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Autore: superpoltix    21/07/2014    2 recensioni
Andrea Libero sogna di fare la scrittrice. Anche Federico Allegri lo sogna. E cosa c'è di meglio di superare un blocco dello scrittore insieme?
"-Ehi Fede! Guarda qui!- chiamai, tirando il mio amico per un braccio.
Lui scattò su come una molla e guardò il computer. -Uh? Cos'è?- strizzò gli occhi per leggere meglio. Quella testa di carciofo non si era di nuovo messa gli occhiali.
-”Vuoi scrivere un libro ma non hai ispirazione? Clicca qui per scoprire come vincere il blocco dello scrittore!”- lessi. Poi guardai Federico. -Secondo te è un virus?-
Non rispose subito. -Ce l'hai un antivirus?-
-Sì.-
-E allora clicca.-
[...]
-Ora qualcuno mi spiega cosa sta succedendo.-
-Non lo so...- si guardò intorno sconcertato. Poi mi si avvicinò e mi sfiorò il braccio con la mano. -Dì, sei sicura che non fosse un virus?-"
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Osservai attentamente il pavimento bianco piastrellato. Sembrava assolutamente privo di ogni qualsiasi minaccia, ma non impazzivo dalla voglia di verificarlo. Federico, al mio fianco, esaminava con circospezione le pareti e il soffitto, come se si aspettasse di veder sbucare fuori un altro paio di corde ninja pronte a stritolarlo da un momento all'altro. Non spuntò nessuna corda. Dopo qualche attimo di tentennamento feci qualche passo avanti. Federico non mi seguì. Gli lanciai uno sguardo interrogativo.
-Prima le signore- rispose lui con un lieve inchino. Il suo ciuffo spettinato ondeggiò in maniera ridicola.
-Voi uomini- borbottai, avanzando di qualche passo -fate i cavalieri solo quando vi conviene.-
-Ovviamente.- si riavviò quella matassa informe che erano i suoi capelli.
Mi girai verso Fidia e lo fissai intensamente. Il piccolo custode si stava ripulendo la bocca dalle briciole del tramezzino che si era appena divorato, alla faccia nostra. Se lui era riuscito ad arrivare fin lì, perché non ci sarei dovuta riuscire io? Sospirai profondamente e feci un altro passo. Il mondo si capovolse improvvisamente, il suolo mi mancò da sotto i piedi e mi sentii salire lo stomaco fino al cervello. Con un grido stridulo serrai forte di occhi e sbattei una craniata sul pavimento. Rimasi immobile e tramortita per qualche attimo.
-Andrea?-
La vocetta preoccupata di Fidia risuonò più volte nella mia testa, come una nota musicale. Aprii lentamente un occhio, e mi ritrovai davanti a un Federico capovolto più soddifatto che mai. Ero appesa a testa in giù, legata al soffitto dalle caviglie. Lasciai cadere le braccia verso il basso, e le mie dita sfiorarono il suolo. Il mio amico sogghignò.
Mi schiarii la voce. -Non è poi così male.- mi feci oscillare avanti e indietro forzando gli addominali.
-Noo- rispose lui, spostando il peso da una gamba all'altra -ti viene solo un po' di sangue alla testa.-
Mi toccai la faccia con una mano. Era bollente. -Fammi indovinare, sono già rossa?-
Lui mi squadrò meglio. -Diciamo pure fucsia.-
Alzai di occhi al cielo (o meglio, al pavimento). Non appena mi mettevo a testa in giù o facevo anche il minimo sforzo fisico, diventavo rossa come un peperone. Sospirai spazientita. -Dai, aiutami a scendere.-
Lui si piantò le mani sui fianchi. -E venire fin lì rischiando di finire in qualche altra trappola? No, grazie!-
Non ribattei. Aveva ragione, maledizione. Fidia si schiarì la voce.
-Che ne dite se invece Federico non si agrappa a te e poi dopo essersi dondolato un po' non salta fino qui? Magari se non toccate il pavimento non succede niente!-
Io e Fede ci scambiammo un'occhiata. Forse non era una cattiva idea. Il mio amico però non sembrava molto entusiasta della trovata.
-E una volta che mi ritrovo di nuovo coi piedi a terra che faccio? Imparo a volare?- borbottò contrariato.
Il custode non rispose. Potevo quasi riuscire a vedere la sua espressione corrucciata. Cercai di trovare una soluzione al problema del camminare. Guardai in giro per l'Autogrill in cerca di oggetti utili e l'occhio mi cadde su uno di quegli stupidi cestini strapieni di cianfrusaglie. La lampadina nella mia testa si accese di botto.
-Fede!- esclamai indicando uno di quei cesti -passami un pulcino Pio!-
Lui sul momento mi rivolse uno sguardo stralunato, ma poi le rotelle dei suoi ingranaggi mentali riuscirono finalmente a disincastrarsi. -Andrea, SEI UN GENIO!- gridò, tuffandosi sul primo cesto che vide. Afferrò saldamente un peluche e lo sventolò in aria tutto contento.
Andai immediatamente in allarme. -NO! Per carità del cielo, non premergli la panc...!-
Una fastidiosa musichetta si levò dal pupazzo e si diramò per tutto l'edificio. Serrai forte un pugno e guardai Federico in cagnesco. -Giuro che appena mi libero, te lo faccio mangiare, quel peluche.-
-Scusa- mi disse lui -non lo sapevo.- sembrava infastidito quasi più di me. Poi prese bene la mira e me lo lanciò. Allungai le mani per afferrarlo, ma i miei riflessi da bradipo non mi vennero molto in aiuto. Il pulcino Pio rimbalzò contro il mio gomito e cadde a terra con un lieve tonfo. Quasi subito un'altra trappola scattò in aria, trascinando con sé lo sfortunato pupazzo, impiccandolo. La musichetta biascicò un altro paio di parole e poi si fermò definitivamente. Fissammo in silenzio il peluche.
-È un'opera d'arte moderna.- commentò Fede, con sguardo ammirato.
-Potrei quasi farci l'abitudine- sorrisi. Avevo sempre sognato di veder morto quell'odioso volatile e ora che ne avevo l'occasione non me la sarei lasciata sfuggire per niente al mondo. -Passamene un altro.- incalzai.
Il mio amico si era di nuovo immerso nel cesto e gli spuntavano fuori solo le gambe. Riemerse reggendo almeno venti peluches, ognuno tenuto in precario equilibrio nei punti più improabili del corpo. Me ne lanciò uno facendolo rimbalzare sul ginocchio e poi sul piede. Questa volta riuscii ad afferrarlo. Fissai i grossi occhioni del pulcino. Gli sorrisi amabilmente.
-MUORI BASTARDO!-
Il pupazzo schizzò in aria non appena toccò il suolo dopo il mio lancio e fece la stessa triste fine del precedente. Sogghignai malvagiamente. Mi voltai verso Federico e per poco non scoppiai a ridere. Si era legato una fascia intorno alla testa, si era tracciato due linee nere su ogni guancia e aveva due corde a tracolla in modo da formare una “x”, con le quali si era legato addosso numerosi peluches. Nel complesso sembrava una versione malriuscita di un Naruto-militare. Chiuse di occhi e fece un respiro profondo. Alzai un sopracciglio, incuriosita. Lui spalancò di occhi di colpo e al grido di “per Spartaaaa!” cominciò a tirare pulcini ovunque, facendo scattare tutte le trappole presenti. Finita l'opera, si guardò intorno tutto soddisfatto. Poi battè le mani come per pulirsele. -Ecco fatto- esclamò -adesso, a noi due, colazione!- e scattò in avanti dritto verso il bancone degli alimenti. Non accadde niente. Federico si sporse oltre il vetro e arraffò il primo panino che gli capitò sotto tiro. Fece un grido di trionfo alzando in aria il cibo e sventolandolo da una parte all'altra. -Tadaaaaa!-
-Sì!- esclamai io, serrando i pugni e avvicinandoli al petto. -Ora slegami, anche io ho fame.-
Fede mi osservò con un sorrisetto malizioso. -Sai- incominciò, a bocca piena- ti ricordi quando ti ho detto che dovresti diminuire i carboidrati?- mi si avvicinò lentamente.
-Oh, piantala.- cercai di afferrarlo o di dargli un pugno, ma lui schivò facilmente tutte le mie mosse. Si accucciò a terra e continuò a masticare, con molta calma.
-Ehi, scemo! Non hai dimenticato qualcuno per caso?- Fidia lo guardò imbronciato e a braccia conserte. Ah, giusto. C'era da liberare anche lui.
Federico si voltò svogliatamente. -No, non credo proprio.-
Approfittando della sua distrazione, caricai un destro e lo colpii alla nuca, ribaltandolo. Sogghignai malevolmente alla vista del suo dolore. -E adesso fammi scendere.- ordinai.
Lui si rialzò massaggiandosi la testa, contrariato. -Un “per favore” ogni tanto farebbe anche piacere- borbottò, iniziando a sciogliere i nodi che mi legavano le caviglie. Sciolse il primo. Un brivido mi percorse la spina dorsale. -Ehi Fede... nononono!- il secondo nodo si sciolse e io cascai malamente a terra. Restai immobile stesa lungo il pavimento a osservarlo in cagnesco.
Lui si girò e si avviò nuovamente verso il bancone. -Come si dice?-
-Grrrrrrrrrrrrrazie.- righiai, rimettendomi in piedi. Mi sentivo tutto il sangue alla testa. La scossi un po' per riprendermi e saltellai verso Fidia.
-Finalmente qualcuno che si ricorda di me- esclamò. Mi sorrise e cercò nuovamente di muoversi, con l'unico risultato di rischiare di perdere l'equilibrio.
Lo squadrai attentamente. -Ma scusa, non puoi semplicemente toglierti le scarpe?-
Lui sembrò imbarazzato e si portò una mano dietro la testa. -Il fatto è che... da solo non ci riesco.-
Mi venne subito da ridere, ma con uno sforzo mi trattenni. Non volevo offenderlo. -Tranquillo, ora ti aiuto io.- lo tirai su da sotto le ascelle con una mano, mentre con l'altra di sfilavo i piedi dagli stivaletti bianche che indossava. Lui gemette un poco per la troppa forza che adoperai.
-Ehi, ehi, non sono mica uno di quei pupazzi laggiù, io- mugugnò.
Aprii delicatamente la mano e lui ci si accomodò sopra, dondolando nel vuoto i piedi scalzi. -Scusa. Non l'ho fatto apposta.-
Federico comparve prepotentemente nel mio campo visivo. -Ehi, perchè lui lo tratti bene e me no?-
Fidia di ronzò davanti al naso, con le mani puntate sui fianchi. -Perchè io sono molto più figo di te.-
-Coooosa hai detto, razza di moscerino avariato?-
Scivolai via prima che le cose potessero mettersi male e presi un panino a caso del bancone. Finalmente anche io potevo fare colazione. Consumai velocemente il mio pasto osservando Fidia e Federico litigare. Sembrava un battibecco fra bambini di tre anni, che si contendevano tra loro una macchinina giocattolo. Mi parvero entrambi improvvisamente teneri, nonostante si stessero per fare a pezzi l'un l'altro. Decisi che era giunta l'ora di intervenire solo quando mandai giù anche l'ultimo boccone.
-Ragazzi... non litigate dai- dissi, lanciandogli un'occhiata eloquente.
-Ha iniziato lui!- risposero loro in coro, indicandosi a vicenda.
-Non m'interessa chi ha iniziato- risposi con una strana calma mentre mi avvicinavo al frigobar e lo aprivo per tirarne fuori una bottiglietta d'acqua -voglio solo che la smettiate.-
Loro si scambiarono un'occhiata rabbiosa, ma Federico lasciò la presa sul collo di Fidia, e il piccoletto smise di mordergli le dita.
-Bravi- approvai, bevendo un lungo sorso dalla bottiglia -adesso, che ne direste di prendere qualche vestito pulito?-
Fede si osservò i pantaloni e la maglia. Erano completamente inzuppati di melma e io non ero da meno. Per sua fortuna lui aveva i capelli corti e quindi non di si erano infangati più di tanto, mentre i miei... beh, erano una matassa marrone-verdastra aggrovigliata. Il nostro simpatico tuffo mattutino nel fango non era stato esattamente un toccasana al nostro igiene personale.
Mi avvicinai agli appendiabiti e osservai i numerosi vestiti, in cerca di qualcosa che fosse della mia misura e che possibilmente mi piacesse. Federico prese una canottiera smanicata sul verde militare e la mise davanti a sé per controllare che gli stesse. Io scelsi una maglietta bianca a maniche corte e mi spostai verso alcuni tavolini con altri vestiti, impilati ordinatamente uno sopra l'altro.
-Andre', io vado in bagno a cambiarmi, okay?- il mio amico si diresse verso i servizi, con in mano la canottiera, dei pantaloncini arancioni fluo e... dei boxer neri. Probabilmente ne aveva abbastanza di mutande con le barchette. Ridacchiai sottovoce, prendendo dei pantaloni a pinocchietto marroni. Fidia ronzava in giro per la sala, osservando i vestiti. -Ehi, qui ci sono delle cose a misura di folletto!- esclamò ad un tratto, tutto contento.
Mi finii di allacciare i pantaloni e corsi da lui, incuriosita. In effetti su uno dei tanti tavolini presenti, ce n'era uno con abiti piccolissimi, tutti della misura del custode. Fidia si sfilò la tuta e acchiappò una canottiera gialla senza maniche e dei bermuda a macchie verdi mimetiche come quelle delle divise dei militari. Il folletto si girò a guardarmi. -So di essere incredibilmente attraente e che tu non possa fare a meno di fissarmi, ma mi starei cambiando. Ti dispiacerebbe girarti?-
Mi voltai all'istante. Non sapevo bene perché non provavo alcun tipo di imbarazzo a guardarlo. Forse perché avendolo creato io, lo sentivo come una specie di “figlio” (tra molte virgolette) e quindi non sentivo necessario comportarmi secondo tutte le leggi del pudore. Forse.
-Uffa...- lo sentii borbottare -come sono scomode queste cose...- saltellò un po'.
Mi chiesi di cosa parlasse.
-Okay, ho finito!-
Mi girai nuovamente e sorrisi guardandolo. Sembrava un peluche. -Stai benissimo.-
-Ovvio- ribatté lui -ma come fate a indossare le mutande? Sono così scomode- si sistemò meglio i pantaloni.
Federico comparve proprio in quel momento da dietro di me. -Mai sentito parlare di “boxer”?-
Il folletto inclinò la testa da un lato. -Che c'entrano i cani?-

Quando uscimmo dall'Autogrill, eravamo completamente rivoluzionati. Oltre ad esserci comabiati i vestiti, avevamo cambiato le nostre scarpe con degli scarponcini da trekking, più comodi per muoversi nel pantano. Avevamo anche preso due zaini, in cui avevamo messo alcune bottiglie d'acqua, dei panini e un cambio di abiti puliti. Federico aveva aggiunto anche un cappellino e degli occhiali da sole, assolutamente indispensabili in una foresta buia. Io invece avevo anche il cibo e il cambio di Fidia, dato che non avevamo trovato uno zaino della sua misura.
Ci eravamo anche lavati i capelli per togliere il fango, e io me li ero fatti tagliare da Fidia (di Fede non mi fidavo, e poi quel piccoletto aveva un certo gusto estetico) per liberarmi dai troppi nodi. Ora avevo una specie di caschetto con delle ciocche più lunghe sul davanti. Federico, approfittando del gel trovato frugando tra di scaffali, si era fatto una cresta degna di un ananas e la scuoteva in continuazione, giusto per non sembrare troppo normale.
Io e il mio amico facemmo il primo passo verso la foresta insieme. Fidia ci svolazzava attorno facendo mille piroette e giravolte, lanciando di tanto in tanto alcuni gridolini di divertimento.
-Bene- dissi. Guardai Fede negli occhi. -E adesso?-
Lui sorrise, con quella sua espressione tranquillamente pazza. -E adesso, si va avanti.- cominciò a camminare a passo sicuro e io lo seguii. Il custode ci superò canticchiando qualcosa che non capii e fece un giro della morte, sfiorando il fango sul terreno.
Senza saperne il motivo, mi voltai. L'Autogrill era sparito. Diedi una gomitata a Federico e glielo feci notare.
-Oh, beh- fece lui, scrollando le spalle -tanto ormai non ci serviva più, no? Magari quando ci servirà di nuovo riapparirà.-
-Speriamo...- risposi poco convinta, continuandomi a lanciare occhiate alle spalle. Quella foresta mi piaceva sempre di meno. Speravo solo che non spuntassero fuori altri fantasmi vogliosi di attenzioni o con la buffa abitudine di ammazzare gente a caso. Trassi un respiro profondo e cominciai a fischiettare la macarena, mentre Federico accennava a bizzarri passi di danza e Fidia svolazzava e canticchiava a ritmo di musica.

  
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