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Autore: LyraB    19/07/2014    1 recensioni
Il caso Doyle è più intricato del previsto: pochissimi sospetti, alibi di ferro e mancanza di prove. Non basterà nemmeno l'aiuto di una vecchia conoscenza del CBI per risolverlo, anche perchè nel frattempo John il Rosso ha deciso di tornare in campo, pronto a tutto pur di distruggere definitivamente il suo eterno rivale. Tra disegni su Disneyworld, tazze di tè ormai fredde e cartelloni di prima elementare, sarà l'ultimo incontro tra Jane e la sua nemesi. Un incontro che potrebbe rivelarsi più scioccante del previsto.
-- Seguito di "Scarpette Rosse"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Red John, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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La casa di Warren Doyle era una villa in quartiere residenziale nella campagna che circondava Sacramento, molto lontano dal CBI e ancora più lontano da Monterey. Era arredata in modo semplice e antiquato, con foto sbiadite in cornici impolverate e pochissimi altri oggetti d'arredo. Un solo spazzolino in bagno, una sola tazzina nel lavandino e il letto sfatto da un solo lato, con un piccolo flacone di sonniferi posato sul comodino, lasciavano intuire che non ci fosse nessun altro a vivere in quella casa.
"Era davvero una persona molto sola" pensò Teresa, posando una mano sullo schienale dell'unica poltrona davanti alla televisione "nessuno verrà a chiedere di lui".
Si sentiva toccata da vicino da quella situazione: solo qualche mese prima la sua vita era stata altrettanto solitaria, altrettanto aggrappata al lavoro; anche lei si sarebbe cercata un altro impiego, se fosse stata a un passo dalla pensione... l'idea di rimanere a casa senza niente da fare la faceva impazzire. Ora però si ritrovava a giostrarsi tra tutti i suoi impegni e tutti quelli di Dorothy e non aveva più problemi a prendere sonno: il solo toccare il cuscino la faceva crollare addormentata per la stanchezza.
- Tutto bene? -
La voce di Ray interruppe il filo dei suoi pensieri e Teresa trasalì:
- Certo. Scoperto qualcosa? - rispose.
Ray scrollò le spalle.
- Niente. Ma era una persona così anonima, mi aspettavo di non trovare granché - sorrise all'espressione dipinta sul viso di Teresa e continuò: - lo so a cosa stai pensando. -
- Io non credo. -
- Stai pensando a quanto la vita che avevi ti sembra vuota, adesso. -
Teresa lo guardò sbattendo le ciglia, chiedendosi come facesse ad aver letto davvero i suoi pensieri, ma Ray rispose subito alla sua muta domanda.
- Sono rimasto in contatto con molte persone, al CBI… e la solitaria e razionale agente Lisbon in compagna di una bambina non passa esattamente inosservata - disse con dolcezza - quanti anni ha? -
- Ne ha compiuti sei a maggio. -
Un attimo di silenzio seguì le sue parole, poi Ray commentò a bassa voce:
- È bello sapere che non sei sola, Teresa. -
I suoi occhi incontrarono quelli di lei e lo sguardo che le rivolse mise Teresa così a disagio da spingerla a troncare la conversazione a metà.
- Torniamo al CBI. Vediamo se ci sono novità - disse, avviandosi verso la porta.
Ray la afferrò per un braccio.
- Aspetta. -
Spaventata, Teresa non si permise nemmeno il tempo di un pensiero: si divincolò prima che Ray potesse fare qualunque cosa e uscì dall'abitazione senza voltarsi indietro neanche una volta. Fu solo quando fu nella sua auto, ferma ad un semaforo e diretta al CBI, che si concesse di respirare di nuovo profondamente: non capiva perchè Haffner dovesse sempre impegnarsi per metterla tanto a disagio, e soprattutto non capiva perché lei si concedesse di essere così nervosa in sua presenza.
Il semaforo diventò verde e Teresa fu felice di aver deciso di spostarsi con la propria macchina: per quanto la sua vita ora non fosse più vuota e solitaria, trovava ancora confortante stare ogni tanto per conto proprio, senza avere intorno colleghi tutti allusioni e occhiatine. Sfogò la sua frustrazione sul cambio, ingranando la prima così bruscamente da grattare, e imboccò la via del quartier generale.

Appena Teresa rientrò CBI, Grace le si avvicinò:
- Ehi, capo. -
- Novità? -
- L'agenzia di Haffner ci ha mandato tutti i fascicoli dei casi seguiti da Doyle: non sono molti. Io e Rigsby ce li siamo divisi, ci stiamo lavorando. -
- C'è qualcosa di interessante? -
- Purtroppo no. Sono tutti casi secondari, più che altro frodi e indagini private per cause di divorzio. Nessuno dei coinvolti è schedato, in più nessuno abita dalle parti di Monterey. -
Teresa sospirò.
- Continuate a cercare e convocate chiunque vi sembri un possibile colpevole. -
- D'accordo. -
- Hai visto Jane? -
- È arrivato mezz'ora fa, ma poi è sparito di nuovo. -
- D'accordo. Avvertimi se ci sono sviluppi. -
- Sicuro. -
Seduta nel suo ufficio davanti a un toast, Teresa pensò che non avrebbe fatto in tempo a staccare per le cinque: Grace e Wayne avevano ancora da contattare una mezza dozzina di persone e c'erano già due sospettati in sala interrogatori, pronti a rispondere alle loro domande. Sospirando decise che era arrivato il momento di telefonare alla baby sitter per chiederle di andare a prendere Dorothy a scuola.
La sedicenne baby sitter di Dorothy rispose dopo solo uno squillo.
- Juliet, ciao. -
- Agente Lisbon, buongiorno. Che posso fare per lei? -
- Non riesco ad andare a prendere Dorothy a scuola, oggi. Potresti pensarci tu? -
- Ma certo, non ci sono problemi. -
- Perfetto. Dovrei essere indietro per cena. -
"O almeno spero", aggiunse mentalmente.
Aveva appena riattaccato quando la testa bionda di Patrick comparve nel suo ufficio.
- Oh, ciao. Ti sei degnato di farti vivo, finalmente. Che hai scoperto? - gli disse.
- Scoperto? Niente, perchè? Avrei dovuto scoprire qualcosa? -
- Sei stato in giro tutto il giorno e speravo almeno che saresti tornato con qualche indizio, qualche sospetto, qualcosa di utile! -
Patrick si sitrinse nelle spalle:
- Sono rimasto in giro perchè è una bella giornata. Sulla strada del ritorno ho mangiato in una tavola calda dove fanno dei waffles deliziosi: te ne ho portati un po' - disse lanciandole un sacchettino di carta.
Teresa lo afferrò al volo, ma invece di lasciarsi addolcire dal pensiero del suo consulente, spostò il sacchetto di lato e si alzò irritata.
- Non li assaggi? - domandò Patrick deluso.
- Vorrei essere a casa il prima possibile e abbiamo due sospetti da interrogare: non abbiamo proprio il tempo di fare merenda - gli intimò, fulminandolo con gli occhi prima di uscire.
- Possiamo mangiarli mentre seguiamo gli interrogatori? - propose Patrick recuperando il sacchetto e seguendola fuori.


La prima dei due sospettati convocati al CBI era Lisa Stan, una donna sulla cinquantina che aveva chiesto all'agenza di Haffner di seguire il marito.
- Ho chiesto un investigatore privato perchè credo che Anton abbia un'amante. Sicuramente è una delle duecento squinzie adolescenti che fanno le segretarie nel suo ufficio di assicurazioni. E, giusto perchè lo sappiate, ho deciso di non incontrare mai di persona l'investigatore che seguiva la pratica: non volevo che mio marito pensasse che sospettavo qualcosa, altrimenti addio effetto sorpresa e addio alimenti. -
Giocherellando con il ciondolo della collana, osservava Kimball da sotto ciglia scure appesantite da molti strati di mascara.
- Mi dispiace per quest'uomo, ma io non ho niente a che fare con lui. Non lo conoscevo nemmeno - si giustificò.
- Dove si trovava stamattina tra le sei e le otto? - domandò Kimball.
- Sospettate di me? - esclamò la donna con orrore.
- È la prassi, signora Stan. Risponda, per favore. -
La donna alzò gli occhi al cielo, fulminò Kimball con uno sguardo feroce e poi rispose:
- Ero a casa mia, ancora a letto. Non mi alzo mai così presto. -
- C'è qualcuno che può confermarlo? Suo marito, magari? -
- No, Anton è a Philadelphia per lavoro. Ero da sola. -
Teresa, nascosta dal vetro a specchio della sala degli interrogatori, si voltò verso Patrick:
- Che ne pensi? -
- Secondo me è sincera - disse Patrick distratto, sbirciando nel sacchettino di waffles con l'aria di un bambino che vorrebbe arrivare al dolce senza mangiare la minestra.
Teresa gli strappò il sacchetto dalle mani e lo fissò con aria seria per obbligarlo a rispondere.
- E da cosa lo deduci? -
- Solo gli innocenti non si preoccupano di avere un alibi - disse Patrick.
- Tutto qui? -
- Tutto qui - replicò il consulente, approfittando della guardia abbassata di Teresa per sfilarle di mano il sacchetto di dolci e addentare una cialda prima che lei potesse dire o fare qualunque cosa.

Un'ora più tardi nella sala degli interrogatori c'era il secondo sospettato: Gregory Mendelev.
- Come mai la sua officina ha aperto a metà giornata, oggi, signor Mendelev? - chiese Wayne sbirciando il suo taccuino degli appunti.
- Dovevo fare l'inventario. - Disse l'uomo, pronunciando le parole con una spiccata cadenza dell'europa orientale.
- Non aveva avvertito i suoi clienti, però. È strano che una persona decida di punto in bianco di tenere chiuso il negozio, non le pare? I guadagni diminuiscono. -
- Gli orari del mio negozio e i miei guadagni non la riguardano, agente. - Disse l'uomo.
I suoi occhi grigi erano persi in un reticolo di rughe che si spandevano lungo il suo viso dalla carnagione chiara. Le unghie sporche di grasso per motori e la salopette da lavoro grigio scuro gli davano proprio l'aria del meccanico di officina.
- In che rapporti era con Warren Doyle? - Domandò Wayne, rendendosi conto che l'uomo non era particolarmente incline alla collaborazione.
- Mai sentito. -
- Eppure Doyle faceva delle indagini per lei. -
- Non sapevo che se ne occupasse lui. Ho pagato l'agenzia perchè scoprisse chi ruba attrezzi e materiali nella mia officina. - Scocciato, Gregory Mendelev si allungò sulla sedia, avvicinandosi a Wayne con aria irritata. - Senta, agente, non mi piace perdere tempo. Mi dica perchè mi ha convocato e facciamola finita. -
- D'accordo. Dove si trovava tra le sei e le otto di stamattina? -
- Nella mia officina. - Disse. - Facevo l'inventario, appunto. -
- Era da solo? -
- No. -
Wayne aprì il blocco degli appunti e iniziò a scrivere.
- Può dirmi con chi era? -
- Con Wilson. -
Wayne si appuntò il nome, interessato.
- E sarebbe? -
- Il mio cane. - Sbottò l'uomo, sogghignando.
Wayne sospirò, chiudendo il blocco.
- Ora posso andare? - Domandò il meccanico.
- Sì, certo. Si tenga a disposizione. -
Gregory Mendelev uscì dalla stanza borbottando qualcosa sul sistema sovietico che era entrato in vigore negli Stati Uniti negli ultimi anni e Wayne si stiracchiò, facendo scrocchiare le ossa del collo e allungando le gambe sotto il tavolo.
Teresa aprì la porta della sala interrogatori.
- Rigsby, vieni di là. Haffner ci vuole parlare. - Disse.













In questo capitolo abbiamo conosciuto i sospettati... avete già un'idea su chi sia stato?

Come sempre, grazie di aver letto e grazie in anticipo se vorrete anche lasciare un commentino.
A mercoledì per il prossimo capitolo. Bacibaci!

Flora
   
 
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