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Autore: parolecomemarchi    21/07/2014    2 recensioni
Sono storie che dicono chiaro e tondo chi siamo, come ci siamo trovati e perchè, scoprono il nostro essere fino ad illuminarne ogni ombra.
siamo io e te insieme.
sono ricordi che ci guidano al presente, sono i racconti di noi due.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Raccolta di One Shot


Racconti di noi due


 
 


Thought I wanted to kiss another when in my thoughts existed only her


Sdraiato comodamente sul mio divano facevo zapping tendendo il telecomando appoggiato sullo stomaco, la voglia neanche di alzare la mano e la noia che mi stava divorando.
Il capo mi aveva concesso tre giorni dal lavoro, Abby si era presa una forte influenza e con la gravidanza poteva essere molto pericoloso, erano stati giorni d’inferno e notti d’insonnia, ne portavo i segni sotto gli occhi in violacee occhiaie e rossore nella parte bianca del bulbo, che strana parola: bulbo.
Ero davvero stremato, ma il sonno ormai era svanito, era una mia personale maledizione :quando restavo sveglio per molto i miei occhi restavano vigili fino a quando tutto non si poteva definire ‘normale’ ora con una moglia ingravidata a letto con l’influenza e un figlio nel pieno dell’adolescenza ancora fuori a festeggiare con la sua comitiva, non mi potevo definire calmo.
Controllai svogliatamente l’orologio: 2:07, sbuffando feci leva sulle braccia e mi alzai in piedi dopo quasi un’ora di riposo, afferrai dal frigo una birra fredda e cominciai a scolarla lì davanti, l’anta ancora aperta davanti a me.
Finita la prima e lunga sorsata appoggiai sul tavolo da pranzo la bottiglia di vetro e chiudendo l’anta del frigo andai di sopra da mia moglie.
Socchiusi nel massimo del silenzio la porta e vidi un’angelo un po’ pallido steso sul letto matrimoniale, la sua dolce e nuda schiena rivolta verso di me, era il 7 Maggio e già l’aria si era fatta irrespirabilmente calda e lei al settimo mese di gravidanza, se le donne incinte erano insopportabili di natura immaginarsi come potevano diventare aggiungendo a tutto il caldo, uno strazio per il marito , ovvero me.
Sorrisi quando mi avvicinai accarezzandole la fronte con le labbra e lei mugugnò come quando le davo fastidio e mi voleva togliere di torno, alzò una mano e la mosse infastidita.
Io ridacchiai sottovoce –Buonanotte amore- le sussurrai all’orecchio e tornai di sotto dalla mia birra, non avrei potuto comunque dormire dato che lei aveva rubato tutte le coperte e lo spazio disponibile del nostro letto matrimoniale.
Sorrisi pensando che lo faceva anche quando eravamo al college e lei si infilava contro il regolamento nel mio lettino singolo, scalciandomi ogni dannata notte giù dal letto.
Quando ingoiai la seconda sorsata della mia birra rigenerante sentì la porta cigolare per poi richiudersi molto lentamente, Travis che in punta di piedi e gli occhi lucidi che si dirigeva nella sua stanza, come se fossi un imbecille.
-Figliolo, ti ho visto- dissi semplicemente andandomi a sedere al solito posto, lui roteò gli occhi al cielo imprecando vistosamente, io risi.
-Se ci fosse stata tua madre ti avrebbe punito solo per ciò che hai detto- gli sorrisi affabile mentre prendevo altri sorsi dalla birra, lui stranito mi raggiunse.
-Perché non sono ancora in punizione? Perché non mi hai ancora sbattuto fuori casa?- mi chiese lui.
Io feci spallucce, sapevo cosa intendeva dire – Anche io da giovane rientravo tardi e anche io ogni volta mi beccavo punizioni esemplari, so come ci si sente figliolo e semplicemente te le sto evitando. Non significa che da ora in poi potrai sempre star fuori fino a tardi, cosidera che per ora ci sono solo io, poi dovrai fare i conti con tua madre- risposi io guardandolo mentre inorridiva e la paura faceva breccia nei suoi occhi da sedicenne.
Le iridi azzurre rese sottili dal nero della pupilla che inghiottiva il colore, il tutto reso lucido da una leggera patina dovuta all’alcool, se ci fosse stata Abby ora sarebbe fuori dalla porta.
-Sei il padre più figo del mondo!- esclamò lui dandomi una pacca sulla spalla –Ma non è che mi stavi aspettando qui solo per farmi prendere un colpo?- mi chiese poi insospettendosi.
-Non riesco a prender sonno, con tua madre che occupa tutto il letto- risposi non curante e divertito prendendo ancora un sorso della mia birra ormai quasi finita, ne volevo ancora così mi alzai.
-E per tenerti ancora cosciente bevi birra?- chiese lui togliendosi la canotta che indossava restando a petto nudo, osservai dal frigo il suo fisico e sorrisi, ricordava il mio da giovane –Più o meno, ma tu non azzardarti a farlo anche se credo che questa notte tu ci sia andato più pesantemente delle altre volte, o mi sbaglio?- chiesi già sapendo la risposta.
Era autorizzato al massimo di tre drink alcolici, niente super o altrimenti lo avrei batostato per bene, ero un esperto in tasso di ubriachezza anche perché essendo stato uno dei più popolari della L.A.C.C  le feste erano all’ordine del giorno così come alcool e ragazze, poi era arrivata la mia Abby e come ancora mi rimprovera Chaz, mi sono rincolglionito.
Travis sbuffò sapendo che avevo indovinato –E' solo che ne avevo bisogno davvero questa sera- disse passandosi una mano sul viso stanco, qualcosa mi diceva che aveva bevuto per dimenticare e qualcos’altro mi diceva che era una ragazza.
-Nome?- chiesi semplicemente.
-Cosa?- lui fece il finto tonto, magari non ne voleva parlare ma io c’ero e poi, per le ragazze ero il tipo giusto, almeno di quell’argomento sapevo molto, per il resto io appoggiavo Abby e i suoi consigli.
-Il nome della ragazza che ti ha fottuto – dissi ridendo, mi ricordavano molto le conversazione tra me Dean, Ryan e Chaz, più con quest’ultimo che gli altri due, chissà come se la passavano.
-Non c’è nessuna raga..- provò a completare la frase mantenendo un tono freddo e controllato, per non  farmi capire fosse una menzogna, ma dannazione ero suo padre, se non lo conoscevo bene io chi altri avrebbe potuto?
Lo guardai con tono di rimprovero e lui mollò la presa –Rebecca- disse con un sospiro e un sorriso da coglione, oh Dio mio figlio era davvero fottuto, mi ricordava esattamente me, solo che io ero più grande quando mi innamorai sul serio.
-Il problema?- chiesi porgendogli una birra, sapevo che non avrei dovuto dato il tasso alcolico che aveva già dover assimilato, ma per parlare di certe cose c’era bisogno di mettersi in pari, tipo migliori amici e non padre e figlio, abbattere certi muri era importante in casi come questi.
Lui prese un sorso chiudendo gli occhi e quando li riaprì mi fissò sconsolato –Abbiamo discusso a lungo ieri a scuola, Ashley la troia quella che era andata a letto con Brad mentre era fidanzato con Miley, la sua migliore amica per altro, ha diffuso una foto di me ovviamente brillo che mi avvicino con le labbra a quelle di Marie, l’altra troia di scuola che invece ha rubato il ragazzo ad ashley e di questo son contento quella si merita tutto il male del mondo!- esclamò lui perdendosi nelle suo riflessioni su persone che io non conoscevo, pronunciando nomi a cui non sapevo associare volti, allora provai ad immaginare ognuno di loro con l’aspetto dei miei vecchi compagni di college e tutto fu più chiaro.
-E tu l’hai baciata davvero?- gli chiesi cauto, prendendo un sorso della mia appena stappata seconda birra, lui ne buttò giù un altro –No! Diamine no! Io sono completamente cotto di Rebecca- esclamò poggiando piuttosto rumorosamente la birra sul tavolino davanti a noi, gli misi una mano sulla spalla, come per dirgli di calmarsi e lo fece.
-Sai capitò una cosa simile a me, solo che non era divagato niente, lei lo vide con i suoi occhi- dissi ripensando a tutto ciò che era successo quella notte, il ricordo aveva immagini sfocate e sbiadite dal tempo ma abbastanza vivide da essere ben ricordate.
-Oh questa la voglio proprio sentire. Poi si è risolto tutto?- chiese lui interessato, aveva sempre amato ascoltare delle storie riguardanti me ed Abby, soprattutto quella in cui ero rimasto nudo e solo nello spogliatoio.
-Si, ma ci è voluto parecchio- posai la birra e senza che me lo chiedesse cominciai.
 
 
-Amico solo quattro parole: tu. Io. Festa. Stasera.- Chaz era entrato senza convenevoli in stanza, velocemente si era sfilato la felpa e la canottiera bianca che indossava e aveva preso a raccattare dai cassetti le sue cose alla rinfusa per poi dirigersi nel piccolo bagno della stanza.
Io ero tranquillamente sdraiato sul mio letto di sotto, a contare le molle che il materasso di sopra conteneva, perfettamente annoiato e con l’intenzione di rimanere in quella posizione per il resto della serata, era una dannata settimana che Abby mi aveva visto non-vestito nello stupido e vuoto spogiatoio della palestra e di tutto ciò che era successo, oltre all’imbarazzo e al balbettio con cui le avevo parlato, riuscivo solo a ricordare la sensazione delle farfalle che ballavano insieme all’interno del mio incasinato stomaco.
Non ero arrabbiato con Trent, per quanto malato potesse essere non ci riuscivo, nella mia mente l’unico pensiero era a lei e alla fortuna sfacciata che ho avuto di vederla e parlarle, il suono della sua risata riecheggiava ancora nella mia mente, annebbiata da lei.
In risposta alla proposta, che sembrava più un ordine, del mio migliore amico avevo semplicemente mugolato annoiato, ci tenevo a preservare quello stato di calma piatta dato che, prendendo in considerazione un punteggio da uno a dieci, la sensazione delle farfalle nello stomaco per quell’insulso bacio dato alla sua morbida guancia era solo a sette, pensavo solo a quello e il ricordo era già così sbiadito.
-Bro! È una settimana che non ti si vede più per locali dopo il coprifuoco, la gente comincia a parlare, per i corridoi  Trent e i suoi si prendono gioco di te sia per quel fatto nello spgliatoio che per il tuo processo di rammollimento, e non immaginano neanche a cosa sia dovuto- ormai era rimasto solo in asciugamano, la cuffietta per la doccia a coprirgli i capelli in modo che non si bagnassero, era una visione orripilante e davvero ingiustamente divertente, ridacchiai spontaneamente poi mi calai nel mio recente stato di calma piatta.
-Non mi importa ciò che dicono in giro su di me- e prima che potessi anche prendere un respiro da quella frase ecco che subito attaccò –Non ti importa nemmeno che lei possa pensare che ti sia rammollito?- e sapeva che aveva toccato un tasto delicato, le sue manovre stavano agendo su di me per scatenare una reazione, quella che voleva lui.
Diamine, certo che non volevo che pensasse a me come ad uno stupido ragazzetto timido e vittima di bullismo che si chiude in camera per scampare alle ingiustizie del mondo, come se fosse anche lontanamente possibile allontanarle, quelle maledette ingiustizie.
-E cosa dovrebbe aver scatenato il mio rammollimento?- chieo alzando l’ultima barriera, già pronto a mollare la presa mi metto seduto, mantenendo i piedi sul materasso un po’ ingobbito e vecchio.
-Ci sono diverse ipotesi: io preferisco quella delle gemelle ‘Secondo me ha scoperto di essere gay, è qualcosa di tremendo scoprire di essere gay quando fino a due giorni prima ti trovavi con una ragazza sotto di te’- disse imitando malamente il tono squillante di voce di una delle ragazze.
Le gemelle erano il duo più improbabile di gemelle che potesse esistere, Layla solare, divertente, bionda ed incredibilmente stupida. Lara stronza, cattiva, pessimista, mora e fin troppo acculturata.
Troppo diverse per essere sorelle, erano agli antipodi, il polo negativo e quello positivo di una calamita che stranamente le fa attrarre.
-Dio, dimmi che non lo pensano davvero!- esclamai passandomi una mano sulla faccia e a quel punto il mio culo si era già abituato all’idea di doversi muovere attraverso la stanza.
-Altre improbabili ipotesi?- chiesi di seguito quasi spaventato, intanto mi ero alzato dal letto e a piedi nudi davanti all’armadio cercavo i miei pantaloni di pelle nera col cavallo basso, Chaz mi scansò con uno spintone e li afferrò dallo scomparto in alto, era incredibile quanto in fretta mi capisse.
-Quella di Trent, come non citarla ‘quel pappa molle ha capito che non ha la stoffa per reggere sulle spalle un’intera squadra, è stato troppo per lui rimanere solo e nudo in spogliatoio, il bambino se ne è andato frignando nel suo dormitorio, Camryn lo ha visto correre tutto nudo per il campus mentre piangeva come un poppante –bugia- si è chiuso in camera per non dover affrontare la realtà’- e concludendo col rozzo e finto vocione di quel coglione si era finalmente chiuso in bagno, l’acqua che scrosciava e copriva i miei coloriti insulti verso la società scolastica e in particolare verso la mia stessa squadra di basket.
Mi feci una doccia rigenerante appena Chaz uscì da quel piccolo inferno privato che era diventato il nostro bagno, impostai la temperatura a medio invece che a ‘fuoco direttamente distribuito da satana’ e mi lavai tirando e sfregando quanto più in fretta potevo i miei capelli biondi.
Quando finì di vestirmi in camera rientrarono anche Dean e Ryan, che erano stati in perlustrazione nella zona fuori del campus –Molte maricole programmano di svignarsela, ci sarà da divertirsi- ghignò Ry e io per compiacerli diedi una pacca amichevole ad entrambi.
Uscimmo uno per volta dal dormitorio con la distanza di cinque, tre e sette minuti, per non destar sospetti al sorvegliante dell’ala maschile, il professor Bront ma quel tizio era stato già messo fuori gioco da un sonnifero somministratogli da Trent e i suoi qualche ora prima, quegli imbecilli ci rendevano le cose sempre più facili.
Scavalcammo il cancello del campus in modo veloce e furtivo, fortunatamente nessuno era di passaggio, molti degli insegnanti con disturbi d’isonnia, per citarne alcuni il ‘Gufo’, che non poteva mancare, e la Palmer di storia dell’arte, quando il loro problema faceva il suo dovere, si sentivano di controllare le zone d’uscita dell campus, dato che molte volte erano stati scoperti ragazzi e ragazze che uscivano senza il permesso.
Superammo di qualche metro il campus, svoltammo in direzione della strada principale e camminammo per un quarto d’ora all’incirca per la strada, poi ci vedemmo davanti un’enorme insegna al neon che citava il nome ‘The Angels Night’ e senza indugiare entrammo, mostrando i documenti falsi al grande omone di guardia, ci fece passare senza problemi con un sorriso in quanto clienti abituali.
Per la prima ora ci limitammo al bancone, vagare per la pista da ballo improvvisando movimenti scoordinati per farci notare, lo facevano soprattutto per far vedere me, per dimostrare che il bello e popolare Justin Bieber non era gay né un frignone e quando Trent mi squadrò sbuffando ed indicandomi sconfitto agli altri, reputai compiuta la mia missione quindi mi trascinai al bancone per qualche alcolico forte.
Dopo un giro di tequila con quelli della squadra mi reputai brillo, vedevo la faccia di Abby ovunque e a tutte loro volevo dire che uscire con lei in quella passata settimana era stato favoloso e che ero completamente cotto di lei.
 
-Aspetta, aspetta, aspetta- mi interruppe Travis con l’espressione corrucciata di chi ha un dubbio, quell’espressione del viso che chiede spiegazioni.
-Spara- e ingollai più velocemente di quanto avrei dovuto la mia birra, o quel che ne rimaneva, prima che Travis potesse anche solo parlare mi alzai e presi altre due bottiglie, una a testa.
-In quella settimana non eri rimasto in stanza a fare il piccolo nerd innamorato?- e dicendolo ghignò divertito grattandosi la mascella, cosa che quando ero nervoso facevo anche io.
Mi passai una mano su quel punto e poi mi rivolsi a lui in trepida attesa, intanto il tempo correva sull’orologio ma noi eravamo bloccati in quel momento, incapaci di andare a dormire una buona volta.
-Non sempre, la mattina, dopo i corsi passavo la pausa pranzo con lei nel cortile dove la vidi la prima volta e per il resto, se entrambi avevamo un corso insieme ci sedevamo vicini e alla fine del pomeriggio andavamo nella caffetteria del campus o nella sua stanza. Se invece non avevamo corsi comuni, e lo facevamo solo con i più noiosi come quello di storia, lo saltavamo e trascorrevamo il tempo nella stanza comune a vedere film- dissi sentendo le guance arrossarsi.
Lui sorrise furbo e mi strizzò un occhio, portai gli occhi al cielo poi continuai.

-Ehi Biebs!- mi sentì chiamare alle mie spalle e quando mi voltai vidi lei, il fiato mi mancò per qualche istante e sentì d’un tratto il gelo avvolgermi, il sorriso prodotto da una stupida battutina di Chaz si trasformò in una smorfia.
-Ciao Jessica- la salutai con freddezza, mantenendo le distante e la mia costante repulsione verso di lei.
Era proprio lei, capelli biondi ossigenati, grandi occhi azzurri e una quarta di reggiseno che strabordava dal vestito corto, appariscente e attillato che indossava.
La squadrai come si fa con una poco di buono, in quel momento mi chiesi come avevo fatto ad amare una come lei, quando al mondo c’era Abby Clever che nella sua purezza era la ragazza più sexy e bella del mondo, ero proprio andato.
-Perché mi guardi così Biebs? Comunque, lui è Rich il mio ragazzo- sfoderò un finto sorrisone, tipico di chi vuole far ingelosire, ma da me non avrebbe ottenuto niente.
-Piacere, sono Justin- mi presentai sfoderando un sorriso d’affronto, uno dei migliori del mio repertorio, e dopo avergli stretto la mano mi dileguai tra la folla, emettendo un sospiro di sollievo non appena mi fui allontanato da lei.
Per un’altra ora, era ormai l’una di notte, ballai con diverse ragazze, allungando le mani qua e là quando Trent e i suoi mi fissavano, la reputazione andava mantenuta, mi scolai qualche drink sicuro di non aver ancora superato la solia della sobrietà e continuai a parlare con persone che conoscevo di vista o con matricole.
Quando ormai ero allo stremo e progettavo di sgusciare via di lì la vidi, perfettamente avvolta in un vestitino a metà coscia nero, adornato da zip color oro che ne delineavano ogni curva.
Subito mi sentì folgorato dalla sua bellezza e geloso perché le lunghe gambe lattee erano scoperte e slanciate da alti tacchi neri con la suola rossa, non me ne intendevo granché ma credo si chiamasse pateau.
Cercai di passare tra la mischia, spingendo e tirando gomitate a chiunque tentasse di bloccarmi, chiamai il suo nome a gran voce e quando attirai la sua attenzione, una Jessica decisamente poco sobria i si piantò davanti e quando feci per scansarla lei mi si spalmò addosso, ridacchiando e cercando di baciarmi le labbra ed il collo.
-Sei ancora più bello di quello che ricordavo Justin, ti prego riprendimi con te. Io ti amo piccolo- sussurrava sul mio collo, le labbra rosse che lasciavano strisce di rossetto sulla mia pelle, e le sue unghie che scavavano nella mia giacca di pelle nera per tenermi stretto a sé.
Continuai a cercare di togliermela di dosso e quando ci riuscì dopo qualche secondo di troppo, vidi la schiena bianca di Abby lasciare la sala di fretta, il passo arrabbiato simbolo che aveva visto tutto e sicuramente frainteso.
Uscì velocemente dal locale, pronto a scusarmi e spiegarmi con lei nel parcheggio, si stava togliendo i tacchi per correre fino al campus più velocemente.
Aveva un vantaggio di due metri circa e io faticavo, a causa dei drink, a starle dietro.
Quando la fermai eravamo giunti all’angolo della strada, altri sette metri e saremmo stati di nuovo all’interno del campus, ma non potevo permettere di farla entrare con la convinzione che Justin Bieber era solo uno stronzo, non potevo proprio.
-Senti Justin, lasciami stare, davvero- si voltò di scatto verso di me, gli occhi arrossati e le guance striate da scie di acqua salata, mi sentivo peggio di quanto avevo mai immaginato.
-Non posso Abby, non posso farti tornare nel tuo dormitorio col pensiero che io abbia solo giocato con te- le dissi prendole le mani fra le mie, i tacchi caddero a terra in un tonfo, ma non gli prestai attenzione al contrario di lei.
-Non è quello che hai fatto per tutta la settimana?- chiese, il tono di voce intriso nella delusione, e mi fece male il cuore in un dolore quasi fisico per quanto intenso.
-Come puoi anche solo pensarlo?- e mi permisi persino di alzare la voce.
-Per quello che ho visto qualche minuto fa! Mentre ti facevi baciare da quella puttanella!- esclamò dimenandosi dalla mia presa fino a quando nun fu libera, furono pochi secondi ma lei era già sulla via per il campus.
La ripresi per i fianchi, appoggiando la mia testa sulla sua spalla destra e allacciando le mani intorno ai suoi fianchi, lei mie dita intrecciate sulla sua piatta pancia.
-Non volevo che mi baciasse, cercavo solo di togliermela di torno per arrivare a te- le confessai in un sussurro baciandole piano il collo, tanti piccoli baci casti per farla sentire speciale, come mai nessun’altra sarebbe mai stata per me.
- Come posso esserne sicura?- mi sussurrò e anche se la sua mente voleva opporsi a me, sentì il suo corpo ed il suo cuore venirmi incontro in tanti battiti frenetici e brividi che attraversarono anche me.
-Quella era la mia ex ragazza, mi ha mollato quattro mesi fa, sono stato male fino a quando non ti ho visto, il primo giorno di scuola mentre mangiavi una macedonia nel cortile della scuola. E ti ringrazio a proposito di questo- a quel punto mi aveva già perdonato.
Si era voltata e le sue mani erano corse alle mie guance, le sorrisi vedendo un accenno di sorriso nelle sue labbra e le baciai il nasino all’insù, un po’ come il mio.
Lei ridacchiò e mi abbracciò stretto –Per cosa?- mi chiese sussurrando, presi ora io il suo viso e lo portai ad un respiro dal mio, sentendomi subito in paradiso, sapendo che stavo facendo la cosa giusta perché stavo seguendo passo passo il mio cuore.
-Per avermi riportato il sorriso- conclusi appoggiando le sue labbra alle mie.
 
-Allora ti ha perdonato subito!- esclamò Travis indignato –Non è vero che eri nella mia situazione, come minimo la dovrò corteggiare e fare il lecchino per due settimane- e sbuffandò ingoiò l’ultimo sorso della sua ultima birra, almeno per la serata.
Io feci lo stesso e sorrisi –Se mi fai finire di raccontare!- esclamai.
-Mi disse che ero comunque al primo posto nella sua lista nera, che per avere l’onore di uscire di nuovo con lei avrei dovuto sgobbare per settimane, mi obbligò persino a rifarle il letto la mattina. Tua madre era terribile in quanto a punzioni- dissi io sorridendo al ricordo e ridacchiando quando Travis alzò gli occhi al cielo.
-Quindi è un talento naturale!- esclamò a voce un po’ troppo alta, ma non potei fare a meno di ridere con lui per qualche secondo.
-Guarda che vi sento laggiù!- un urlo un po’ arrochito ci raggiunse, Abby.

*Jazzy99 space*
Ehila!
Ecco la terza OS della raccolta, credo che la chiudo qui, non penso che la apprezzino in molti quindi.. e comunue io sono riuscita in quello che volevo.
voglio narrare solo l'inizio di questa storia d'amore tra Abby e Justin perchè è prevedibile come andrà a finire, con la presenza di un figlio e uno in arrivo!!
comunque, spero che piaccia e... ADIOS!
-sara
 


 
   
 
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