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Autore: Chesy    23/07/2014    9 recensioni
Ci sono quattro elementi che governano il mondo:
- Acqua;
- Fuoco;
- Terra;
- Aria.
E se ognuno di loro avesse una storia, che cosa racconterebbe?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Dalla terra tutto deriva e nella terra tutto finisce.»
Senofane


 
Echi ritmici e precisi scindevano il tempo e percorrevano il corridoio, rimbalzando sul marmo, lungo le piastrelle e le porte che si alternavano tra le pareti immacolate.
La figura alta e magra di Magnus continuava a percorrere, avanti e indietro, un piccolo tratto di corridoio: gli stivali che indossava calcavano la mano sul battere ritmico dei suoi passi, le gambe lunghe si alternavano, cambiando cadenza solo quando lo Stregone raggiungeva in punto stabilito e faceva dietro front.
Dietro di lui, a riprodurre i medesimi movimenti, una figura decisamente più piccola, alta, forse, solo un quarto dell’uomo: prima dietro di lui, ora davanti, faceva il triplo dei passi per non finire tra i piedi dello Stregone. Ci provava davvero ad allungare le gambe come faceva suo padre, ma era impossibile che uno scricciolo tale ci riuscisse.

-Papà, non essere nervoso, andrà tutto bene….-

-Anch’io sono nervoso Max, proprio non riesco a calmarmi!-

-Se continuate così vi verrà il mal di testa.- sbuffò. –Sedetevi qui….altrimenti mi agito anch’io.-

Magnus allora si bloccò, gli occhi felini fissi sulla piccola figura che aveva parlato: a differenza del fratello, Maxwell era molto più calmo o, almeno, così voleva apparire. Diciamo, semplicemente, che tendeva a mantenere una certa freddezza per un tot di tempo, perdendola inevitabilmente quando, attorno a lui, aumentava di poco l’agitazione.
Ragnor osservò il fratello, poi Magnus, e alla fine si sedette sulla panchina accanto a lui: nonostante la costituzione praticamente uguale, e la forma di occhi e viso pressoché identiche, i due bambini condividevano ben poco riguardo ai Marchi e al colore di capelli e iridi.

-Hai ragione Maxwell.- scompigliò i capelli del bambino. –Somigli troppo a tuo padre, quando fai il saggio.-

-T-tu dici?-

Max alzò lo sguardo, gli occhi perlacei s’illuminarono di violetto, le guance rosse come il fuoco. Facevano uno strano contrasto con i capelli scuri, disordinati e scomposti attorno al viso fine e delicato: due lunghe orecchie appuntite sbucavano dalle ciocche castane, rivelando così i suoi due Marchi.
Prese a stropicciare la maglietta, a disagio, farfugliando qualcosa d’incomprensibile: al suo fianco, Ragnor, continuava a guardare a destra e a sinistra del corridoio, i piedi a penzoloni, viso che, seduto sulla panchina, si staccava di parecchio dal pavimento.
I capelli chiarissimi, bianchi come la neve, erano sparati in ogni direzione, come se una folata di vento l’avesse colto di sorpresa: i grandi occhi scuri e curiosi percorrevano ogni centimetro, come alla ricerca di qualcosa che nessuno, oltre a lui, poteva vedere. Quando si raddrizzò, di colpo, le squame verdi che ricoprivano il suo corpicino scintillarono lievemente: saltò giù dalla panchina, correndo verso il corridoio più grande, dove un grande via vai di persone aveva appena riempito il silenzio lasciato dal viavai di Magnus e Ragnor.

L’eco dei passi del bambino fece voltare alcune persone mentre, dietro di lui, lo Stregone lo inseguiva a rapide falcate, tenendo per mano Maxwell, che faticava a stargli dietro: nonostante avessero entrambi sette anni, avevano una corporatura minuta e, ad occhio, nessuno avrebbe ne avrebbe affibbiato loro più di cinque.
Ad un tratto, Ragnor svoltò rapido a sinistra, tra finendo nella massa di Cacciatori e Nascosti – di certo venuti lì per qualche assemblea straordinaria -: Magnus allora accelerò il passo, facendo spiccare un salto a Max, stringendolo tra le braccia mentre sbucava nel lungo corridoio affollato.
Ragnor era talmente piccolo che avrebbe rischiato di perderlo anche in casa: si era raccomandato con loro più volte di non allontanarsi troppo da lui e Alec, visto l’alto rischio che avevano di perderli di vista.

-Magnus!- una voce lo chiamò, facendolo voltare in direzione della parete opposta alla loro.

La figura di Alec, nonostante la folla, parve a Magnus più chiara e definita di qualsiasi altra macchia scura che percorreva il corridoio: il Cacciatore alzò una mano per farsi vedere e, mentre i due Stregoni attraversavano la calca, l'uomo si accorse che Ragnor stava in braccio al ragazzo dagli occhi azzurri, che lo stava giusto rimproverando.

-Non devi allontanarti così da Magnus, potevi perderti, e lo sai.- chiarì Alec, il tono preoccupato e serio allo stesso tempo. –Questo periodo è pieno di tensioni tra Nascosti e Cacciatori, quindi non scappare mai più così senza dirlo a me o a tuo padre, sono stato chiaro?-

-Sì papà, mi dispiace.-

Il bambino rispose in maniera sincera, accusando il colpo, stringendo a se Alec e chiedendogli scusa: Ragnor era intraprendente, probabilmente un giorno sarebbe diventata una splendida qualità, ma visto il periodo di assestamento che vedeva i rapporti tra Cacciatori e Nascosti tesi al limite, non era il massimo che un piccolo Stregone girovagasse da solo in una delle Sedi Principali dei Nephilim.
Pian piano, la folla si ridusse, lasciando che solo una o due persone percorressero la via piastrellata di marmi bianchi e Stregaluce accese: Magnus si sporse verso Alec e gli diede un bacio, posando Max vicino a Ragnor, nuovamente depositato su una panchina.

-Tesoro, e Martha dov’è?-

-Sta arrivando, si è fermata a chiedere una cosa a Mark*….-

Ma la frase restò in sospeso: un urlo e un tonfo fecero voltare tutti e quattro verso destra, le mura trasportarono i suoni, ingigantendoli, rendendoli più forti e profondi, lasciando che espressioni preoccupate si dipingessero sui visi di Magnus, Alec, i due gemelli e di chi, in quel momento, vagava nei dintorni alla ricerca di una determinata sala.
Una delle tante porte che si alternavano nel grande corridoio si spalancò di botto, lasciando che un ragazzino vi rotolasse fuori, come se fosse stato sputato dalla stessa soglia: rotolò sino al muro, battendovi contro, tenendosi lo stomaco con una mano. A seguirlo, poco dopo, la figura di una bambina: i ricci color cioccolato fondente sfuggivano dalla treccia che si era fatta, ricadendo sulle spalle. Aveva i pugni stretti tanto da far intravedere le nocche, pronte a bucare la pelle bianchissima.

-Non provare mai più a offendere i miei fratelli.- bisbigliò, avvicinandosi al bambino. –Tantomeno i miei genitori, o giuro sull’Angelo che passerò il prossimo addestramento ad usarti come bersaglio per la mia Mugen*. Sono stata chiara?-
 

[…….]


-Oh, insomma, te l’ho già detto mille volte: non devi attaccar briga con gli altri, oppure non riuscirai ad amalgamarti con i Cacciatori della tua età.-

-Sarà anche come dici tu, papà, ma non m’interessa: se qualcuno offende i miei fratelli o voi, non ho alcuna intenzione di stare zitta.- rispose la ragazza, imbronciata.

Si trovavano poco lontani dal Lago Lyn, ai margini della foresta: l’erba verdissima di Idris era quasi accecante, il cielo azzurro e con qualche sporadica nuvola, sembrava il massimo dell’imperfezione in quel luogo praticamente idilliaco. La brezza fresca si alternava, da lieve a forte, smuovendo le fronde, facendo sì che sui corpi di Magnus e Alec andassero a formarsi strane figure fatte di luci e ombre: Ragnor e Max si rincorrevano al sole, mentre Martha si era rannicchiata verso l’ombra, poco distante dal Cacciatore, come se il sole la ferisse. Quest’ultimo aveva appena finito di applicarle un cerotto sulla fronte, oltre che sulle dita: niente Runa della Guarigione o magie da Stregoni.

“E’ un castigo per aver preso a pugni un tuo compagno.” Le avevano spiegato i due.

Lo Stregone ascoltava con l’orecchi teso, osservando i gemelli che facevano schioccare, dalle loro dita, scintille di magia colorata: i talloni puntati nell’erba, le mani giunte dinanzi alle labbra e le gambe lievemente piegate, sembravano sottolineare anche in quel momento la sua statura imponente.

-Quest’atteggiamento mi ricorda qualcuno….- disse Magnus, senza essere interpellato.

Alec si voltò verso di lui, il volto teso e tremendamente seccato dalla discussione avuta poco prima con il genitore del piccolo che era stato attaccato: nonostante tutto, il padre del bambino aveva deciso che non valeva la pena mettersi a discutere con due essere disgustosi, tutori di bambini altrettanto indisciplinati.

-Chissà chi, eh?- ribatté Alec, osservandolo. –In ogni caso, Martha, è stato un gesto sciocco: le parole feriscono, è vero, ma non devi stare ad ascoltare tutto quello che dicono, o finirai spesso nei guai.-

Si sporse verso di lei, arruffandole i capelli ora sciolti dall’acconciatura: la bambina, ancora con la testa seppellita tra le gambe, non notò il viso di Alec rilassarsi, tantomeno gli occhi blu addolciti che la contemplavano.

-So che hai solo delle buone intenzioni, ma non è questo il modo di dimostrare di essere superiore agli altri.- le sorrise. –Tuttavia….non dovrei dirtelo, ma….-

La ragazzina alzò gli occhi: in apparenza, di un verde scurissimo, misto a marrone, alla luce del sole diventavano di uno splendido grigio-verde.

-Io e tuo padre siamo tremendamente orgogliosi di te.-

Martha sorrise, lo sguardo s’illuminò: le guance si tinsero di un lieve rossore, proprio mentre i due fratelli di avvicinavano al resto della famiglia.

-Sorellona, com’è andata la Cerimonio della Prima Runa?-

La ragazzina alzò il polso destro verso i due gemelli, mostrando la Runa dell’Equilibrio: nonostante fosse figlia di una Cacciatrice e di un Licantropo, era particolarmente goffa, anche vista la sua mole non propriamente fine, come le altre ragazze. Era più basse e lievemente più “spessa”, con braccia sottili e muscolose, ma gambe e torace ben poco minuti.

-Ha fatto un po’ male, ma è andato tutto bene….- confessò, venendo però interrotta bruscamente.

-Sorellona?- un sussurro, la voce di Max.

-Si?-

-E’ per colpa nostra…..se ti sei azzuffata con quel Cacciatore?-

Il silenzio si fece intenso, piombando come un macigno: il vento frusciò, scuotendo le foglie, accarezzando l’erba, che come onde si muoveva seguendo il respiro cadenzale dell’aria.
Martha fece segno ai due fratelli di avvicinarsi, Magnus e Alec li guardarono, incuriositi: da quando era arrivata, circa tre anni fa, quella bambina era cambiata tanto. I suoi genitori avevano scelto una vita Mondana ma, in seguito all’attacco di un demone Superiore, la bambina si era ritrovata a contemplare i loro corpi martoriati, assieme a quello della sorellina, all’età di otto anni: era stata ritrovata dai Fratelli Silenti, e trasferita in un Istituto che teneva con se altri orfani.
Nonostante la Licantropia si trasmettesse tramite morso, nessuno le si era avvicinato, lasciandola da sola e schernendola per la sua goffaggine: proprio com’era capitato anni prima ad Helen Blackthorn, il Conclave aveva dubitato della sua fede nei Cacciatori, e ne dubitava ancora.
Magnus l’aveva incontrata per caso, dopo essere stato chiamato per aiutare nella guarigione alcuni Nephilim colpiti da un demone, proprio nell’Istituto dove abitava quella ragazzina schiva: aveva deciso di adottarla, pur sapendo che non sarebbe stato facile riadattarla all’amore di una famiglia, considerando la freddezza con cui era stata trattata.

Tuttavia, l’affinità che subito ebbe con Alec – anche lei amava le armi a lungo raggio -, la gentilezza di Magnus e gli atteggiamenti affettuosi dei due piccoli Stregoni, le avevano fatto aprire il suo cuore ferito, rendendola ciò che ora avevano davanti: una bambina sì goffa, e forse un po’ imbranata, ma decisa e forte, pronta a battersi per coloro che amava.

-Nahhh.- rispose, tirando le guance dei due piccoli. –E’ lui lo stupido e non capisce che, anche se siamo diversi, siamo uniti e ci vogliamo bene.-

-E questo ci rende una famiglia, giusto?- chiese Ragnor, con un sorriso.

-Esatto.- rispose lei. –Una famiglia un po’ strana, composta da una coppia di papà, due fratellini Stregoni tremendamente scapestrati e una mezza Cacciatrice troppo protettiva.-

- Anche se non scorre lo stesso sangue tra di noi….?- domandò Max.

- Lo siamo, a tutti gli effetti.- disse Magnus, stringendo Alec per le spalle. –Io ho trovato il mio posto con vostro padre, anche se siamo entrambi uomini, lo amo davvero. Mi ha salvato la vita, e mi rende ogni giorno più felice.-

Alec arrossì, sorridendo a quelle parole, stringendo le mani di Magnus che ancora premute sul petto, le lunghe braccia a cingerlo come per proteggerlo: sentiva la sua schiena battere contro il petto caldo dello Stregone, e non poté fare a meno di far affluire ancora un pò di sangue alle guance già rosee.

-Non è necessario avere legami di sangue, per esserne parte. Io e Magnus vi amiamo, anche se siete nostri figli adottivi.- spiegò il Cacciatore, osservando i gemelli, attenti alle sue parole. –Basta solo….ecco….sentirsi accettati e felici, come avvolti da una coperta calda: i litigi ci saranno sempre, i momenti brutti anche, ma è anche questo che forma una famiglia, è anche questo che la rende unita. Capito?-

I bambini guardarono i papà, ancora abbracciati, poi la sorella, e sorrisero: scintille colorate scoppiettarono tra le dita, le guance di entrambi si colorarono come se un pastello fosse passato sulla pelle di tutti e due.
Il piccolo dai capelli castani posò una mano a terra, continuando a spizzare scintille: l’altro lo seguì a ruota, non capendo subito cosa voleva combinare il gemello.

-E’ un po’ come la terra, vero, papà?- chiese Max, osservando Ragnor, Martha e poi la coppia di genitori. –Una famiglia, dico…-

Alec soppesò le parole, Magnus rivolse loro uno sguardo pieno di orgoglio.

I nostri piccoli, dolci, Stregoni intelligenti. Pensò.

-Sì, credo proprio di sì.- posò anche lui una mano per terra. –Solida, calda, pronta a sostenerti. E’ un bel paragone, Max.-

Il piccolo sorrise ancora di più, poi la sorella prese entrambi per mano e corse con loro tra l’erba verdissima, mettendosi a giocare e ridendo con entrambi, rilassata e tranquilla.
Maxwell e Ragnor. La coppia li aveva chiamati così, in ricordo dei loro amici scomparsi: il nome di un Cacciatore dato ad uno Stregone, di certo al suo fratellino avrebbe fatto piacere. La madre dei due bambini aveva molti documenti in borsa, segno che forse era alla continua ricerca di un rifugio, e probabilmente scappava da qualcosa: per questo i due avevano deciso di dar loro un nome che avrebbero potuto tenere per sempre. E i piccoli ne erano stati entusiasti.

Non era stato facile avere a che fare con tutti e tre: spesso litigavano, avevano delle incomprensioni, ma nessuno dei due si era arreso. Nessuno dei due aveva ceduto ai bronci e ai capricci, dimostrandosi irremovibili quando serviva, ma anche comprensivi e generosi quando piangevano o avevano bisogno di chiarimenti: l’essere due Stregoni non li aveva turbati più di tanto e, anche se a volte le regole stavano troppo strette, le rispettavano, cercando di non mettere nei guai la coppia.
Con Martha era stata più dura, entrare nel cuore di quella ragazzina era stata una procedura lenta, molto lenta: ma, alla fine, lei aveva accettato quella nuova vita, permettendo loro di amarla, concedendosi di amarli a sua volta. Nel suo periodo “buio” non aveva dato di matto, mettendosi nei guai di proposito: si rinchiudeva in camera, leggendo svariati libri, sia di origine Mondana che di lingue sconosciute, appartenenti a Magnus.

Poi, ecco, Alec l’aveva colta proprio mentre si allenava con la balestra, lo Stregone aveva scoperto che amava le illustrazioni sulle magliette e spesso l’accompagnava a comprare qualche libro: quando Ragnor e Max presero a disperarsi perché non erano riusciti ad eseguire al meglio un incantesimo, lei li aveva consolati.
Lentamente, ogni ingranaggio era andato al suo posto.

-Magnus?-

-Uhm?-

-Amo questa famiglia, non potrei mai immaginarla migliore di così.- si spinse ancora di più contro di lui, sfregando contro la sua schiena, come un gatto in cerca di coccole.

-Anch’io, Alexander.- sussurrò. –Non sai quanto io sia felice, accanto a voi.-

Gli fece voltare la testa, baciandolo dolcemente sulle labbra.

-Assieme a te.- disse poi, come un segreto pronunciato tutto d'un fiato.

-Papà….- una voce l'interruppe, facendo voltare entrambi. - Io, Max e Ragnor pensavamo di andare da Zia Isabelle e Zio Jace…..-

-Oh, va bene….devo aprirvi un portale?-

-No, ci pensano loro, grazie.- si passò una mano tra i capelli, voltandosi per raggiungere i fratelli.

-Martha, aspetta!-

La ragazza si voltò, osservandoli, ripercorrendo i suoi passi al contrario.
Magnus schioccò le dita e nel palmo destro della giovane apparve un anello: come quello di Alec, era in argento, ma con una lieve differenza. Fiamme e scintille s’intrecciavano, nere, sulla superficie chiara, lasciando solo un breve spazio a due lettere: “LB”.

“Lightbane".
“Luce distruttrice*.”

Un anello nato dall’unione dei cognome dei due, un anello nato dalla voglia di quella bambina di dar vita ad una nuova discendenza, per lei e i suoi fratelli: un desiderio di ricominciare, di staccare totalmente dalla famiglia originale, dal cognome di sua madre, nonostante ancora portasse al collo l’anello dei Nightshade.
L’aveva chiesto, come premio, nel caso in cui la Cerimonia della Prima Runa fosse andata per il meglio: ovviamente né Magnus né Alec avevano dubbi, sul fatto che l’avrebbe superata senza problemi.

-E’ bellissimo.- sussurrò, alzando lo sguardo verso i padri. –Godetevi il resto della giornata, vi mando un messaggio di fuoco non appena arriviamo.-

E si voltò, raggiungendo i fratelli con rapide falcate: nonostante avesse le gambe corte, era stranamente veloce. Con il nuovo anello infilato nel dito, nonostante le stesse lievemente grande, prese per mano entrambi i fratellini che, non appena sentirono la presenza della sorella accanto, alzarono le braccia - l'unico libero dalla presa della ragazza - e aprirono le mani.
Un portale, non molto grande, si spalancò dinanzi a loro: Magnus e Alec li osservarono, senza intervenire, guardandoli varcare la soglia, tutti assieme.
Sentirono Martha mormorare qualcosa tipo: “Siete sicuri? La volta scorsa siamo piombati nel bel mezzo del Gran Canyon, non voglio rivivere la stessa esperienza.”

Poi sparirono, inghiottiti dallo specchio.

-Che figli meravigliosi….-

Alec si voltò verso lo Stregone, i grandi occhi blu persi in quelli dell’uomo alle sue spalle.

-Come avranno capito che….-

-Oh, sensazioni, almeno credo.-

-E hanno visto giusto?- si voltò, sorridendo.

Mise le mani sulle spalle di Magnus, lasciandole scivolare tra le ciocche nere, le labbra sulle sue, prese a mordicchiargli quello inferiore, facendolo sospirare: con le nocche scure, lo Stregone accarezzò la schiena del ragazzo, scivolando sino al suo sedere.

-Credo….- si staccò un attimo, per parlare. –Credo proprio di sì, dolcezza.- e ricominciò subito da dove aveva interrotto il bacio.

Terra.
Anima e cuore di ogni luogo e tempo, sovrastava e controllava ogni elemento: fermava l’aria, bloccava l’acqua, rinasceva dal fuoco e non si faceva piegare da niente. Base solida per un rapporto, una casa, un inizio: principio e fine, questa era la terra, questo era ciò che rappresentava.
Crescita, nascita, germogliare e ricominciare: la terra nutriva e supportava, era punto di riferimento e solido a cui aggrapparsi per non cadere. In lei sbocciava e moriva ogni seme: la terra tremava quand’era rabbiosa, quando l’acqua la impregnava diventava molle e arida quando vento e fuoco si scagliavano su di lei. Ma non si arrendeva, non lo faceva mai: affrontava le avversità come se i sentimenti che passavano dalle persone a lei, fossero assorbite tra i semi e il terriccio umido. La terra era questo: dolce e gentile, inflessibile e compatta.
Come una famiglia.
 

Magnus aveva l’orecchio posato sul cuore di Alec, e ne ascoltava il battito lento, gentile ma forte, proprio come lui: l’altro gli accarezzava le costole, scivolando sulla stoffa che ricopriva il torace.

-Alexander?-

-Uhm?-

Erano distesi sull’erba, sotto le fronde, il volto rivolti al cielo azzurro, al sole luminoso: come diamanti intrappolati tra le foglie, i raggi brillavano e scivolavano tra le ombre, e il verde scuro delle chiome. Sul volto e sugli occhi dello Stregone, quel movimento continuo faceva risaltare l’oro negli occhi, lo sguardo perso a fissare chissà cosa.

-Avresti mai pensato che sarebbe successo, tutto questo?-

Sentì Alec irrigidirsi, ma non in maniera brusca: un sospiro profondo gli scompigliò i capelli, facendo sì che il volto dello Stregone ruotasse verso il ragazzo, seguito subito dopo dal resto del corpo; le mani intrecciate sotto al mento, senza lasciare il punto in cui, poco prima, aveva posato la testa.
Il Cacciatore osservò lo Stregone che, come un gatto, si era posato sul suo petto: gli accarezzò le spalle, facendo poi scorrere le dita dietro all’orecchio.

-Nemmeno nei miei sogni più sfrenati.- sussurrò. –L’averti accanto e vivere giorno per giorno così, io e te: avere dei figli, sposarci…..ma soprattutto….-

Magnus allungò il collo, incontrando le iridi blu: inarcò un sopracciglio, dubbioso e tremendamente curioso allo stesso momento.

-Soprattutto cosa?- non ce la faceva più, voleva saperlo.

-L’essere amato da un potente Stregone dagli occhi da gatto.- rispose, sincero, le guance lievemente arrossate per la confessione. –Questa è stata la più bella delle sorprese.-

Magnus rimase a fissarlo, le iridi lucide di lacrime: gli ripeteva sempre, quanto lo amava quando faceva il romantico, quando, in maniera così schietta e naturale, gli rivelava i suoi sentimenti.

-Nemmeno io avrei pensato con un ragazzo del genere potesse tollerare tutti i miei difetti e darmi quello che mi doni tu, ogni giorno.- si sporse e lo baciò, a lungo, la sua lingua esplorava il palato e lo fece gemere, seguendo il suo ritmo.

Si staccò poi, gli occhi socchiusi, le labbra a un millimetro esatto da quelle del Cacciatore.

-Così come non mi aspettavo di mettere su una famiglia tanto splendida.- sorrise. –Figli coraggiosi come i nostri, intraprendenti, saggi e schietti: sono tremendamente felice di condividere tutto con te, Alexander. Non avrei mai immaginato persona migliore con la quale fare questi passi.-

-Nemmeno io.-

E lo attirò a se, baciandogli la fronte, la bocca, stringendolo come se non dovesse mai più lasciarlo andare: gli fece passare le dita tra i capelli glitterati e morbidi, solleticandolo dietro le orecchie, come se davvero lo Stregone fosse un gatto.
Ad un tratto, un lieve fruscio li fece voltare: contemplarono il pezzo di carta, divorato da lingue di fuoco, che scivolò, smosso dal vento, tra le dita di Alec. Magnus aveva riportato la testa nell’incavo del collo del ragazzo, osservando il biglietto dispiegato dalle dita pallide del Cacciatore.

“Siamo arrivati tutti interi. Papà, dovrai creare due anelli in più, i gemelli hanno visto il mio e lo vogliono anche loro. Ci vediamo stasera, un bacio. MMR”

I due sorrisero, guardandosi negli occhi.

-Allora abbiamo ancora un po’ di tempo….- sussurrò Magnus, rifondandosi sulle labbra di Alec.


 


*Mugen: in Giapponese significa “sei illusioni” o “infinito”. In questo caso, Martha, si riferisce alla sua balestra, arma primaria che usa in battaglia.
*Rif. a Mark Blackthorn
*Visto che "Light" (derivante dal cognome di Alec, "Lightwood") significa "Luce" e "Bane" (di Magnus), in slavo, significa "Distruzione" mi piaceva l'idea che il cognome avesse questo significato, unione di parti diverse dei due ragazzi. Vi piace?

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Lo Stregatto Parla.
Ero in prima elementare, e già immaginavo cose che ad altri sfuggivano: ero in prima elementare e le maestre già mi additarono come “strana” oppure “carente e poco sveglia”. Io non ero speciale come le mie compagne, non ero brava come loro: ma amavo scrivere, fantasticare, giocare con la fantasia. Solo che, quando sei una bambina, i commenti feriscono e, crescendo, capisci di non essere nulla di che: se da piccola ti dicono in faccia che sei mediocre, continuerai a sentire quel commento dopo anni e anni, anche se farà meno male di prima.
Ora, premetto, io non voglio fare la vittima: non serve dire “mi dispiace”, perché i commenti ricevuti da bambina mi hanno resa insicura.
Ciò che voi scrivete, che mi fate sentire quando commentate le mie storie, mi fa sentire bene: traggo un sospiro di sollievo ogni volta, sorrido e rido, a volte piango, dicendomi “wow, lo stanno dicendo a me”. Quando li rileggo, mi sento sollevata, perché mi piace pensare che ciò che scrivo aiuta un po’ anche voi a vedere ciò che vedo io, a seguirmi nelle mie pazze avventure, a sentire ciò che io vorrei trasmettervi.
Quindi, ora capite, quanto le vostre parole siano importanti per me. Così tanto, da alleviare le mie paure e insicurezze, permettendomi di dirmi, per una frazione di secondo: “brava, sei stata brava.”
Come regalo alle ragazze che mi seguono e mi sostengono, a voi che leggete, silenti, e non dite nulla, mi piacerebbe dedicarvi un capitolo extra: un grazie speciale a _Alien_ , _black_rose_ e Stella13, che hanno recensito ogni capitolo, dedicandomi qualcosa nelle loro fanfiction che leggo sempre più che volentieri.
Grazie di cuore.

Ps. Spero che il disegno vi piaccia, per la precisione sono (in ordine da sinistra a destra): Maxwell, Martha e Ragnor. L'ho fatto in venti minuti, non è il massimo, ma è per farvi vedere come me li immagino io.
  
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