Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: finnicksahero    21/07/2014    5 recensioni
Mi sono sempre chiesta come si sono conosciuti Finnick e Annie, e durante l'ora di Chimica è nata questa storia. Dal testo:
-Piacere Finnick- dico porgendogli una mano, lei si volta verso di me ancora con il broncio sulle labbra e tende una mano -Annie Cresta-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'I'm in love with you ...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo cinquantanove.

Annie Cresta.


 

-Mamma, mi dispiace tantissimo- disse Fin, aveva la testa appoggiata sulla mia, e mi abbracciava da dietro, io scuotevo la testa macchiando di lacrime la lettera di Johanna. Non potevo fare a meno di piangere. La mia unica amica, nonché unica famiglia, all'infuori di mio figlio, si era suicidata, impiccandosi ad un albero. Avevo scritto una lettera per Katniss e Peeta, dovevano saperlo anche loro, e poi ero scoppiata in lacrime, accucciandomi a terra gridando piena di rimorsi.

Mi voltai e mio figlio mi strinse al suo petto muscolo. Il mio sedicenne preferito, affondai il viso nel suo petto e soffiai fuori tutto quello che avevo, sentendomi libera, mi staccai asciugandomi gli occhi, sorrisi mortificata -Un figlio non dovrebbe mai vedere la proprio madre piangere- dissi, la voce rotta, lui mi accarezzo la guancia, come amavo mio figlio. Posai la mia mano sulla sua e gli sorrisi -Lo dici sempre- rispose, sospirai -Tuo padre sarebbe così fiero di te- dissi, era emotivamente instabile, lui mi abbracciò ancora -Me lo ripeti tutti i giorni- rispose, sentii il sorriso nella sua voce.

Lo guardai bene, aveva i miei capelli. Neri e scompigliati. Ma l'altezza , gli occhi e tutto il resto l'aveva presa da Finnick. Erano talmente simile che alcuni giorni faceva male guardarlo. Sopratutto quando scherzava e mangiava le zollette. Sembrava che mio marito fosse rinato con il nostro bambino. Gli passai una mano fra i riccioli, un po' troppo lunghi -Dovresti tagliarli- dissi, lui rise, e mi si strinse il cuore.

-Non voglio nemmeno pensarci! Per i primi quattordici anni della mia vita hai deciso tu come dovevo portare i capelli. Ora mi ribello- si staccò da me, mi appoggiai alla finestra e sentii il vento caldo carico di salsedine solleticarmi il viso. -Senti stavo pensando ad una cosa- disse, aveva la voce troppo preoccupata, sospirai e chiusi gli occhi, passandomi una mano sulle guance e sulle palpebre. Lo fissai con un sopracciglio sollevato -Ti ho già detto che finché non avrai preso il diploma in vacanza nei distretti, non ci vai. E non rifilarmi la scusa del 'Ma io ci vado per studiare' so perfettamente che non studierai- dissi, lui sorrise e arrossii -Neanche se ci vado con Meggie?- chiese, risi di gusto, e alzai gli occhi al cielo -Sopratutto se ci vai con Meggie!- esclamai.

Roteò gli occhi sorridendo, aveva le fossette, -Ma non ti fidi di lei?- chiese, abbassai lo sguardo sul mio vestito blu largo e lungo fino alle caviglie, riuscivo ad intravedere i miei piedi dal la fine dell'abito. Non aveva più i capelli lunghi, ora era un taglio a caschetto, che arrivava sotto le spalle, ma non riuscivo più a portarli lunghi. Non più. -Oh, di lei mi fido. Se tu il problema. Quando sarai più grande potrai andarci, ora come ora no- decisi, lui sospirò -Non finisce qui- mi indicò e sparii forse in cucina. Oppure a casa della sua 'amica' Meggie, o almeno, lei lo considerava un amico, Fin da un po' di tempo mi parlava di quanto stesse diventando carina. Riconoscevo quel tipo di sguardo quando lo vedevo. Era lo stesso che il mio amore usava con me. Non l'avrebbe mai dimenticata, se l'ama come amano gli Odair. Cioè loro amano sempre e per sempre.

Mi sistemai alla scrivania e ci posai sopra la lettera. Johanna mi sarebbe mancata. Come manca un braccio o una gamba. Lei era la persona più bella di questo mondo, avrei tanto averla potuta aiutare, mi presi la testa fra le mani e chiusi gli occhi. Volevo qualcosa di diverso per lei. Mi venne un'idea. Avrei dovuto solo aggiungerla.

Presi il quaderno e mi misi all'opera, dovevo finirla, almeno prima del sedicesimo compleanno. Sarebbe stato il suo regalo. Avrebbe finalmente conosciuto il padre, non come lo elogiavano in classe, facendolo diventare un eroe caduto in una battaglia per la libertà. Era così finto. Lui avrebbe conosciuto il Finnick patriottico.

Io volevo che conoscesse il mio Finnick. Il ragazzino timido di appena quattordici anni. Il quindicenne preoccupato. Il sedicenne distrutto. E il diciassettenne speranzoso. Fin avrebbe conosciuto suo padre per com'era davvero: un uomo normale.

Non avrei scritto grandi imprese eroiche, avrei scritto la verità. Perché non volevo costruire un eroe. Volevo far rivivere quell'anima spenta troppo velocemente e troppo presto.

Passai il pomeriggio a scrivere. Mio figlio non si era più fatto vivo, sicuramente con quella ragazza, che in casa non era mai apparsa. Ma che avevo visto con lui al mercato. Meggie aveva l'età di mio figlio, i capelli erano neri come il carbone del distretto dodici ed erano lisci come spaghetti, e gli occhi ambra di un dorato ipnotizzante, la pelle era color caffè-latte, era una ragazza davvero bella. Avrei tanto voluto conoscerla. Ma mio figlio non osava nemmeno portarla sul nostro porticato.

Alla loro età io ero già stata in casa di Finnick diverse volte, e lui era stato in casa mia e addirittura nella mia camera un sacco di volte. Non stavamo ancora insieme, ma da me veniva. Chissà come mai non voleva farmela conoscere.

Bussarono alla porta e sobbalzai. Stavo per scrivere la frase finale, alzai gli occhi dal foglio bianco e mi schiarii la voce -Avanti- dissi, la testa riccia e scura di mio figlio fece capolinea, aveva un sorriso che gli prendeva tutto il volto, quello l'aveva sicuramente preso da me. Gli occhi verdemare erano brillanti, le guance arrossate. Sembrava euforico, sorrisi, qualcosa mi disse che avremmo avuto tante cose di cui parlare. Il mattino seguente -Mamma- disse, la voce carica di felicità che quasi mi fece sorridere, quasi -Dimmi- dissi, lui si appoggiò allo stipite e si morse un labbro -Senti, stasera apparecchieresti per tre?- chiese, rimasi allibita, di solito apparecchiavo per tre solo per dei giorni specifici. Per il mio compleanno, per il compleanno di Finnick e anche per quello di Fin, infine per il giorno in cui mi avevano detto che era morto . Sennò non apparecchiavo mai per tre. Mai. -Certo, chi si unisce a noi?- chiesi, sorridendo, aveva visto quel suo strano sguardo e finalmente capii. Non potevo non sorridere -Meggie- disse, sospirai e abbassai lo sguardo sul quadernino -Che ne dici della famosa salsa degli Odair?- chiesi, lui venne da me e mi baciò le guance -Ma tu proprio mi leggi nel pensiero eh?- chiese, poi mi abbracciò, per quanto la scrivania lo permettesse -Lo sai che ti voglio bene?- chiese, io respirai il suo profumo, mischiato a quello del mare -Si, e tu lo sai che ti amo?- chiesi, lui mi strinse più forte -Si, lo so mamma.

Uscii com'era arrivato, senza far troppo rumore, controllai l'orologio, erano già le sette e mezza, noi cenavamo di solito alle otto, così Fin aveva la serata libera. Dovevo darmi una bella mossa. Ripresi in mano la penna e guardai il foglio. Ora sapevo per certo quale frase finale mettere.

'Così si conclude la vera storia di tuo padre e della ribellione. Auguri amore mio. Ora conosci la verità, su tutti quanti. Sulla zia Joh', su Gale. E anche su “ Gli innamorati sventurati del distretto dodici “.'

Chiusi il quadernino e in stampatello maiuscolo scrissi il titolo del racconto 'La vera storia di Finnick e Annie'.

Alzai gli occhi e voltai la testa verso il mare.

Le onde erano sempre le stesse, si infrangevano sempre sulla stessa sabbia. Lo avrebbero fatto in eterno, senza mai cambiare.

Ma io ero cambiata.

Ero finalmente pronta, mi alzai e andai alla porta, girandomi solo sullo stipite e osservai lo studio con attenzione.

Le pareti bianche, dove erano appese delle fotografie, e dei quadri. Il pavimento di legno con un tappeto marrone consumato, la scrivania di mogano e un divanetto in pelle, color verde scuro. Non c'era una sola cosa abbinata.

Guardai nell'angolo opposto, una cosa argentea, lunga e con tre punte. Sorrisi.

Ero pronta per dire addio.

Chiusi lo studio dietro di me e guardai finalmente avanti. Verso il futuro lasciandomi alle spalle quel dannato e malinconico passato.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: finnicksahero