-Mi dispiace.-
-Smettila Fitz, non mi dispiace aprirti un barattolo.-
Fitz sa bene che Simmons è
sincera, che non le da’ fastidio
aiutarlo, ma non può fare a meno di scusarsi
per non essere più in grado di fare nulla da solo. Dopo tre mesi di coma, solo
la parte destra della sua persona si è svegliata, la sinistra è rimasta
bloccata in una specie di torpore in cui, ogni tanto,
ha la sensazione di avvertire un debole formicolio.
I medici non sono stati molto ottimisti, dicono anzi, che sia già un miracolo
che non sia rimasto offeso in maniera ben peggiore, ma come un bambino che fa
capricci, al momento non riesce ad immaginare
nulla di peggio di avere metà del corpo paralizzata, sbavare come un San Bernardo per mettere
assieme tre parole e avere un occhio completamente andato.
Simmons gli pulisce la solita candela di saliva che
gli si forma all’angolo sinistro della bocca, quello tirato in maniera
innaturale, usando il pollice e prima di tornare al suo lavoro, gli schiocca un
bacio sulla fronte.
Fitz pensava di non poterla amare di più, ma
evidentemente si sbagliava.
Affonda il cucchiaio nel barattolo di nutella e lo porta alla bocca. La sua
mente, per fortuna, è brillante come sempre
e nonostante non possa più costruire, riesce ancora a progettare - Secondo te dovrei alleggerirla?-
Simmons alza gli occhi dal microscopio su cui è china
e si volta a guardare lo schermo a muro dove Fitz ha
passato le immagini di una nuova pistola ultra leggere ad impulsi - No, direi
di no. A Coulson e Trip andrà benissimo, era Ward quello che si lamentava sempre del peso delle armi.-
Nello stesso momento in cui mette il punto alla sua affermazione, Simmons si rende conto di essere saltata a piedi pari su un
tasto dolente. È da quando Fitz si è svegliato dal
coma che non ha più nominato Ward.
-Non vuoi parlarne?-
-Di cosa?-
Fitz alza gli occhi dallo schermo del suo pc. Simmons lo sta fissando con quella
espressione, quella che vuol dire: so benissimo a cosa pensi.
Stringe i denti e abbassa di nuovo lo sguardo.
Di solito non gli da’ fastidio che Simmons riesca ad
indovinare così bene ogni pensiero che gli passa per la testa, ma qui si parla
di Ward, e di quanto si senta stupido per aver
creduto in lui anche di fronte all’evidenza.
-Sei un brav’uomo Leo.- mormora dolcemente Simmons accarezzandogli i riccetti
biondi –Hai il cuore grande.-
-Ti sbagli Jemma, sono semplicemente uno stupido.-
Simmons scrolla la testa –Credevi in lui.-
-Credevo in una bugia.-
Come regalo di pronta guarigione, Simmons
e Skye gli hanno regalato un paio di scarpe da tennis
con la chiusura a velcro. Fitz le ha osservato
incerto nella scatola, prima di capire. Con una mano sola, non puoi allacciarti
le scarpe da solo.
Eppure ogni mattina, seduto sul letto, ci prova a mettersi le sue vecchie nike e cercare di fare il nodo ai lacci usando solo la mano
destra.
Nonostante sia stata questa sua testardaggine quasi ad ucciderlo, non vuole
rassegnarsi ad una vita di scarpe con la chiusura a velcro come quelle di un bambino.
Lo sbuffo delle porte automatiche che si aprono lo distraggono per un momento -Prima
che inizi Simmons, non mi piacciono le sneakers! Voglio i lacci!-
-Fitz.-
Fitz si volta, sorpreso di udire la voce di May. Si
sofferma sulla neo Vicedirettrice per un momento, prima di spostare verso la
persona alla sua destra. Alla velocità
maggiore che le sue condizioni gli permettono, si alza in piedi alla vista di Ward ammanettato piedi e caviglie.
- Sarò qua fuori. Se prova a fare qualcosa urla.-
Si fissano, Ward
e Fitz, dai due lati della stanza di quest’ultimo.
Sono passati tre mesi dall’ultima volta che si sono incrociati ed entrambi sono
l’ombra delle persone che erano. Perché se Fitz ha ancora
addosso i segni del loro ultimo incontro, Ward sembra
aver intrapreso una lenta caduta da quel giorno. Deperito, ferito, sembra
tenersi in piedi per pura forza di volontà.
May gli fa visita ogni giorno, ha sentito dire e
ogni giorno gli fa provare un po’ della sua medicina.
-Che diavolo ci fai tu qui?-
Ward non gli risponde, infila una mano all’interno della
tasca sinistra del pantalone e a passetti, visto l’impiccio delle manette alle
caviglie, gli si avvicina. Fitz lo guardo perplesso e
quando questo allunga le mani chiuse verso di lui, fa altrettanto sollevando
quella che riesce ancora a guidare.
-Una scimmia?- esclama alla vita del piccolo
animaletto di terracotta che Ward fa cadere
sul palmo della sua mano -Che diavolo ci dovrei fare secondo te?-
Ward non gli risponde, ma stira le labbra in un
sorriso che lascia Fitz di stucco. Sbaglia o è la
prima volta che lo vede sorridere? Sorridere per davvero
Fitz lo guarda uscire troppo sorpreso per fermarlo
mentre osserva la scimmietta adagiata nel palmo della sua mano -Però è carina.
La chiamerò Lou.-
Skye legge
il logo sul berretto a cilindro della piccola scimmia che Ward ha dato a Fitz e
dopo un momento esclama - È il nome della tavola calda dove ci siamo fermati
quando mi aveva, beh…- agita una mano
invece che dir e “rapita” –Deve averla presa lì.-
Fitz annuisce mentre osserva il piccolo ninnolo sul
palmo della sua mano -Perché me l’ha data?-
-Non è un mistero che ti piacciono le scimmie.- sorride Simmons
mentre gli si siede accanto.
-Che sia stato un modo per scusarsi?-
Gli occhi chiari di Fitz scattano verso il bel viso
di Skye , trattiene il respiro scioccato da quella
possibilità e dopo un momento si alza,
facendo forza sul poggiolo del divano con il braccio sano - Dove vai?- gli
chiedono le due donne, ma non si ferma per spiegare loro.
-Mi dispiace.-
Coulson e May si scambiano uno sguardo mentre Fitz li fronteggia tenendo ancora nel palmo della mano
quella piccola scimmietta di coccio -Per favore Direttore, devo vederlo. Mi
bastano cinque minuti.-
Il viso di Coulson viene attraversato da un ombra di
dolore mentre osserva il ragazzo che fatica a reggersi in piedi di fronte a lui - È morto tre ore fa, Fitz.-
Fitz si lascia cadere seduto sulla sedia dietro di
lui.
Non è possibile. No. No. No. Non è
possibile.
-Dopo averti incontrato, si è impiccato nella sua cella usando le lenzuola del
letto come fune.-
Che sia stato un modo per scusarsi?
Fitz annuisce
stordito mentre si alza. Quello stronzo, castrato emotivamente parlando, gli
stava davvero chiedendo scusa e lui non l’ha capito.
Si ferma per riprendere fiato mentre osserva la scimmietta sul palmo della sua
mano. scrolla la testa, mezzo accecato dalle lacrime prima di schiacciarsela al
petto -Sono Grant Ward.- inizia a dire con la voce
roca e un ghigno che piano si trasforma
in una smorfia di dolore -Sono così figo che invece
di chiedere scusa, regalo stupide scimmiette di coccio!-
Quando Simmons si inginocchia di fronte a lui, Fitz non piange più. La ragazza si appoggia alle sue
ginocchia con le mani e lo osserva dispiaciuta -Scusami.-
Fitz la guarda perplesso mentre si asciuga gli occhi
arrossati con il dorso della mano -Di cosa?-
-Avevi ragione tu. Ward era un brav’uomo infondo, e
io non l’ho capito.-
-Questo non mi consola Simmons.- si lamenta Fitz mentre la ragazza gli passa una mano sulle guancie
bagnate.
-Invece dovresti, perché hai creduto
davvero in un amico e non in una bugia ben costruita.-