Chiusa in una bolla.
Protetta, indistruttibile, immune.. ma pur sempre rinchiusa qui, in una stanza incapace di contenere sogni, ambizioni, bloccata tra quattro mura che non riescono a custodire la vecchia me e ad accettare il suo radicale cambiamento.
Cerco di chiudere gli occhi alla ricerca di qualche confortevole ricordo che mi consegni una torcia capace di farmi attraversare questo oscuro tunnel spaventoso che potrebbe essere semplicemente lungo chilometri, lungo storie e passaggi, lungo tempi e direzioni, lungo un’intera esistenza.
E niente, il vuoto più immenso, un salto tra spazi di niente, l’oblio, il nulla.
Cerco le mie emozioni così: nei ricordi, nei sogni che faccio mentre le notti corrono lente, nelle fotografie e nelle canzoni, ma il mio cuore è ormai disabitato e porta con sé solo frammenti di niente.
Mentre sono immersa nei miei pensieri, sento bussare alla porta. In questi due mesi passati in questa stanza sono diventata in grado di distinguere ogni suono, e anche stavolta capisco di chi si tratti, di chi amorevolmente o forse no, cerchi di farmi uscire da questo immenso e infinito vortice vertiginoso.
Ed è sicuramente lui: Riccardo..
Il suono è flebile, quasi impercettibile, corretto, educato, composto.
E’ il suono di chi ha paura anche solo di toccarti perché potresti romperti in milioni di pezzi che sarebbe impossibile anche solo pensare di rimettere insieme.
“Vieni”.. e odio persino sentire la mia voce, la sento così lontana dal mio corpo, che ogni volta la paura mi fa sussultare e mi fa rinchiudere nel silenzio.
Riccardo entra e si lascia alle spalle un mondo che non sarei capace mai più a riconoscere, un mondo in cui perdermi sarebbe assurdo, in cui trovarmi non avrebbe più senso.
Si siede sul letto e resta in silenzio, e questo comportamento mi stupisce, fa contrarre tutti i miei muscoli a quei gesti così poco vicini alla normalità.
Cerca di assumere il mio stesso atteggiamento, di mettersi alla pari con qualcosa che fatica a capire, cerca di entrare in contatto con me attraverso quei teli costruiti dal silenzio, ma non ci riesce. Io non sono lì con lui, anche se lui non lo sa.
Mi stringe la mano, io sposto lo sguardo, non qui, non ora, non riportarmi in quel mondo dove le emozioni hanno solo distrutto quello che ero, quello che con fatica e forza ero riuscita a costruire.
E lui stringe ancora di più, fino a che non mi fa male la testa, il polso e il cuore. Cerca di rimettermi in moto.
Lo guardo, lo abbraccio, piango e lui sorride.
Lo sa, sono tornata.