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Autore: Rosalie97    19/07/2014    2 recensioni
Cosa avrebbe detto Mike se l'avesse vista? Zoey era sicura che l'avrebbe odiata, guardata per sempre con disprezzo. Ma ora Mike non c'era più, ed a lei non restava che il suo peggior nemico.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Gwen, Heather, Mal, Zoey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Owen si svegliò di soprassalto, avvolto da quel caldo buio a cui si era ormai abituato. Circondato da quell’oscurità, sentiva accanto a sé i respiri calmi e regolari dei suoi compagni ed amici; Luana era poggiata contro la sua spalla, mentre lui se ne stava disteso su un morbido materasso. Si erano abituati a dormire nel retro del loro furgoncino, insieme alla radio, agli zaini pieni di scorte e tutti accalcati. Ma almeno c’era un lato positivo in tutto ciò: lì dentro erano al sicuro dagli scheletri e faceva caldo, non come fuori, che si moriva di freddo ed ogni due secondi si rischiava la vita.
Avevano scoperto che quando avanzavano con il furgoncino, sbarrati lì dentro e con i finestrini oscurati, gli scheletri non li guardavano nemmeno. A volte capitava che per sbaglio Luke ne investisse uno o due, e le altre creature si voltavano per guardarli, per poi andarsene, ignorandoli completamente. Brooke aveva ipotizzato tutto c’entrasse con il senso della vista. << Se non ci vedono per loro non esistiamo >> aveva detto.
Luana invece era intervenuta con un: << Secondo me c’entra anche l’odore. Noi siamo chiusi qui dentro, il nostro odore non esce dalle pareti del furgoncino, e loro non sentono altro che odore di gas di scarico. Ci girano alla larga e nemmeno ci guardano. >>
Owen aveva ringraziato il cielo di aver incontrato quel gruppo, che quella volta Brooke avesse fatto fermare la compagnia per andare ad aiutarlo. Se loro non lo avessero accettato, se lo avessero lasciato solo con se stesso in quel nuovo e pericoloso mondo, lui non si sarebbe salvato, lo sapeva. Fortunatamente però, il fato era stato dalla sua parte, ed ora aveva trovato le persone a cui teneva di più al mondo.
Scostò piano Luana, in modo di non svegliarla, e si tirò su a sedere. Poggiò il palmo sudato delle mani sul materasso. Vestito con la sua tuta da combattimento, gli sembrava di stare per sciogliersi. Il caldo che faceva era quasi insopportabile, ma, in confronto ai pericoli che si celavano fuori da quelle pareti, per Owen quel calore somigliava molto ad un paradiso.
Ad ogni respiro, le sue narici si riempivano dell’odore acre del sudore, misto a quello della benzina raccolta nelle taniche. Verso il fondo del furgoncino, ce n’erano a decine. Tutte piene fino all’orlo. Luke aveva fatto rifornimento, si erano preparati tutto per il viaggio, ed ogni volta che sulla loro strada incrociavano un distributore automatico, Brooke e gli altri, se ce n’era il bisogno, si occupavano degli zombie, mentre il vecchio, fischiettando riempiva le taniche vuote. Owen doveva ammettere che quell’uomo era veramente strano, quasi esilarante, nei suoi modi di fare. Chi mai, davanti ad una battaglia contro esseri sovrannaturali che tempo addietro erano stati umani si metterebbe a fischiettare tranquillamente?
Sorrise piano, scuotendo il capo, per poi alzarsi e raggiungere la piccola porticina che divideva la postazione del guidatore dalla parte posteriore del veicolo, dove lui ed i suoi amici dormivano. Luke restava sempre seduto al suo posto, sul sedile, una mascherina nera sul volto ed un giornale piegato sulle gambe. Gli altri ridevano sempre quando lo vedevano dormire, e con loro anche Owen.
Erano fermi sul ciglio di una strada, il vecchio aveva guidato per ventiquattr’ore senza mai chiudere occhio, e per questo, dato che l’uomo insisteva nessuno a parte lui guidasse il furgoncino, Brooke aveva deciso di fermarsi per dormire.
Afferrò la maniglia ed aprì lentamente la porticina, per poi mettere la testa dentro al piccolo abitacolo. C’era molto buio, e se non fosse stato per la luce azzurrognola delle lampadine poste sopra la loro testa, Owen non avrebbe visto ad un palmo di naso.
<< Luke? >> chiamò, per constatare se l’uomo fosse sveglio.
<< Si, sono qui >> rispose la voce profonda dell’altro, e Owen annuì, andando a sedersi al posto del passeggero.
<< Come mai sveglio? >>
<< Potrei farti la stessa domanda >> l’uomo portò gli occhi al ragazzo, che ricambiò l’occhiata.
<< Giusto. Mi sono appena svegliato e non riesco più ad addormentarmi >> rispose allora. << E tu? >>
<< Mi sono svegliato pure io. >> La voce dell’uomo tentava di essere indifferente, ma Owen notò che c’era sotto qualcosa.
<< Tutto okay, Luke? >>
<< Si… No… Ho avuto un incubo >> la voce gli tremò.
<< Un… incubo? >> Owen strabuzzò gli occhi. Un uomo come Luke che aveva paura degli incubi? Questa si che era nuova! << Tu, un incubo, paura… >> disse il biondo guardando l’amico con gli occhi spalancati e pieni di ciò che somigliava molto a completo sconvolgimento.
<< Non ho mai detto di avere paura. >> Il tono di voce del vecchio era beffardo e distante al tempo stesso. Owen lo osservò: i capelli grigiastri striati di bianco erano tirati elegantemente all’indietro, i piccoli occhi scuri erano stretti, le rughe d’espressione sul viso dalla pelle abbronzata lo facevano sembrare ancor più vecchio di quanto era in realtà e le labbra erano strette l’una contro l’altra.
<< Ma è così… >>
<< Non esattamente… >> Luke sospirò, abbassando il capo e mettendo fine a quella farsa. << Tu non conosci la mia storia. >> Non voleva essere un commento cattivo, ed Owen lo capì subito. Guardò davanti a sé puntando gli occhi nel buio sferzato dal vento gelido a cui loro erano celati grazie alle pareti del furgoncino.
<< Hai ragione, non conosco la tua storia >> disse annuendo.
<< Avevo una moglie >> replicò allora l’altro. Per un po’ non disse niente, ma quando Owen si stava apprestando a parlare, Luke aggiunse: << Ed una figlia. >>
<< Cosa… Cosa è successo? >>
<< Mi hanno lasciato >> Luke tirò su col naso, ed una lacrima gli scese lungo la guancia dalla pelle segnata da rughe. Ad Owen mancava il respiro, si capiva chiaramente che aveva sofferto e stava soffrendo anche in quello stesso momento.
<< Sono… Sono… >> il biondo non riusciva a parlare, sentiva un nodo in gola.
<< Morte. Non molto tempo fa… >>
<< Quanto? >> Non voleva fare quelle domande, si sentiva male se pensava che stava rivangando qualcosa che procurava sofferenza al suo amico Luke.
<< Due anni fa >> rispose il vecchio. << Mia moglie aveva cinquantatré anni, e mia figlia ventidue… Siamo stati coinvolti in un incidente stradale, era una nebbiosa mattina di novembre… Un camion… >> la voce gli si spezzò, e l’uomo scoppiò in lacrime, il volto distorto in un’espressione di puro dolore. Owen, senza dire una sola parola, si chinò verso di lui e lo abbracciò stretto.
<< Mi dispiace >> gli sussurrò.
<< Ed io… >> continuò l’altro, tra le lacrime, << le ho viste in piedi nel buio, e gli scheletri le circondavano… e… Melody…. >> non riuscì a finire la frase perché i singhiozzi ed il pianto ebbero la meglio, così rimasero lì per qualche tempo, mentre fuori dal furgoncino, quelle orribili creature si riversavano per le strade in cerca di cibo.
 
Heather aprì gli occhi, sbattendoli più volte e tentando di mettere a fuoco ciò che vedeva. Era distesa accanto ad Alejandro su delle coperte poste a terra, sull’erba, e sotto al capo aveva un morbido cuscino poggiato sopra ad un pezzo di un ramo caduto. Le lenzuola che la coprivano fino al collo non erano abbastanza pesanti e, seppur indossasse più strati di vestiti, il freddo che pareva aver preso controllo di quel mondo la faceva rabbrividire.
I suoi capelli neri erano raccolti in una coda alta, ma alcune ciocche erano scivolate fuori, e le ricadevano ai lati del volto. Il vento le alzava, e le singole ciocche le facevano solletico alle guance. Con la mano sinistra le scostò dietro alle orecchie, mentre puntava gli occhi neri sul paesaggio che li circondava.
Gli alberi erano alti, pieni di edere rampicanti e foglie grandi quando la sua testa, verdi e lucenti. Fortunatamente aveva smesso di piovigginare, e per questo, l’asiatica ringraziava il cielo.
<< Odio quella dannatissima pioggia congelata >> borbottò tra sé e sé, mettendosi a sedere.
Al centro dello spiazzo in cui si erano fermati, ardeva un fuocherello, circondato da sassi grigiastri grandi quanto la sua mano, e tra le fiamme ardevano legnetti che Izzy aveva trovato di qua e di là. Spesso l’asiatica pensava che la rossa somigliasse più a un animale che a un essere umano vero e proprio. Si arrampicava sugli alberi, salvata da un ramo all’altro come una scimmia oppure usava le liane, neanche fosse stata la reincarnazione di Tarzan.
Heather fece un verso disgustato, e sentì Alejandro scostarsi tra le coperte accanto a lei.
Intorno al fuoco erano radunati entrambi i gruppi, momentaneamente riuniti in un unico ammasso di caos. Avevano non uno, ma ben due capi, e, mentre Mattew e Cameron ascoltavano ed eseguivano ogni ordine di Izzy, Magda non veniva ascoltata da nessuno. Pareva una pazza, dava ordini a destra e a manca e si aspettava che tutti eseguissero senza fiatare.
<< Non mi sono fatta mettere i piedi in testa da Chris e nemmeno da Al, cosa le fa pensare che mi farò comandare a bacchetta da una pazza con il complesso della primadonna? >>
Puntò i suoi occhi neri su Zoey, che dormiva accoccolata a Mal sotto ad una coperta azzurra. Anche se era abbastanza lontana, Heather riuscì a scorgere il debole e dolce sorriso dipinto sul volto dell’amica. Invidiava Zoey, quella ragazza riusciva a trovare il lato positivo delle cose e ad essere felice anche durante un’apocalisse, nella quale, circa ogni dieci secondi rischiavano di morire mangiati vivi.
Accanto alla coppia, non molto distante, c’era una Magda solitaria. Se ne stava distesa sul fianco sinistro, aveva gli occhi chiusi e l’espressione pericolosa. Heather scosse la testa ed indirizzò gli occhi a Izzy. La ragazza era seduta, poggiata alla corteccia di un albero, gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta. Poteva sentirne il fievole russare, cosa che le dava leggermente sui nervi.
Cameron e Noah invece, erano raggomitolati schiena contro schiena, ed entrambi avevano il pollice tra le labbra.
<< Disgustosi, neanche fossero dei bambini >> commentò l’asiatica con un verso pieno di puro disgusto. Guardò Dakota e Mattew, poi, che se ne stavano entrambi distesi a pancia in su, la mano sinistra poggiata sull’addome e gli occhi chiusi rivolti al cielo scuro che a malapena riuscivano a vedere. Ogni tanto, quando camminavano, Heather alzava lo sguardo verso la distesa oscura che li dominava, ed a volte, scorgendo tra le grandi foglie degli alti alberi, riusciva a trovare dei punti in cui le nubi o erano d’uno strato più sottile o mancavano del tutto. Ciò poteva significare che l’uragano dell’apocalisse stava finendo, e magari con esso sarebbero giunti alla loro fine anche quegli scheletri orripilanti. Quando riusciva a vedere quegli spiragli, poteva notare, a volte e di notte, le stelle, disseminate per la grande distesa nera che veniva celata dalle nubi grigiastre.
Sospirò, guardandosi attorno. << Quanto vorrei che tutto questo finisse >> disse, per poi portare gli occhi alla sua destra. Quasi scattò in piedi dalla paura, e riuscì a trattenersi dal lanciare un urlo spaventato solo grazie al suo grande autocontrollo.
Alejandro la stava fissando, con quei suoi occhi color giada e quel suo sorrisetto, che stavolta aveva qualcosa di diverso: sembrava felice, ed Heather non ne capì il motivo. Si trovavano al centro di una dannatissima apocalisse, diamine, come faceva ad essere felice della situazione che stavano vivendo?
<< Sei bella quando pensi >> disse mentre lei deglutiva, facendola quasi strozzare.
<< Come mai tutto questo romanticismo, Burromuerto? >> Domandò lei guardandolo con un sopracciglio inarcato e distanziandosi un pochino da lui.
<< Non c’è un motivo preciso >> l’altro alzò le spalle, << mi andava solamente di dirtelo. >>
<< Volevi farmi prendere un infarto, vero? So quali erano i tuoi loschi piani >> commentò l’altra alzando il mento dignitosamente.
<< Quanto ego in una sola persona… >> replicò lui, facendo finta di essere disgustato. La loro relazione era così, andava da un estremo all’altro. O passavano il tempo a litigare come due bambini o si dicevano cose talmente smielate che neppure Zoey e Mal avrebbero potuto far loro concorrenza.
<< Parla Mister-Modestia >> replicò Heather scostando il lenzuolo bianco disseminato di piccoli disegnini di unicorni di ogni colore e si alzò in piedi. Si chiedeva chi mai avrebbe comprato un lenzuolo simile a quello, ma quando guardava Zoey, si rendeva conto che tali pazzi esistevano. Solo, non le andava giù il fatto fosse toccato a lei usarlo per dormirci.
<< Dove hai intenzione di andare? >> Alejandro scattò in piedi e guardò Heather negli occhi, dicendole mentalmente di non fare qualcosa di altamente stupido.
<< A fare una passeggiata >> replicò Heather allora, alzando le spalle, come se fosse normale aggirarsi di notte in una foresta comparsa dal nulla, al centro di un’apocalisse e tallonati da creature assassine simili a scheletri che volevano divorarli vivi.
<< A fa… A fare una passeggiata?! >> Urlò l’altro, e la ragazza scattò verso di lui.
<< Tieni bassa quella voce, idiota, non vorrai svegliare gli altri! >>
<< Se in questo modo posso evitarti di fare il più grande errore della tua vita, si, ho intenzione di svegliarli. >> Al si stava apprestando ad urlare quando lei scattò in avanti e posò le labbra su quelle di lui. Il latino americano non poté far altro che rispondere al bacio, ed una volta che l’asiatica si fu scostata, le sorrise, per guardarla subito dopo in modo sospettoso. << Mi hai baciato solo per farmi tacere, vero? >> Replicò allora con un sorriso, vergognandosi del fatto di essere caduto della trappola della sua peggior nemica e ragazza che amava.
<< Si >> rispose allora lei alzando il mento e ridendo. << Avanti, di cosa hai paura? Non mi allontano, voglio solo prendere una boccata d’aria. >>
<< Di aria ce n’è già a sufficienza >> rispose l’altro, portando gli occhi al fuocherello rosso che ardeva al centro del loro accampamento. Era circondato completamente di pietre, in modo che il vento freddo non lo facesse spegnere. Sapevano che era un rischio lasciarlo acceso, ma faceva troppo freddo per rinunciarci. << E Zoey e Mal si sono anche addormentati. Che razza di guardie sono?! >> protestò. << Se quelle creature ci avessero attaccati saremmo tutti morti a quest’ora. >> La sua voce era aspra, piena di ira. Se solo pensava al fatto che Heather, la sua Heather, aveva rischiato la vita per colpa di quei due cretini che non riuscivano nemmeno a stare svegli qualche ora di guardia, la rabbia prendeva possesso del suo corpo e del suo cuore.
<< Lasciali stare, non è successo niente >> replicò l’asiatica, per poi afferrare il grande coltello dalla lama ricurva e molto pericolosa che usava come arma contro gli scheletri ed avviarsi verso gli alberi.
<< Heather, smettila, non andare lì, sii saggia per una volta >> Alejandro afferrò a sua volta il suo coltello e si apprestò a seguirla.
<< No >> disse solamente lei, continuando a camminare scostando le grandi foglie. Il coltello appeso al suo fianco sinistro dondolava e sbatteva contro la sua gamba ad ogni suo passo ed ogni volta che scavalcava un masso posto a terra. In lontananza, nella foresta, la nebbia saliva da terra, e tutto aveva una sfumatura bluastra. << Mi ricorda un dipinto di mia cugina, questa foresta. Manca solo il cervo e la luce della luna che filtra tra gli alberi >> disse ad Alejandro con un tono di voce molto tranquillo, come se la situazione fosse stata normale. << Chissà dove sono ora, se stanno bene… >>
<< Ti interessa di loro? >> replicò acidamente Al, e lei girò di scatto la testa verso di lui. Si erano già allontanati di un po’ dallo spiazzo in cui si erano accampati, e per questo la luce rossastra delle fiamme del falò sembrava distante, illuminava la via come una promessa per la salvezza.
<< Si, ovvio che mi interessa di loro. Sono la mia famiglia, Al, smettila di fare il cretino. Sono sempre stata molto legata a mia madre, e tu non ti azzardare mai più a dire una cosa del genere! >> Il suo tono di voce era pieno di odio, ed Alejandro capì di aver fatto un errore, un grave errore.
<< Scusami, non volevo dire… >> la guardò, e si sentì in colpa, << non volevo insinuare che… Io… Scusami. Spero che la tua famiglia stia bene, anzi, sono sicuro che stiano bene. >>
Lei lo guardò ancora per qualche secondo, e dopodiché, senza dire una parola, scattò verso di lui. Gli poggiò le braccia sulle spalle ampie e gli si avvicinò, poggiandosi contro il suo petto. Posò delicatamente le labbra su quelle di lui, che rispose al bacio ed a sua volta la strinse a sé. Anche in quel disastro, in quell’orribile e spaventosa situazione, loro stavano bene, perché avevano l’un l’altro.
<< Secondo te dovremmo tornare all’accampamento? >> disse scostandosi da lei, ansimando per via del bacio lungo ed appassionato che si erano scambiati.
<< Si, dovremmo, ma non sarà quello che faremo >> rispose lei, sorridendo e bloccando Al contro la corteccia del grande albero lì accanto.
 
<< No! Chris! >> Urlò Gwen, mentre lei e Duncan si tenevano strettamente per mano. Si trovavano fuori, nel bel mezzo di una tempesta di sabbia con i fiocchi. La “loro” casa era stata presa dagli scheletri, ed erano riusciti a scappare per miracolo.
<< Gwen, lascia stare, è perduto! >> urlò Duncan.
Chris era stato inghiottito dalla tempesta, l’avevano perso di vista, e tenere gli occhi aperti in quel caos era impossibile. I foulard che avevano avvolti attorno al capo non servivano a molto, ma permettevano loro di riparare il viso dalla furia della tempesta di sabbia che aveva attaccato le isole Hawaii.
<< No, non possiamo lasciarlo al suo destino! >> Urlò nuovamente lei, guardando Duncan, anche se non riusciva quasi a vederlo con tutta quella terra terra che veniva alzata dal vento ora non più gelido ma caldissimo. Pareva di trovarsi in un deserto invece che nel centro di Honolulu. Le case parevano scomparse, e dal nulla era apparsa quella sabbia, che aveva formato dune su dune. Come era possibile? Cosa stava succedendo? Chris aveva formato una teoria, quella che il clima del mondo stesse radicalmente cambiando, e la cosa, se rispecchiava ciò che stava accadendo in realtà, non era per niente positiva.
<< Gwen >> disse allora il ragazzo, afferrandola per le braccia ed avvicinando il viso avvolto nel foulard a quello di lei, << non c’è speranza. Dobbiamo andare, gli scheletri ci stanno alle calcagna, ed io ho paura che qui si formi un tornado. Dobbiamo trovare un rifugio. >>
<< Ma Chris… >>
<< Mi dispiace tanto per Chris, ma non possiamo rischiare. Ho promesso che ti avrei salvato, che ti avrei mantenuta in vita, e così farò. >> Dopo aver parlato, afferrò di nuovo il polso della ragazza e cominciò a trascinarla con sé verso la salvezza, mentre lei, singhiozzando piano, si guardava alle spalle in cerca dell’uomo che aveva loro permesso di salvarsi la vita. Non le pareva giusto abbandonarlo, ma Duncan aveva ragione. Quella non era una sfida del reality, non era un gioco, era la vita reale, ed era una questione di vita o di morte. Se avessero tentato di salvare Chris, sarebbero inutilmente morti anche loro.
 
Quando si svegliarono, era già mattino, avevano dormito per ben più di tre ore.
Heather aprì lentamente gli occhi, sbattendo piano le palpebre. Un sorriso era dipinto sul suo volto, e sospirò piano, avvolta dalle forti braccia di Alejandro. La notte prima era sicura sarebbe stata indimenticabile, non l’avrebbe mai scordata, e non vedeva l’ora di raccontare i dettagli alla sua migliore amica, Zoey. Perché si, anche se la rossa era sdolcinata ed una inguaribile romantica, Heather le voleva bene come ad una sorella.
<< Al >> toccò la spalla del ragazzo, che lentamente e con un sonoro sbadiglio si svegliò.
<< Ciao, chica. Dormito bene? >>
Lei ridacchiò, << Si, dormito bene. Ma forse ora è meglio che ti svegli, è meglio raggiungere… >> prima di finire la frase, Heather si bloccò. Si guardò attorno facendo andare la testa a destra e a sinistra, velocemente, e scattò immediatamente a sedere. Cosa diavolo era successo?
<< Al! >> Urlò, spaventata, e lui scattò in avanti, scostandosi dalla corteccia dell’albero a cui era poggiato.
<< Cosa… Ma… >>
<< C’è la luce! È mattino! >>
Attorno a loro non c’era più il solito buio di sempre, anzi, tutto aveva assunto una sfumatura azzurrognola, il tipico colore delle prime ore del mattino.
Heather fece scattare verso l’alto la testa, e tra le foglie, stavolta di gran lunga diminuite, degli alberi altissimi si poteva vedere il cielo. Era bluastro, mentre si avviava a schiarirsi.
<< Cosa… diavolo… è successo?! >> Esclamò voltandosi di colpo verso il ragazzo. Entrambi scoppiarono a ridere e scattarono in piedi. Si presero per mano e corsero verso l’accampamento, non vedendo l’ora di vedere i volti dei loro compagni, ma quando giunsero allo spiazzo, i loro cuori si fermarono. Heather quasi cadde a terra, si strinse il petto all’altezza del cuore con la mano sinistra, mentre l’organo batteva forte e le mandava fitte di dolore per tutto il corpo.
<< Cosa è successo?... >> sussurrò disperato Alejandro. Il loro accampamento era vuoto, il fuoco era stato spento velocemente, a terra c’erano ancora le lenzuola, mentre alcuni zaini erano spariti. Non c’era minima traccia dei loro compagni, erano soli.
<< Ci hanno… Ci hanno abbandonato? >>
<< No, non l’avrebbero mai fatto, lo sai questo, Heather. Qui è successo qualcosa >> disse Al, << qualcosa di veramente brutto. >>
<< Ma… >>
<< Guarda com’è questo posto, alcuni zaini sono ancora lì, le coperte e i cuscini buttati per aria… Se ne sono andati di fretta e furia. Io… Io penso li abbiano attaccati. >>
Heather trasalì, sentendo le parole di Alejandro. << Sono… Sono stati attaccati, e noi non eravamo con loro! Se ne sono andati e noi siamo soli! >> Si coprì le labbra con la mano destra, liberandola dalla presa del ragazzo, e scoppiando in singhiozzi. In una situazione normale, lei non avrebbe mai pianto, ma quella non era affatto una situazione da definirsi normale, e quindi, era convinta di potersi permettere di scoppiare in lacrime come una bambina.
<< Al… >> piagnucolò, ed il ragazzo la prese tra le braccia, circondandola e tenendola stretta a sé.
<< Shh, Heaty, va tutto bene >> le disse, usando un nomignolo che non le aveva mai affibbiato. Questo non era come “chica”, non era un affettuoso modo di prenderla in giro, era un vero nomignolo pieno di amore.  << Andrà tutto bene >> le passò la mano destra sulla schiena, mentre con il braccio sinistro le circondava la vita. << Vedrai, ogni cosa andrà bene. Ci sono io, non importa che gli altri ci abbiano lasciati, non importa >> le disse in modo molto affettuoso. << Siamo noi due, stiamo bene, è questo che conta. >>
Lei per tutta risposta continuò a singhiozzare, finché il ragazzo non si scostò e le afferrò il mento, per guardarla negli occhi.
<< Heather >> la chiamò, e lei lo guardò, trattenendo le lacrime. Non sapeva nemmeno più perché stava piangendo, se per Zoey, o per il mondo in cui era costretta a vivere, per aver perso i suoi familiari, per se stessa o solamente per sfogarsi, fatto stava che non riusciva più a smettere. << Guardami negli occhi, le disse >> e lei agganciò il suo sguardo a quello di lui. << Gli altri ci hanno lasciati, ma io non lascerò mai te, sappilo, questa è una promessa. Io ti salverò a qualsiasi costo, perciò smettila di piangere, perché non ne hai motivo. Ci sono io al tuo fianco, e sarà così per sempre. >>
Restarono per qualche secondo a guardarsi, finché Heather non esordì con un:
<< Andiamo a cercare la mia famiglia? >> Due lacrime scesero una dopo l’altra sulla sua guancia, per poi unirsi in una sola, che scese fino al collo.
<< A… A Toronto? >>
<< Si, andiamo a cercarli >> il modo in cui disse la frase sembrò tanto una supplica, e l’aspetto con cui appariva Heather era quasi penoso, e per questo, guardandola, Al non poté che alzare gli occhi al cielo, sospirando.
<< Hai idea di quanto sia distante da qui Toronto? Non abbiamo neanche una mappa! >> Heather per tutta risposta indicò uno zaino.
<< Quello è lo zaino di Zoey, lì dentro c’è una mappa dettagliata. >>
Lui si voltò di scatto, per poi riportare gli occhi sulla ragazza, che ora non stava più piangendo ma che lo guardava in attesa di una risposta.
<< Toronto eh? >>
<< Si. >>
Passò qualche secondo. << E va bene… Prendiamo ciò che gli altri hanno lasciato e cerchiamo un’autostrada ed un’auto. >>
  
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