capisce o almeno, sa che comunque vadano le cose, non cambierei idea..perlomeno non mi giudica.
Mi accarezza la testa, mi bacia una guancia, mi dice che va tutto bene..
Ma sappiamo entrambi che non è così eppure, il suo finto ottimismo, mi fa sperare in qualcosa che so che non arriverà mai.
Le sorrido di rimando cercando di donarle un po' di serenità e di calmarla in qualche modo.
E sembro riuscirci, perché mi abbraccia di nuovo e poi tutta contenta, sbatte le mani come una bambina dicendomi che ha un regalino per me; estrae qualcosa dalla tasca del camice che indossa..una collana.
Il suo ciondolo, è una fenice d'argento con le ali spiegate.
La guardo intontito e le ride.
<< La fenice ha un simbolo importante per me. Nasce, muore e risorge in sé stessa. Penso che ti rappresenti alla perfezione, perché è così che accade con le anime speciali come le tue. Loro sono destinate a tornare e rendere il mondo, un posto migliore..  >>.
Non so cosa dirle, penso che ogni parola in questo caso sia superflua.
L'abbraccio con le poche forze che posseggo e lei sembra apprezzare tantissimo, tant'è che mi stringe e mi da ripetuti baci sulla testa ormai calva.
Mi allaccia la collana, e mi guarda soddisfatta; dice che mi sta davvero bene, che mi dona e per renderla felice, le dico che sono davvero contento di quel gesto.
 

 

 

 

 

Questa mattina l'aria è cambiata, e anche io mi sento diverso.
Ma credo sia tutto frutto di un'illusione, in verità vuol dire che sto per morire, che devo "godermi" questi giorni come posso.
Judith mi ha portato a fare una passeggiata nel giardino dell'ospedale; ci sono fiori ovunque, bambini che giocano, anziani malati che si guardano in giro e sorridono guardandoli divertirsi.
Judith mi sta raccontando di quando era bambina e amava trascorrere il suo tempo in montagna con i suoi genitori.
<< E te? Cosa preferisci? Mare o montagna? >> mi chiede ad un tratto.
Abbozzo un sorrisetto.
<< Il mare...l'oceano è la mia vita, il mio rifugio.. >> le dico.
Mi osserva ora come pensierosa, so che sta tramando qualcosa.
La mente però viene come tradita dalle mie stesse parole ed ecco che mi ritrovo a pensarlo.
"Lo ricordo sulla spiaggia, intento a dipingere l'orizzonte, il tramonto.. ed io non posso far altro che pensare che non ci sia nulla di più bello se non lui.

E' così intento nella pittura che ho timore di disturbarlo, così mi siedo accanto a lui, sulla sabbia bianca.
In quel momento, in silenzio, mentre lo osservo lavorare a quello che ama di più al mondo, vorrei che si fermasse il tempo.
Vorrei che quell'istante si tramutasse in un tempo infinito.
Si volta e mi accarezza la testa, poi mi lascia un bacio e torna a disegnare.
<< L'oceano è il mio rifugio, la mia casa, la mia vita >> mi dice mentre con l'azzurro ripassa le onde del mare.
"

 

 

L'odore del mare.
Quanto avevo bisogno di sentirne il profumo, di percepire quel vento sulla mia pelle, di udire la melodia delle onde infrangersi sulla sabbia.
Sapevo che Judith ne avrebbe combinata una delle sue, ma la ringraziavo infinitamente.
Cerco di fare forza sulle braccia e darmi la spinta necessaria ad alzarmi, e ci riesco.
Muovo un passo, lentamente, poi ancora un altro; sto tremando, le gambe stanno per cedere quando sono afferrato da qualcuno.
So che è lei, ma vorrei che non lo fosse.
Mi sorride e mi incita ad andare avanti.
Lo faccio e arrivo alla riva del mare, vi immergo i piedi e la sensazione di beatitudine che mi avvolge, riscalda il mio cuore morto e assopito.
Lascio che mi culli, che la voce dell'oceano mi culli come una ninna nanna.
<< Vin >>.
A quelle parole apro subito gli occhi, mi volto verso Judith e lei mi guarda stranita.
Era la sua voce. Ho sentito la sua voce così chiaramente nella mia testa che non potevo di certo essermelo immaginato.
Guardandomi attorno non trovo nulla, non trovo lui.
Mi illudevo ancora, troppo facilmente che sarebbe arrivato da me, per un ultimo saluto.
Tsé.
Mi siedo sulla sabbia e con le mani, prendo a giocare con essa e l'acqua che copiosa, si infrange e ritira nella stesso modo con cui io, affaticato, alzo e abbasso il petto nel tentativo abituale di respirare.
 

 

 

Oggi sto malissimo, credo manchino solo poche ore alla fine.
Ne sono consapevole, e non ho paura.
Non sono un codardo, ma lo sono stato, altrimenti ora non sarei qui, a morire.
E lui sarebbe con me, magari ora saremmo in spiaggia a rincorrerci e a schizzarci con l'acqua.
Sento la testa che mi scoppia, lo stomaco sembra voglia mangiare il resto dei miei organi ormai andati.
Il cuore mi batte freneticamente, boccheggio in cerca di aria.
Non vedo quasi più niente, Judith è arrivata di corsa e con lei ci sono altre persone, tra cui il medico.
Vorrei non dimenarmi, ma il dolore è troppo forte e continuo ad avere spasmi.
Judith sta gridando qualcosa, ma non riesco a sentirla.
Chiudo gli occhi...

 

 

 

 

Non ci credo, sono ancora vivo. Morente, ma pur sempre ancora vivo.
Questa mattina Judith mi ha cambiato gli abiti, mi ha aiutato nel lavarmi. E' stata con me per quasi tutto il tempo, ha persino scelto di non lavorare oggi per dedicarsi completamente a me.
Siamo a Sabato, 19 Settembre, il giorno in cui sono nato.
Oggi, compio 28 anni.
Judith mi ha preparato un piccolo muffin con sopra una candelina, sa che non posso mangiarlo, ma ci teneva a farlo.
Non riesco quasi più a parlare e se non fosse per le macchine, nemmeno riuscirei a respirare.
Sorrido quando addenta il dolcetto anche per me.
Judith rimarrà sempre nel mio cuore, anche quando non ci sarò più.
Ha fatto così tanto per me, e senza chiedere nulla in cambio.
Improvvisamente mentre sto cercando di dirle qualcosa, mi sento stanchissimo, ho gli occhi pesanti, voglio dormire.
So però, che se dovessi chiuderli ora, non riuscirei più a riaprirli e non è una consapevolezza, ma un vero e proprio dato di fatto.
<< Buon compleanno Vincent >> mi dice sorridendo.
<< Ju-dith >> cerco di pronunciare il suo nome.
Lei mi sta guardando, è triste e sembra agitata, come se si aspettasse qualcosa che non è la mia vicina morte.
Si guarda alle spalle, alla porta, come se qualcuno da un momento all'altro, dovesse varcarla e salvarmi.
E invece, ecco che la pesantezza e il sonno si fanno sentire sempre di più: comincio a chiudere le palpebre e cercare di riaprirle contemporaneamente.
Judith mi afferra le mani.
<< No Vincent!Ancora no! Reagisci ti prego! >> il suo tono è allarmato e malinconico.
Ha la voce rotta dal pianto, mi sta scongiurando di restare.
Vorrei dirle che non dipende da me, che non sono io a decidere.
Ma il mio tempo è scaduto, devo andare..non posso più restare.
La mia inutile esistenza, sta lasciando spazio ad un altro essere su questa terra pronto a vivere.
Cerco di sorriderle.
Vorrei che lui fosse qui.
Vorrei che mi stringesse un'ultima volta.
Che sfiorasse le mia labbra ancora così che porterò con me quell'istante infinito.

E sapete..non è vero che i sogni non si realizzano mai.
<< Vin..Vin no! >> sento gridare.

Lo sento.
E' qui.
Il mio lui è qui.
Mai come ora, trovo la forza di riaprire gli occhi un'ultima volta, e bearmi dei suoi diamanti luminosi.
Ha l'aria stanca, è triste, sta piangendo.
Non mi chiedo come sia arrivato, non mi sto nemmeno chiedendo perché l'abbia fatto, l'importante è che lui sia qui.

Per me.
<< Non abbandonarmi..no ti pre-go.. >> biascica mentre le lacrime gli rigano il volto.
Mi piacerebbe accarezzare le sue guancie e portare via quell'acqua dal suo viso, ma non ne ho la forza.
<< Mi dispiace, mi dispiace per tutto! >> grida mentre mi stringe ad esso e con tutto l'ardore di questo mondo mi bacia.
Riesco a ricambiare con gli ultimi granelli di forza che mi restano.
<< Ti amo, e ti amerò per sempre.. >> sussurra.
<< Char-les...an-che io.. >> .
Sono le ultime parole che riesco a pronunciare prima che il buio mi risucchi e, l'angelo della morte, mi porti con sè.

 E' proprio vero che le fenici, nascono, muoio e risorgono in sé stesse.
Io sono nato e morto nello stesso giorno, e sono anche certo, che il ricordo di me, rimarrà indelebile nella mente di chi ha saputo amarmi.

 

 

 

 



19 Settembre, 2015.                                                                                                                                                           Chicago.

Caro Vincent,
è passato un anno dalla tua morte.
Oggi avresti compiuto 29 anni..
Da quando non ci sei più, hai lasciato un vuoto enorme dentro me.
Nulla ha più senso..se continuo ad esistere, è solo per poter guardare i miei bambini crescere giorno dopo giorno, per poter ammirare in loro la stessa luce che avevi tu.
Mi manchi. Immensamente.
Come un ossesso, ti scrivo queste lettere ogni giorno.
Anche quando eri ancora in vita, non ho smesso un attimo di farlo, ma a quanto ho saputo solo in seguito, non ti è mai arrivato nulla.
Non sai quanto mi sono sentito triste e rammaricato per questo..io..avrei voluto fare di più.
Avrei voluto essere presente per te..
Se sei finito in questo modo...è soltanto a causa mia.
Vorrei tornare indietro, tornare a quando insieme correvamo sulla spiaggia felici del nostro amore, a quando dipingevo e tu restavi a guardarmi con quegli occhi innamorati e pieni di ammirazione per me.
Vorrei rivedere quella scintilla di passione che attraversava i tuoi occhi quando facevamo l'amore sulla sabbia, sotto lo sguardo vigile della luna.
Tornare indietro...soltanto per vedere ancora una volta il tuo sorriso, perdermi nei tuoi occhi di ghiaccio e strofinare la mia guancia ai tuoi capelli corvino.
Mi manchi, ogni cosa di te mi manca...
Persino Clara si è rassegnata. Sa' che non l'ho mai amata quanto amo te, e che sarà così per sempre.
Sai..io e mia moglie..abbiamo deciso di preparare due torte oggi.
Una è per te, per ricordare il giorno in cui l'amore della mia vita è venuto al mondo..
L'altra... è per il piccolo Vincent, mio figlio.. è assurdo...è nato il tuo stesso giorno, un anno fa..
Mia moglie ha partorito la sera stessa in cui...
Ho deciso io il nome, lei non ha obbiettato.
Conservo ancora... la tua camicia rossa nell'armadio..
Quando sono triste, la indosso.. ha ancora il tuo stesso odore.
Credo rimarrà indelebile come te nella mia mente.
E' come averti sempre con me..
A volte parlo da solo, nel tentativo invano di ricevere una risposta da te che so non arriverà; mia moglie molte volte mi ha dato del
"pazzo".
Ma non mi importa.
So che puoi sentirmi, osservarmi.
Non so se esista un paradiso, un inferno, ma sono certo che tu non sia in nessuno di questi.
Sei qui con me, in ogni cosa che vivo, in ogni cosa che respiro.
Ti sento accanto a me anche ora che scrivo questa lettera.
Nella testa risuonano ancora in me le tue ultime parole...
Il mio nome pronunciato da te, è come latte e miele, un'infinita dolcezza.
Ho fatto in modo che tu potessi essere cremato, e che le tue ceneri fossero sepolte alle radici di un salice piangente.
Il tuo albero, il nostro albero.
Proprio quello che posseggo nel giardino di casa mia.
Tu...mi hai reso una persona migliore, una persona..viva.
Hai preso il meglio di me e hai fatto in modo che potessi portarlo in superficie.
Non ti ringrazierò mai abbastanza..
Vin..mi dispiace per tutto il male che ti ho recato, mi dispiace..averti abbandonato, di non essere stato presente per te quando ne avevi bisogno.
Ma credimi, davvero avrei voluto trascorrere la mia esistenza con te, osservare il tramonto, nella nostra casetta sul mare e morire mentre ancora ci stringevamo le mani..
Mi dispiace così tanto...
Sono qui a scriverti, non so in che modo.. sto trovando la forze di muovere la penna mentre piango, nel tentativo di scrivere qualcosa di sensato e opportuno per te.
Non ci sono attimi della mia vita, in cui non pensi a te, amore mio..
Vorrei che fosse un brutto sogno, mi piacerebbe svegliarmi domani e trovarti al mio fianco, vivo, sorridente..
Ti amo Vin, più di ogni altra cosa al mondo, più di ogni cosa umanamente e disumana possibile.
Devo però salutarti ora, il piccolo Vin aspetta di tagliare la torta con me..
Mentre lo farà, penserò che sia tu, perché è così.
Sei andato via, ma sei tornato in lui, era destino, era scritto.
Sei proprio come quella fenice che hai legata al petto che..ah...ho preso con me.
La indosso persino quando dormo...brucia sul petto come fosse una carezza lasciata dalla tua mano...
Ora..è meglio che vada, potrei restare a scriverti per ore ed ore, ma oggi proprio non posso, è un giorno importante.
E' il tuo giorno.
Non ti dirò mai addio, perché il nostro non è un addio.
Io ti raggiungerò, e vivremo finalmente nel modo in cui sognavamo tanto e passeremo le nostre giornate ad osservare l'oceano che si staglia e perde in sé.
Buon compleanno Vin, amore mio.
Felici 29 anni...
Ti amo, per sempre.
Tuo,

Charles.

  
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