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Autore: OttoNoveTre    20/07/2014    3 recensioni
Poco oltre una curva, in mezzo alle pannocchie comparve uno spiazzo occupato quasi del tutto da una vecchia roulotte. Davanti alla roulotte c’era una (vecchia) macchina con il cofano spalancato. Qualcuno aveva messo dei gerani sopra la porta di ingresso, una macchia rossa che ravvivava il bianco sporco e smangiucchiato di tutto il resto. La porta era spalancata e sulla soglia c’era un giradischi.
Genere: Commedia, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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I Beatles erano di vedetta

 

Quando era arrivato il coraggio, era sparito lui. Cominciai a camminare verso nord.

Di fronte davanti allo specchio, si girò sul lato destro. Tornò di fronte, si girò sul sinistro.
Merda.
- Ehi, è chiuso da mezz’ora, che cazzo combini lì dentro? Sarai mica un drogato del cazzo!
Rimbombarono una serie di colpi sulla porta di lamiera, seguiti dal suono della maniglia che si abbassava a vuoto qualche volta.
Riaggiustò in fretta il vestito, tirò a vuoto lo sciacquone, riprese in mano la sacca e girò la vecchia chiave. Aveva un pupattolino Kewpie come portachiavi.
- Non si può nemmeno più pisciare in pace, adesso?
L’uomo, che stava per picchiare di nuovo sulla porta, fece un balzo indietro e si sistemò la visiera del cappello, imbarazzato.
- Miss, scusami, non gira mai bella gente in questo posto.
E chi ti dice che io sono bella gente? Ma lo pensò e basta. – Quel camion nel parcheggio è il tuo? – disse invece ad alta voce.
- Dove devi andare, miss?
Fece spallucce. – Dove vai tu.
- Io non mi muovo da qui, miss, ho un’officina lì, dietro l’angolo della strada. Il camion è del vecchio Buck, arriva il mercoledì e riparte giovedì mattina, ma lo sa il Signore se preferirei vederti morta che a fare un viaggio col vecchio Buck. Dammi retta miss, non gira mai bella gente in questo posto.
- Hai una sigaretta?
- Dove devi andare, miss?
- Se non ce l’hai fa lo stesso.
- Abbiamo il pastore Holmes in città. È un tipo in gamba il nostro pastore.
- Fa lo stesso.
Si caricò il borsone in spalla e lasciò il capanno di lamiera nel parcheggio del benzinaio.
Il paese stava già per finire. Superò un’altra manciata di case e proseguì in mezzo ai campi di granturco che circondavano “Chuttle, abitanti 251”.
Più due.
Superò il cartello.
Meno due.
La strada era stata asfaltata in qualche modo, e l’asfalto le bruciava di più le suole delle scarpe. Si spostò sul ciglio della strada e proseguì sulla terra coperta di erba e foglie di pannocchia.
Il sole picchiava oltre le possibilità del fazzoletto di stoffa che si era annodata in testa. Cercò di camminare all’ombra delle pannocchie, che la superavano di qualche palmo, ma era mezzogiorno e le ombre solo una striscia verde scuro, accanto al verde brillante e all’asfalto lucido di umidità. Si fermò un attimo per massaggiarsi la schiena.
Un fruscio fendette il campo accanto a lei, mettendola in allarme. Tastò la tasca esterna della sacca, fino a trovare il manico del coltello che aveva rubato dalla cucina, prima di partire.
- Ah, ciao brutto scemo.
Qualche metro davanti a lei era sbucato un bastardino, che come massima minaccia scodinzolava con la lingua a penzoloni. Si avvicinò trotterellando, annusò con interesse la mano che gli era stata porta. Aveva il pelo umido, doveva esserci dell’acqua nei paraggi.
- Non vuoi dire dove ti sei fatto il bagno a un’altra povera vagabonda?
Il cane le leccò il palmo qualche volta. Era proprio brutto, con il pelo né lungo né corto, color fango e ispido.
Un fischio acuto ruppe il silenzio di mezzogiorno. Il cane scattò sull’attenti e si girò nella direzione in cui era arrivato. Era indeciso: continuare a leccare la mano della sconosciuta o obbedire? Un secondo fischio ruppe gli indugi.
Ma, dopo aver trottato un centinaio di metri, il bastardino si voltò a guardarla.
- Adesso arrivo.
Poco oltre una curva, in mezzo alle pannocchie comparve uno spiazzo occupato quasi del tutto da una vecchia roulotte. Davanti alla roulotte c’era una macchina altrettanto vecchia, con il cofano spalancato. Qualcuno aveva messo dei gerani sopra la porta di ingresso, una macchia rossa che ravvivava il bianco sporco e smangiucchiato di tutto il resto. La porta era spalancata e sulla soglia c’era un giradischi.

If I give my heart
To you
I must be sure
From the very start
That you
Would love me more than her

Il disco era vecchio e la voce gracchiava, ma aveva anche una strana distorsione, che si spiegò solo quando dal cofano spalancato sbucò una ragazzina in salopette, con le mani unte fino ai gomiti di olio da motore. Cantava assieme al disco, con una vocina acuta ma intonata.
- 'Cause I couldn't staaand the pain and I would be sad if our new love was in vaiiin. Pare il modo di fare? Sparirci così?
Il bastardino era corso fino alla scaletta della roulotte e si era accucciato accanto al giradischi, senza curarsi dei rimproveri. La ragazzina si asciugò il sudore dalla fronte, ottenendo solo di impiastricciarsi la faccia di nero. Tentò di pulire le braccia nella salopette, e fu allora che notò la presenza di un altro essere umano.
- Ehi miss! Non stare lì impalata che a quest’ora il cervello ti scoppia come un popcorn. Via di lì che facciamo sedere la miss! – cacciò con un una pedata il bastardino, che protestò debolmente e poi si rifugiò sotto la roulotte.
- Non voglio disturbare.
- Scherzi, miss? Il vecchio ha fatto la limonata stamattina, aspetta che vado a prenderla dopo che mi pulisco.
Accanto alla roulotte c’era un vecchio bidone. La ragazzina ci tuffò testa, braccia e torso, poi ne uscì di nuovo gocciolante e leggermente più pulita di prima. Si scrollò come un cane.
- Trovi solo me, miss, sono tutti via chi per poco chi per molto. La limonata del vecchio è la migliore, ne porta sempre una bottiglia anche a Sammy, quando gli sbirri la fanno passare. Credono sia liquore e se lo vogliono bere loro, schifosi. Sammy già non è giusto che è andato in prigione e non gli fanno nemmeno bere la limonata. Ormai se la prendono anche con la brava gente.
- Mi hanno detto che non gira mai bella gente in questo posto.
- Te l’ha detto uno sbirro, miss?

I don't need to hug or hold you tight
I just want to dance with you all night
In this world there's nothing I would rather do
'cause I'm happy just to dance with you

La ragazzina spinse il giradischi dentro la roulotte e si sedette accanto a lei, porgendole una tazza piena di limonata. Aveva i capelli rossicci e gli incisivi di sotto accavallati. La salopette cominciava a diventare troppo piccola, così aveva legato alle bretelle due pezzi di spago per allungarle fino ai bottoni. Sotto le unghie aveva uno strato di terriccio e olio da motore, che nemmeno la lavata nel bidone aveva tolto.
Le tornò in mente ms Peverett, la signora maestra, che diceva sempre che lei riusciva a far rimanere in testa le cose a tutti, ma non alle bambine con lo sporco sotto le unghie.
- Buona, no miss? Anzi, come ti chiami?
- Shirley.
- Che nome da miss, miss Shirley. Io sono Bobbie Joe. E dove te ne vai?
Hanno bisogno tutti che vada da qualche parte. Di nuovo, ad alta voce non disse nulla. Sorseggiò ancora un po’ di limonata.
- Io tra poco vado a New York, invece, quando la carretta è pronta. Sai, al concerto.
- Concerto di chi?
Bobbie Joe sgranò gli occhi e spalancò la bocca, come se qualcuno avesse appena bestemmiato a metà del sermone.
- Tu scherzi, miss.
Shirley scosse la testa, divertita per la reazione esagerata.
- Aspetta, te lo faccio indovinare. Allora, - Bobbie Joe si passò le mani nei capelli, in modo da formare una specie di frangia, - mi sono tagliata i capelli come loro, dai, è facilissimo.
Sembrava il vecchio mocio di casa, ma Shirley pensò che fosse meglio tenere per sé anche quella risposta. Scosse la testa di nuovo, con un mezzo sorriso di scuse.
- E se faccio così? – Bobbie Joe spostò la puntina sull’inizio del disco, e cominciò a cantare di nuovo sopra la voce: - It's been a hard day's night and I've been working like a dooog. – accompagnò al canto una chitarra immaginaria.
Il bastardino, sentendosi chiamato in causa, aggiunse un ululato di accompagnamento. Shirley guardò di nuovo il giradischi gracchiante e si diede della stupida.
- Ah, i Beatles.
Gli occhi di Bobbie Joe si illuminarono. – Allora piacciono anche a te, miss!
- No, - Shirley decise per la verità, - ho letto il nome sul disco. Però canti bene.
- Quando hanno messo Sammy in galera, questo non lo dire a nessuno, miss, ero contenta che il carcere qui vicino era pieno, così l’hanno spostato a Waco, e almeno il reverendo ci ha prestato la macchina e siamo andati tutti fino a Waco, e dato che siamo stati fuori tutto il giorno il vecchio ci ha anche comprato gli hamburger e le patatine in uno di quei ristoranti con le sedie di plastica colorata. Alla fine non erano così buoni, ma dalla finestra si vedevano passare le macchine, e ce n’erano tante nuove. Ma nuove sul serio, non che uno le aveva riverniciate.

Whoa, whoa, I never realized what a kiss could be
This could only happen to me;
Can't you see, can't you see?
That when I tell you that I love you, oh,
You're gonna say you love me too, hoo, hoo, hoo, hoo, oh,
And when I ask you to be mine,
You're gonna say you love me too.

– Giù al bar hanno la televisione, ho visto il concerto che hanno fatto l’anno scorso. Sono arrivati con l’aereo, poi hanno fatto vedere che li portavano in macchina all’albergo e passavano davanti a tutti quei grattacieli. E poi, poi cantavano. C’era così tanta gente, ma credo che quando sarò in prima fila mi sentirò da sola, come se cantano solo per me. Ho messo via i soldi, mi sono presa dei jeans blu e una maglia a righe rosse e bianche, un foulard alla francese e delle ballerine di vernice nera. E poi andrò a mangiare di nuovo un hamburger in un posto tutto nuovo con i neon e le sedie di plastica.
- Sembra un viaggio molto bello.
Shirley finì la limonata e stirò di nuovo la schiena, che si era indolenzita di nuovo. Bobbie Joe le riempì di nuovo la tazza.
- Però non dovresti proprio andare in giro a quest’ora se sei messa così, miss Shirley.
Shirley quasi scattò in piedi. D’istinto si tirò il vestito sulla pancia e ci incrociò davanti le braccia.
- Ci è rimasta fregata anche Bobbie Sue, due anni fa. Il pupo però poi è tranquillo, solo a volte tira le penne alle galline, e allora il vecchio sì che si arrabbia. Poi almeno c’è Johnny Boy che dà una mano, adesso che Sammy è in galera. È stato bravo il reverendo, li ha sposati nel tempo in cui il vecchio cercava le cartucce della doppietta.
- Io non sono sposata. – disse Shirley come se quello spiegasse perché camminava da sola, con una sacca, sotto il sole di mezzogiorno.
- Almeno lui lo sa che c’è una pagnotta in forno?
Una pagnotta. Pagnotta di pane nero, però. Shirley non lo disse nemmeno questa volta ad alta voce, ma non riuscì a trattenere una risata, perché in qualche modo il paragone la metteva di buon umore, perché sembrava una cosa innocua un fornaio che mescolava farina bianca e nera per fare la pasta. – Si chiama Noah. – disse a voce alta a Bobbie Joe. - E ha fatto bene a scappare anche lui.
- Stai andando a cercarlo?
Shirley fece spallucce.
Bobbie Joe finì il resto della limonata direttamente dalla brocca.
- Io l’ho deciso adesso, dove te ne vai. Vieni con me a New York a sentire loro. E se lui non è scemo, per me ce lo trovi.
- Cosa? – Shirley guardò Bobbie Joe con le sopracciglia aggrottate.
- Dico sul serio, la carretta è grande e in due ci dormiamo bene.
Era come se si stesse offrendo di adottarla, come si farebbe con un gatto. Ed era strano, perché Bobbie Joe per prima sembrava un cane randagio, che avrebbe avuto tanto bisogno di un antipulci e di una lavata. O almeno di un paio di jeans e di una maglia a righe rosse e bianche.

If I trust in you
Oh please
Don't run and hide
If I love you too
Oh please
Don't hurt my pride like her

'Cause I couldn't stand the pain
And I
Would be sad
If our new love was in vain

- E se il bambino nasce al concerto puoi chiamarlo Liverpool.
- Eh?
- Liverpool, da dove vengono loro! – di nuovo, il tono di Bobbie Joe era severo come quello del prete che scopre alla scuola domenicale che non conosci il primo comandamento. - Lo so, ho pensato che possiamo usare anche John, Paul, George o Ringo, o anche Lennon è bello. Però Liverpool va bene se è un maschio ma anche se è una femmina.
- L’hai proprio pensata bene.
- Mica sono scema io. Io lo so quante paia fanno tre buoi.

Mi convinse perché, quando parlava di loro, aveva gli occhi che riflettevano tutte le meravigliose possibilità che possono stare in un sogno.

 

 

 

 

La tana di Otto
Auguri Ros/Jo Lupo! Per l'occasione, ho rispolverato un'idea vecchissima, ma proprio giurassica.
La prima volta che è venuta fuori la ragazza incinta che insieme alla redneck va a vedere il concerto dei Beatles mi è venuta in mente alle medie (ovvero quando mi è capitata in mano la prima cassetta con le canzoni dei Fab Four). Allora non avevo scritto nulla, esiste da qualche parte un disegno di loro due, e il vago ricordo che si andava a parare platonicamente nel femslash. Essendo che la signorina Dragana mi ha spinto a fare due più due con il compleanno di Jo Lupo, ho provato qualche anno dopo a rispolverare i personaggi.
(block) Notes:
- Il concerto dove vuole andare Bobbie Joe è quello del 15 agosto 1965, secondo tour americano dei Beatles, unica tappa a New York.
- La battuta “so quante paia fanno tre buoi” è in realtà del film Il viaggio della sposa.
- Tutte le canzoni messe nella storia sono dell’album It’s been a hard day’s night.
- Il titolo è una citazione di John Lennon: “Eravamo tutti sulla stessa barca: una barca che andava alla scoperta del Nuovo Mondo. I Beatles erano di vedetta.”
La storia è una one shot che potrebbe valere anche come prologo, ma conoscendo la mia pigrizia credo che rimarrà così.
Sperando di non aver combinato casini perché la vera Beatles-fan è la signorina che compie gli anni, le faccio di nuovo i miei auguri!
Grazie a Dragana che ha avuto fiducia nel rispolvero dell'idea e che mi ha betato, e grazie a chi si è fermato a leggere.

   
 
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