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Autore: Rebecca_lily    21/07/2014    6 recensioni
“Puoi stare a casa mia per tutto il tempo di cui hai bisogno, se desideri”- disse Abel guardandola negli occhi...
La mia storia ha inizio quando Georgie incontra di nuovo Abel, dopo aver lasciato Lowell da Elise, e vuole esplorare il rapporto tra i due 'fratelli' nel periodo in cui cercano di salvare Arthur dalle grinfie del Duca Dangering. In particolare questa storia intende approfondire sia la lenta presa di coscienza di Georgie del suo amore per il suo ex-fratello sia il carattere di Abel come viene reso per buona parte del testo originale, ovvero del manga. Nella mia storia, Abel non vive dal sig. Allen e i due non affrontano immediatamente la questione del ritorno in Australia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Brother’s Keeper” (Genesis 4: 9)
 
Da quando Georgie era andata via, Abel trascorreva le giornate nello studio del sig. Allen perché la sua casa, così vuota e silenziosa, gli metteva angoscia. Anche Emma e Joy sentivano molto la mancanza di Georgie dato che la ragazza si era presa un periodo di riposo dal lavoro da trascorrere con suo padre; al contempo, erano molto preoccupate per Abel che se ne stava chiuso nel suo studio a lavorare fino a tardi ogni sera. Emma lo aveva invitato a mangiare a casa sua diverse volte, ma Abel aveva sempre declinato l’invito dicendo che voleva finire il progetto della sua nave. E alla fine ci era riuscito.
Una di quelle sere, infatti, ormai a notte inoltrata, il sig. Allen si stava avviando verso la sua camera da letto quando vide della luce trapelare dalla porta della stanza di Abel. Stupito, bussò. “Che ci fai ancora qui a quest’ora, ragazzo mio?” – gli disse bonariamente affacciandosi alla porta. “Sto lavorando all’ultimo disegno” – rispose Abel soddisfatto. “Ma non c’era urgenza di finire il progetto Abel, potevi anche lavorare con più calma. E poi, figliolo, hai almeno cenato?”. “No, non ho cenato ma non importa, grazie” – gli rispose Abel serenamente. Ed era vero: Abel non si curava dei morsi della fame, non si curava della stanchezza, voleva solo portare a termine quel progetto, prima di … prima di … non sapeva neanche lui prima di cosa, ma sentiva di non avere molto tempo a disposizione. Come se dentro di lui fosse scattato un conto alla rovescia.
“Ah, dimenticavo!” – disse Allen – “Se vuoi, puoi scegliere il nome della nave”. Nell’udire quelle parole Abel arrossì visibilmente. Allen lo guardò stupito poi si accorse che sulle ultime tavole già compariva un nome: Lady Georgie. E molte cose si chiarirono nella testa di Allen che si avvicinò paternamente ad Abel e, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: “Mi raccomando figliolo, dopo aver completato questo disegno torna a casa e vai a dormire. Si vede proprio che hai bisogno di riposo”. “Va bene” – gli rispose il ragazzo, grato all’ingegnere per tutte le sue attenzioni.
L’ordigno, il cui scoppio dentro di sé Abel inconsciamente aspettava, esplose di lì a poco quando, una bella mattina di sole, il ragazzo lesse sul giornale che il fidanzamento della Duchessa Maria Dangering era stato annullato. Abel stava sorseggiando il caffè nel pub della signora Baker, dove era tornato a consumare alcuni suoi pasti, e il sangue gli si gelò nelle vene: questa era la notizia che non avrebbe mai voluto leggere perché era il segnale - in un certo senso preannunciato dall’intensificarsi dei loschi traffici di Dangering -  che il Duca stava stringendo le maglie del suo intrigo e che il tempo a loro disposizione per salvare Arthur stava scadendo, se non si era addirittura già esaurito.
Matilda e sua madre videro Abel alzarsi dal tavolo pur non avendo finito la sua colazione, avvicinarsi serio al bancone per pagare e salutarle, sempre in modo gentile, ma senza la cordialità con cui era solito congedarsi. Preoccupate, si scambiarono uno sguardo, perché il ragazzo aveva tutta l’aria di aver appena ricevuto una cattiva notizia ma, non avendo sufficiente confidenza con lui, non gli chiesero niente.
Una volta uscito dal pub, Abel si diresse verso il suo ufficio e, nel tragitto, decise che quel pomeriggio si sarebbe recato a parlare con il Conte Gerard. Non avendo però il tempo di annunciare la sua visita, sperò che la lettura del giornale rendesse la sua presenza non del tutto inattesa. E, in effetti, non solo il Conte Gerard lo stava aspettando, ma lui e gli altri si erano anche già mossi.
La prima persona che Abel incrociò quando entrò nel vestibolo, dopo che il maggiordomo gli aprì la porta, fu Georgie che da ore si aggirava per la casa con la segreta speranza di vederlo arrivare. L’atmosfera si fece immediatamente densa: erano passati tanti giorni ormai da quando lei era andata a vivere con suo padre e Georgie sentì il cuore andarle in gola non appena scorse la sua figura. Dalla felicità avrebbe voluto corrergli incontro e abbracciarlo ma Abel le sembrò freddo e distaccato. In realtà, il ragazzo era stanco per le interminabili nottate passate a lavorare e terribilmente angosciato per Arthur, inoltre stava osservando con un velo di malinconia gli abiti che Georgie indossava: così diversi dal solito e molto più consoni al suo ritrovato rango sociale. “Come stai?” – le chiese Abel con voce neutra, anche se avrebbe tanto voluto lasciarsi andare con lei per trovare un po' di conforto. “Bene, grazie. E tu Abel?” – disse Georgie, la cui voce recava tracce di preoccupazione. La ragazza si era accorta – infatti – che sotto gli occhi di Abel erano comparse di nuovo delle ombreggiature, in più il ragazzo le sembrava anche dimagrito. “Bene” – tagliò corto Abel che si era accorto dello sguardo di Georgie e non voleva certo suscitare di nuovo la sua pietà. In quel momento, il Conte si affacciò e fece loro strada verso uno dei salotti.
Non appena si sedettero, Georgie si offrì di preparare del tè. Il Conte Gerard la guardò stupito: “Ma cara – le disse gentilmente – per queste cose c’è la servitù”. Georgie abbassò il capo vergognandosi un po’, anche se non capiva che male ci fosse, visto che aveva sempre cucinato in vita sua. Tuttavia, non volle contraddire il padre. Sorridendo il Conte Wilson chiamò la cameriera. Anche Abel incurvò leggermente le labbra pensando che Georgie era comunque cresciuta in una casa di contadini e che forse le ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi a quella ritrovata vita da nobile.
Più tardi, mentre sorseggiavano il tè, Abel disse sorpreso: “Un passaggio segreto?”. “Me lo ha detto Maria. Pare che colleghi la prigione sotterranea con i campi fuori dal castello” – gli spiegò Georgie. “Sì, è possibile – chiarì il Conte Gerard – Nei palazzi dei nobili ci sono numerosi passaggi segreti”.
Quella mattina, infatti, dopo aver letto del fidanzamento annullato, Georgie si era nuovamente recata dalla figlia del Duca, con la quale aveva da alcuni giorni preso contatti sotto le mentite spoglie di un fantomatico amico di infanzia di Cain. Aveva così appreso dalla voce di una disperata e innamorata Maria, che la malattia del ragazzo era peggiorata a tal punto da richiedere una quarantena. Solo che Cain era stato rinchiuso in una segreta sotterranea del castello e non condotto da un medico, per cui la ragazza aveva smesso di credere alle storie che le venivano raccontate da suo fratello Irwin e voleva in tutti i modi salvare il ragazzo di cui era tanto innamorata. Si era così offerta di aiutare nella sua missione di salvataggio quell’amico provvidenzialmente piovuto dal cielo.
Le notizie appena fornitegli da Georgie - di cui Abel riconobbe e apprezzò l’intraprendenza e il coraggio - fecero intravedere al ragazzo una concreta possibilità di salvare il fratello così, parzialmente sollevato, disse: “Una volta saputo dove è il passaggio, posso andare anche da solo”. “No, è troppo pericoloso” – cercò di dissuaderlo il Conte Gerard. Abel, che odiava sentirsi impedito nei movimenti, avvertì che l’unica possibilità di agire gli veniva inibita, per cui si spazientì: “Sono cosciente del pericolo… ma so di poterlo affrontare”. “Voglio venire anch’io con te” – proruppe Georgie che non voleva lasciare da solo il ragazzo. Il Conte Gerard cercò di far ragionare entrambi: “Aspettate un attimo tutti e due! Sto cercando di farvi capire che sarete in pericolo dopo averlo salvato”. I due ragazzi lo guardarono esterrefatti perché non si erano mai posti il problema di cosa sarebbe potuto accadere dopo. Il Conte continuò: “L’unico motivo per cui Arthur è ancora vivo, pur essendo al corrente dei segreti di Dangering, è perchè vive nel suo palazzo. Se dovesse riuscire a fuggire, Dangering lo farebbe cercare e uccidere e se mobilitasse tutti i suoi scagnozzi qui a Londra, troverebbe me o Georgie molto facilmente. Dobbiamo cercare di guadagnare tempo… e l’unico modo è ingannarli facendo loro credere che Arthur sia ancora nelle loro mani. Prima si accorgono che è fuggito e più forte è il pericolo di essere ammazzati tutti quanti”. Il monologo del Conte lasciò i due ragazzi senza parole, perché si resero entrambi conto che aveva ragione.
Le parole del Conte continuarono a tormentare Abel anche una volta che egli tornò a casa. “Come posso salvare Arthur e proteggere Georgie allo stesso tempo?” - tornò ossessivamente a chiedersi il ragazzo fino a quando, dopo una lunga, penosa e infruttuosa riflessione che durò per gran parte della notte, si decise ad andare a dormire. Mentre si toglieva la camicia, però, la vista della cicatrice sul suo braccio fece balenare fulminea nella sua testa un’idea: avrebbe potuto sostituirsi lui ad Arthur nella prigione per dare a tutti gli altri il tempo di raggiungere il porto e di imbarcarsi per l’Australia! Una volta passata l’ora prevista per la partenza della nave, sarebbe uscito dalla cella utilizzando il passaggio segreto e sarebbe rimasto a Londra a sovrintendere alla costruzione della nave da lui progettata...
Il pensiero di questo piano ebbe un doppio effetto su Abel: da un lato, essendo un uomo di azione, si sentì sollevato perché poteva finalmente muoversi, agire; dall’altro sentì il proprio stomaco chiudersi. Nel profondo di sé era ben cosciente, infatti, che, data l’enorme quantità di variabili in campo, la probabilità che lui da quel passaggio non sarebbe mai più riuscito a uscire era altissima. Sapeva bene, inoltre, ciò a cui sarebbe andato incontro e una parte di lui ne aveva paura, molta paura: paura di finire prigioniero e di essere torturato o, peggio ancora, di essere scoperto e ucciso.
Solo respirando profondamente Abel riuscì a calmarsi, poi il pensiero che il suo sacrificio avrebbe potuto mettere fine a quel lungo periodo di sofferenza e avrebbe permesso agli altri di cominciare di nuovo a vivere lo sollevò. Il Conte Gerard sarebbe potuto essere riabilitato, Arthur sarebbe stato di nuovo libero ma, soprattutto, Georgie sarebbe stata salva e avrebbe avuto la possibilità di vivere serena con il padre che aveva finalmente ritrovato. Accanto a lei ci sarebbe stato anche Arthur che la amava e che l’aveva salvata tanto tempo addietro. Per quanto riguardava lui, il sapere Georgie e Arthur al sicuro, lo avrebbe aiutato ad affrontare con coraggio tutto ciò che di terribile sarebbe potuto succedergli, inclusa la morte.
Abel decise infine che l’indomani sarebbe tornato a parlare con il Conte Gerard per definire i dettagli del piano, in modo da portare a termine la sua missione il prima possibile. Non appena formulati questi pensieri, il ragazzo sentì il bisogno di bere qualcosa di forte: essendo giovane, aveva sempre pensato di avere davanti a sé una vita da vivere. La sua mano tremò visibilmente mentre si versava da bere, tuttavia, senza piangere neanche una lacrima, Abel decise che, per il bene di Arthur e di Georgie, sarebbe andato incontro al suo destino, qualunque esso fosse stato. Tornò però a dormire nella sua camera alla ricerca di un po' di conforto in quella terribile notte solitaria perché in quella stanza sentiva ancora accanto a sé la presenza della ragazza. Il pensiero che lo tormentava di più – infatti - era che, se le cose si fossero messe male per lui, sarebbe morto senza poterla più rivedere. Fortunatamente, il sonno dei giusti rese molto pesanti le palpebre di Abel.
  
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