Premessa: Non ho letto ancora il libro, ma comunque questa storia contiene lo spoiler di una delle sue parti più importanti alla fine. Per errore, sono capitata guardando un video su YouTube, in uno spoiler di Breaking Dawn e una volta fattolo leggere anche a mia sorella, lei mi hai chiesto di tradurle gli spoiler di Wikipedia America e quando ormai mi ero resa conto che non erano semplici spoilers, ma l'intera trama del libro, era ormai tradi ma ciò nonostante, alcune cose di Breaking Dawn come il fatto che Bella diventasse vampira e che lei e Edward avessero una figlia, erano cose che ero certa accadessero per cui non mi sono propiante rovinata il libro, ma semplicemente resa conto che avevo indovinato esattamente. Per cui questa scena della prima caccia che io ho scritto in questa one-shot, so che è presente nel libro, ma non avendolo letto non so come la Meyer l'abbia impostata, per cui si può dire che questa sia la mia versione della prima volta in cui Edward porta a caccia Bella.
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Passai le dita fredde sulle sue piccole guance tinte di quello stesso colore
che aveva fatto innamorare suo padre.
Dormiva tranquilla. Era sempre
calma.
La nostra prima giornata insieme stava finendo ma ero felice di essere
stata così forte da non dover starne alla larga per anni interi e ricordavo con
gioia quando Esme me l’aveva messa in braccio, sbalordita, come lo erano stati
tutti gli altri.
Era così piccola, eppure mi chiedevo se fosse realmente indifesa, o se lo sembrasse solamente. Il sangue di un vampiro scorreva
comunque in lei, ammesso che si potesse parlare di sangue e non di
veleno.
Carlisle aveva solo teorie al riguardo, avremmo capito con il tempo,
quello, non ci mancava affatto.
Non ricordavo molto del dolore dovuto alla
trasformazione e tutto sommato, era molto meglio così, perché riuscivo a non far
sentire in colpa Edward, più del dovuto.
Era tipico di lui pensare al fatto
che mi aveva ucciso piuttosto al fatto che mi aveva salvata.
Non ricordavo
neanche il dolore del parto. Non ricordavo niente. Nessuno che non fosse un
immortale.
Mi sedetti sulla sedia a dondolo vicino alla culla e guardai quel
piccolo volto d’angelo dormire.
Il nome che aveva scelto Edward lo trovavo
perfetto anche se di Renèe non ricordavo più niente, ero stata contenta di unire
il nome di mia madre e della sua per nostra figlia.
Andai alla
finestra.
Il cielo era tinto di rosso e arancione sopra le cime degli alberi
del parco di quella che era ormai anche casa mia.
Un altro crepuscolo. Il
primo della mia nuova vita e li avrei guardati per sempre, senza provare più il dolore
per il tempo che passava allontanandomi da lui.
Sentii delle braccia cingermi
la vita.
“I tuoi riflessi sono ancora da migliorare”.
“Magari ti ho
sentito ma ho fatto finta di niente”.
“In quanto a mentire,è probabilmente una cosa senza rimedio. Sei ancora la peggior bugiarda del pianeta e sono certo lo resterai”.
“Ti avverto che se la mia
nuova vita non migliorerà il mio senso dell’equilibrio, pretenderò un
risarcimento”.
Sorrise contro il mio orecchio prima di posare un bacio sul
mio collo.
“Perché non lo andiamo a provare?”.
“Cosa?”.
“Il tuo senso
dell’equilibrio, così potrai subito chiedere giustizia”.
“C’è un’altra cosa
che spero si potrà realizzare”.
“Cioè?”.
“Avevi detto che sarei stata così
forte da poter battere Emmett a braccio di ferro”.
“Mi spiace ma non
puoi”.
“Perché?”, gli chiesi, voltandomi.
“Perché a differenza di tutti
gli altri, non hai sentito il bisogno del sangue, non sei ancora andata a
cacciare e adesso che sei così cosciente da poter tenere in braccio tua figlia
senza aggredirla, non troveresti mai il coraggio di spezzare una vita,
nutrirtene e avere la forza dei neonati. Sei un’eccezione magnifica anche in
questo”.
Mi portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise. Il mio
sorriso sghembo preferito.
“Non è giusto. Ci tenevo tanto a fargli vedere che
ero forte anche io”.
“Non importa, per me sei lo stesso
fortissima”.
“Edward?”.
“Dimmi”.
“Continuerai a proteggermi e a volermi
con te per sempre?”.
Mi fissò intensamente negli occhi.
“Fino alla fine di
tutto il mondo intero”.
Non avevo bisogno di sentire altro.
Mi alzai sulla
punta dei piedi e bacia quelle labbra. Per quanto potessi essere morta, sentii
lo stesso i brividi attraversarmi la schiena e seppi che se ci fosse stata una
sola goccia di sangue nelle mie vene, sarebbe defluita alle mie guance.
Si
staccò e sorrise.
“E’ come se non fosse cambiato niente. Mi sembri sempre
così calda e soffice e il rossore sulle tue guance che mi mancherà tanto, mi
sembra ancora debba affiorare sul tuo viso colorandolo di quel rosso acceso che
mi faceva capire quanto ti importasse di me”.
“Renesme ha lo stesso
colorito”.
“Ha molto di te. Ha anche il tuo odore”.
“Profumavo così
tanto?”.
“Si”.
Appoggiai la testa al suo petto e trassi un profondo
respiro.
“Allora, l’invito a quella caccia è ancora valido?”, gli
chiesi.
“Certo”.
Mi prese per mano e si fermò davanti alla culla di
Renesme e le posò un bacio leggero sulla guancia.
“Esattamente come te”,
disse sorridendo. “La paura, questa grande sconosciuta”.
“Sei suo padre, il
marito di sua madre. Non c’è proprio motivo per cui debba temerti”.
Mi guardò
con una strana luce negli occhi e poi sorrise di un sorriso pieno di
gioia.
“Bella, ti accorgi di come ciò che dici, sempre e comunque, abbia un
effetto pressoché unico su di me?”.
“E non sai quello che fanno a me
dirle”.
A passo leggero e silenzioso, uscimmo dalla sua stanza e scendemmo di
sotto.
Esme e Carlisle erano seduti in soggiorno con Jasper e Alice mentre
Emmett e Rosalie non c’erano.
Prima che potessi chiedere dove fossero,
avvertii le ruote di un auto grattare il selciato ed entrano anche loro in
casa.
Gli occhi di sei vampiri puntarono dritti su di me per qualche secondo,
poi Alice si alzò di scatto e velocissima corse verso di noi saltandomi in
braccio e staccandomi dalla mano del fratello.
“Oh Bella, Bella finalmente è
successo. Ora siamo sorelle per davvero”.
Chiusi le braccia attorno la sua
schiena e abbracciai quella piccola creatura che mi aveva sempre ricordato un
folletto.
Aveva ragione, ora eravamo sorelle per davvero.
Rosalie restò in
fondo alle scale, ma quando, fatta scendere Alice, le andai vicino, mi sorrise.
Per la prima volta volendolo veramente.
“Ciao Bella”, disse.
Emmett
sorrise soddisfatto. Non ci sarebbero più stati litigi su di me d’ora in poi.
Mai più.
“Ciao Rosalie”.
“Rose”, mi corresse lei.
Forse potevamo essere
sorelle anche noi.
“Porto Bella a fare un giro”, disse Edward venendomi di
fianco e passandomi un braccio attorno la vita. “Rense dorme di sopra, non
statele troppo addosso passandovela fra le braccia”.
Esme si illuminò di un
meraviglioso sorriso e Edward le lesse la mente e le rispose
raggiante.
“Grazie Mamma, sarei felice te ne occupassi di nuovo
tu”.
Salutammo in fretta gli altri e uscimmo fuori.
Non mi era ben chiaro
come avessimo dovuto raggiungere il territorio di caccia, così me ne restai
ferma sul portico.
Edward si voltò e sorrise.
“Non sai che fare
vero?”.
“Niente macchina giusto?”.
Scosse la testa e poi mi si avvicinò
prendendomi una mano.
“Pensi di potermi seguire? Non andrò veloce”.
“Tu
sei il più veloce e se dovessi perdermi?”.
“Non preoccuparti, possiamo stare
vicini. Se vuoi posso portarti io…”.
“No”, lo interruppi. “Voglio
imparare”.
Mi strinse più forte la mano, ora non aveva più bisogno di stare
attento ad ogni suo gesto, e iniziò a camminare andando sempre più veloce sempre
più veloce e riuscivo a tenere il suo passo senza sforzo, finalmente ero anche
io Superman e non più Lois Lane.
“Preparati”, mi disse e poi balzò in aria
trascinandomi dietro di lui ma all’improvviso lasciò andare la mia
mano.
“Edward”, urlai quasi, mentre lui si posava con grazia su un
ramo.
“Bella, guarda”.
Non stavo cadendo.
Non mi ero schiantata da
quaranta metri.
Ero perfettamente immobile, su di una superficie umida e
vischiosa.
Mi guardai i piedi e mi accorsi di essere in equilibrio su un ramo poco
più basso di quello da cui lui mi stava guardando.
Evidentemente, aveva più
fiducia lui nelle mie nuove capacità di quanta non ne avessi io, probabilmente
perché lui sapeva esattamente cosa ero diventata.
Sorrisi spontaneamente e
incrociai i suoi occhi che luccicavano di una luce meravigliosa.
La sua pelle
brillava sotto gli ultimi raggi di sole e stese un braccio
nell’aria.
“Vieni”.
Guardai lui, la sua mano, il tronco sotto di me e
ancora più giù, il terreno ricoperto dalle foglie e senza neanche accorgermene,
saltai fino a raggiungerlo.
Mi prese al volo tirandomi a lui che finì con la
schiena contro il tronco dell’albero.
Lo strinsi forte. La paura di cadere,
doveva ancora passarmi.
Capii, soltanto in quel momento, che non era stato
sbruffone nel dirmi che non aveva bisogno di evitare gli alberi correndo, ma solo che mi
aveva detto la verità. Ora potevo capirlo di più. Avrei potuto capirlo sempre,
per sempre.
“Che altro posso fare?”.
Scoppiò a ridere guardandomi negli
occhi. Posò le labbra di ghiaccio sulle mie per non più di qualche secondo, ma
la testa mi girò lo stesso.
“Sei il vampiro più umano che io conosca. Non
cambiare mai Bella, mai”.
Per un solo istante la voce tormentata, dolorante,
frustata che aveva sempre avuto, tornò e i suoi occhi si fecero più
scuri.
Sapevo esattamente cosa dire.
Mi alzai sulle punte dei piedi e
raggiunsi il suo orecchio.
“Grazie di avermi regalato l’eternità con
te”.
Non mi rispose, semplicemente mi afferrò una mano e saltò
giù.
Atterrammo perfettamente dritti sul terreno umido e poi iniziammo a
correre e non ci fermammo finché non fummo davanti ad un
fiume.
“Proviamo?”.
“Non sono brava a nuotare”.
“Non ne avrai bisogno e
comunque sia, ricorda sempre e non scordare mai, che io sarò qui con te. Fino
alla fine di tutto. Fino alla fine del mondo, mi ritroverai sempre al tuo fianco
finchè lo vorrai”.
Passai una mano fra i suoi capelli e poggiai la mia fronte
contro la sua.
“Ti ho dato il mio cuore, la mia anima, sono tua Edward
Cullen. Lo sarò per sempre. Noi ci apparteniamo, adesso, più di quanto non fosse
stato prima. ”.
Sorrise. Chiuse gli occhi. Mi strinse contro di lui.
“Sono
d’accordo", rispose sussurando.
Il sorriso sghembo che preferivo, tornò sul suo volto dove avrei potuto ammirarlo ogni giorno per l'eternità. Per sempre, non sembrava più un tempo infinitamente lungo dove tutto poteva cambiare o ferire, era semplicemente il sinonimo perfetto di una promessa che ci eravamo scambiati. Amarci per sempre. Era tutto ciò che volevamo ed esattamente cosa avevamo ottenuto. Non ci serviva altro per essere felici.