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Autore: Jude_InTheSkyWithDiamonds    22/07/2014    1 recensioni
Il fuoco era bianco. Talmente bianco da bruciare anche gli occhi.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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F u o c o.
Bruciante, lento, distruttivo.
Il dolore attraversava il corpo magro del ragazzo, accasciato - e legato - sulla sedia di legno scuro. Legno lievemente scheggiato sugli angoli. Sottili filamenti di legno si scrostavano ad ogni tocco, lasciando intravedere il marroncino chiaro della parte più interna.

Le dita sottili e chiare del ragazzo, tatuate vicino alle nocche, si chiusero debolmente e pochi attimi, intorno al bracciolo, alla quale si trovava legato da delle spesse corde color verde scuro, che avevano marchiato quasi a fuoco la pelle candida dei polsi, lasciandovi una cicatrice rossastra e profonda che stentava a rimarginarsi.
Le palpebre dalle lunghe ciglia scure, si sollevarono debolmente, lasciando intravedere per un attimo il blu intenso degli occhi. Le pupille dilatate, riempivano quasi tutto l’interno dell’iride, lasciando solamente un anello di azzurro. Poi si chiusero.

Era stato uno sciocco.
Troppo affamato per pensare lucidamente, era caduto dritto nella trappola di quel cacciatore ed ora, li in quella stanza buia e sporca, totalmente vuota ad esclusione della sedia alla quale era intrappolato, ed un tavolino, poggiato contro il muro e pieno di strani attrezzi che, da quella distanza, non riusciva a vedere.

Aprì nuovamente gli occhi, mentre un gemito di dolore gli sfuggiva dalle labbra socchiuse, imbrattate di sangue che usciva dalla ferita al labbro inferiore.
La sfiorò con la lingua. Non riusciva a farla rimarginare. Era troppo debole.
Tentò di muovere leggermente le braccia, ma anche un piccolo movimento come quello, gli provocò fitte infuocate di dolore bruciante. 
Chiuse le palpebre, maledicendosi, e tutto diventò bianco.
Il fuoco era bianco. Talmente bianco da bruciare anche gli occhi.
Come aveva potuto essere così stupido?

Era successo tutto la notte prima. O forse molte lune addietro.
Aveva fame. Aveva bramosia di quel nettare caldo, dal sapore dolce come miele appena colto. E finalmente, in quella società peccaminosa e libera che era ormai diventata, al contrario di secoli addietro quando Evan era stato trasformato nella creatura immortale, o quasi, che era adesso, non era difficile trovarla.
E con il viso finemente modellato, il corpo magro ma forte, e un sorriso perennemente malizioso stampato sulle labbra sottili, oltre che l’attrazione fatale che la propria persona - o non-persona- procurava nei mortali, non aveva difficoltà a procurarsi sempre del sangue fresco.
E così anche quella notte.

Si era recato in un pub, nei sobborghi di Praga, la città nella quale era giunto da non più di una settimana.
La serata era calda, per i limiti della città, e il locale stracolmo. Pieno zeppo di ragazze dalla pelle candida. Il profumo del loro sangue era inebriante. Si sentiva quasi ubriaco.
Poi la vide.
Seduta al bancone. Curve mozzafiato malamente nascoste da un vestito nero lungo sino a metà coscia. Folti capelli rosso sangue, e grandi occhi verdi. Attraente. Ma il suo odore. 
Il suo odore era afrodisiaco. Invitante. Dolce.
Doveva averla.

Si avvicinò alla ragazza, ordinando con un cenno del capo un bicchiere di vino rosso, invecchiato. Costoso, ma a lui non importava nulla di cose inutili come il denaro. 
Bicchiere che giunse rapidamente. Sin troppo rapidamente.
Ma che importava? La ragazza era già soggiogata. Era sua. E tra poco avrebbe affondato i denti nel suo collo. Avrebbe lacerato la pelle delicata, e si sarebbe nutrito di quel nettare.
Bevve il vino. Velocemente. Aveva un sapore strano. Quasi piccante. 
Ma non era il momento di preoccuparsene.
Si leccò le labbra rosse e, con un sogghigno, la guidò verso i divanetti, seminascosti da tende rosso scarlatto.
Tutto era rosso quella sera.
Le scostò i capelli, avvicinando le labbra alla pelle accaldata di lei, sulla quale posò un tenero bacio, quasi appena accennato.
La sua pelle era meravigliosa.
Era calda.
Faceva caldo.
Bruciava.

Scosse la testa. Ora importava soltanto la sua vena pulsante.
Si leccò le labbra, avvicinò nuovamente le labbra al suo collo.
E poi il buio.

Quando aveva riaperto gli occhi si era ritrovato legato.
I polsi attaccati ai braccioli. Le gambe alle gambe della sedia. E bruciavano. Bruciavano da morire.
Non capiva cosa era successo. 
Ma stava male. 
Era debole. 
Tutto girava. La stanza intorno a lui non stava ferma un attimo.

Ma poi era entra un uomo. Un cacciatore.
Gli aveva aperto la bocca a forza, nonostante lui tentasse di reagire, e lo aveva costretto a bere dell’altro liquido.
Verbena. Era intossicato.
Doveva combattere.
Sentì la rabbia montare dentro il petto. Ma il corpo non reagiva.
Girò la testa di scatto, riuscendo a ferirlo con i canini.
Poco dopo la mano dell’uomo, grondante di sangue dalla profonda ferita, affondò tra i capelli neri di Evan.
L’odore di sangue era ovunque.
E poi dolore. Dolore forte. Dolore cocente alla bocca.
Quel bastardo gli aveva spaccato un labbro. E così lo lasciò.
Labbro insanguinato, e occhi rivoltati all’indietro. Svenuto. Per chissà quanto.

Fin quando, in quel momento, riuscì a riprendersi.
L’effetto della verbena, ingerita in piccole quantità, iniziava a diminuire.

Gli occhi blu del ragazzo si spalancarono, seppur con fatica.
Si guardò intorno. Doveva andarsene. Doveva scappare. E doveva fargliela pagare.
Ricordava il viso dell’uomo. Gli avrebbe fatto rimpiangere ogni secondo della sua vita.
Si guardò intorno. Ancora. E ancora.
Finché lo vide.
Un coltello, conficcato nella sedia. Il cacciatore doveva averlo dimenticato. Quando era svenuto doveva essere successo qualcosa. Ma non importava. Doveva prenderlo. Doveva.
E, dopo molti tentativi, ce la fece.

Tagliò le corde, muovendo poi i polsi indolenziti e brucianti.
Barcollò fuori. Il corpo intorpidito dal veleno. Doveva andare via.
Gliel’avrebbe fatta pagare. Oh si.
Non si sarebbe limitato ad ammazzarlo. Si sarebbe vendicato.
Nessuno poteva permettersi di trattarlo così. Nessuno.

Uscì nella notte, respirando l’aria fresca.
Un ghigno dipinto sulle labbra sanguinanti. 
Oh si. 
  
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