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Autore: Rainbows_Butterflies    23/07/2014    7 recensioni
[Storia ad OC]
Dieci coraggiosi semidei, un antico potere fino ad allora ignorato, decine di ragazzi sfuggiti al controllo dei due Campi ed una profezia che promette sangue.
Quando William Harper viene convocato dal centauro Chirone, stenta quasi a crederci: Caos, il vuoto primordiale, ha deciso che, anche per lui, è giunto il momento di uscire dall'ombra ed agire.
Ma destarsi dalla sua eterna inerzia richiede il dispendio di parecchie energie, che solo una cosa può dargli.
Dal testo:
«Ares ha fatto il tuo nome. Ti vuole schierato in prima linea, per questa battaglia».
[...]«È per questo che sono qui, dunque? Perché mio padre vuole mandarmi a combattere una divinità contro cui non sarei mai in grado di vincere, neanche con settant'anni di addestramento?» chiese allora, con quanta più calma riuscì a mantenere, incrociando le braccia al petto «assurdo. Gli altri penseranno che sono un raccomandato».
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3


A nessuno di loro erano mai piaciuti gli addii.
Chirone e qualcuno degli altri semidei, quella mattina, si erano affrettati a raggiungere i ragazzi al momento della partenza, per augurare loro buona fortuna e salutarli. O forse solo per curiosare un po', chissà. Tra di essi vi era persino Ferdinand, della Casa di Ares.
Rose, appena lo vide, avvertì l'impulso di rompergli il naso con un pugno. Si trattenne esclusivamente perché il ragazzo pareva star avendo una muta conversazione più con William che con lei; e non aveva la minima intenzione di interromperli. Farsi fulminare da una delle occhiatacce del biondo non era affatto divertente, così lei preferì tornare a rivolgere la sua attenzione al suo mentore.
Chirone si era presentato nella sua tenuta da centauro completa di zoccoli e pelliccia bianca, evitando di trascinarsi dietro la sua intralciante sedia a rotelle magica. Indossava una t-shirt colorata, sulla quale spiccava la scritta bianca e rosa “I LOVE MY LITTLE PONY”; e sorrideva lievemente. Non era un sorriso allegro, però. Era più simile a quello triste e melanconico che si rivolge ad un conoscente che ha appena perso una persona cara, un attimo prima di porle le proprie condoglianze.
Anche il loro precettore pensava che quella sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbe visti vivi. Davvero fantastico.
Altair lo scrutò attentamente, sperando che al centauro non desse troppo fastidio essere osservato.
Era la prima volta che lo vedeva senza sedia a rotelle. Pensò che, se quello era il loro direttore, non c'era affatto da stupirsi che i semidei del Campo Mezzosangue fossero tutti un po'... sì, ecco, fuori di testa. Insomma... i My Little Pony? Sul serio?
«Bene, ragazzi», cominciò il centauro, intrecciando le dita all'altezza della vita «contiamo tutti su di voi. Se le vostre teorie sono esatte e riuscirete nell'impresa, forse non dovremo neanche combattere».
William sorrise brevemente a Chirone. Sembrava molto più rilassato del giorno precedente, come se dormire sopra ai suoi problemi l'avesse reso più sicuro. Oppure più stupido. Gli altri non avrebbero saputo dirlo con certezza, ma la seconda ipotesi pareva la più probabile. Non che ci tenessero a farglielo sapere, ovvio. Anche se era un po' più cortese dei suoi fratelli, era pur sempre un figlio di Ares armato fino alla punta dei capelli – forse persino un po' di più –, dopotutto.
«Faremo del nostro meglio, Chirone», disse il ragazzo «ma voi tenetevi comunque pronti».
Susan gli rifilò un'occhiata di traverso. Aveva avuto modo di conoscerlo piuttosto bene, da quando era arrivata al Campo Mezzosangue. Sapeva riconoscere le sue espressioni, e quella che aveva stampata sul viso in quel momento urlava “sto nascondendo qualcosa!”. E lei si sarebbe data da fare per scoprire che cosa. Più tardi, però, se fossero riusciti a rimanere da soli per un istante.
Chirone annuì, incrociando le braccia.
«Avete preso tutto?», domandò poi «ambrosia, nettare...?».
William si voltò verso i compagni per una conferma.
James annuì, indicando lo zaino dietro la sua schiena.
Non vi aveva messo dentro molte cose, in realtà, a parte il nettare ed un paio di maglie pulite. Non aveva molto da portarsi dietro, e per viaggiare era bene restare leggeri. Andava bene così. L'unica cosa che lo preoccupava erano i mostri e i semidei che li attendevano in cima alla montagna.
«Molto bene», commentò Chirone, osservandoli.
Sembrava titubante all'idea di lasciarli partire, e questo Skylar lo intuì senza alcuna difficoltà. Le persone, per i figli di Atena, erano semplici da leggere come libri di cui già conoscevano la trama. Skylar ebbe l'impulso di fare un passo avanti ed abbracciarlo, ma si trattenne. Non era certa che Chirone avrebbe gradito il gesto, e non era di certo il tipo di comportamento che suo padre si sarebbe aspettato da lei.
«A William ho già parlato, ma voglio che facciate tutti molta attenzione», riprese il centauro, serio «ci sono luoghi ed individui pericolosi, sulla strada che avete intenzione di percorrere».
Nathan inarcò un sopracciglio. Era abbastanza certo che Chirone avesse detto chiaramente che non avrebbero potuto incontrare alcun tipo di mostro durante il viaggio. Be', almeno fino alla loro destinazione, ovvio. A quanto pareva, erano tutti concentrati su quella montagna a fare chissà cosa.
Persino Elle, solitamente gelida e sprezzante come una regina di spine, parve confusa.
Aggrottò delicatamente la fronte e si portò le dita di una mano a sfiorare la sua guancia, mordendosi lievemente il labbro inferiore e soppesando il centauro con quei suoi inquietanti occhi di ghiaccio.
Il centauro si rivolse nuovamente a William.
«Li hai presi?», domandò, a voce più bassa, come se gli avesse appena domandato di un segreto. Peccato che fosse circondato da un branco di semidei curiosi e parecchio indispettiti dall'essere stati tagliati fuori dalla conversazione.
Jonathan cercò di incrociare lo sguardo del figlio di Ares, senza riuscirvi.
“Preso che cosa?”, si chiese il ragazzo, confuso. Da quando Chirone e William parlavano in codice? Forse gli sarebbe servito qualche tipo di cheat, un trucco, come quelli dei videogiochi, per decifrare quei due.
Il figlio di Ares annuì rapidamente, nascondendo le mani dietro la schiena.
Sem, dal canto suo, squadrò l'amico da capo a piedi, incuriosito ed un po' sospettoso. Cos'avevano da confabulare tanto, lui e Chirone? E perché non dicevano niente, a loro? Sem non ne aveva idea, ma l'argomento poteva rivelarsi piuttosto preoccupante. Soprattutto se, per pura disgrazia, di mezzo ci fossero state delle armi. E, con Will, le armi di mezzo c'erano sempre.
Chirone sospirò.
«Credo che faremmo meglio a non perdere altro tempo. Oggi è il quattordici di giugno, tra sette giorni esatti sarà il solstizio d'estate e, se avete ragione, avete tempo fino all'alba di quel giorno».
I ragazzi annuirono all'unisono, decisi a partire; ma non riuscirono comunque ad andarsene finché tutti i loro fratelli non li ebbero abbracciati – e minacciati di morte se non fossero tornati – un po'.


Nessuno tentò di minacciare Elle, né tanto meno di abbracciarla. E fortunatamente, altrimenti qualcuno si sarebbe ritrovato con un ago piantato in mezzo alla fronte. E no, non gli sarebbe piaciuto affatto.
La figlia di Afrodite si fece da parte, annoiata, scrutando i suoi cosiddetti “compagni” mentre si scambiavano sorrisini e promesse idiote.
Non le importava un fico secco di loro, e, in tutta onestà, non le importava nemmeno che l'universo intero stesse per essere distrutto da Caos. Forse, sarebbe stato addirittura meglio se tutto quello schifo umano fosse stato distrutto al più presto. A lei bastava semplicemente non dover rimanersene lì, “al sicuro”. Sul serio, poteva essere davvero snervante.
«Ah, il destino dei belli, eh?».
Elle non si voltò a vedere chi avesse parlato, non ne aveva bisogno. Sapeva già chi era: un idiota.
«Dubito che tu possa saperne qualcosa, Ayala, del “destino dei belli”», replicò lei, seccata dalla sua presenza «ora togliti dai piedi, stai invadendo il mio spazio personale».
Il ragazzo si poggiò con disinvoltura al pullman di Ares, parcheggiato di fianco a lei. Non sembrava affatto toccato dalle parole pungenti come spine della mezzosangue.
«Sono invidiosi e troppo stupidi», continuò Nathan, con fare filosofico, indicando i suoi futuri compagni di viaggio con un indice «nessuno ci vuole intorno».
Elle lo squadrò da capo a piedi, voltando ostentatamente il capo nella sua direzione.
«Già, chissà perché», disse.
La sua voce era intrisa di sarcasmo a livelli mostruosi, ma Nathan finse di non accorgersene.
«Proprio non lo so», disse.
Elle alzò gli occhi al cielo, infastidita.
In quello stesso istante, Susan Graymark li raggiunse, poggiandosi anche lei alla fiancata del pullman e salutandoli con un sottile “hey”.
Nathan notò che aveva una falce dalla lama di bronzo su una spalla. Sembrava un modernissimo tristo mietitore in versione femminile e senza veste nera.
Il figlio di Ebe inarcò un sopracciglio.
«Hey, tu non fai parte dei belli e dannati», osservò.
La ragazza inarcò un sopracciglio di rimando, a metà tra lo stupito, il divertito e l'offeso.
«Belli e dannati?», chiese «di che Ade stai parlando?».
Elle, di nuovo, alzò gli occhi al cielo: quell'impresa sarebbe stata una tortura, altro che il suo biglietto d'uscita dall'ordinaria routine.


William, nel frattempo, si era lanciato in una discussione all'apparenza molto personale con Ferdinand. I due figli di Ares si erano allontanati un po' dal gruppo, e parlottavano fitto fitto.
«...del Campo», stava dicendo William, con i capelli biondi arruffati sulla testa, come se non avesse avuto tempo di pettinarli.
Ferdinand, invece, scuoteva il capo come se non fosse d'accordo su qualcosa. Qualcosa di spaventoso, a giudicare dalla sua espressione.
Rose li scrutava attentamente con la coda dell'occhio, tentando di capire che cosa diamine si stessero dicendo. Insomma, se il tizio a capo dell'impresa a cui stava per partecipare era in combutta con un altro tizio per giocarle qualche brutto tiro, lei voleva saperlo.
«Che cosa stai guardando?», domandò Lynnette, una delle sue sorellastre, cercando di seguire la traiettoria del suo sguardo. Quando ci arrivò, il suo commento fu: «ah, quello».
«Non riesco a capire che cosa ci trovi Harper in quell'idiota», rispose Rose, smettendo finalmente di osservare i due. Lynnette le regalò un sorrisetto buffo.
«Forse, la stessa cosa che ci trovavi tu», disse «ti piaceva, no? Magari si sono scoperti improvvisamente gay e adesso hanno una tresca segreta di cui nessuno è a conoscenza e che non possono rivelare al mondo perché sarebbe una specie d'incesto».
«E magari il cielo è viola e fatto di porcospini», replicò Rose, scoccandole un'occhiata scettica e divertita. Lynnette rise, e Rose non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
«Comunque, non darti troppa pena per lui, Rose», continuò Lynnette, lanciando un'occhiatina breve a William e a Ferdinand. Quest'ultimo adesso sembrava molto serio e determinato, mentre l'altro sorrideva lievemente, come se avesse appena compiuto la sua buona azione giornaliera.
«No, certo che no», ribatté Rose, come se la cosa fosse stata ovvia.
«E fai attenzione», riprese Lynnette, abbassando il tono della voce «ho sognato papà, questa notte. Ha detto che dobbiamo tenere tutti la guardia alta, perché tra di noi ci sono delle spie. E se ha ragione, allora i traditori saranno già stati informati della vostra impresa».
Disse la parola “traditori” come se fosse stato qualcosa di estremamente repellente.
Rose avvertì un brivido sfiorarle la colonna vertebrale, come per una carezza di un dito gelido.
«Quindi, immagino che dovremmo scordarci l'idea del “niente mostri” in giro per New York», sospirò.
Lynnette si strinse nelle spalle, visibilmente preoccupata.
«Ho paura che i mostri peggiori abbiano il nostro sangue nelle vene, Rose», dichiarò. E Rose ebbe la terribile sensazione che l'amica avesse pienamente ragione.


Altair non sapeva bene che cosa fare, esattamente: lui non aveva proprio nessuno da salutare, lì al Campo Mezzosangue.
Così, se ne stava in silenzio ad osservare, le braccia incrociate al petto, rimuginando sul guaio in cui era andato a cacciarsi di sua spontanea volontà.
C'era una voce, nella sua testa, roca ed acuminata, che continuava a domandargli in tono petulante se non si fosse bevuto il cervello prima di parlare a William.
“Un'impresa con i greci, Altair, ma davvero?”, gli ripeté la voce, divertita ed un po' scettica “non lo sai che i greci portano solamente guai a quelli come noi?”.
“Taci”, le intimò Altair “i greci e i romani possono cooperare. L'hanno già fatto, in passato”.
La voce rise sguaiatamente, ed Altair tentò di scacciarla battendosi tre dita di una mano sopra la tempia, come se volesse spiaccicare un insetto posatosi lì per sbaglio.
Sem, poco lontano, lo guardava come se fosse impazzito improvvisamente e lui avesse assistito all'intera metamorfosi: da normale – per quanto potesse essere normale un semidio – a squilibrato.
«Hey, tutto okay?», gli domandò, perplesso.
Altair abbassò lo sguardo su di lui, inarcando un sopracciglio per la sorpresa.
Non si era ancora reso conto che un ragazzino come quello avrebbe preso parte all'impresa. Quanti anni poteva avere? Undici, dodici? Certamente, non più di tredici.
Però c'era qualcosa, Altair lo sentiva sottopelle, come un sottile pizzicore o una lieve scossa.
Quel ragazzino aveva una forza straordinaria, diversa da quella degli altri semidei, molto simile alla sua e a quella di Susan.
Forse, se n'era accorto anche William. Era per quello che l'aveva lasciato andare insieme a loro anche se era solo un bambino?
Inarcò anche l'altro sopracciglio, incuriosito. Doveva essere il figlio del dio del mare. Sapeva che ce n'era uno nuovo.
D'un tratto, notò che la voce non lo stava più infastidendo, e si riscosse.
«Sì, grazie», rispose, scompigliando i capelli del ragazzino con le dita «tutto alla grande, marmocchio».
Sem arricciò il naso.
Cominciava ad averne abbastanza dei ragazzi più grandi che lo chiamavano “marmocchio” o “pulce”. Prima o poi, si sarebbero ritrovati l'acqua, possibilmente inquinata o – meglio ancora – di fogna, persino nelle mutande.


«...e prometti di non morire, finire mutilata o schiacciarti qualche vertebra?».
Mallory, una delle figlie di Apollo, andava avanti così da più di cinque minuti, e Rosaline annuiva convinta ad ogni parola che snocciolava.
Dal canto suo, Maxwell, figlio di Apollo e grande amico di Skylar, sospirava ed alzava gli occhi al cielo come se volesse supplicare suo padre di trasformare Mallory in un alloro o qualcosa del genere, pur di farla star zitta.
«Prometto», rispose Skylar, in un sorriso «adesso posso andare?».
«Aspetta, aspetta, aspetta», la fermò Rosaline, puntandole l'indice contro il naso con fare accusatorio «prima devi dirmi se pensi che lui sia carino».
«Che cosa?», rispose Skylar, perplessa.
«Non “che cosa”, ma “chi”, semmai», corresse la figlia di Afrodite, con fare ovvio «quel tipo laggiù. È uno dei ragazzi che parte con te, no?».
«Perché, tu lo trovi carino?», ribatté Maxwell, scoccandole un'occhiata indagatrice.
Skylar soffocò un sorriso.
«Ma no, scemo», replicò Rosaline, mettendo su un sorrisetto buffo «per me, sei carino solo tu».
Mallory si batté una mano sulla fronte.
«Di Immortales, siete diabetici», borbottò la ragazza.
«Suvvia», ribatté Rosaline, in un sorriso, tornando a rivolgersi a Skylar «tu resta molto concentrata sulla tua situazione sentimentale, okay?».
Skylar alzò gli occhi al cielo, e Mallory con lei.
«Dai, Lady Sky, girati e dimmi se ti piace», insistette Rosaline. Skylar scosse la testa all'udire quel nomignolo, ma si voltò comunque. Rosaline non le avrebbe permesso di andarsene, se non l'avesse fatto.
Il ragazzo che Rosaline indicava aveva i capelli talmente neri da sembrare quasi blu notte, e gli occhi scuri, come zaffiri immersi nel catrame. Era James, il figlio di Nyx. Skylar aveva già parlato con lui, anche se era stata una conversazione molto breve ed incentrata sull'idea che i loro compagni sarebbero stati trucidati da un figlio di Ares esasperato.
Lo stesso figlio di Ares che, in quel momento, aveva passato un braccio intorno alle spalle del ragazzo e una intorno a quelle di Jonathan, il figlio di Ecate, e li strizzava come se fossero stati due adorabili pupazzetti a cui si era particolarmente affezionato.


«Hey», disse William, in tono allegro «non siate timidi, salutate».
Così dicendo, fece un rapido cenno a qualcuno, probabilmente una figlia di Demetra, che rispose con un sonoro: «quando torni, ti preparo i biscotti!».
Jonathan non volle immaginare che cosa sarebbe successo se Susan l'avesse sentita. Quando Elle aveva fatto gli occhi dolci al ragazzo – anche se erano palesemente un metodo per convincerlo a lasciarla partecipare all'impresa – la figlia di Ade gli era sembrata sul punto di colpirla sul naso con un pugno.
Lui e James si scambiarono un'occhiata. Non era facile avere a che fare con un figlio di Ares fuori di testa, iperattivo e che assumeva troppa caffeina.
Chirone rise; un suono basso e roco, che fece sorridere anche gli altri due.
«Avanti, William, non tormentarli», lo ammonì, ma sembrava più divertito che arrabbiato.
Lui non li mollò, ma smise di tentare di convincerli a “fare un salutino, uno solo, piccolo piccolo”.
James si appuntò mentalmente di non lasciarsi più acciuffare da lui. Mai. Anche se non gli dava davvero fastidio averlo intorno. In fondo, era una delle poche persone del campo che non lo avesse mai trattato come se fosse malato di peste o chissà di quale altra malattia contagiosa. Stava provando ad essergli amico, e questo lo apprezzava.
«Non si preoccupi, Chirone», replicò William, strizzandoli ancora un po' «sono in buone mani».
Ripensandoci, si disse James, apprezzava di più la possibilità di respirare.
«Sì, sì» rispose Chirone, guardando ora James e ora Jonathan «lo vedo».
William sembrava soddisfatto, così Jonathan decise di non dirgli che, probabilmente, quello di Chirone era puro sarcasmo. Non molto rassicurante, in effetti.
Il centauro si guardò intorno, poi posò di nuovo l'attenzione sui tre.
«Penso che ora dobbiate andare davvero», disse «non potete perdere una giornata intera qui, no?».
«No, certo che no», risposero tutti e tre, in un inquietante unisono che probabilmente non si sarebbe mai ripetuto.
Così, William si trascinò dietro gli altri due fino al pullman, quasi come se avesse paura che sarebbero scappati, e costrinse tutti quanti a raggiungerlo.


Più che ad un pullman, quello di Ares somigliava ad una grossa Jeep, di quelle che vengono utilizzate per le gite escursionistiche.
La carrozzeria, palesemente bianca in origine, doveva essere stata riverniciata in seguito dai ragazzi, perché la vernice mimetica era stata stesa in maniera troppo scomposta. Aveva anche svariati graffi sulla fiancata, come se qualcuno si fosse divertito a strusciarla più volte contro un muro, ma per il resto sembrava a posto.
William s'infilò immediatamente al posto di guida, e nessuno ribatté. Ma questo probabilmente perché lo specchietto retrovisore era ornato da un nido di filo spinato, da cui si calava, appesa ad una sottile catenella, quella che somigliava pericolosamente ad una piccola bomba a mano.
I ragazzi sperarono che si trattasse semplicemente di una decorazione, ma se ne tennero comunque ben a distanza.
Susan andò a sedersi di fianco a William, al posto del copilota, e cominciò a giocherellare con l'orribile statuetta di un cinghiale dalla testa ciondolante poggiata sul cruscotto.
William la guardò per un istante, poi si voltò verso gli altri, seduti nei sedili posteriori.
Avrebbero dovuto rivedere il loro concetto di “vestirsi pesante”, tutti quanti. Poco ma sicuro.
La maglia a maniche corte del campo ed i jeans non erano esattamente ciò che aveva in mente lui, quando li aveva salutati la sera prima.
«Spero che vi siate portati almeno una giacca», disse, scrutandoli attentamente prima di mettere in moto la jeep.
«Tranquilla, mamma», rispose Rose, alzando gli occhi al cielo.
I ragazzi ridacchiarono sotto i baffi.
«Abbiamo tutto negli zaini», disse Sem, ed indicò la pila ordinata di zainetti disposti sul retro della jeep.
«Non moriremo di freddo», aggiunse Nathan, agitando una mano in aria come a voler scacciare un moscerino fastidioso «abbiamo la pelle dura».
«Tu hai anche la testa, dura», commentò Elle, lasciandosi cadere elegantemente su uno dei sedili dell'ultima fila.
Altair, Rose e Sem, seduti vicini, risero, ma la piantarono appena Nathan rivolse loro una delle sue occhiatacce.
William abbozzò un sorrisetto ed accese il motore, che ruggì sotto i loro piedi con un rombo agghiacciante. Qualcosa scricchiolò.
«Mmh... ma è sicuro, questo coso?», domandò Jonathan, allarmato, sporgendosi per guardare fuori dal finestrino. A quanto pareva, erano partiti.
«Reggerà», rispose William, ed un sorriso pericoloso gli arricciò le labbra «credo».
James, che fino a quel momento si era semplicemente guardato intorno, sgranò gli occhi ed alzò il capo di scatto. Incrociò lo sguardo di Skylar, altrettanto preoccupata, che aveva già cominciato a tenersi aggrappata allo sportello.
«Tu credi?!», replicò Altair, dando voce ai pensieri di tutti i semidei presenti.
«Be', è sempre meglio di un “no” secco, giusto?», ribatté l'altro, sin troppo di buon umore.
«Moriremo tutti», decretò Nathan, accostando il capo contro il poggiatesta del suo sedile «meraviglioso».




Angolo di Butterflies
Hey, belli! (?)
Lo so, lo so: c'est l'horreur. Ma siccome vi lamentate che i capitoli sono troppo lunghi e non riuscite ad arrivare in fondo (xD), ho cercato un modo per abbreviare i capitoli e... beh, questo è il terribile risultato u.u anche perché mettere tutti i punti di vista adesso si fa un po' più complicato, visto che devono starsene tutti e dieci stipati in una jeep e non possono farsi ognuno gli affaracci propri u.u
Cooomunque, questo capitolo è solo un esperimento probabilmente fallito, e non c'è da preoccuparsi se fa così schifo, tanto non è successo quasi niente d'importante u.u 
Arg, lo ammetto, mi fa proprio schifoooo

P.S: Volevo dirvi che io e una ragazza del fandom abbiamo scelto i prestavolto per chi non me l'ha inviato per il banner. Spero vi vada bene^^" 
P.P.S. un po' cattivo ed egocentrico: calcolatemi, oh voi (??) che avete creato gli OC che si muovono in questa storia, non mi piace faticare una settimana intera per poi non essere cacata di striscio ♥ 
P.P.P.S. che non c'entra un accidente con tutto questo: c'è qualcuno che shippa Malec, qui in giro? Ditemi di sì e che non sono l'unica *^*
  
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