Libri > Il diario del vampiro
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Autore: Sissi Bennett    19/07/2014    4 recensioni
Bonnie McCullough ha diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il viso a forma di cuore ed è sempre stata considerata da tutti la classica ragazza dalla porta accanto. Circondata da amiche più popolari e speciali di lei, non si è mai distinta tra la folla e nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo è tranquilla e ha tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso un migliore amico premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan Salvatore. Tanto è legata a quest’ultimo quanto non sopporta il fratello, Damon. I due Salvatore hanno sempre avuto degli attriti, ma ultimamente le cose si sono fatte più tese: Stefan è riuscito a conquistare il cuore della bella Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un debole. Ma cosa succederebbe se la gemella di Elena, Katherine, ricomparisse a Fell’s Church dopo anni trascorsi a Parigi?
E se Bonnie, dopo un’estate in Spagna, tornasse più matura, più bella, più affascinante, insomma più donna e iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe di aggiungere il suo nome alla sua già lunghissima lista di ragazze con cui è stato?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Katherine | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore, Elena Gilbert/Stefan Salvatore
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo ventisette: Goodbye to Sandra Dee

 

“Look at me,
There has to be something more than what they see
Wholesome and pure,
Also scared and unsure, a poor man’s Sandra Dee,
You must start anew,
Don't you know what you must do?
Hold your head high,
Take a deep breath and sigh
Goodbye to Sandra Dee”

(Look at me, I’m Sandre Dee reprise- da “Grease”).

 

Guardare il soffitto.

Era l’unica cosa che riuscivo a fare da cinque giorni.

Mi alzavo, mangiavo qualcosa, mi stendevo di nuovo sul letto e iniziavo a guardare il soffitto. Così per tutto il giorno e smettevo solo per cena o per il bagno.

Io, solo nella mia camera, immerso nell’autocommiserazione, tagliato fuori dal mondo a contemplare la stupidità umana, la mia stupidità. Troppo pigro per muovere un muscolo, troppo rassegnato per sistemare le cose, troppo avvilito per aprire le tende e affrontare ciò che mi aspettava dall’altro lato della strada.

In realtà, dopo la festa avevo passato ore seduto sul suo portico, in attesa e nella speranza che scendesse, mi parlasse, mi picchiasse. Qualsiasi reazione mi sarebbe andata bene.

Ma Bonnie non mi aveva degnato della minima attenzione.

 

Uscii in cortile nella speranza di braccare Katherine prima che scoppiasse un casino.

Avevo un presentimento che quell’amabile ragazza non se ne sarebbe stata calma, soprattutto dopo aver perso la sua ambita corona.

Lei e sua sorella sembravano sparite nel nulla. Avevo cercato perfino nel bagno delle ragazze e avevo dovuto scansare l’attacco di seduzione di una matricola troppo spavalda.

Il cortile della scuola era quasi deserto, solo pochi studenti usciti a prendere una boccata d’aria. Mi fu subito chiaro che le gemello Gilbert non erano nemmeno qui, ma una folta chioma di capelli rossi attirò il mio sguardo.

Che ci faceva Bonnie fuori dalla palestra?

Mi avvicinai sorridendole. Forse, finalmente, si era stufata di quella festa ed era pronta a venire via con me. Probabilmente era uscita proprio per aspettarmi.

Ma non ricambiò il mio sorriso com’era solita fare e ne rimasi sorpreso.

Non mi lasciò parlare. Mi gelò non appena mi trovai di fronte a lei.

“Damon, so tutto”.

Lì per lì non pensai subito alla scommessa. Ero talmente certo di avere tutto sotto controllo che non immaginavo nemmeno di essere stato battuto sul tempo, sotto al mio naso per giunta.

“Ho visto sentito Elena e Katherine parlare in un’aula” continuò “C’era di mezzo una scommessa su di me”.

Non avevo mai compreso a fondo il significato dell’espressione ‘non sentire la terra sotto i piedi’. L’avevo sempre trovata un’esagerazione.

Mi ero ripromesso di non farmi mai cogliere impreparato dalla vita e non credevo che una cosa del genere potesse capitare a me.

“Katherine è una bugiarda” disse Bonnie “E si diverte a rendere le persone infelici. Sta mentendo, vero? È solo una ripicca per separarci?”.

Ammirai la sua forza d’animo, ammirai la sua fierezza. Non aveva gli occhi lucidi, la voce non tremava e non distolse lo sguardo un secondo.

Era cresciuto così tanto il mio uccellino.

Scossi la testa “Non so neanche perché ho accettato. Era uno scherzo stupido”.

Ancora una volta non tremò e non si scompose come avrebbe fatto un tempo, ma vidi chiaramente un’ombra di tristezza e delusione cadere sul suo viso.

“Sentivo che qualcosa non andava” mormorò.

“Bonnie…”.

“C’era un motivo se non riuscivo a fidarmi di te” affermò con freddezza.

Benché me le meritassi tutte, quelle parole mi ferirono.

Ed eccomi là: relegato di nuovo al ruolo del cattivo.

Eravamo tornati indietro di mesi, bloccati ancora a quel punto, a quando io non potevo scrollarmi di dosso la pessima reputazione che mi ero creato e lei mi teneva a distanza.

Quel dannato muro di diffidenza era comparsi di nuovo.

“Katherine ha avuto l’idea e ho accettato. Giravano già delle battutine su di me e mi sono sentito colpito nell’orgoglio, nell’immagine…”.

“Immagine?” ripeté sconvolta “Temevi che gli altri ti sminuissero perché Bonnie la sfigatella non era caduta ai tuoi piedi?”.

Tentativo di formulare una scusa decente: fallito. Mi stavo scavando la fossa da solo.

“Ero un cretino e Katherine…”.

“Il fatto di essere succube di non ragazza non ti discolpa. Avevo un cervello da usare”.

“L’ho usato” sbottai. Tanto valeva aggrapparsi a un po’ di sincerità. Forse ne sarei uscito meglio, meno codardo “Era un gioco per me, immaginavo sarebbe stato divertente”.

“Ottimo lavoro, Damon: mi hai completamente umiliata e distrutta”.

Aveva appena messo i suoi sentimenti sul tavolo, aveva ammesso la sconfitta, eppure non era lei quella debole, non era lei ad aver perso la dignità.

“Tutto quello che abbiamo condiviso è finto. Mi hai usata come passatempo, mi hai usato per distrarti da Katherine. Almeno vi siete davvero lasciati o vi siete fatti delle grosse risate alle mie spalle fino a stasera?”.

“È iniziata così” ammisi “Sono venuto a salvarti nel bosco per avvicinarmi a te, ti ho chiesto di aiutarmi con il regalo di Stefan per farti una buona impressione, ti ho baciata subito dopo perché ero convinto di averti già conquistata…”.

“Non sono sicura di voler ascoltare il resto” mi avvisò.

“Più passava il tempo, più mi tormentavi. Eri sempre lì, anche quando stavo con Katherine, tu eri nella mia testa. Non sai quanto sono stato contento di mettere mio cugino su un aereo e spedirlo lontano da te. Poi Katherine si è finta Elena e ha baciato Stefan. Abbiamo rotto sul serio e onestamente non ci sono stato così male come avevo pensato. Avrei potuto chiuderla con la scommessa, avrei potuto lasciarti stare. Non l’ho fatto perché semplicemente non ne ero capace, non volevo staccarmi da te”.

Bonnie liberò una risata amara “Non ti aspetterai che creda alla storiella del playboy redento, caduto nella sua stessa trappola?”.

“Patetico e banale, eh? Sto cadendo sempre più in basso” osservai “Non saprei neppure dirti quando è finito il gioco. È confuso. Inconsciamente mi piacevi anche quando ti ritenevo una bambinetta. Perfino Katherine mi detto di essersi interessata a Stefan perché mi vedeva troppo coinvolto da te”.

“Devi aver recitato bene la tua parte” commentò Bonnie.

“Non è una recita, te lo giuro.

“Come posso esserne sicura? Magari eri solo annoiato e io sono stata la prima così stupida da darti retta!”.

“Ce ne sono centinaia di ochette che non vedono l’ora di buttarsi su di me. Se avessi voluto uno scalda letto, non ti sarei stato addosso per mesi e mesi”.

“Allora perché non ne scegli una e mi lasci in pace!” mi rinfacciò.

“Perché sono pazzo di te” esplosi “Ho fatto cose da matti per te. Sono entrato nel bosco di notte per cercarti. Ti ho portato via dalla polizia quando eri ubriaca. Ho corrotto una bibliotecaria e un guardiano per organizzare il tuo regalo di compleanno. Ho risolto i miei problemi con mio padre e mio fratello grazie a te. Non ho abbandonato gli studi grazie a te. Se ripenso a ogni momento importante della mia vita, tu eri lì con me”.

“Hai un modo curioso di dimostrare gratitudine” sbuffò. Per un attimo scorsi il fantasma di un sorriso, ma venne cancellato immediatamente “Una parte di te è ancora attaccata a quella scommessa. Se l’avessi del tutto superata, mi avresti raccontato la verità”.

“Volevo evitare sofferenze inutili. Me ne vergognavo. Non c’era motivo di parlartene e rovinare tutto. So bene qual è l’opinione che hai di me” conclusi, mortificato.

“Non avevo tutti i torti” considerò “Ti sei preso gioco dei miei sentimenti fino adesso”.

“Ho smesso molto tempo fa” obiettai.

Lei non mi ascoltò “Qual era il piano? Fare una scenata davanti a tutti, magari proprio al ballo. Dov’è Katherine, non si sta gustando la sua vittoria? Santo Cielo, se penso che ero pronta a …”.

“A cosa? A venire a letto con me? Ti ricordo che ti ho fermata perché eri completamente sbronza. Ti ricordo che ho fatto un passo indietro e ti ho rispettata”.

“Magari ti disgustava solo l’idea. Magari detesti l’idea di toccarmi e ti sei nascosto dietro la prima scusa che hai trovato”.

“Ecco perché non te l’ho voluto dire: adesso ti stai facendo mille paranoie, metti in dubbio tutto”.

“E di chi è la colpa?”. Questa volta aveva urlato.

Sospirai “C’è stato un momento in cui ero davvero convinto a portare a termine la scommessa, a ferirti come se fossi un giocattolo inutile: quando Katherine me l’ha proposto. Dopo quel giorno, l’idea mi stuzzicava sempre meno. Mi è capitato perfino di evitarti, perché non ero più interessato. Katherine mi ha spinto a proseguire e si è fregata con le sue stesse mani. Era uno scherzo crudele e io mi sono comportato da idiota, ma non me ne pento. Senza la scommessa mi sarei avvicinato a te? Senza Katherine avrei perseverato? Forse no, ma me ne frego perché ti ho conosciuto, ti ho scoperto. L’inizio non è stato dei più nobili, lo ammetto, ma quello che è venuto dopo…Bonnie, tu sei ciò che ho sempre cercato. Bonnie…”.

“Ti prego non continuare”.

“Mi sono innamorato”.

Se avessi visto la scena dall’esterno, probabilmente di sarei messo una mano davanti alla bocca per non vomitare. Era l’apoteosi del cliché e del romanticismo. Tutte cose che avevo sempre evitato come la peste.

Non c’era, però, altro modo per esprimerlo. Nel mondo andava naturalmente così: un ragazzo innamorato di una ragazza contro ogni aspettativa.

Comune perché semplice, puro e vero.

Bonnie si passò una mano tra i capelli, a disagio “Se me l’avessi detto mezz’ora fa, sarei stata la persona più felice del mondo”.

“Non cambia niente: è pur sempre quello che sento”.

“Mi hai mentito per tutto questo tempo. Non so più dove finisce la finzione”.

“Non esiste finzione” replicai “Per piacere, non buttare tutto al vento per uno sbaglio. È solo colpa mia. Insultami, picchiami, arrabbiati, ma non arrenderti”.

“Non sono arrabbiata” mi disse, con calma “Non quanto avrei immaginato, almeno. Sento, però, che qualcosa si è spezzato. Mi hai appena confermato che c’era un motivo se non riuscivo a fidarmi di te”.

 

E tutt’ora non mi fido.

Non me l’aveva detto in faccia, ma era abbastanza intuibile.

Se n’era andata dopo l’ultima frecciata e io non l’avevo seguita. Non ne avevo avuto il coraggio.

Bonnie si era sempre mostrata molto restia a cedere alle mie pressioni. Mi ci erano voluti mesi prima di conquistarla per davvero, per convincerla che non ero più il ragazzo crudele e immaturo di un tempo. Le avevo perfino rimproverato di aggrapparsi troppo ai pregiudizi che aveva su di me, di dar troppo peso alle opinioni altrui.

Scegli, Bonnie, o tutto o niente. Le avevo intimato.

Alla fine, il mio segreto era scoppiato come una bolla di sapone. Avevo fatto la figura del cretino e del bugiardo. Non era proprio le migliori credenziali per sperare in una soluzione veloce e indolore.

Inoltre le avevo praticamente servito su un piatto d’argento una più che valida ragione per dubitare di me e tenermi alla larga.

Avevo provato a chiamarla, a farle la posta sotto casa, ma non era servito a niente. Neppure suo padre era riuscito a persuaderla a parlarmi, pur giurandomi di averci tentato con tutte le sue forze.

Non gli aveva raccontato il vero motivo della nostra litigata e questo mi lasciava un po’ di sollievo: se cercava ancora di proteggermi, significava che non tutto era perduto.

Mi ero nascosto nella mia camera e le avevo permesso di prendersi del tempo per riflettere, per sbollire. Non sapevo quanto quella decisione avrebbe effettivamente giocato a mio favore, ma per il momento non avevo altra scelta.

Le avevo mandato un messaggio, semplice e conciso: abito dall’altra parte della strada, sono qui con te. Una tua parole e corro.

Non ero sparito. Le stavo ancora vicino. Doveva sapere che quel silenzio non significava la mia resa. Io non mi ero ancora dato per vinto.

Avevo ripercorso decine di volte quei mesi passati a darle letteralmente la caccia. Mesi in cui quella maledetta scommessa era solamente un pretesto, un alibi che mi ero costruito perché non volevo ammettere neanche a me stesso di essere cotto di lei.

Avevo valutato più volte l’idea di raccontarle la verità, cancellare quella macchia dalla coscienza. Spaventato da ciò che sarebbe potuto accadere, avevo taciuto.

Mossa da codardo? Forse, ma in buona fede.

Avevo abbandonato da talmente tanto tempo il proposito di portare a termine quello scherzo che mi era sembrata un’inutile seccatura confessarlo.

Che necessità avevo di far soffrire Bonnie per niente?

Tutto ciò che le avevo detto, che avevo fatto. Gesti eclatanti, frasi a effetto, risate strappate e baci rubati. E poi i litigi e gli insulti, gli errori. Tutto vero, anche quando credevo di comportarmi così per via della scommessa, sotto sotto c’era un fondo di verità che non avevo ancora consapevolmente afferrato.

Bonnie questo non lo potevo sapere, Bonnie non si poteva fidare ciecamente: le avevo dato ogni motivo per non farlo.

Non la biasimavo per avermi piantato in asso alle festa, per non aver risposto alle mie chiamate. Non ero proprio un soggetto su cui scommettere, il bravo ragazzo affidabile.

Evidentemente in me c’era qualcosa di sbagliato: avevo il potere di allontanare ogni donna di cui m’importasse qualcosa. E quando arrivava finalmente l’unica, quella giusta, quando finalmente ero diventato una persona decente, rovinavo tutto.

Il vecchio Damon era sempre in agguato per riportarmi indietro, anche contro la mia volontà. Non serviva un’azione vera e propria, bastava un ricordo, uno sbaglio passato e in un attimo la nomea di cattivo ragazza tornava a perseguitarmi.

Bonnie non era l’unico mio problema: avevo parecchie spiegazioni da dare anche a Stefan.

Normalmente me ne sarei fregato, ma avevamo fatto progressi ed era la sua migliore amica. Era un discorso che dovevo affrontare, sebbene non ne avessi assolutamente voglia.

Mi stupivo che non fosse ancora venuto a stanarmi per ridurmi in piccoli pezzettini. Aveva reagito veramente male quando ci aveva sorpreso stesi sullo stesso letto. Questo era molto peggio. Strano che non fosse ancora venuto a difendere l’onore della sua fanciulla prediletta.

E proprio quando pensavo che tutti si fossero completamente dimenticati di me, qualcuno bussò alla mia porta. Guarda caso l’oggetto delle mie preoccupazioni.

No, non la ragazza dai capelli rossi, ma l’impavido eroe dagli occhi verdi.

Da qualcuno dovevo pur cominciare, no?

“Allora sei vivo” commentò.

Fantastico, adesso nemmeno il sarcasmo era mia prerogativa esclusiva.

“Sei qui dentro da tre giorni. Mi aspettavo di trovarti mummificato”.

“Mummificato? Davvero? È la migliore ipotesi che hai scovato?”.

“No, dato che ti sentivo vagare per i corridoi di notte, ho anche creduto che fossi diventato un vampiro, ma in quel caso probabilmente sarei stato la tua prima vittima”.

“Spiacente deluderti, fratellino, sono ancora tutto umano. Ma ammetto che se ci fosse un vampiro con il mio nome, sarebbe sicuramente un gran figo”.

“Va bene, sarò breve e conciso: voglio una spiegazione” tagliò corto.

Avevo appena deciso che anche Stefan si meritava come minimo una giustificazione, ma più metteva pressione, più mi passava la voglia.

Primo passo per levarmelo di torno: fare il finto tonto.

“Non so di cosa tu stia parlando”.

“Sono giorni che tu e Bonnie vi evitate. Lei si rifiuta di venire qui e tu non ti rifiuti di lasciare la tua camera. Ti ho lasciato in pace fin troppo tempo”.

Secondo passo: temporeggiare.

“Hai ragione, fratellino, come sempre. Ne possiamo discutere più tardi? Ora devo studiare”. Falso ma efficace.

“No, ne discutiamo ora” s’impuntò.

Terzo passo: negare.

“Non è andata come credi”.

Santo Cielo, mi sembrava di essere appena stato beccato nel letto con la mia amante.

“Vorrei credere qualcosa…davvero vorrei, ma nessuno di voi due si decide a parlare” osservò esasperata e sempre più determinato.

Corrugai la fronte “Nel senso che Bonnie non ti ha detto niente?”.

“No” mi confermò “Solo che avete litigato, che è finita e che vuole stare da sola”.

Mi sorprese quella risposta, mi sorprese di non essere stato additato come il colpevole della situazione, sebbene lo fossi.

Mi rincuorò sapere che Bonnie non avesse divulgato il vero motivo della nostra rottura. Mi stava in qualche modo proteggendo, stava cercando di salvaguardare il mio rapporto con Stefan.

Magari non era tutto perduto, magari una parte di lei continuava a credere in noi e preferiva non farmi terra bruciata intorno. Almeno non con Stefan che mi avrebbe ammazzato se avesse scoperto della scommessa.

Mi resi conto che era infine giunto anche per me il momento di prendermi le mie responsabilità, di comportarmi da persona matura.

 E ritornai al mio piano originario: confrontarmi con Stefan, essere onesto. Raccontare i fatti dal mio punto di vista e provare almeno a convincerlo di non avere per fratello il diavolo in persona.

Accade esattamente come con Alaric. Stefan divenne prima paonazzo, poi sbiancò e fu sull’orlo di scoppiare. Avvicinandoci alla fine la sua espressione mutò: sempre più empatica, sorpresa e comprensiva.

“Le hai confessato di amarla?”.

In tutto il discorso, almeno era rimasto colpito dalla parte più positiva.

“Sì e sono stato mollato un secondo dopo”.

 

 

Rifiutai l’ennesima chiamata di Elena. Lei e Stefan erano diventati un vero tormento.

Cominciavo a pentirmi di essermi rivolta proprio a loro per cercare un po’ di conforto.

In realtà non era stata una cosa voluta: dopo la litigata con Damon, ero di corsa tornata in palestra (per assurdo sentivo che tra la folla avrei potuto trovare un po’ di tranquillità) e mi ero imbattuta subito in quei due.

Avevo il viso stravolto e subito si erano resi conto che qualcosa non andava.

Li avevo pregati di accompagnarmi a casa, dato che non avevo la mia macchina. Mentre Stefan era andato a prendere l’auto, Elena aveva indagato.

Avevo intenzione di tenere per me la storia della scommessa, ma Elena sapeva già tutto per via di Katherine, perciò decisi di confidarmi con lei.

All’inizio non volle credere che Damon avesse davvero preso parte a quello scherzo crudele. Lo aveva sempre difeso, ci aveva spinti uno tra le braccia dell’altra e adesso ne era rimasta delusa almeno quanto me.

L’avevo pregata di non dirlo a Stefan né a nessun altro.

Damon aveva superato ogni limite, ma non avevo alcun interesse a gettargli altro fango addosso, o ad accrescere la sua brutta reputazione, soprattutto agli occhi di Stefan.

Per quanto riguardava Meredith e Caroline, non avevo voglia di sentire nessuno “Te l’avevo detto”, men che meno insulti rivolti al mio ormai ex ragazzo.

Così, nonostante la notizia della nostra rottura si fosse diffusa, nessuna sapeva il vero motivo a parte Elena.

Continuava a pressarmi perché risolvessi la situazione. Stefan, invece, pretendeva spiegazioni, che io non gli avrei dato di certo.

Non volevo mettermi in mezza tra i due fratelli, non volevo creare contrasti. Era compito di Damon dirlo a Stefan. Se la dovevano sbrigare da soli.

Fatta eccezione per la sera della festa, appena dopo il misfatto, non ne avevo parlato con nessuno.

Seppur fosse difficile tenersi tutto dentro, era la decisione migliore per me.

Temevo che, altrimenti, sarei stata influenzata dai pareri esterni, sia in positivo sia in negativo. Ma era una cosa importante ed era mia.

Faceva male ripensare a quei momenti. Alle parole di Katherine che tutta soddisfatta sbatteva in faccia a Elena la sua vittoria. Alle conferme di Damon che costretto a confessare tutto mi aveva ferito più di altri mille tradimenti.

Mi sentivo davvero una stupida, perché non avevo ascoltato il mio istinto quando mi aveva suggerito di scappare lontano da lui.

Mi sentivo debole, perché avevo permesso a Damon di farmi, ancora una volta anche se in maniera diversa.

E mi sentivo incompleta, perché mi sembrava che Damon si fosse portato via quella parte di me per cui tanto avevo lottato. Quella forte, sicura, cresciuta.

Avevo messo a tacere la mia diffidenza per niente, per essere smentita, per ritornare al punto di partenza.

Damon non si meritava la mia fiducia, non se l’era mai meritata.

Non m’importava che si fosse pentito, che avesse lasciato perdere tempo addietro la scommessa. Non m’importava che si fosse innamorato di me.

Aveva tenuto nascosta la verità, permettendo a Katherine di mortificarmi.

La nostra storia era costruita sostanzialmente su una bugia. Forse i sentimenti di Damon erano veri, forse era accaduto sul serio come nei film e alla fine era rimasto intrappolato nella tela che lui stesso aveva intrecciato e da un lato capivo anche la sua paura di rovinare  ciò che avevamo creato con fatica. Ma a conti fatti, pianificare di conquistarmi e spezzarmi il cuore era un gioco pericoloso, un segreto pesante e grave. Aveva minato per sempre la mia fiducia

“Mi sono innamorato di te”.

Ma chi voleva prendere in giro?

M’importa di quella dichiarazione, mi rimbombava nella testa giorno e notte.

Lo odiavo: mi aveva portato sul punto più in alto e mi aveva lasciato cadere. Perché alla fine il suo piano aveva ottenuto l’effetto sperato: anche io mi ero innamorata.

Dirlo ad alta voce mi faceva paura, ma almeno a me stessa lo potevo ammettere.

E se non era ancora amore vero, ci mancava poco. Non m’immaginavo un sentimento diverso da quello che nutrivo nei suoi confronti.

Avevo passato giorni interi a riflettere su come comportarmi. Non era una circostanza semplice e faticavo a capire se fosse il caso di continuare oppure no.

Avevo l’impressione di stare lentamente perdendo me stessa, il mio centro, il mio obiettivo: mi ero trasformata di nuovo una ragazzina piagnona che si nascondeva nella propria camera.

Volevo essere quel tipo di persona? No.

Bonnie McCullough non era una bambina. Bonnie stava diventando un’adulta, si stava scrollando di dosso l’immagine della ragazza della porta accanto.

E per quanto mi costasse, sapevo di avere un unico modo per dimostrarlo.

 

Il giorno del diploma in casa mia era esplosa una vera e propria euforia. Tra mia sorella e mio padre non sapevo dire chi fosse più agitato.

Mary insistette per truccarmi almeno un po’ e papà cucinò per colazione tanta di quella roba che saremmo andati avanti altri tre giorni a mangiare.

Tra i miei amici, Caroline era certamente la più entusiasta. Un’altra cerimonia nel giro di poco. Il suo ego non poteva stare meglio.

Mi sentivo un po’ goffa in quella tunica larga e con quel tocco in testa. Eravamo tutti vestiti allo stesso modo e tutti ci guardavamo straniti.

“Ci pensate che questa è l’ultima volta che siamo tutti insieme qui a scuola, come studenti” si commosse Caroline.

“Non incominciare già a piangere” la riprese Meredith.

“La fai facile tu! Sei contenta di uscire da questo posto, così potrai sbandierare la tua relazione con il prof!” la ribeccò.

“Questo è un segreto che non mi mancherà” commentai.

“A proposito di segreti. Tu ci devi ancora qualche spiegazione, Bon” mi disse, alludendo alla rottura con Damon.

Elena sapeva quanto fossi restia a parlarne e venne in mio aiuto “Non roviniamoci questo giorno. Ci racconterà un’altra volta. Adesso voglio un abbraccio”.

“Oh sì, un abbraccio” batté le mani Caroline “Aspetta! Stefan, Matt!! Venite qua!” urlò per chiamarli “Qualcuno prende una macchina fotografica”.

Ma non ci fu tempo per nessuna foto, perché il preside ci incitò a sederci per l’inizio della cerimonia.

Quando venne annunciato il mio nome, sentii il cuore battere più forte. Temevo d’inciampare nella tunica o mettermi in imbarazzo in qualche modo. Fortunatamente passai indenne la consegna del diploma e nel momento in cui lo presi in mano, avvertii un moto di orgoglio per me stessa. Una scarica come non ne avevo mai percepite.

Voltandomi verso il pubblico per accettare l’applauso, incrociai lo sguardo di Damon, accanto a suo padre per sostenere Stefan.

Gli rivolsi un mezzo sorriso perché una parte di me era contenta di vederlo. Mi piaceva pensare che fosse venuto un po’ anche per me.

Abbracci e foto piovvero non appena fu terminato tutto.

Una dolce malinconia aleggiava tra noi: eravamo alla fine di un ciclo. Per me forse più che per tutti gli altri.

Abbracciai forte Stefan e mi aggrappai alla sua tunica. Era la persona che avrei lasciato con più fatica. Non eravamo amici, non eravamo fratelli.

Eravamo qualcosa di più. Anime gemelle destinate a condividere per sempre un legame unico.

“Rimarrai con me?” gli chiesi.

“Per tutta la vita, e di più” sussurrò tra i miei capelli “Bonnie, devi dirglielo”.

“Lo so” dissi atona.

“Lo distruggerà”.

“Una piccola vendetta personale” ironizzai con la voce fievole.

“Ha incasinato tutto come al suo solito. Mi ha raccontato della scommessa…ma io gli credo. Sicura di non potere dargli un’altra possibilità?”.

“È questo il problema, Stefan, concedere a lui un’altra occasione sarebbe come toglierla a me” osservai tristemente.

Stefan annuì, poco convinto “Lo terrò d’occhio per te”.

L’incontro con Damon fu inevitabile. Io dovevo parlargli e lui sembrava non attendere altro. Mentre tutti festeggiavano, noi ci trovammo seduti uno accanto all’altra sulle sedie occupate prima dagli invitati alla cerimonia.

C’erano fiumi di parole da dire, pensieri da esplicare eppure entrambi rimanemmo zitto per un bel po’. Non so che cosa passasse nella sua mente.

Io semplicemente non trovavo il coraggio di annunciargli la cattiva notizia.

“Mi ritengo fortunato” saltò su all’improvviso.

“Per cosa?”.

“Non mi hai ancora tirato una sedia in testa”.

“C’è ancora tempo”.

“Ricordati che potresti rovinare il mio bel visino. E tu ami il mio bel visino”.

La sua faccia da schiaffi piuttosto.

Al mio silenzio replicò in fretta, come se non volesse permettermi di rimuginare troppo “Mi spiace di essere sparito così, Bonnie. La verità è che non sapevo che cosa dire. Non so ancora cosa dire. Tutto quello che mi viene in mente è stupido o banale o peggio patetico. Ci ho riflettuto molto e sono arrivato alla conclusione che qualunque cosa dicesse non servirebbe a niente se tu non fossi disposta ad ascoltarmi. Quindi te lo chiedi per piacere: vorresti ascoltarmi?”.

Corrugai la fronte. Sarei stata ad ascoltare per ore, ma il problema era un altro.

Il problema era che pure io avevo qualcosa d’importante da dirgli.

“Aspetta” lo fermai “Prima devi sapere una cosa. Ti avevo accennato di quell’università di Londra. Ecco, mi hanno accettata e ho deciso di trasferirmi là”.

Damon s’irrigidì. La sua espressione cambiò totalmente. Scorsi un’ombra di delusione, ma poi  ci fu solo panico e sorpresa.

Si alzò di scatto, nervoso “Certo, è logico. Te lo meriti, non c’era motivo perché non ti prendessero. Hai fatto bene ad accettare. Non c’è nulla che ti trattiene qui”.

Quell’ultima frase fu un colpo al cuore per me, non osai immaginare per lui.

Mi alzai e feci per parlare ma Damon m’interruppe di nuovo. Adesso appariva arrabbiato.

“Ti auguro buon viaggio e…

Non mi aveva lasciata spiegare, era scappato via.

Capivo la sua amarezza, capivo la sua confusione. Aveva passato mesi e mesi a ripetermi quanto fossi matura, cambiata. Ma non si era mai reso conto di quanto in effetti fossi cresciuta.

Era davvero la fine di un ciclo.

 

Se un anno fa mi avessero detto che mi sarei trovato solo, piantato da Bonnie McCullough, gli avrei riso in faccia.

Se un anno fa mi avessero detto che avrei sofferto come un cane perché Bonnie McCullough si toglieva finalmente dalla circolazione, mi sarei proprio sbellicato dalla risate.

Adesso non ridevo, però.

Continuavo a guardare fuori dalla finestra in attesa di vederla uscire con le valigia per andarsene a  Londra.

Chissà se aveva avvertito Klaus, chissà se aveva intenzione di vederlo.

Quel pensiero mi fece ribollire il sangue.

Mi ero preparato tutto un bel discorso per il giorno del suo diploma e me l’ero tenuto per me. La notizia della sua partenza mi aveva completamente colto alla sprovvista.

Sentivo che mi stava sfuggendo dalle mani, sentivo di non avere tempo per rimediare al casino che avevo combinato, allora avevo lasciato perdere.

Santo Cielo, ero Damon Salvatore.

Io non aspettavo  che le cos venissero da sé, non guardavo il destino compiersi. Prendevo ciò che volevo, combattevo fino alla fine.

Sebben avessi sbagliato, anche Bonnie stava commettendo i suoi errori e non c’era motivo per cui dovessi tacere e non tentare il tutto per tutto almeno un’ultima volta.

Così mi diressi a casa sua e bussai ripetutamente alla porta.

Suo padre mi aprì e non si fece alcun tipo di problema a lasciarmi entrare. La mia espressione valeva più di molte altre parole.

Piombai in camera di Bonnie e la sopresi mentre stava finendo di riporre alcuni vestiti nel suo borsone.

“Tu stai scappando!” l’accusai.

Improvvisamente da imputato ero diventato giudice.

“Tu sei scappato” mi rispose, inquieta.

“No, io ero venuto per provare a sistemare le cose e tu mi hai informato che ti saresti trasferita dall’altra parte dell’atlantico”.

“Sto pensando a me stessa, al mio futuro” replicò.

“L’università di Atlanta non ti dispiaceva fino a poco tempo fa” le ricordai amaramente.

“Fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno che ti fossi alleato con la mia peggior nemica per ingannarmi”.

“Non significa niente!” le urlai “Sono stato uno stronzo, è vero. E mi dispiace, ho sbagliato. Credi che andartene ti servirà a qualcosa? Che imparerò la lezione? Tu non ti traferisci perché non ti fidi di me, te ne vai perché hai paura!”.

“Certo che ho paura!” affermò lei “Ho una dannata paura perché per la prima volta mi sono completamente dedicata a qualcuno, ho lasciato che le mie difese cadessero, ci ho creduto davvero e tu mi hai colpito al cuore”.

“Allora resta qui! Lotta per me. Dimostrami che tra i due sei tu quella forte, insegnami, non arrenderti con me” la pregai.

“Damon, questo va oltre te e me” disse “Mi ha totalmente distrutta scoprire della scommessa. Mi sono sentita di nuovo una ragazzina piagnucolona e ingenua e non voglio più tornare a essere quella persona. Questa esperienza mi serve per trovare un equilibrio, per avere il potere di decidere se stare male o no. Ed è una cosa che devo fare da sola”.

Era seria e tremendamente decisa.

Capivo la sue ragione, ma – diamine – era difficile lasciarla andare.

La guardai e mi resi conto che sarebbe passato molto tempo prima di averla di nuovo così vicino.

Le presi il volto con uno scatto repentino e la baciai e la tenni stretta, come se fossimo in mezzo alla burrasca e il vento me la volesse portare via.

“Sbrigati a laurearti e torna in fretta da me”.

Io l’avrei aspettata. Senza riserve, senza tentennamenti.

E forse, prima o poi, ci saremmo dimenticati dei tempi in cui ci odiavamo e saremmo tornati a essere solo Bonnie e Damon, ai confini del mondo.

 

Il mio spazio:

Ecco qui il penultimo capitolo della storia.

Beh sì…le cose non si mettono affatto bene. Bonnie è decisa a partire e Damon non riesce a trattenerla. Riusciranno a risolvere la situazione prima della fine?

Non sono riuscita a correggere il capitolo, sarà pieno di errori di battitura. Mi spiace molto, al mio ritorno provvederò subito a editare.

Oggi partirò per il mare per una decina di giorni quindi l’ultimo capitolo arriverà nella prima settimana di agosto.

Ho letto tutte le vostre recensione, purtroppo causa partenza non faccio in tempo a rispondervi e non avrò internet per tutta la settimana, ma risponderò non appena ritornerò a casa. Scusatemi tantissimo per questo “inconveniente”.

Se ci siete ancora, non si siete partite e avete voglia, lasciatemi il vostro parere e le vostre congetture.

Vi ringrazio tantissimo!!

A presto,

Fran;)

  
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