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Autore: AnAngelFallenFromGrace    04/09/2008    3 recensioni
*ALTERNATIVE ENDING* "E' strano pensare a quante cose possa riservarti il futuro. Talvolta nulla. Talvolta un sogno. La seconda opzione sembra di gran lunga preferibile. Ma siamo sicuri che lo sia? Il momento di svegliarsi e aprire gli occhi, di riaffacciarci al mondo reale, arriva sempre. Presto o tardi. E fa male." Una ragazza normale, un viaggio per sfuggire alla realtà, un incontro molto particolare, l'inizio di un sogno. Ma quanto potrà durare? Dal mio lato romantico e poco sadico (XD) eccovi questa ff^^ Dedicata alla mia "Arianna", la mia mentora XD
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 25

 

Lies and jealousy

It’s easy to loose the threads of dangerous games

 

 

Quella sera Burton e Luisa organizzarono una piccolo aperitivo nella loro nuova casa, e anche io ed Arianna ricevemmo l’invito.

 

Alle sette, poco prima che la macchina di Ville e Migè passasse a prenderci, la mia amica era ancora al telefono a discutere con il suo ragazzo sulla faccenda: Luke non sembrava molto contento di lasciarla andare da sola ad una festa dove sicuramente troppi uomini le avrebbero messo gli occhi addosso. Se era protettivo nei miei confronti, che ero solo un’amica, nei suoi aveva raggiunto un livello quasi inconcepibile.

 

Arianna cercò di convincerlo per un’ora intera, ricordandogli che se si fosse presentato pur senza invito a farle il cane da guardia la loro fantastica copertura sarebbe saltata e tutti avrebbero scoperto la loro relazione ‘segreta’. Naturalmente mi guardai bene dal farle notare che la loro relazione non era affatto segreta come pensavano. Tutti si erano accorti che qualcosa era cambiato e più di uno li aveva addirittura trovati a sbaciucchiarsi in qualche stanzino o angolo non poi così nascosto, senza che loro se ne accorgessero. Bisognava dire che io e Ville avevamo molta più classe e buon senso.

 

Alla fine riuscì a superare l’ostacolo: ma non appena salimmo sulla macchina e Migè vide la sua faccia stravolta, le domandò se avesse combattuto con un leone in un arena.

Arianna, esasperata, sputò immediatamente il rospo, per poi sbattere più volte la testa contro il sedile quando Ville le fece sapere molto tranquillamente che non ci sarebbe stato nessun problema se fosse venuta anche la nostra nuova promessa del metal. Non riuscimmo a smettere di ridere per tutto il viaggio.

 

Alla festa stare vicino a Ville e fingere di essere soltanto amici si rivelò più difficile di quanto avessi potuto pensare; ogni volta che incrociavo il suo sguardo o, anche per sbaglio, sentivo il suo braccio sfiorarmi, sentivo il mio corpo prendere fuoco e facevo  davvero fatica a trattenermi.

Cominciai allora ad evitarlo, cercando di immergermi in altre conversazioni, facendo i complimenti alla padrona di casa, ascoltando i racconti delle ultime gesta della piccola Olivia.

 

La situazione mi piaceva poco e sapevo che Ville stava soffrendo di quel mio comportamento: ma non avrei saputo cos’altro fare. Cercai aiuto in Arianna, ma questa volta la mia saggia amica non aveva una formula magica per risolvere i miei problemi.

Sentii gli occhi del darkman seguirmi per lungo tempo quella sera, ma ogni volta che lo ritrovavo al mio fianco riuscivo a scambiarci solo qualche parola prima di rimettermi a fuggire il più lontano possibile.

 

Fino a quando percepii distintamente che qualcosa era cambiato.

 

Le voce di Manna si fece lontana, così come le risa di Arianna; mi voltai indietro, sbirciando attentamente nel salotto affollato.

Quasi il punch mi cadde di mano, quando finalmente riconobbi Ville che sussurrava qualcosa nell’orecchio di una sconosciuta: doveva trattarsi di qualcosa di estremamente divertente, perché quest’ultima rise di gusto, aggrappandosi al suo braccio e non staccando più la mano per molto, troppo tempo.

Anche Ville rise, la sua risata roca e perfetta. Quella di cui, qualche ora prima, potevo godere io sola.

 

Mentre sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, come la lava nel cratere di un vulcano attivo e in procinto di eruttare, osservai la donna in questione: portava i capelli castani raccolti in uno chignon, dal quale sfuggiva qualche ciocca ondulata che le ricadeva ai lati del viso sottile, dalla pelle chiara. I denti bianchi brillavano ad ogni nuovo sorriso, come anche gli occhi celesti e magistralmente truccati. Non era molto alta, ma aveva un bel corpo e gambe slanciate, che sapeva mettere in mostra con eleganza. Era bella. E adulta.

 

Vacillai.

 

Ma fu solo un attimo. Questa volta non mi permisi di soccombere alla paura; la rabbia prese il sopravvento.

Attraversai a grandi passi la stanza, avvicinandomi ai due, i quali erano sempre impegnati in una fitta conversazione in finlandese, della quale nessuno sembrava essere degno di esserne fatto partecipe.

 

Attesi per un poco, ma Ville non sembrò far caso alla mia presenza. O forse fece semplicemente finta di non vedermi. Fui costretta ad urtarlo accidentalmente per attirare, finalmente, la sua attenzione.

Lui si voltò, alquanto stizzito per essere stato interrotto.

“Oh, mi dispiace” mi sforzai di scusarmi, con un tono talmente falso da far tintinnare il bicchiere di cristallo che tenevo in mano.

“Elisa” disse spalancando gli occhi, fingendosi sorpreso “Mi ero quasi dimenticato che fossi qui. Non abbiamo avuto molte occasioni di parlare” aggiunse con un ghigno.

Ingoiai la bile e tentai un sorriso: “Ti ho visto molto impegnato”

“Oh sì. E’ stata davvero una sorpresa incontrare qui Katja” assicurò, abbracciando la sconosciuta che allacciò prontamente un braccio intorno alla sua vita.

 

Katja mi scrutò a lungo, da capo a piedi, poi alzando la testa verso Ville domandò candidamente: “Non ci presenti?”

“Certamente” le sorrise. Poi, rivolgendosi a me, spiegò: “Elisa, lei è Katja, una vecchia e carissima amica”

“La tua preferita” lo corresse lei, dandogli un pizzico sul fianco.

Lui rise forte, chiedendo venia: “La mia preferita. Katja, lei è Elisa. Lei è…” fece una minuscola pausa, senza smettere di fissarmi dritto negli occhi “la nuova barista al Midnight Wish” terminò freddamente.

Mi morsi un labbro, sentendomi avvampare per l’irritazione.

 

Katja allungò una mano, che strinsi per educazione: “Piacere” cinguettò. Risposi con un cenno del capo.

“Da dove vieni?” mi interrogò.

“Dall’Italia”

“Davvero? Dove in Italia?” continuò, mentre io tentavo con difficoltà di guardarla in faccia: il mio sguardo continuava a cadere sul braccio di Ville avvolto, stretto, intorno alla sua vita.

“Milano”

“Non sono mai stata a Milano, ma ne ho sentito parlare. Ci avete suonato qualche volta no?” chiese conferma al frontman degli HIM, il quale annuì distrattamente.

“E come mai sei ad Helsinki?” riprese con le sue domande curiose.

Mi irrigidii, incerta su cosa rispondere: “Sono qui con una band di amici, che ha ricevuto un’offerta di lavoro nella vostra città”

 

Lei non smise di fissarmi, mettendomi un po’ a disagio, ma tenni la testa alta, sostenendo lo sguardo. Poi la sua attenzione fu attirata dal ciondolo che spiccava sulla pelle bianca sotto il mio collo. Sorrise: “Una vera fan degli HIM. Anche io ne ho portato uno del genere per un po’ di tempo, quando eravamo ragazzi”

Allungò una mano per toccarlo, ma io mi ritrassi involontariamente, nascondendo l’heartagram nel pugno.

Rimase stranita e indispettita dal mio atteggiamento: “Scusa, non volevo mica portartelo via”

Lasciai la presa, scuotendo la testa: “No, certo. Scusa tu”

 

Ma i miei nervi erano troppo tesi e il silenzio di Ville, che sembrava solo impegnato ad abbracciare la donna e spiare le mie relative reazioni, non mi permisero di sostenere una normale conversazione.

Katja si stufò ben presto e siccome non sembrava che avessi comunque intenzione di andarmene, invitò Ville a ballare.

Il darkman mi lanciò un ultima lunghissima occhiata e poi, con mia grande meraviglia, accettò con disinvoltura.

Rimasi impietrita sul posto, da sola.

 

“Stai bene?” la voce di Arianna veniva dalle mie spalle.

“Sì” bisbigliai per inerzia, non riuscendo a staccare gli occhi dal corpo di Katja, troppo vicino a quello di Ville.

Mi si affiancò, lanciandomi uno sguardo grave, pieno di comprensione ma anche di saggezza: “Non puoi dirgli nulla. Lo hai evitato per tutta la sera”

Sapevo che aveva ragione, ma ero troppo testarda per ammetterlo. E troppo gelosa per permettere un simile comportamento.

“Sai perché l’ho fatto. L’ho fatto per lui e dovrebbe saperlo” replicai, brusca “Non può trattarmi in questo modo”

“Hai ragione, ma…”

Non era più il tempo dei ma. Ormai mi ero riscossa, e avevo tutta l’intenzione di fargliela pagare.

 

Riprendendo tutto il mio contegno, raggiunsi Sami, il cugino di Luisa, che mi era stato presentato forse una mezz’ora prima. Avevo imparato ormai da tempo a riconoscere gli sguardi di desiderio che mi erano rivolti, ma li avevo ignorati, sazia delle attenzioni che ricevevo da tutt’altra direzione. Ma adesso che queste attenzioni mi erano state sottratte, avevo bisogno di sfruttare tutto il mio sex-appeal per riprendermele.

“Ti va di ballare?” gli chiesi, sorridendo innocentemente.

 

Il ragazzo non si fece pregare e mi accompagnò entusiasta nella piccola pista che era stata allestita nel salotto. Stringendogli la mano, lo guidai esattamente a pochi passi da Ville.

Questa volta il cantante si accorse immediatamente del mio arrivo e distolse la propria concentrazione dalla sua compagna di ballo. Gli rivolsi un sorriso pieno di malizia, per poi dargli le spalle e iniziare a ballare con Sami.

 

Quando ancora ero una ragazzina e la mia amicizia con Arianna non era ancora ben salda, altre persone avevano svolto la figura di guide nella mia vita, nella quale era sempre mancato un leader. Per molto tempo il mio punto di riferimento era stato Lucia, una ragazza di vent’anni dal carattere libertino e mai troppo responsabile: aveva saputo volermi bene, a suo modo, sebbene non fosse mai stata un vero modello da prendere in considerazione. Grazie ai suoi insegnamenti avevo preso confidenza col mio corpo e avevo imparato a come trarre dalle mie parole e dai miei gesti i più grandi vantaggi con gli uomini. Ma soprattutto, Lucia mi aveva insegnato a ballare e a muovermi nel modo più seducente possibile.

 

Quella sera non mi trattenni e non mi risparmiai. Misi a frutto tutto ciò che mi era stato insegnato, ignorando l’espressione poco fiera della mia coscienza.

Quando reputai che fosse stato abbastanza, lasciai la pista, sempre seguita da Sami, con la scusa di prendere qualcosa da bere.

“Wow” mormorò quest’ultimo, con una faccia ancora parzialmente sconvolta, davanti alla quale non riuscii a trattenere una piccola risata.

“Si?” lo stuzzicai, sollevando le sopracciglia.

“Balli…molto bene” assicurò, sistemandosi il colletto della camicia.

 

Proprio mentre stavo per ringraziarlo dei complimenti mi accorsi che anche Ville sembrava essere stato colpito da un’improvvisa, terribile sete. Si avvicinò al tavolo al quale io stessa ero appoggiata e si accinse a prendere una bottiglia di birra proprio dalla pila dietro di me.

Feci finta di non sentire affatto il suo braccio che sfiorava il mio, sebbene l’atto mi procurò non pochi brividi. Continuai a sorridere a Sami, appoggiando una mano alla sua spalla e avvicinandomi quel tanto che bastava per posare un casto bacio sulla sua guancia: “Grazie”

 

Ville non si perse il gesto e rovesciò parte della sua birra sul tavolo.

“Tutto a posto, Valo?” domandò premurosamente il mio cavaliere.

“Si certo” borbottò lui, arrossendo vistosamente.

Non appena i nostri sguardi si incrociarono, sentii il cuore ricominciare a battere e mi resi conto che se non me ne fossi andata immediatamente non sarei riuscita a portare a termine la mia vendetta.

“Torniamo in pista?” proposi, sperando che il tremore nella mia voce fosse solo frutto della mia immaginazione.

 

Stavo per avviarmi, quando Ville mi fermò, prendendomi per il polso: “Aspetta”

Mi voltai, squadrandolo con la fronte corrugata: “Cosa c’è?”

“Devo parlarti”

“E io non ho proprio nulla da dirti” ribattei, orgogliosa.

Vidi i suoi occhi verdi scintillare per la rabbia, appena prima che mi girassi nuovamente, tentando di divincolarmi.

Ma la sua presa si fece più salda e con forza mi trasse a sé. Sotto lo sguardo allibito di Sami e della stessa Katja, mi portò via dalla sala, verso il corridoio, in penombra e deserto.

 

Quando fummo da soli, lasciò finalmente il mio polso, che mi massaggiai fissandolo in cagnesco.

“Beh?” proruppi, dato che sembrava aver perso d’un tratto la lingua.

“Beh? Secondo te posso starmene zitto e fermo mentre fai la deficiente con un altro?”

“Stavo solo ballando”

Rise, ma senza divertimento: “Non stavi solo ballando e lo sai benissimo. Mi stavi provocando”

Feci un passo avanti, portando il mio volto a pochi centimetri da suo: “Sei un egocentrico. Non tutto quello che faccio gira intorno a te!”

“E allora per cos’era?” ribatté duro.

“Stavo ballando per un ragazzo che ha dimostrato di apprezzare” sibilai “E molto”

 

Prima ancora che potessi rendermene conto, le sue braccia mi avevano spinto con violenza contro il muro, non abbastanza da farmi male, ma abbastanza da spaventarmi.

Dopo un momento di spiazzamento, in cui lo guardai con gli occhi spalancati, mi riscossi spingendolo lontano: “Non ci provare mai più!”

“E tu smettila di prendermi in giro”

La mia voce iniziò a toccare toni troppo elevati: “Così tu ti puoi arrabbiare e metterti a provarci con quella Katja e io devo stare a guardare senza dire nulla?”

“Cercavo solo di attirare la tua attenzione. Visto che sembravi esserti dimenticata di me” disse con una calma che gli invidiai.

“Smettila! Sai benissimo perché l’ho fatto! E hai davvero un bel modo per attirare la mia attenzione!” sbottai, a denti stretti“Hai lasciato che si strusciasse contro di te tutta la sera!”

Quando Ville non rispose, continuai a sfogarmi, nascondendo tutta la mia sofferenza sotto un velo di acidità: “Ma in fondo cosa importa? Nessuno ti vieta di farlo, sei libero, come sono libera io. Questa non è una vera relazione. Mi hai portato a letto qualche volta, e basta. Giusto? Fino all’arrivo di qualcuno più interessante”

 

Di nuovo, sentii il suo corpo premere contro il mio, spingendomi contro la parete, ruvida e fredda: appoggiò le mani al muro, creando una prigione con le sue braccia tese.

Le sue labbra erano così vicine che il suo respiro agitato quasi si confondeva con il mio.

“Sai che è una bugia” sussurrò, mentre il suo sguardo mi feriva in profondità, come la lama di un coltello.

 

“E’ tutto a posto?” l’inconfondibile voce di Migè ci fece trasalire. Ville si allontanò immediatamente, voltandosi verso l’amico, che ci guardava con una strana espressione, a forse due metri di distanza.

“Sì certo” rispose il frontman, tossendo imbarazzato. Annuii con vigore, per confermare.

“Okay” parlottò il bassista, grattandosi la barba “Tornate a farci compagnia di là?”

“Un momento e arriviamo” assicurò Ville, teso.

Migè ci lanciò un’ultima occhiata carica di sospetti, e poi finalmente tornò nella stanza attigua.

Il darkman sospirò, abbandonando le spalle.

 

Aspettai che continuasse il discorso che era stato interrotto così bruscamente, ma rimase in silenzio, fissando il pavimento.

Trattenendo le lacrime, mi scostai dal muro, pronta ad andarmene.

Ma all’ultimo momento Ville mi fermò, prendendo la mia mano questa volta, con più delicatezza e attenzione.

Lasciai che mi portasse oltre una porta, fino a quel momento rimasta chiusa.

Prima ancora che potessi fare domande, aveva già chiuso a chiave. Osservai perplessa i mobili bianchi e celesti di quel bagno di raffinata ceramica.

 

“Ville, sai che quest…” ma non ebbi il tempo di esplicare a voce alta i miei dubbi, perché il darkman mi afferrò per le spalle e coprì con foga e rapidità la distanza tra le nostre bocche.

Non appena sentii le sue labbra morbide sulle mie, fui tentata, dannatamente tentata di cedere, di dimenticare tutto quello che era successo e lasciarmi andare.

 

Ma non era in questo modo che si risolvevano i problemi.

Lo costrinsi ad allontanarsi, gentilmente ma con decisione, scuotendo il capo, prima che quel briciolo di lucidità che ancora mi restava non si dissolvesse nel nulla.

“No”

Fissai la mia attenzione sul mobiletto dei profumi alla mia sinistra, per evitare i suoi occhi da cucciolo cacciato.

“Stavamo parlando di una cosa seria. Non puoi pensare di risolvere sempre tutto con un bacio”

 

Tenendo il mio mento fra le dita, mi spinse a guardarlo: “Quello che hai detto prima non ha alcun senso. Sai quanto ci tengo a te. Non volevo fare nulla con Katja, è solo un’amica. Voglio solo te” mormorò con tanta lascivia da farmi tremare.

Cercai di liberarmi: “Ed io come posso esserne sicura?”

Lui parve colpito dalla frase e si rabbuiò, lasciando cadere la mano: “Pensavo ti fidassi di me”

Volevo fidarmi, lo desideravo con tutto il cuore. Ma ero terribilmente spaventata: “Ho solo paura di non essere abbastanza. Ho visto i tuoi occhi quando…”

Ville mise le mani intorno ai miei fianchi e con un unico movimento mi sollevò, facendomi sedere sul piano di fronte allo specchio, urtando una bottiglietta di sapone che cadde di lato. Allacciai istintivamente le braccia al suo collo, per evitare di cadere.

“Cosa…?” cercai di domandare, ma mi zittì, premendo due dita sulle mie labbra.

“Basta con queste sciocchezze. Guarda i miei occhi adesso, mentre ti guardo e dimmi se ci leggi lo stesso desiderio”

 

Mi morsi le labbra, sentendomi tanto fragile davanti a quegli occhi così profondi e colmi di crudele e violenta smania.

Ville comprese il mio disagio e i suoi tratti si addolcirono immediatamente: lasciò scivolare la bocca lungo il mio collo e sulla mia spalla, scostando le spalline del mio top con una mano e massaggiandomi il fianco con l’altra.

Protestai, ma troppo debolmente per essere presa sul serio.

 

Chiusi gli occhi, perdendomi nel rumore ritmico dei nostri cuori che battevano insieme e non mi accorsi immediatamente che le sue mani ora scorrevano rapide lungo le mie cosce, fino alla fine.

Trattenni un grido di piacere, spalancando gli occhi.

“Ville…” boccheggiai, facendo segno di no con la testa e bloccando la sua mano.

Ma lui mi pregò con lo sguardo, uno sguardo serio e dolce al tempo stesso, al quale non seppi resistere: “Lasciami amarti e dimostrarti che non desidero altro”

Scostai la mano, riportandola dietro la sua nuca, e lasciai che mi sfilasse lentamente gli slip, accarezzandomi la gamba.

Slacciò veloce i suoi jeans e senza aspettare, senza preavviso, era già dentro di me.

 

Questa volta non fu tenero, o delicato. Fu violento, e forte, e mi lasciò tremante ad ogni spinta. Strinsi con aggressività le mani intorno alle sue spalle, alla sua schiena, affondando le unghie nella carne, sotto alla camicia troppo sottile per proteggere la sua pelle.

Fare l’amore con lui non era mai la stessa cosa. Ma riusciva a lasciarmi sempre senza fiato e senza difese, incapace di comprendere come un’altra persona potesse abbattere così semplicemente ogni barriera del mio cuore.

 

“Ti voglio” ansimò contro il mio orecchio “E voglio che tu sia mia”

Quando non risposi immediatamente, Ville aumentò ancora il ritmo.

“Sono tua” gemetti, tentando di non gridare forte.

“Solo mia” aggiunse, respirando affannosamente.

“Solo tua” sorrisi e gli morsi il naso, come la prima volta.

Raggiungemmo l’apice insieme, uno dopo l’altro. Poi rimanemmo per qualche secondo immobili, ancora abbracciati.

 

***

 

Ci sistemammo alla meglio, con un nuovo sorriso sulle labbra.

“Come sto?” domandò Ville, dandosi un’ultima occhiata nello specchio.

Non potei trattenere una risata: “Bellissimo. Ma un po’ sbattuto”

Mi squadrò di sottecchi: “Che spiritosa”

Lo baciai un’ultima volta, prima di trascinarlo fuori.

 

“Ma dove diavolo eravate finiti?” incontrammo Linde a metà strada, appena svoltato l’angolo buio nel corridoio.

Feci un salto all’indietro, e così Ville, accanto a me.

“Noi? Da nessuna parte” risposi istantaneamente.

Linde accese all’improvviso la luce, mettendo allo scoperto i nostri volti arrossati e i capelli scomposti.

“Eravamo fuori, a prendere una boccata d’aria” spiegò Ville, spingendomi avanti e urlandomi mentalmente di svignarmela il più presto possibile.

“Certo” il sarcasmo nella voce del rasta era ben poco nascosto.

“Torniamo di là?” proposi, facendomi strada nel corridoio.

Così io e Ville sgattaiolammo via, e ci mancò poco che non ci mettessimo a correre.

 

Molta più classe e buon senso?

Sì Elisa, come al solito avevi ragione.

Pensai che forse, ancora una volta, la mia mentora aveva qualcosa da insegnare.

 

 

 

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Ed ecco qui moossiii con il vostro aggiornamentino! Che roba strana poter aggiornare così velocemente xD

 

Un ringraziamento a tutti quelli che hanno letto e soprattutto a chi ha commentato *-*

 

 

@Cherasade: ehhh si in effetti è mooolto cuccioloso xD in questo capitolo un po’ meno però xD Ti piace anche così?? Hihihi Sono contenta che ti piaccia e che continui a seguire la storia! Grazie mille! *-* Alla prossimaa! Bacini

 

@MissMar23: ziii finalmente sono tornata! Ohhh ma grazie *-* sìsì ho scritto tanto quest’estate! Avrete un po’ di aggiornamenti rapidi ^^ Grazie ancoraaa! Kisses

 

@Sweetie: comeee nun lo avevi letto??? E questo qui?? Lo so^^ Infatti lo avevo scritto appena tornata da Hels!! Passerà pulcina mia, o almeno, migliorerà un pochino! E poi dobbiamo resistere fino a dicembre in fondo!! Grazie davvero!!! Ora vado a leggere di violaaa! Bacini

 

@Puz: *-* I tuoi commentino riempiono sempre il cuoricino di Mus! Non so come farei senza la mia grande e immeritatissima fan! Grassieeee *-*

 

 

Allora a prestoooo!

VenomousKisses

Moss aka FallenAngel

  
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