Capitolo
3 – Hope’s a dangerous thing
And maybe hope’s a
dangerous thing
And’ I’m broken in
the end
You don’t divide
you blur the line
Destroy yourself and
start again
—
Destroy
Yourself —
«Dove
credi di andare?»
La ragazza rimase immobile, senza respirare, il cuore che
batteva all'impazzata contro il petto. La pressione del coltello contro
la
carne delicata della gola le fece venire la pelle d'oca: emofilia o no,
se
soltanto avesse premuto un po' di più sarebbe morta
dissanguata in una manciata
di minuti. Una goccia di sudore freddo scivolò dalla tempia
fin giù al collo.
«Rispondi» La voce del Soldato d'Inverno era
neutra, atona.
Impossibile dire cosa gli passasse della testa.
Jay avrebbe voluto deglutire, ma aveva paura che facendolo
quella lama le avrebbe tagliato la gola.
«Via di qui» sussurrò in tono appena
udibile. Attese che lui
affondasse il coltello, si aspettò il dolore della carne
squarciata. Un brivido
le percorse la spina dorsale, e la ragazza chiuse gli occhi per non
vedere il
sangue che – ne era certa – sarebbe schizzato dalla
ferita.
«Allora stai sbagliando strada» Il coltello si
allontanò, il
Soldato allentò la presa sul suo braccio e la
lasciò andare. Jay risollevò le
palpebre e voltò il capo per guardarlo con gli occhi
sgranati.
«Cosa?»
Lui rimise il coltello nella sua custodia e trasse da una
delle tasche una pistola. La ragazza sussultò e si
irrigidì, nonostante lui non
gliela stesse puntando addosso. Di nuovo fu invasa dalla sensazione di
aver già
vissuto una situazione simile.
«Ti faccio uscire da qui» disse in tono sbrigativo,
facendole
cenno di precederlo per il corridoio.
Jay non si mosse.
«E perché mai dovrei fidarmi di te? Tu
mi hai portato al Triskelion, cosa ti ha fatto cambiare idea
così all'improvviso?» chiese socchiudendo gli
occhi.
Il Soldato d'Inverno la guardò per un istante, come
indeciso,
poi infilò la mano destra in una tasca del giubbotto e ne
estrasse il quaderno.
«Non l'ho dato a Pierce» affermò
porgendolo alla ragazza.
Lei lo prese con cautela, attenta a non sfiorare la mano di
lui, poi lo aprì per controllare che all'interno non si
fosse danneggiato
nulla.
Tutto
okay,
grazie al cielo
Jay
sospirò di sollievo e sollevò lo sguardo sul suo
volto.
Il Soldato aveva uno sguardo smarrito, come se non sapesse bene cosa
stava
facendo.
«Quella... quella cosa che hai detto...» Si
interruppe,
aggrottando le sopracciglia. «Sul ricordare...
io...» Portò la mano a coprire
gli occhi.
«Sono così confuso» mormorò.
«Non stavo mentendo» ribadì la ragazza.
«Lo so. Per questo sono qui, adesso»
Lei annuì, tentando di ricacciare indietro la paura che da
sempre il Soldato d'Inverno le incuteva.
«Va... va bene. Andiamo» disse infilando il
quaderno sotto la
camicia.
L'uomo annuì, ma all'improvviso alzò di scatto la
testa e la
spinse di lato, contro la parete. Jay sentì due spari e
delle grida soffocate.
Vide due uomini accasciarsi a terra, all'altro capo del corridoio, poi
il
Soldato le prese il polso e iniziò a correre.
«Devo trovare Vit!» esclamò,
già senza fiato.
«Il ragazzo della registrazione?» chiese lui,
fermandosi un
attimo per controllare che la strada fosse libera.
«Sì» Jay si piegò in avanti,
prese un profondo respiro per
recuperare ossigeno: quello scatto improvviso l'aveva colta alla
sprovvista.
«So dov'è»
Senza aggiungere altro, il Soldato si tuffò oltre una porta
alla loro destra, e poi giù per quattro rampe di scale.
Jay gli stava dietro a malapena. Era stanca, sia nel fisico
sia nella mente, e sentiva che quello che stava facendo era
profondamente
sbagliato. L'agente Connor l'aveva tartassata di domande per ore
– o almeno, le
erano sembrate ore – senza ottenere nulla a parte spossarla
sempre di più.
Forse
era
proprio quello il suo intento
Sentiva il sangue pulsare nelle tempie, e il mal di testa
sempre più forte che soffocava i suoi ragionamenti. L'unica
cosa che sapeva con
certezza era che doveva trovare Vit, e poi uscire dal Triskelion.
Sono
settimane
che non dormo in modo decente. Cosa darei per un buon caffè
Alla
fine, il Soldato si fermò di fronte ad una porta chiusa.
«C'è un sistema di blocco elettronico»
commentò accennando al
pannello numerico sulla destra.
«Posso pensarci io» Jay s'infilò tra lui
e la parete, e
incominciò ad armeggiare con i tasti.
«Sai farlo?» le chiese il Soldato, gli occhi
puntati sul
corridoio di fronte a loro.
«Come credi che sia uscita da dove mi avevano
rinchiuso?»
replicò la ragazza, sarcastica. L'uomo inarcò un
sopracciglio, ma non disse
nulla.
«Fatto»
La porta scivolò di lato, rivelando la stessa stanza
illuminata
della registrazione.
Jay portò le mani a coprirsi la bocca, soffocando un grido.
«Vit! Mio Dio...»
Vitaly era accasciato sulla sedia, legato, il sangue ad
imbrattargli i capelli e la maglia bianca che indossava. Quando Jay lo
chiamò
emise un mugolio sordo e alzò faticosamente la testa.
«Sbrigati» borbottò il Soldato.
«In un minuto ci saranno
addosso»
Lei era già accanto all'amico. Armeggiò con le
corde per
slegarle, poi sentì il tintinnio del metallo contro il
pavimento: il Soldato le
aveva lanciato il coltello. Lo prese e tagliò i lacci.
Vitaly ricadde in
avanti, quasi a peso morto.
«Ehi, Vit» mormorò la ragazza scattando
a sorreggerlo. «Va
tutto bene. Ora andiamo via»
Lui girò il viso, sforzandosi di metterla a fuoco con
l'occhio destro: il sinistro era pesto, semichiuso, e un grumo di
sangue
copriva lo zigomo. Il volto era una collezione di contusioni e tagli e
lividi
più o meno gravi.
Il ragazzo socchiuse le labbra, come a voler parlare, ma non
riuscì ad articolare le parole.
«Riesci a camminare?» gli chiese lei.
«Sì» Aveva la voce roca, terribilmente
roca. Si schiarì la
gola.
«Sto bene, dammi solo... un attimo»
Jay lo guardò preoccupata, temendo di doverlo sorreggere per
tutto il tragitto, ma dovette ricredersi quando Vit strinse le labbra
per
trattenere un lamento e si alzò in piedi, lentamente.
«Okay. Ci sono» disse. Poi sollevò lo
sguardo su di lei, e gli
occhi gli divennero lucidi.
«Mi dispiace così tanto, Jenn, te lo
giuro...» sussurrò con
voce rotta. «Non volevo dir loro dov'eri, non dovevo... Oh,
Jenn, credimi, mi
dispiace...»
La ragazza sorrise e scosse leggermente la testa.
«Non importa» disse piano, a bassa voce.
«Stiamo entrambi
bene, siamo vivi, ora usciremo da qui. È questo
l'importante»
Lui aggrottò la fronte e aprì bocca,
probabilmente per
chiedere “come? Come facciamo ad andarcene?”, ma
venne interrotto prima di
poter emettere un suono:
«Hai fatto? Muoviti!» La voce, proveniente da
subito fuori,
li fece sobbalzare entrambi.
Vit le rivolse un'occhiata interrogativa.
«Chi...?» iniziò, ma si zittì
di colpo quando il Soldato
d'Inverno s'affacciò nella stanza; sbiancò e
sgranò l'occhio sano.
«Va tutto bene, Vit» s'affrettò a dire
Jay, posandogli una
mano sul braccio. «È con me. Mi sta
aiutando»
Vitaly la guardò, pallido come un cadavere, poi
guardò l'uomo
che ora li stava fissando con aria corrucciata.
«Mi spiace interrompere il vostro toccante
ritrovamento» esordì.
«Ma se non volete che i soldati dell'Hydra ci ammazzino vi
conviene darvi una
mossa» E accennò con la pistola al corridoio, dal
quale provenivano delle grida
ancora lontane.
«Dai Vit» Jay gli prese la mano e iniziò
a tirarlo fino alla
porta. Il ragazzo si riprese in fretta, pur continuando a gettare
occhiate
sospettose al Soldato.
«Più tardi io e te dovremo parlare»
sibilò all'amica, la
quale annuì in fretta.
«Quello che vuoi, ma quando
saremo usciti di qui»
Seguirono il Soldato attraverso infinite stanze e uffici
impolverati: quell'ala del Triskelion era inutilizzata da quando lo
S.H.I.E.L.D. aveva cessato di esistere.
Jay rievocò la fuga dell'anno prima. Anche allora era
assieme
a Vit, ma allora era stato lui a trascinarla via mentre il mondo che
avevano
creduto di conoscere cadeva in pezzi, come un magnifico specchio che
rifletteva
la menzogna invece della realtà.
Col senno di poi, forse la ragazza avrebbe preferito rimanere
nella la campana di cristallo sotto la quale aveva vissuto per
più di
venticinque anni, all'oscuro di tutto, felice. Si maledisse per quei
pensieri
subito dopo averlo formulati.
«Aspetta!» esclamò all'improvviso,
fermandosi.
I due uomini si voltarono a guardarla, entrambi allarmati.
«Che succede?» domandò il Soldato.
Si trovavano nel mezzo di un laboratorio informatico, e Jay
si gettò di fronte al computer principale; premette il
pulsante d’accensione.
«Che cosa stai facendo?» ringhiò il
Soldato.
Vit non disse nulla, ma aggrottò la fronte e la sua
espressione divenne torva: aveva capito.
«Riesci a coprirmi per qualche minuto?» chiese
invece la
ragazza, iniziando a digitare una serie di codici sulla tastiera.
«Il mio DNA e quello di Vit non possono essere identificati e
individuati dagli Helicarrier; questo perché tempo fa ho
immesso un virus nel
sistema che mi permette di salvaguardare una manciata di
individui» spiegò
velocemente, senza distogliere lo sguardo dal monitor. «Ma tu
puoi essere
individuato. Devo fare in modo di renderti invisibile, oppure saremo
morti
entro stasera»
Il Soldato non pareva molto convinto, ma non replicò.
«Eccoli!»
Jay imprecò a mezza voce, mentre Vit si riparava dietro una
scrivania ed il Soldato si metteva di fronte alla ragazza per
proteggerla
mentre lavorava.
«Quanto?» gridò mentre alcuni uomini si
appostavano subito
fuori dal laboratorio. «Siamo in una pessima
posizione!»
La ragazza fece per rispondere, quando il primo sparo
echeggiò nell'aria. Soffocò un urlo e
chinò la testa sulla tastiera.
«Ho... dammi tre minuti» biascicò.
Il Soldato non rispose. Sparò quattro colpi, e quattro
uomini
caddero a terra con un grido e un gemito di dolore. Ma ne arrivavano
altri,
parecchi altri.
Vit si spostò accanto a Jay, gettò un'occhiata
allo schermo e
fece una smorfia.
«Dammi una pistola!» gridò.
«So sparare!»
Il Soldato non gli prestò attenzione. Alcuni proiettili gli
saettarono a fianco. Gran parte degli apparecchi elettronici e molti
monitor lì
attorno finirono in frantumi. L'uomo lasciò cadere un
caricatore vuoto e ne
inserì un altro, con la naturalezza di chi è
abituato a fare quel movimento
molto spesso. Riprese a sparare.
Vit imprecò tra i denti e prese a frugare nei cassetti, alla
ricerca di qualcosa di utile. Sgranò gli occhi e
s'infilò qualcosa in tasca.
«Ho finito!» esclamò Jay all'improvviso.
Si alzò di slancio e
nello stesso istante il Soldato indietreggiò, spingendo lei
e l'altro ragazzo
verso l'uscita del laboratorio, senza smettere un istante di sparare.
«Forza» ringhiò aprendo una porta con un
calcio, rivelando
l'ennesima rampa di scale. Spintonò Jay, che
inciampò e quasi cadde sui
gradini.
«Sali, muoviti!»
«Che fai?» strillò Vit in tono quasi
isterico. «Questo è un
vicolo cieco, porta sul tetto!»
«Appunto!»
«Dai Vit, andiamo!» La ragazza lo
strattonò per la manica.
L'altro esitò, poi le prese la mano e insieme iniziarono a
salire, l'eco degli
spari alle loro spalle. Il Soldato chiuse la porta, la
sbarrò, e un istante più
tardi era davanti ai due.
«Vuoi prendere un elicottero?» intuì Jay
poco prima di sbucare
sul tetto. L'uomo annuì.
«Aspetta qui e non muoverti» ordinò. E
si gettò fuori, le
armi spianate. Si udirono grida, tonfi, piccole esplosioni.
«Jenn, è una pazzia»
La ragazza si voltò.
«Non posso morire ora, Vit, devo fare ancora tante cose.
È la
mia unica possibilità» disse.
«Ma senza di te non me ne vado» aggiunse subito. Si
mordicchiò il labbro. «Lui ci porterà
fuori»
«E poi?» obiettò il ragazzo, disperato.
Jay fece una smorfia.
«Ci penserò quando saremo salvi. Tutti»
Vitaly la guardò, serrò le labbra, poi le tese la
mano. Lei
la strinse forte.
«Libero» Il Soldato ricomparve e fece loro cenno di
seguirlo.
«Sta' dietro di me»
Li guidò fino ad un elicottero al centro del tetto, l'unico
non danneggiato. «Sali»
Vit esitò e Jay dovette spingerlo su, costringendosi ad
ignorare la mezza dozzina di cadaveri sparsi lì attorno. Di
nuovo, fu in preda
alla nausea: si lasciò cadere sul sedile e serrò
gli occhi.
«Sai guidare questo affare?» domandò
Vit. Ancora le sue dita
erano intrecciate a quelle di lei.
«Certo» rispose bruscamente il Soldato, iniziando
ad
armeggiare coi comandi del velivolo. Le pale iniziarono a girare
nell'esatto
istante in cui gli uomini dell'Hydra fecero irruzione sul tetto: lo
spostamento
d'aria li fece vacillare, dando tempo all'elicottero di alzarsi in
volo.
«Vit» mormorò la ragazza.
«Sono qui»
«Quando atterreremo, impiegheranno pochi minuti per
rintracciarci. Puoi... puoi fare qualcosa?»
Vitaly aggrottò la fronte.
«Sei molto pallida. Stai bene?» chiese subito.
«No» ammise Jay. Al suo fianco, il Soldato le
gettò una
rapida occhiata.
«Ma prima di pensare a me risolvi questo problema»
Il ragazzo sospirò.
«Va bene. Immagino che il tuo... amico
abbia messo fuori gioco gli altri elicotteri al Triskelion»
Pronunciò la parola "amico" con palese disprezzo nella voce.
Il Soldato grugnì qualcosa di poco gentile. Jay lo
guardò,
preoccupata che potesse reagire in maniera violenta, ma lui non si
mosse dai
comandi; la ragazza fulminò l'amico con gli occhi.
«Quindi non dobbiamo aspettarci inseguitori, almeno non per
via aerea» continuò Vit, facendo finta di nulla.
Infilò una mano nella tasca
dei pantaloni e ne tirò fuori un disco di metallo poco
più grande di una
moneta.
Jay notò che il Soldato li controllava con la coda
dell'occhio e non si perdeva un movimento.
«Che cos'è?» chiese incuriosita,
accennando al dischetto.
«L'ho trovato in laboratorio. Grazie a questo gioiellino
sarà
molto difficile per loro individuarci» affermò Vit
accennando un sorriso. Un
taglio fresco sul suo zigomo si dilatò, e una striscia di
sangue comparì lungo
i bordi della ferita.
Jay fu costretta a distogliere lo sguardo.
Mi spiace informare tutti
i buoni cristi che leggono, che la settimana prossima sarò
al campo scout, quindi non ci sarà un aggiornamento
né potrò rispondere alle recensioni (che spero
sempre ci saranno)!
Keyla