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Autore: Mely_Watson    20/07/2014    6 recensioni
A volte si finisce nell’oscurità, e quando questo accade, è davvero difficile uscirne.
Michael e Luke erano caduti in quel vortice di malinconia.
Erano caduti nell'oscurità. Quest'ultima si era attaccata alla loro anima, e li stava distruggendo lentamente.
Calum e Ashton rappresentavano per loro la salvezza.
Ma i due riusciranno a tornare a galla dalle tenebre?
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Tratto dalla storia :
“Che c’è?” Chiese l’amico.
Dato che non arrivava nessuna risposta da parte del biondino, Michael decise di seguire il suo sguardo.
Si ritrovò a fissare una ragazza. Bella, ma invisibile.
Se ne stava in piedi in un angolo del corridoio, con gli occhi sul suo orario senza però guardarlo davvero.
Era come se volesse scomparire. Come se volesse fondersi con il muro dietro di lei.
“E’ lei” Disse Luke.
In quel momento Allyson alzò gli occhi, gettandoli in quelli di Michael, che ebbe un impercettibile tremito.
“Dobbiamo proprio aiutarla” Sussurrò piano, rivolto a Luke.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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                                                                    IO NON SO SPERARE



                                                                                     

                                                                             ALLYSON


Era piacevole sentire l’erba accarezzare i palmi delle mie mani. L’odore della natura invadeva le mie narici da quasi cinque minuti. Ed erano proprio cinque minuti che le mie orecchie non percepivano alcun suono, se non quello di qualche occasionale massa d’aria che si spostava, e andava a giocare con i miei capelli.
Riaprii gli occhi, che da cinque minuti erano completamente chiusi, e mossi di poco il capo verso destra. Dalla mia posizione riuscivo a vedere il corpo di Ashton steso accanto al mio, con gli occhi persi fra le nuvole.
Anche se non riuscivo a vederlo, sentivo Luke seduto dietro di me e sapevo che mi stava guardando. Sentivo i suoi occhi esaminare ogni singolo pezzo del mio corpo, ma non era una cosa che mi infastidiva.
E anche se non li vedevo, sapevo pure che Michael e Calum erano distesi sull’erba, uno affianco all’altro, poco distanti da me.
E sì, nessuno parlava.
Ma il nostro non era un silenzio colmo di imbarazzo. Era un silenzio davvero piacevole. Meglio di un miliardo di parole.
Parole.
Chissà quante parole diciamo nella nostra intera vita.
E chissà quante parole rimangono, e quante se ne vanno via.
“A cosa pensi Luke?” Ashton aveva interrotto l’atmosfera che si era creata in quel parco giochi.
Si era girato a guardare il biondino, che senza rivolgergli lo sguardo disse in un sussurro “Alla speranza”.
Lo disse così piano che per un po’ mi chiesi se davvero avesse pronunciato quelle due parole.
“Cosa pensi che sia la speranza?” Con quella domanda Calum mi fece capire che Luke aveva davvero parlato.
“Qualcosa di fresco e caldo allo stesso tempo”
Una persona normale avrebbe semplicemente pensato “Questo è pazzo”, ma noi eravamo tutto –tutto- tranne che normali.
E così nessuno osò ridere a quell’affermazione, perché questo momento non aveva niente di buffo.
“Per me la speranza è bianca” Disse Michael.
“Secondo me speranza è brillare” La voce di Calum mi arrivò vellutata, soffice.
“La speranza è irraggiungibile” Mi voltai verso destra trovando il volto di Ashton, contratto in un espressione indefinibile. Era come se cercasse nelle nuvole qualcosa di più grande di noi.
Anche se tutto in verità, era più grande di noi. E noi ora eravamo solo degli stupidi insetti, che hanno il terrore di essere schiacciati.
Perché tutto era fuori dalla nostra portata. Tutto troppo astratto, non materiale.
E vidi che Ash aveva gli occhi lucidi e io non volevo assolutamente che piangesse. Non ancora una volta.
Senza alzarmi avvicinai il mio corpo al suo e accoccolai la mia testa sulla sua spalla.
Lui mi guardò per qualche istante e per qualche istante giurai di vedere un lieve sorriso. Era questo che volevo. Volevo rivedere le labbra di quel ragazzo curvarsi verso l’alto.
E lui mi scoccò un bacio sulla fronte, mentre con il braccio destro si asciugava gli occhi in un gesto veloce.
“E per te? Allyson, per te cos’è la speranza?” La domanda di Michael mi sconvolse.
Non avevo una risposta pronta.
Non era come quando a scuola ti interrogano e tu quando non sai cosa dire, ti senti a disagio.
Io piuttosto stavo solo cercando di aprire al massimo la mia mente.
Speranza. Speranza. Speranza.
Speranza. Cosa vuol dire speranza?
Se ripeti tante volte una parola, fino a non sentire più la tua voce, ti accorgi che non ha più un significato.
Diventa solo una parola strana, nuova.
“Non so” Risposi io infine, perdendomi nelle pieghe del cielo.
“Cosa non sai?” Chiese lentamente Luke.
“Non so sperare” Risposi.
“Tutti sanno sperare” Disse il biondo, senza però un tono convinto.
“Io no.” Dissi.
E sentii i miei occhi diventare lucidi. Troppe lacrime che volevano uscire, troppe lacrime che erano già scese. E non volevo piangere un’altra volta.
Anche se mi fidavo di loro, non volevo proprio farlo.
Ed ero debole. E proprio perché ero debole lasciai che Ashton mi accarezzasse dolcemente i capelli e che mi stringesse forte fra le sue braccia.
Lasciai che mi desse un altro bacio sulla fronte. E proprio perché ero terribilmente debole gli sussurrai all’orecchio tre semplici parole “Ti voglio bene”
Lui non rispose, ma io sapevo che anche lui mi voleva bene, perché sentivo il calore che mi dava. E non era vero che il suo corpo era inutile.
E volevo davvero dirglielo. Ma non mi sembrava il momento adatto.
Così respirai profondamente il suo profumo chiudendo gli occhi.

 
        
                                                                                                LUKE
 
Guardavo Allyson fra le braccia di Ashton, e non potevo fare a meno di essere felice e triste allo stesso tempo.
Felice perché la vedevo sorridere lievemente con gli occhi chiusi, ed era davvero stupenda. Mi faceva stare bene.
Mi facevano stare bene le sue labbra, le sua mani e il suo modo di essere.
Ma allo stesso tempo ero triste, perché avrei voluto essere io al posto di Ash.
Avrei voluto stringerla al mio corpo, per darle tutto il calore possibile. Ma sapevo perfettamente che di calore ne avevo pochissimo, e che a lei non sarebbe bastato.
Le avrei dato solo la freddezza dell’oscurità. E non volevo questo per lei.
Lei si meritava di meglio di uno stupido ragazzo debole. Uno stupido ragazzo catturato dal buio.
No, lei si meritava davvero molto di più.
Non so quanto per quanto tempo ancora siamo rimasti seduti sull’erba di quel parco giochi,  so solo che il silenzio surreale che si era creato fu interrotto da Michael.
“Che ne dite di andarci a prendere un gelato?”
“Un gelato a settembre?” Disse Calum, sorridendo.
“Oh, che palle. Mi va un gelato e non mi importa se è settembre o luglio, okay?”
“In effetti a me non dispiacerebbe” Disse Ashton, lasciando un’ultima carezza a Allyson e mettendosi a sedere, imitato subito dalla ragazza.
“Mike, hai avuto proprio un’ottima idea” Sorrise dolcemente Allyson al ragazzo che ormai aveva le guance infiammate.
E il ragazzo dai capelli verdi andò verso Allyson prendendola scherzosamente in braccio mentre lei urlava “Mike! Michael, fammi scendere!”
Lui le diede un bacio sulla guancia dicendole “Subito principessa” per poi riappoggiarla a terra.
Lei iniziò a ridere e prese Michael per mano mentre tutti noi ci avviavamo verso la gelateria.
 
 
“Menta e fiordilatte, grazie” Dissi alla ragazza dietro al bancone.
“E tu Cal, che gusti prendi?” Chiesi al moro che mi affiancava.
“Io.. non mi va il gelato” E sorrise debolmente.
“I soliti gusti?” Gli chiesi, ignorando il fatto che mi aveva appena detto che non voleva niente.
“No Luke, davvero..”
“Fammi anche un gelato caffè e crema”
Pagai i gelati raggiungendo Michael, Ashton e Allyson che si erano seduti a mangiare il loro cono nelle panchine di fronte alla gelateria.
“Grazie Luke” Disse Calum in imbarazzo mentre prendeva il gelato che gli porgevo.
“Figurati Cal”
Sapevo la situazione economica in cui era Calum, e nelle piccole cose lo aiutavo il più possibile.
Molto spesso avevo fatto dei piccoli buchi nelle mie magliette, dandole a Cal e dicendogli che non le avrei mai messe.
Lui le accettava, ma non si accorgeva mai che i buchi erano davvero minuscoli e che erano fatti in pezzi di stoffa abbastanza nascosti, e che quindi nessuno gli avrebbe visti.
Non volevo farlo andare in giro con vestiti bucati, ma dovevo farlo perché sennò lui non li avrebbe presi.
Beh, sempre meglio di niente.
E infatti notai con piacere che quel giorno indossava una delle mie T-Shirt con la stampa dei Nirvana.
E sorrisi perché mi faceva davvero piacere aiutarlo. Ma non era paragonabile all’aiuto che lui mi dava ogni giorno aiutandomi a sopravvivere.
“O mio Dio” Disse Michael mentre io e Cal ci stavamo sedendo.
“Cosa hai?” Disse Ashton preoccupato
“Il suo gelato si abbina con i miei capelli” Disse indicando con un cenno del capo il mio cono, verde come la sua tinta.
E la sua esclamazione fu accompagnata dalle nostre risate. Che idiota.
Ed era stupendo ridere, perché nessuno di noi aveva negli occhi il velo grigio che ci contraddistingueva.
Quando ridevamo i nostri occhi brillavano di luce propria
“Secondo me speranza è brillare” Mi venne in mente l’affermazione di Calum e capii che aveva ragione.
Perché quando c’è la luce, il  buio viene sconfitto.
E se la luce sconfigge l’oscurità, allora speranza è brillare.
“Me lo fai assaggiare?” La candida voce di Allyson mi riportò alla realtà.
E sorrisi mentre le avvicinavo il cono alla bocca e mentre lei gustava il gelato alla menta.
“Mmm, lo sapevo che era buono” Disse sorridendo.
E pensai che era così bello vederla sorridere, quando di motivi per farlo ne aveva così pochi. Perché io non conoscevo il suo segreto, ma sapevo che era qualcosa di davvero devastante, dato che l’oscurità si stava impossessando di lei.
E non doveva succedere, dato che lei era così carina e dolce.
Non si meritava tutta questa sofferenza.
                                      
                                                                ***
Il sole era tramontato da circa mezz’ora quando ero nella strada di casa.
Mi sorpresi a ripensare alla giornata che avevo passato. Bellissima giornata. Allyson aveva reso tutto un po’ più brillante, più chiaro. E gliene ero grato.
Una lieve folata di vento mi accarezzò le braccia, facendomi rabbrividire. Così iniziai a sfregare i palmi delle mani sui miei avambracci per procurarmi un po’ di calore.
Attraversai il vialetto di casa e mi fermai davanti alla porta, tirando fuori dalla tasca dei jeans le chiavi.
“Luke!”
Sbuffai silenziosamente, infastidito di sentire la voce di Jessica.
Era una bella donna, molto giovane e dai capelli biondi. Gli occhi erano color nocciola, e davvero molto grandi. Aveva un fisico alto e asciutto. Insomma, era di bella presenza.
“Ciao” Dissi distrattamente, per poi salire velocemente le scale di casa che sotto ai miei piedi scricchiolavano, e rinchiudermi nella mia camera da letto.
Mi buttai sul letto a peso morto, infilandomi gli auricolari nelle orecchie e facendo partire la riproduzione casuale.
Alzai il volume al massimo.
Amavo ascoltare la musica. Jessica e suo marito –William- mi avevano comprato tantissimi CD dei miei gruppi preferiti. Sulla mia scrivania erano ordinati in fila quelli dei Nirvana, Blink 182, Green Day, che erano dei miei gruppi preferiti.
Anche se la musica era davvero ad un volume altissimo, riuscii a sentire qualcuno che bussava alla porta.
“Avanti” Dissi, togliendomi le cuffie.
Jessica se ne stava sulla soglia, come se aspettasse un mio invito per avanzare. Io non dissi niente e lei interpretò il mio silenzio come un permesso.
Si sedette al capezzale del mio letto e iniziò “Lukey, dobbiamo parlare”
“Non chiamarmi in quel modo.” Risposi freddo.
“Luke” Si corresse “Io sono preoccupata per te”
Roteai gli occhi. Era una di quelle frasi che mi ripeteva spesso, insieme a ‘Stai bene?’ o ‘Come va?’. Come poteva pretendere che io le dicessi la verità sul mio stato d’animo? In fondo lei non era proprio nessuno per me.
Non dissi nulla, e lei continuò a parlare.
“Ogni volta che torni a casa a malapena mi rivolgi parola, e scappi in camera tua.”
Volevo proprio sapere dove sarebbe andata a parare.
“Tu.. sei sicuro di stare bene?”
E mi guardò, mentre io ricambiavo lo sguardo.
I suoi occhi caldi avevano avuto un leggero tremolio quando si erano scontrati con i miei, freddi come il ghiaccio.
“E a te cosa importa?” Sibilai.
“A me è sempre importato di te Luke” E si alzò di scatto in piedi “E tu sembri non capirlo!”
Mi trattenni dal roteare un’altra volta gli occhi. Stava iniziando un’altra delle sue prediche insensate.
“Non capisci quanto IO stia male? Esatto. Tu non sei l’unico ad avere problemi in questa casa. Sì, ANCHE IO STO MALE!”
Notai che le sue nocche diventavano sempre più bianche mentre stingeva con forza la mani, chiudendole in pugni. I suoi occhi erano sempre più lucidi, e sapevo che stava cercando di non piangere.
Odiavo queste sfuriate, perché io non potevo fare niente. Non potevo urlarle contro perché avrei peggiorato la situazione. Quindi mi limitavo a stare zitto e a fissare il muro alle sue spalle, che iniziava a tremare pericolosamente.
“No. Tu non capisci” E si avviò verso la porta, allungando la mano verso la maniglia “Non capirai mai” E l’aprì, chiudendola di scatto dietro di se’.
La sentii singhiozzare.
Chissà quanto era difficile per lei andare avanti. Magari era difficile anche tentare di ignorarmi. Magari ci aveva anche provato a lasciarmi distruggere da solo. Ma Jessica aveva sempre avuto un cuore d’oro, e pensava che in qualche modo sarebbe riuscita ad aiutarmi.
Ma non ero io che non capivo, bensì lei. Non sapeva che non avrebbe potuto aiutarmi. Non sapeva che tutti i suoi sforzi erano inutili, vani.
Con me c’era poco da sperare. E rimettendomi le cuffie nelle orecchie, mi ritrovai a ripensare a questo pomeriggio.
Quando ci trovavamo nei giardini, ed era venuto fuori il discorso della speranza.
E mi venne in mente quello che aveva detto Allyson. “Io non so sperare”.
Ma era una cosa possibile non saper sperare?
Mi sembrava talmente irrazionale, talmente stupido ora, credere di non saper sperare. Tutti lo sanno fare. E’ un qualcosa che ti viene spontaneo, proprio come respirare.
E’ un qualcosa che in un certo senso non dipende da te, perché ce l’hai dentro. La speranza intendo. La speranza la si ha dentro.
E allora perché avevo detto quella frase?
Io non so sperare.
E capii. Capii che dovevo aiutarla. Aiutarla a sperare. E sapevo che sarebbe stata un’impresa difficile, ma dovevo farlo.
Mi rannicchiai sul letto, avvolgendo le mie braccia attorno alle gambe. Proprio come un bambino.
E i bambini? I bambini sanno sperare? Credo proprio di sì.
E Allyson? Allyson perché non riusciva a sperare?
E io? Io sapevo sperare?
Non ero riuscito a trovare delle risposte alle ultime mie domande, probabilmente perché ero troppo stanco o probabilmente perché non lo sapevo.
In fondo, ci sono un mucchio di cose che nessuno sa.




Salve bella gente!
E rieccomi qui, con un nuovo capitolo, dopo un'infinità di tempo. Mi scuso con tutti i lettori di questa storia, che hanno dovuto aspettare davvero tanto per vedere un nuovo aggiornamento.
Allora, con questo capitolo termina la prima giornata che Allyson ha passato con i nostri 4 ragazzi. Come avete visto, si è affezionata facilmente a tutti, proprio perché loro come lei sono 'stracolmi di oscurità'.

Il segreto di Luke è ancora un vero e proprio mistero, e se qualcuno di voi è già riuscito a capirlo, credo che potrei dedicargli una statua.
Ma tranquilli, tutto verrà svelato.
Non credo ci sia rimasto nient'altro da dire sul capitolo,e  non voglio annoiarvi.
Quindi vi lascio, scusandomi un'altra volta. Vado immediatamente a scrivere il prossimo capitolo!
Un bacione <3

 
  
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