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Autore: FavoladiBeda    22/07/2014    2 recensioni
Harry Potter viene convocato nell'ufficio di Albus Silente per una misteriosa ragione.
Quando però arriva alla sua destinazione succede qualcosa che Harry non avrebbe mai creduto possibile.
Che cosa sta combinando il suo tanto ammirato preside?
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt, Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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“Due rotoli di pergamena” disse la McGranitt, dura.

Seamus chinò la testa, borbottando.

Erano alla terza ora di quel giorno, a lezione di Trasfigurazione, e Grifondoro aveva perso tre punti a causa di un incantesimo sbagliato di Dean, cinque per aver ripetutamente disturbato la spiegazione e adesso aveva vinto dei compiti in più per il giorno dopo.

“Grazie!” esclamò Ron, tagliente, all’indirizzo del compagno di dormitorio.

Finì l’ora e i grifoni si diressero afflitti fuori dall’aula.

Hermione raggiunse i suoi migliori amici che, come al solito, erano stati i primi a defilarsi.

“Siamo al quinto anno e questi stupidi si comportano come se non avessero un cervello! Perdere punti in quella maniera, chiacchierare nell’ora della McGranitt! Dove siamo arrivati?” iniziò, gesticolando.

“Però devi ammettere che era piuttosto schizzata, oggi” disse Ron.

La ragazza fermò il suo incedere, socchiudendo gli occhi.

“Come, Ronald?”.

“Ron intendeva dire” intervenne Harry -invertendo l’andazzo della conversazione che stava pericolosamente sfociando in un litigio – “che alla McGranitt deve essere successo qualcosa. Devi ammetterlo, Hermione, sembrava un po’ stressata”.

“D’accordo, non lo nego. Magari è sotto pressione. Sapete, fare l’insegnante non è per niente una passeggiata…”.

Harry lanciò un’occhiata di fuoco all’amico che stava per dire qualcosa che avrebbe di certo fatto infuriare la riccia. Lo si capiva perfettamente dalla sua espressione derisoria e dalle sopracciglia sollevate così tanto da confondersi sotto i suoi capelli scarlatti.

Nel frattempo, i tre si erano recati nei sotterranei per la lezione di Pozioni.

Si sistemarono nei primi banchi, su esplicita richiesta della mente del trio, mentre i loro compagni e quelli di Corvonero si sistemavano pigramente verso il fondo della classe.

La porta si chiuse violentemente e quell’antipatico di Piton svolazzò come un pipistrello verso la cattedra.

Non fece in tempo a sedersi che sulla soglia si allungò un’ombra scura che fece ingresso in aula, rivelandosi come un primino di Grifondoro.
“Harry Potter?” chiamò con una vocina acuta e impaurita senza guardare Piton.

Il prescelto sollevò una mano per farsi vedere.

“E’ richiesto dal preside”.

Harry si alzò, soddisfatto di saltare quei sessanta minuti di tortura e uscì.

Il bambino gli sorrise e poi si incamminò a passo veloce per un corridoio buio.

Lui, invece, non accelerò il passo ma si mosse con tutta calma verso l’ufficio di Albus Silente.

Ci mise all’incirca tutta l’ora, fermandosi a salutare qualcuno o per ammirare dei quadri che aveva visto almeno centinaia di volte (i cui personaggi lo guardarono scettici di fronte al suo finto stupore).

Tutto ciò, ovviamente, per non dover tornare a subire le ire del professore più odiato (secondo solo alla Umbridge) di quell’anno.

“Sorbetto al limone” mormorò.

La parete si fece da parte mentre dietro di essa si innalzava la familiare scala a chiocciola.

Harry corse sui gradini e arrivò davanti alla presidenza.

Si sistemò i capelli come meglio poteva, cercando di domare i ciuffi ribelli senza successo, e drizzò una mano stretta a pugno per bussare.

Un tonfo sulla porta lo fermò.

Altri rumori, forti, come se qualcosa venisse sbattuto rudemente contro il legno davanti a lui.

“Albus, non possiamo!” disse una voce femminile.

“Perché no, Minerva?”. Harry riconobbe la voce del preside.

“Siamo a scuola, non è una cosa che bisogna provare qui. Ci sono gli studenti!”.

“Suvvia, non si rammarichi su una scelta che può solo giovare”.

Cosa?

“Ma Albus… qui nel tuo ufficio, come hai potuto? Ritira subito questo bestione”.

“Non è di certo il più grande che tu abbia mai visto, non credi?” alluse Silente.

Oh santo Godric!

“No, non lo è, lo sai bene. Albus, è tutto un errore” continuò la McGranitt.

I colpi, che in tutto questo si erano leggermente placati, tornarono forti e chiari.

“Dovrai attenerti alla mia decisione”.

Harry divenne improvvisamente rosso.

Aveva capito tutto!

Silente e la McGranitt… i rumori sulla porta… una cosa che non si può fare in presenza di studenti…

“Non fare la guastafeste, orsù, quanti pericoli hanno affrontato questi studenti? Quante oscenità hanno superato? Questo sarà solo un’altra delle tante” commentò Silente.

I fragori ripresero con più urgenza.

“Albus, no” si oppose la McGranitt.

Dalla stanza provenivano dei gemiti che fecero accapponare la pelle del ragazzo.

Oddio, Silente vuole portarsi a letto la McGranitt contro la sua volontà! Anzi, la vuole proprio attaccata a questa porta! Devo intervenire!

Harry era completamente sconcertato: dov’era finito il casto e benevole Albus Silente? Colui che vendeva bontà e puniva le ingiustizie? Com’era possibile che quel… quello… stupratore avesse incarnato il vecchio preside, acquistandone la sua barba e i suoi occhialini a mezzaluna?

No, lui non poteva crederci!

Lo shock fu tale che rimase impalato a sentire la scena ripetersi più e più volte oltre quella misera barriera di quercia.

All’ennesima protesta della professoressa, Harry non poté più trattenersi.

Sfilò la bacchetta ed entrò nella stanza con le pupille grandi il doppio e il fiato corto.

Non gli sarebbe importato di dover sfidare un’immagine raccapricciante, la violenza che stava avvenendo, se poteva mettersi in mezzo e farla finire.

Così si fiondò nell’ufficio urlando “la lasci!”.

Quello che gli si palesò davanti agli occhi, però, non l’avrebbe mai potuto prevedere.

Non solo la McGranitt era sana, salva e più che vestita nel suo pesante abito da strega verde, non solo Silente era prettamente lui – composto, seduto dietro la scrivania imponente, con la sua aria giudiziosa – ma, addirittura, un grande – immenso – gigante ciondolava in mezzo a loro.

Harry spalancò la bocca, osservando come la clava dentata del gigante ondeggiava da destra e sinistra.

L’animale toccava il soffitto con la testa, la sua pelle era grigio verdognola e puzzava peggio di quel troll al primo anno.

Ad un tratto, la clava colpì la porta, chiudendola con un gran botto, per poi tornare a percuoterla ritmicamente nello stesso punto. Il gigante aveva colpito parecchie volte quella parte, tanto che si era creato un cratere su cui la clava suonava il suo lamento.

E pensare che Harry aveva scambiato quei tonfi per la McGranitt che… non voleva nemmeno pensarci!

“Harry, caro, cosa hai detto?” la domanda di Silente lo riportò alla realtà.

Se prima era arrossito, adesso sembrava sul punto di scoppiare come un palloncino troppo gonfio di congetture punto dall’ago del buonsenso.

“E’ una follia, Albus!” urlò la professoressa, facendo sparire con gesto della bacchetta l’arma del gigante.

Silente interpretò il silenzio del suo prescelto come terrore di fronte a quel mostro bavoso.

“In effetti, Minerva, mi rendo conto – e a conferma c’è il nostro intrepido Harry – di aver esagerato. Probabilmente gli studenti non sono ancora pronti ad affrontare questa particolare creatura. Mi sembrava una buona soluzione al regime dittatoriale imposto nelle lezioni di Difesa”.

Harry non riuscì a proferire parola.

Certo, il gigante era stato un colpo al cuore ma il suo sbalordimento era dato dalla situazione che aveva creduto di scoprire.

La McGranitt fu improvvisamente dietro di lui.

“Forza, Potter, esca di qui. E non dica a nessuno quello che ha visto, intesi?” gli disse severa, spingendolo delicatamente verso le scale.

Lui annuì. Non riuscì a fare altro.

Vide di sfuggita Silente rivolgergli un sorrisino sarcastico, con la fronte rugosa aggrottata e le sopracciglia bianche sollevate.

Harry si allontanò dall’ufficio, sentendo un grugnito profondo e roco.

Ebbe un leggero brivido che gli attraversò la schiena.

Silente è pazzo!

Giunse al quadro della Signora Grassa senza rendersene conto, dopo un tempo indeterminato.

Si risvegliò dal suo stato comatoso solo quando gli venne richiesta la parola d’ordine.

“Emh, Grugnocorno” disse distrattamente.

Il riquadro si aprì dandogli accesso alla Sala Comune.

Una figura dal fondo, vicino al camino, alzò un braccio e lo invitò a raggiungerla.

“Ehi, Harry!” lo chiamò Hermione, quando lui le fu accanto. “Cosa voleva Silente? Farti vedere qualcosa di interessante?”.

Quando percepì quelle parole, Harry aveva ormai superato il limite della decenza.

Scoppiò a ridere e iniziò a rotolarsi sul tappeto vermiglio sotto gli sguardi sorpresi di tutti i Grifondoro presenti.


*
Qualche piano più in su, Albus Silente, sorrideva malinconicamente osservando la foto di un uomo biondo che in gioventù aveva profondamente amato.
  
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