Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: SparklingLetters    20/07/2014    1 recensioni
[Stable Queen]
Regina non ha vita facile, tra il complicato rapporto con la madre e l’isolamento dal resto del mondo. Poi, un giorno, fa amicizia con un ragazzino di nome Daniel…
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Daniel, Henry (Padre), Regina Mills
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota dell’Autrice: Fluff! Nient’altro da dire.

Capitolo 17
Of Apple Blossoms and Tufts of Grass

«Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono le stesse, e…» La brezza che si alza arruffa le pagine ingiallite del libro nelle mani di Daniel, e lui si ferma a metà frase per ritrovare il passaggio. Le foglie sussurrano sulle cime degli alberi, toccandosi e separandosi ancora mentre il vento fa oscillare i rami. Daniel fa scorrere il pollice lungo le pagine cercando il punto familiare e, dopo averlo individuato, riprende a leggere. Di tanto in tanto inciampa su una parola o perde completamente la riga – come potrebbe non farlo, quando i suoi occhi vagano a più riprese dalle pagine squallide alla mano morbida posata sulla sua spalla. Neanche la sensazione di solletico causata da ciocche di capelli corvini aiuta la concentrazione.
La fonte della sua distrazione si allontana lievemente e gli dà un lieve schiaffo sulla guancia. «Concentrati» lo rimprovera Regina. L’aspirante severità del suo tono è cancellata dal calore dei suoi occhi e del sorriso che non riesce a trattenere.
Be’, a questo gioco si può giocare in due.
«Sono demotivato» si lamenta Daniel. «Che ne dici di un bacio per i miei sforzi?»
«Dopo che avrai finito il capitolo» insiste lei con un sorriso malizioso.
A dirla tutta, lui fa un tentativo, e lei impone la propria regola – entrambi lo fanno piuttosto flebilmente, però. Alla fine Regina gli prende il libro dalle mani e lo mette da parte. Lui rivendica il bacio che gli è stato promesso, e poi lei ne richiede uno in cambio. Si separano senza fiato nell’aria dolce della primavera.
Gli occhi che schizzano via da lei, Daniel allunga rapidamente la mano verso il libro. «Continuiamo?»
Regina si agita un po’ prima di mettersi comoda con le gambe distese e la schiena poggiata contro il tronco nodoso di un melo selvatico. Ronzinante nitrisce nelle vicinanze in risposta al cavallo di Daniel. Regina contempla gli squarci di cielo tra i rami del vecchio melo, rigirandosi distrattamente un piccolo bocciolo marrone rosastro tra le dita.
«Che ne dici di guardare un po’ le nuvole?» suggerisce.
Quando Daniel si sistema sulla propria schiena con le mani dietro al collo, lei si sposta al suo fianco. Una mano stringe ancora il piccolo bocciolo del melo, che è stato ormai attentamente seccato ma non è per questo meno bello o prezioso; l’altra mano le giace di fianco, spostandosi appena di tanto in tanto. Soffici ciuffi di erba giovane le carezzano i palmi mentre lei fa scorrere le dita attraverso i fili teneri. Lei avverte un movimento accanto a sé e si immobilizza per un secondo, addirittura trattiene lievemente il fiato senza nemmeno realizzarlo. Poi la mano di Daniel trova la sua e, mentre le loro dita si allacciato, Regina sospira di soddisfazione.
«Non vedo niente, sai» dice dopo un po’. «Lassù, voglio dire».
«Nelle nuvole?» Lui aggrotta la fronte – è strano detto da lei. L’hanno già fatto, naturalmente, e scoprire sagome e forme in quella massa ininterrottamente in movimento e in cambiamento è sempre stato un piacevole passatempo.
«Credo di non averne bisogno» replica lei. «Sono nuvole. Sono bianche e morbide o grigie e dense. Mi piace il modo in cui si sollevano lungo il cielo pigramente, arricciandosi e dispiegandosi di nuovo – ma oggi non cerco sagome fantastiche».
«E come mai?» Sicuramente lei deve star arrivando da qualche parte.
«Perché adesso mi piace quaggiù. Mi piace ogni cosa che c’è quaggiù».
Una stretta di mano è tutta la risposta di lui. È abbastanza. Lei si fa scivolare più vicino e chiude gli occhi, inspirando la terra fragrante, l’erba, e i petali bianchi disseminati qua e là sotto i rami.

Regina…
Il vento fischia il suo nome mentre lei corre lungo la radura, i capelli che volano e le mani tese a pettinare l’erba alta.
«Regina…»
Oh, è lui.
«Guarda là, vicino al ruscello» dice Daniel sommessamente quando lei apre gli occhi.
«Mi sono addormentata?»
«Sì. È stata una strada lunga sino a qui, quindi nessuna sorpresa. Ora guarda» sorride e indica il brillante nastro argenteo a metà del pendio.
Dapprima sembrano nuvole che si siano perse, avendo scambiato il terreno per il cielo. Solo dopo che lei si stropiccia velocemente gli occhi realizza cosa sono davvero, e che le sagome morbide che si muovono lentamente sul fresco tappeto verde sono molto più solide delle volute sopra la sua testa. Un pastore cammina in mezzo a loro con un cappello di paglia posato sulla testa e un alto bastone ricurvo in cima nella mano. Mentre il gregge si muove per bere al ruscello immacolato, un lieve tintinnio raggiunge le loro orecchie. Un raggio di sole rivelatore svela una campanella di ottone al collo di una delle palle di pelo morbido. Qualche belato occasionale sale lungo il pendio, più forte del brusio complessivo, e uno – particolarmente pronunciato – fa ridacchiare Regina.
«Vuoi andare laggiù?»
Lacerata tra il desiderio di mantenere la scena idillica indisturbata e la voglia di vederla da vicino e forse di diventarne parte per un momento, Regina si limita a fissare il gregge che si muove pigramente.
«Andiamo». Daniel si alza e le offre una mano. «Possiamo avvicinarci un po’ di più e poi vedremo se vogliamo raggiungerlo».
Il pastore è effettivamente colui che fa loro cenno di avvicinarsi una volta che loro si sono approssimati. È un tipo silenzioso, come se avesse poche opportunità di parlare con delle persone, ma il suo volto segnato dalle intemperie è gentile. Per un momento scompare nella massa brulicante di bianco e riemerge con un agnellino e con la guardinga mamma pecora che segue il suo piccolo.
Regina si illumina ed immediatamente si lascia cadere sulle proprie ginocchia e allunga le braccia verso il curioso, imperturbato agnello. All’ultimo momento, si ferma e guarda prima Daniel e poi il pastore. L’uomo le fa un segno incoraggiante proprio mentre l’agnellino urta il proprio piccolo naso contro la spalla di Regina.
«Guarda le sue orecchie» ride lei mentre accarezza la creatura che bela felicemente. «Bellissimo».
Lo è, per Daniel, una scena persino più bella di quella indisturbata di prima sul pendio.
«Ne voglio uno» annuncia più tardi Regina mentre risalgono il pendio.
«Una pecora?» chiede Daniel. Poi aggiunge con una piccola risata: «Perché non ne sono sorpreso?»
«Be’, erano meravigliose. Potremmo averne qualcuna».
«Immagino che tuo padre non si opporrebbe».
«Mia madre, d’altra parte…» Regina si ferma a metà della frase, anche a metà del pensiero; l’ultima cosa che vuole è rovinare questo momento speciale indugiando sulla realtà alla quale dovrà comunque tornare fin troppo presto.
La casa del guardiano della foresta si trova in cima ad una bassa collinetta sulla sponda opposta del lago. Il sentiero sterrato verso la casa li conduce sulle rive del lago. La superficie è blu scuro con chiazze dorate mentre il sole getta i suoi raggi su di essa, e le increspature del vento sembrano trasformarla in vetro fuso. Una famiglia di anatre sguazza lungo la sponda, una madre con cinque anatroccoli ad una lezione di nuoto.
«Mi piacerebbe fare una nuotata, domani» dice Regina quando si lasciano dietro la famiglia di anatre mentre il sentiero devia dal lago.
Daniel si gira per guardarla, poi guarda il lago al di sopra della propria spalla. «È troppo presto. L’acqua sarà fredda».
«Non m’importa». Lei scrolla le spalle.
«Controlla tu stessa» suggerisce Daniel, ed effettivamente fa per tornare sui propri passi verso la sponda.
Regina strappa la mano da quella di lui. «Sei iper-protettivo» sbuffa. «Posso sopportare dell’acqua un po’ freddina».
«Sarà più che freddina». Daniel si strofina la fronte. «Sto solo cercando di essere ragionevole».
«Io non voglio essere ragionevole! Io voglio… voglio…» Ma le parole la abbandonano proprio mentre la sua frustrazione raggiunge il culmine. Perché lui non vuole capire?
Lui le rivolge una lunga occhiata e alla fine alza le mani. «D’accordo. Lungi da me essere un guastafeste».
A questo la tensione si solleva, e i lineamenti di Regina si ammorbidiscono. Lei si avvicina a Daniel con aria imbarazzata e allunga una mano verso la sua guancia. «So che hai delle buone intenzioni» dice seriamente. «È solo… Voglio  ottenere il meglio da questo finché dura».
Mantiene gli occhi scuri fissi su di lui così intensamente che deve voler che la dicano lunga dove le parole non possono; ed effettivamente, Daniel trova quegli occhi eloquenti come sempre. È sicuramente vero che questa uscita le dà libertà come non ne ha mai goduta prima. Lui le prende una mano e le bacia le punte delle dita.
«D’accordo. Che nuotata sia». Decide di avere un fuoco acceso per quando torneranno, ed anche una pila di coperte pronte per l’uso.
La casa è piccola e modesta ma pulita. Sono solo loro due – il guardiano vaga per i boschi per la maggior parte dell’anno, alloggiando alternativamente in una delle case similmente equipaggiate distribuite lungo la sua circoscrizione, ospitando i viaggiatori occasionali.
Mentre Daniel accende un fuoco nel caminetto sporco di fuliggine, Regina si mette a fare i letti.
«Cena?» offre lui, rovistando in una delle loro borse.
«Non ho fame». Lei scivola sul suo grembo e gli avvolge le braccia attorno al collo. «Possiamo metterci a sedere e parlare prima di andare a dormire?»
Mettendo da parte la borsa, Daniel le accarezza la guancia e con l’altro braccio le cinge i fianchi. «Certo».

Dei raggi di sole passano obliqui attraverso le cime degli alberi e scaldano le sue guance già arrossate mentre sta in piedi sulla soglia ad ammirare la vista. Piccole increspature sono impegnate a giocare sul lago, lavando gentilmente la riva erbosa o inseguendo le pagliuzze dorate del sole. La famiglia di anatre non si vede ma un doppio tonfo annuncia la presenza di un paio di rane che vanno a fare una nuotata. Potrebbero anche essere rospi. Regina sorride radiosamente. Il suo spirito sembra danzare con le increspature alle melodie del vento e del sole.
«Sbrigati!» chiama rivolta a Daniel, senza mai distogliere gli occhi dalla massa d’acqua che l’ha tentata tanto.
«Sto arrivando» arriva la sua risposta.
Come per un segnale, Regina si dirige dritta verso il lago, ignorando il sentiero e preferendo farsi strada attraverso l’erba giovane e morbida e giù per il pendio. Ha a stento raggiunto la riva e si sta già scrollando di dosso la mantella e gettandola da parte. Una pietra infida o un grumo di fango le finisce sotto i piedi e lei atterra sul terreno, scivolando sul proprio fondoschiena per il resto del percorso finché non arriva ad un arresto giusto ad un pelo dal lago.
Con una risata argentina, si toglie gli stivali con un calcio – la rapidità suggerisce che siano stati slacciati per tutta la via – e inizia a slegare il retro del proprio vestito.
«Avrei accettato volentieri un piccolo aiuto» chiama vivacemente quando Daniel finalmente emerge a qualche passo dietro di lei, muovendosi cautamente e tentando al contempo di bilanciare un mucchio di coperte piegate nelle proprie braccia.
Daniel raggela per un breve momento alla vista della schiena nuda di lei; poi distoglie rapidamente lo sguardo. Regina scivola fuori dal proprio vestito e si alza a piedi nudi in una leggera sottoveste. Daniel esala lentamente. «Sembra che tu ti sia arrangiata bene» tira fuori alla fine.
Mette giù le coperte a metà strada del pendio erboso, dove saranno a portata di mano ma non abbastanza vicine da venire inzuppate, e inizia a svestirsi per rimanere in indumenti intimi. Ogni tanto guarda furtivamente Regina, che, a dispetto della fretta precedente, è ancora sulla riva, intenta a strofinare i piedi contro i soffici ciuffi d’erba.
È fresca e solleticante, e così è la sensazione portata dalla brezza leggera che soffia facilmente attraverso la sua sottoveste. Un caldo giorno di primavera dopotutto non equivale all’estate, e Regina cerca di combattere un brivido. Come per dimostrare la propria volontà di ferro, sonda l’acqua con un piede e lo ritira velocemente. Daniel l’ha notato? Se è così, potrebbe cercare di nuovo di dissuaderla dal fare un bagno.
Azzarda un’occhiata verso di lui al di sopra della propria spalla. Lui non la sta guardando, scopre con sollievo, ma si sta sfilando la maglia dalla testa. Il capo di lei scatta indietro per dare un’occhiata furtiva al giovane, adesso senza maglia e intento a togliersi gli stivali. Regina trasale quando si scopre a guardare imbambolata la sua schiena muscolosa e si gira. Un secondo più tardi scuote la testa con un gran sorriso. Anche lui l’ha guardata? A quel pensiero sorride tra sé e sé.
Con una forte folata di vento e una nuova serie di increspature sull’acqua, la sua mente torna al lago. È così bello, così pacifico e vivace e, be’, perfetto – può farci qualcosa se non è ancora estate? Dovrebbe permettere ad una tale bazzecola di rovinare il giorno che ha sognato? Stringendo i denti, fa un passo in avanti, e un altro, e si trova immersa sino al polpaccio nell’acqua fredda.
«Diventerà solo più fredda mentre avanzi», lei sente Daniel da dietro. Nonostante lei si prepari ad obiettare, lui non aggiunge altro. Forse pensa che lei cambierà idea, che sarà ragionevole.
Ma adesso non è il momento per la ragionevolezza; è il momento per la pazzia, il divertimento, la libertà.
Le battono i denti ma lei si avventura comunque più a fondo, sino alle proprie ginocchia, a metà coscia, sino alle proprie natiche, e con ogni passo diventa più dolorosamente consapevole dell’onnipresente pelle d’oca che si propaga su tutto il suo corpo. Un brivido violento corre attraverso di lei proprio mentre il sole viene completamente fuori da dietro una nuvola vaporosa e dipinge il lago di un argento splendente. Il sorriso di Regina si allarga da un orecchio all’altro mentre lei si tuffa di testa in profondità.
Per un momento l’aria le viene tolta dai polmoni. La puntura del freddo dura solo un po’, comunque, e mentre lei inizia a nuotare con larghe, energiche bracciate, il calore torna a diffondersi nei suoi muscoli. Dopo un po’ lei si gira sulla schiena solo per venire accecata dalla sfera luminosa del sole che è sospeso proprio sopra di lei.
«Non è meraviglioso?» grida mentre galleggia nell’acqua sguazzando con tranquillità, e battendo le ciglia osserva l’azzurro del cielo e il verde calmante e vellutato degli alberi. «Daniel?»
Ma non arriva nessuna risposta, e Regina si gira da questa e quest’altra parte, schermandosi gli occhi con una mano, esaminando il lago alla ricerca di braccia o gambe che nuotano, o almeno di uno sciabordio d’acqua che le riveli dove si trova. Non c’è niente; solo le piccole increspature mosse dal vento e da lei, ma nessun Daniel.
«Daniel!» chiama, facendo a stento uscire il suono dalla gola che si stringe. «Daniel, do… aaah!»
Qualcosa le tira il piede da sotto, gentilmente ma spaventandola comunque a morte, e lei scalcia istintivamente ma colpisce solo acqua. Un paio di mani la afferrano dalla vita e la tirano indietro ma non sott’acqua, e mentre è stretta in un saldo abbraccio, sdraiata su di lui, lei inizia finalmente a rilassarsi, e i suoi strilli si trasformano in risate.
«Demonio, tu!» grida, scivola fuori dalle sue braccia, si gira velocemente, e gli getta uno spruzzo d’acqua. Colpito in piena faccia, Daniel sputacchia ma si riprende abbastanza rapidamente, ed è il turno di lei di schivare la doccia che lui manda nella sua direzione. Mani si dimenano; corpi si lanciano fuori portata; spruzzi d’acqua si sollevano nell’aria, si disperdono in un milione di goccioline e cadono di nuovo, riunificati. Quando lui le spedisce uno spruzzo particolarmente ben mirato, lei si tuffa e fugge verso la riva più vicina, tutto mentre lotta per contenere le proprie risate in un tentativo di respirare effettivamente. Daniel le dà la caccia, ovviamente, e risulta essere il nuotatore migliore, poiché si sta avvicinando; quando è quasi sopra di lei, lei si immerge ancora e sbatte i piedi furiosamente, diretta verso il fondo.
Sopraffatta da un improvviso inizio di curiosità, apre gli occhi sulla fredda massa che preme su di lei con forza crescente. È solo buio, e lei non può evitare di desiderare una vista più chiara delle misteriose profondità. Il respiro le manca, e lei si guarda attorno urgentemente – dov’è l’alto? L’oscurità sembra più chiara in una direzione, così lei sbatte i piedi energicamente da quella parte. Quando infrange la superficie, inspira un respiro profondo e ansante. Stordita dalla luce brillante, impiega un momento per ritrovare il proprio senso di direzione. Dopo un po’ individua Daniel, più in là, evidentemente intento a cercarla. Lei si tuffa ancora, stavolta non così in profondità, e riemerge dietro di lui. Sorridendo di gioia, adesso è il suo turno di lanciare le proprie braccia attorno a lui, cogliendolo alla sprovvista, e il suo piccolo guaito la fa scoppiare in uno scroscio di risate.
Ancora premuta contro di lui, appoggia la testa sulle sue spalle. Il riso soffocato di Daniel si spegne; lei è così vicina, ed anche se lui si rammenta che stanno entrambi indossando dei vestiti, sembra quasi che non ci sia nulla tra la pelle di lei e la sua.
«Nuota con me» dice lei, e lui obbedisce.
Sente i piedi di lei battere in ritmo con i suoi, le braccia di lei che si spostano da attorno al suo collo ad attorno il suo petto così che le sue braccia siano libere di fare bracciate lente ed ampie. L’acqua si increspa a stento mentre scivolano in avanti lungo il lago, tranquillo e silenzioso.
«Perfetto» sussurra lei, più a se stessa che a lui. Daniel sorride e continua a nuotare, anche se ormai le sue braccia dolgono.
Poi, sfuggente come un’anguilla, Daniel si gira verso di lei e in un istante stanno galleggiando in mezzo al lago in un abbraccio, pedalando lentamente nell’acqua e osservando nient’altro che il viso l’uno dell’altra.
«Ho freddo» ammette lei di punto in bianco, e ridacchia.
«Regina!» grugnisce lui.
«Sto bene! Sono solo un po’ infreddolita, tutto qui».
«Faremmo meglio ad andare. Adesso» dice severamente lui.
«Non ancora» implora lei, e lui si ritrova ad intenerirsi quando messo di fronte al suo sorriso disarmante. «Non prima di…» Lei alza un sopracciglio ed annulla la poca distanza che c’era ancora tra di loro.
«Prima di…?» chiede lui scherzosamente. Il suo cuore lo sa, però, e batte più forte in anticipazione.
«Prova a capirlo» mormora lei, allungandosi di poco più vicino ma fermandosi ad un pelo dalle sue labbra.
«Mi… mi sa che ho un sospetto» riesce a dire lui rocamente.
Gli occhi di Regina si chiudono alla sensazione del respiro di lui che si mescola col suo.
Le loro labbra si sfiorano leggermente, toccandosi a stento. Poi sembrano non volersi più separare.
È una lunga strada sino alla riva – o meglio una strada lenta, inframmezzata da tante pause, nessuna di loro spiacevole.
«Lasciami andare per primo, ti prendo una coperta».
Regina non fa obiezioni. C’è stato così freddo per tutto il tempo? O si è appena fatto più freddo perché lui non è più vicino?
Guarda Daniel emergere dal lago e correre per la breve distanza sino alla pila di coperte. Gocce d’acqua gli rigano la schiena e vengono inghiottite dall’asciugamano che si getta attorno. Peccato… Woah, l’ha appena pensato per davvero? Fissare non è cosa da signora. Un ampio sorriso le si sistema sul volto. Non c’è alcun male in quello che prova, giusto? Giusto.
Così Regina non distoglie gli occhi – nemmeno quando Daniel raccoglie non meno di tre coperte e si affretta a tornare verso di lei, immerso nell’acqua sino alle ginocchia prima ancora che lei si muova. Lei lo incontra a metà strada, tremando mentre la luce del sole e l’aria fresca non fanno nulla per annullare il brivido che le si insinua nelle ossa.
Prima di lasciarsi coprire dalle coltri, però, lei stringe l’asciugamano cadente più stretto attorno alle spalle di Daniel: dopotutto deve star congelando anche lui.
Daniel è lontano dal congelare; in effetti, cerca di combattere il calore crescente che inizia da qualche parte nella cavità del suo stomaco e sulle sue guance. Quando le dita di lei gli sfiorano il collo, questo brucia decisamente, e lui arrossisce furiosamente. Per pietà, perché deve continuare a sentirsi così distratto dalla pelle lucida di lei e dall’indumento aderente che cerca tanto di non guardare? Lei se ne rende conto? Controllati, Daniel.
Prova un doppio sollievo mentre le avvolge le coperte attorno. La inghiottiscono interamente, e lei le tiene su per non inzupparle nell’acqua.
«Corri sino alla casa» dice lui e suona molto meno fermo di quanto intendesse; ma per una volta lei non discute.
Quando lui la raggiunge dentro con i vestiti di lei tra le braccia e la coperta rimanente sulle proprie spalle, la trova seduta accanto al fuoco che ha acceso prima della loro partenza. Che idea benedetta, poiché lei sembra apprezzare davvero il calore generoso fornito dalle fiamme crepitanti.
«Ti sei vestito molto velocemente» nota lei. «Non sapevo che avessi acceso un fuoco».
«Dovresti cambiarti anche tu» dice lui sopra la propria spalla mentre posiziona una scodella d’acqua sul fuoco.
«L’ho già fatto. Ho preso in prestito una tua maglia». Sinceramente, trova che indossare i vestiti di lui sia intrigante e anche confortevole. «Ho immaginato che non ti avrebbe dato fastidio». Poi, come per un ripensamento, con un’inclinazione del capo: «Ti dà fastidio?»
«No, affatto» mormora lui, senza incontrare il suo sguardo. Per davvero adesso, ha bisogno di controllarsi.
La fronte di Regina si corruga. «Vieni a sederti vicino al fuoco anche tu» dice, guardandolo con attenzione. I denti di lei battono ancora nonostante il calore del fuoco.
«Guardati, stai gelando!» esclama Daniel con orrore, fermandosi nell’atto di sedersi al suo fianco. In effetti, le labbra di lei sono sfumati di un blu pallido, e le sue mani sono fredde. «Avrei dovuto protestare con più passione contro tutto questo. Anche se significava farti arrabbiare. Santo cielo, Regina, e se ti ammalassi?»
È praticamente inarrestabile e, se lei vuole essere onesta con se stessa, deve ammettere che lo trova tenero.
«Daniel». Allunga una mano a toccargli la spalla. «Starò bene. C’è del tè ed un fuoco e delle coperte. Inoltre, non sono un fiore delicato che appassisce solo perché soffia una brezza». Si adira a quella presunta insinuazione.
Daniel sospira. «Lo so, e non è questo il punto. Il punto è che fa freddo, anche per un… un…» Può diventare ancor più frustante?
«Un fiore non così delicato?» dice lei con un ampio sorriso. Poi torna seria – lui è genuinamente preoccupato. «Starò bene. Adesso sto al caldo, e non farò più nulla di folle».
«Promesso?»
«Promesso».
«Sono felice che tu ti sia divertita». Per una volta, non c’era nessuno a porle limiti costrittivi, non c’erano le aspettative contorte di nessuno secondo le quali vivere, e chiaramente quella libertà fa una gran differenza.
«Lo so» annuisce lei. «Tu ti sei divertito? O hai speso tutto il tempo a preoccuparti per me?»
«Un po’ di entrambi» ammette lui. «Sarà molto divertente – in estate».
«La vuoi smettere!» esclama lei con una traccia di esasperazione ma con un sorriso nonostante ciò.
«Lo farò se lo farai tu».
Lei è ridicolmente bella con i capelli bagnati appiccicati al viso; il petalo rosa e bianco intrappolato in una ciocca semplicemente… ci sta. E quegli occhi…
Le coperte, di lei e di lui, scivolano via e colpiscono il pavimento con un fruscio mentre le braccia di lei si tendono di colpo al suo collo e lo attirano in un bacio.
Non fanno differenza, le coperte mancanti; nessuno di loro nemmeno nota la loro assenza nell’abbraccio condiviso. Le dita di Daniel vagano gentilmente lungo la sua guancia e il suo collo, giocando coi suoi capelli. Con un piccolo sospiro, Regina gli si appoggia contro, premendosi contro il suo petto, al ché lui si lascia lentamente cadere all’indietro. Lei si agita appena, pronta a mettersi comoda nel suo abbraccio, ma proprio allora Daniel li ribalta e si allontana lievemente; lei emette un lamento scontento alla perdita del suo tocco ed allaccia le dita attorno alla sua collottola per approfondire il bacio. Ostinato, lui si allontana ulteriormente, e lei si siede dritta come un fuso.
«Co… Cosa?» grugnisce e lo lascia andare. Il rosa delle sue guance è tanto un segno d’irritazione quanto del caldo del fuoco o del calore del momento.
Senza parole, lui allunga la mano verso una coperta e la avvolge accuratamente in essa.
«Seriamente?» respira lei. «Per questo…?»
Daniel la esamina cautamente, ancora stringendo le estremità unite della coperta attorno a lei. C’è la possibilità che lei si faccia acida per questo, gli dicono i suoi occhi. Forse c’è ancora tempo per suscitare una reazione più favorevole.
Senza rompere il contatto visivo, lui porta le sue braccia attorno a lei, non incontrando nessuna resistenza. Qualche goffo tocco è tutto ciò che le riesce, come se ogni altra cosa fosse ostacolata dallo scomodo tessuto in cui è intrappolata. Eppure lui non le permette di scrollarlo via ma invece la preme contro di sé e una volta ancora porta entrambi ad un morbido atterraggio sul tappeto spesso di fronte al fuoco.
«Ecco» le sussurra nell’orecchio. «Meglio?»
Lei si rannicchia contro il suo petto senza ulteriori indugi. Il battito del suo cuore è palpabile anche attraverso gli strati di stoffa, e le dita di lei formicolano a quella sensazione – che meraviglia giacere proprio sopra il suo cuore.
«Regina? Va tutto bene?» È questo che lei vuole, o si è perso qualcosa?
«Più che bene» dice lei sommessamente. C’è un momento di esitazione prima che confidi: «Vorrei che potesse sempre essere così».

Daniel si muove nel sonno. Una mano vaga sul suo braccio. Uno sbuffo della fresca aria notturna gli raffredda il torso per un breve momento. Qualcosa di morbido e caldo gli preme sulle gambe. Lui si strofina il volto – qualcosa pizzica. Ciocche scure di capelli. Che sogno incantevole. Può sognarlo, oh sì, non c’è niente di male nei sogni, non in quelli dove lei giace rannicchiata contro di lui e lui le tiene attorno un braccio protettivo.
Il letto cigola e Daniel si sposta.
Il volto di lei è nascosto nell’ombra dietro la tenda dei suoi capelli scuri e lei rimane immobile per un momento.
«Regina» farfuglia lui e si tira su puntellandosi col gomito, tirandosi appena indietro. «Qual è il problema?»
Regina si infila distrattamente i capelli dietro le orecchie. Senza una parola, si fa appena più vicina; il suo pugno gli stringe una manciata della maglietta, impedendogli di muoversi ulteriormente verso il muro. Lui si fa correre una mano attraverso i capelli – cosa sta succedendo?
«Regina?» dice con voce rauca mentre le gambe di lei premono appena per intrecciarsi alle sue.
Silenziosa come sempre, lei si aggrappa a lui e lo bacia con un’urgenza che gli toglie il fiato. Va benissimo avere determinazione ma come la mantiene davanti alla tempesta emotiva che infuria dentro di lui? Si trova a ricambiare il bacio con passione senza precedenti che sconfina nella disperazione, una fame che aveva previsto ma che sta davvero fronteggiando solo adesso – e la sua intensità lo terrorizza, poiché è una forza potente a cui resistere. Ma se dovrebbe combatterla, perché sta lasciando che lo avvolga, e perché sente un tale desiderio di limitarsi ad arrendersi completamente?
Quando lei si stacca bruscamente, il mondo di lui si profila minaccioso nonostante tutta la lotta interiore – vuole questo, lo vuole più di quanto possa comprendere; oh, come l’ha sottovalutato! È una cosa positiva che lei si sia fermata, poiché ora lui dubita che avrebbe potuto farlo. Avrebbe dovuto? L’avrebbe fatto? Cos’è giusto comunque, e cos’è sbagliato?
«Daniel» sussurra lei, «posso stare con te stanotte?»
Il suo letto è giusto dall’altra parte della stanza, tre passi al massimo, certo, ma non è questo il punto e lo sanno entrambi.
Ma lui la vorrà? Rifiuterà, manterrà la distanza come ha fatto nei giorni passati? Non è mai stato altro che caloroso e amorevole, ed è difficile per lei individuarlo con precisione ma a volte lo sente farsi forza, come se lei costituisse un qualche genere di minaccia a lei sconosciuta, e poi quell’orribile braccio metaforico fa una comparsa e la tiene a distanza decente.
Per la sua costernazione, lui esita. Lei sente formarsi un groppo nella sua gola e i suoi occhi bruciare ed una parte di lei vuole scappare – un centimetro lontano da lui, o dall’intera stanza, per nascondere il proprio volto e non doverlo più vedere. Poi c’è la parte di lei che non odia niente di più del pensiero di mettere distanza tra loro adesso – o in qualsiasi altro momento.
Finalmente, alla fine, lui parla. «Certamente» dice.
Le lacrime affiorano dietro le sue palpebre chiuse. È tutto sbagliato. Le sue parole sono giuste ma il suo tono è tutto sbagliato.
«Me ne vado» mormora lei ed effettivamente si sposta da lui.
Lui la afferra dalle spalle, gentilmente ma con fermezza, e la tira indietro.
Nonostante il singhiozzo che lei non riesce a sopprimere, c’è un raggio di speranza che si apre un varco.
«Resta» dice semplicemente lui.
«Non voglio essere un disturbo» obbietta lei; non dovrebbe dire cose simili, è ingiusto – lui la ama e lei lo sa, ma ultimamente lui è stato comunque un mistero per lei. Nel peggiore momento immaginabile, anche, poiché lei aveva sperato che questa sarebbe stata la loro occasione di stare insieme – stare insieme davvero, senza dover concentrare parte dell’attenzione su esche e travestimenti e potenziali disastri in caso fossero stati scoperti. Intimità – questa è la parola. Ma tutto d’un colpo lui sembra così ansioso, così teso – può aver cambiato idea su questo? Su di loro?
«Regina, per favore, ti voglio qui».
«Allora perché suoni così poco convincente?» si lascia sfuggire lei. «Perché… perché sei così… così… Be’, ogni volta che ci avviciniamo troppo tu ti allontani! Pensavo… Ho pensato che avremmo usato questo per essere più vicini di quanto mai potremmo essere ma invece tu sei diventato più distante!»
«No, io…» Lui si blocca, e lei sussulta – probabilmente finire con un “non l’ho fatto” sarebbe stata una bugia. «Mi dispiace» dice lui, suonando sconfitto.
«Ma… tu mi ami». Questo è vero. Nonostante tutti i dubbi e le domande questa ferma convinzione – no, consapevolezza – proviene dalle profondità della sua anima ed è semplicemente inconfondibile.
«Sì!» Lui si siede per essere al suo livello e la sua presa sulle braccia di lei si rafforza lievemente.
Un piccolo singhiozzo finalmente riesce a sfuggire, se per disperazione o sollievo lei non sa dirlo.
«Regina, mi dispiace – sono un idiota! Non avevo realizzato che ti avrebbe fatto sentire così».
«Allora è vero». Lei lo inchioda con uno sguardo. Stranamente, i nodi nel suo stomaco sembrano essere scomparsi quasi del tutto. Lui la ama. Non voleva questo. Ma allora cosa voleva?
«Sì, ma non per quello che credi. Non ho mai avuto intenzione di ferirti – pensavo di star facendo la cosa giusta. Ho solo pensato…» Sembra essere perso, eppure così chiaramente ansioso di far capire cosa vuol dire; Regina condivide la sua pena.
«Va tutto bene» gli dice, «dimmelo e basta. Dimmelo così com’è».
«Avevo paura che le cose stessero andando troppo in fretta per te. Non voglio precipitare niente. Ma quando siamo vicini in questo modo, e quando ci baciamo come abbiamo appena fatto…»
«Non ti è piaciuto?»
«Oh, mi è piaciuto. Forse mi è piaciuto un po’ troppo».
«Sono abbastanza sicura che non ci sia una cosa simile».
«Regina, a volte quando ti guardo, come oggi vicino al lago… ho cercato di non farlo» dice velocemente, arrossendo, «ma eri così bella, e…»
Gli occhi di lei si offuscano di lacrime alla sua parola. «Quindi è vero. Va tutto bene, ho guardato anch’io». Non lascia che lui la interrompa perché finalmente pensa di aver capito. «Daniel, sono una ragazza cresciuta. Credo che tu l’abbia notato», fa un ampio sorriso. «Sento anch’io queste cose. È un male? Non penso».
«No» concorda lui. «Ma… me lo diresti se le cose si stessero muovendo troppo velocemente, o in una direzione che ti mette a disagio, giusto? Regina, devi dirmelo».
«Te lo direi» dice lei e lo bacia lievemente. «Ma non sarà necessario».

Lei respira il suo odore con la faccia sepolta nell’incavo del suo collo mentre lui le fa scorrere pigramente la mano su e giù lungo la schiena. Senza preavviso, una lacrima le riga la guancia. Com’è stata così fortunata? Lui la conosce così bene, meglio di chiunque altro, e la vuole ancora – no, la vuole per questo, non nonostante questo. Ed è così premuroso, così cauto, così attento a non farle del male. Lei ha sognato così tante volte di addormentarsi così, e svegliarsi al mattino tra le sue braccia – e adesso sta succedendo davvero.
«Ti amo» arriva la sua voce morbida dall’oscurità, il suo respiro caldo che le solletica l’orecchio e il collo.
«Ti amo» sorride lei dentro la sua maglia e si sposta per poggiare la testa sul suo cuore.
Daniel avvolge con forza le proprie braccia attorno a lei. «Buonanotte, Regina» sussurra accarezzandole i capelli. Mentre lei chiude gli occhi, un sorriso contento le si sistema sulle labbra.
Quindi è così che ci si sente.












NdT:
Okay. A quanto pare avevo sopravvalutato le mie capacità di tradurre in fretta questo capitolo.
Tra la lunghezza e il caldo (non sono brava a sopportare il caldo, e davanti al pc muoio XD), sono riuscita a finire solo adesso.
Comunque! Domani parto per la Germania e torno il 30… Spero di riuscire ad aggiornare per il 3 agosto :)
Alla prossima!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: SparklingLetters