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Autore: njaalls    23/07/2014    7 recensioni
Mi piacerebbe guardarti dormire.
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«Non pensavo mi spiassi»
E, tutt'insieme, Megan scoppia in una risata fragorosa e getta la testa all'indietro, affatto divertita dall'esilarante supposizione, ma, anzi, toccata nel profondo. «È difficile non guardarvi, se la vostra presenza fa concorrenza persino all'abito di Jay» risponde comunque e Niall nota il cambiamento di voce e di espressione e sa che mente, ma non ribatte.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi piacerebbe guardarti dormire.

Il calendario indica il 20 Agosto e anche la data sulle partecipazioni, la carta avorio e dei motivi lavanda sul retro, conservate dentro la borsa.
I matrimoni sono un ritrovo di gente che si vede ogni giorno e gente che è sparita per tutto un anno, un motivo per agghindarsi a festa e dare spettacolo già fuori il pianerottolo di casa, con i vicini a ficcanasare. I vestiti non passano inosservati e nemmeno le palpebre truccate, i gemelli ai polsi e i tacchi dodici e Megan è così sobria nel suo tubino smeraldo, che vorrebbe solo togliersi i sandali e scappare via dalle braccia di Harry Styles, che «Quanto tempo!» dice sorridendole, in un completo appariscente e tutt'altro che elegante.
E di tempo ne è davvero passato dall'ultima volta che li ha incontrati, faccia a faccia, e, ora che Liam arriva con la nuova fiamma al fianco, storce il naso perché la barba e il vestito elegante lo fanno più adulto e con Sophia accanto sembrano una strana imitazione di Mr. & Mrs. Smith.
«Quanto tempo!» la saluta lui ed è già il secondo che lo ripete e se ci fossero gli altri sarebbe un po' lo stesso, ne è sicura o forse li conosce davvero troppo bene. Il successo e la fama, oltre quell'apparenza da ricconi fatta di anelli alle dita e completi griffati, pare non li abbia nemmeno sfiorati, se i sorrisi rassicuranti ci sono ancora su quelle labbra che rendono nulle miliardi di ragazze. Ora sono solo cresciuti e maturati e sono abituati a telecamere, macchine fotografiche, urla e make up artist, ma si fermano ancora per immortalare un istante, insieme, abbracciati in una strana morsa di gruppo, la fotocamera interna attivata. Nella fotografia mancano Zayn, che a quanto detto non verrà, e Louis che è troppo nervoso e occupato con le sue sorelle per prestare loro attenzioni, così Megan si limita ad osservarli da lontano, perché la madre l'ha strappata dalle chiacchiere e dai vecchi ricordi e lei si è lasciata trasportare via, non appena si è accorta di chi stesse per arrivare, una cravatta verde legata al collo e dei comunissimi Ray Ban sul naso. Sembra un istante in cui i loro sguardi si incrociano, un sorriso, un cenno, un nodo allo stomaco e dei vestiti improvvisamente troppo stretti e soffocanti, tutt'ad un tratto Megan vorrebbe strapparsi quell'abito smeraldo e scappare via, perché aveva quasi dimenticato il patriottismo di lui e aveva vivamente sperato che nessuno dei ragazzi fosse invitato quel giorno, come per il matrimonio della madre di Harry, finendo per far male i conti. 
Qualcosa le strattona un braccio e «Meg?» domanda la donna, prendendo la figlia minore per le spalle. «Meg? Ti ho chiesto di andare dai tuoi cugini, o Louis lascerà Lottie da sola con le gemelle» e sembra abbia una voce più irritante del solito e Megan annuisce solo per il piacere di allontanarsi da lei, dal gruppo che ancora schiamazza, non molto distante, sotto gli occhi incantati di tutti e per rifugiarsi lontano da quello sguardo che una radiografia completa le sta facendo, senza pudore e discrezione d'alcun tipo.
C'è suo cugino vicino l'altare ed è più nervoso di quel che da a vedere e lo si percepisce dai gesti fraterni e protettivi nei confronti delle sorelle e «Prendi Phoebe e Daisy, per favore» e lei porta poi con sé le bambine in due vestiti identici, conducendole tra la folla che mormora, si agita, si guarda intorno in attesa della sposa e di un abito bianco, facendole così  accomodare. E rimane con loro per tutto il tempo, la pregano di non andarsene e ammette con un cenno del capo che non lo farà, perché non ha davvero voglia di sentire la propria madre seduta tra le panche che esalta le doti di sua sorella maggiore, nonché testimone, stretta in un mini abito bianco ricamato e dalla scollatura eccessivamente volgare.
Johanna è bella, Megan lo deve ammettere anche se i matrimoni non le piacciono e le sembrano solo apparenze, il vestito è elegante e lei porta i suoi quarant'anni con classe, stretta in quell'abito fine e simbolo di purezza, pur avendo sette figli sulle spalle, concepiti con tre uomini diversi.
E Megan soffre durante tutta la cerimonia e soffre per i gioielli sulla caviglia a soffocare il piede, per il vestito troppo stretto ma non troppo corto, per i capelli slegati e lasciati sulle spalle e soffre per quella voglia irrefrenabile di voltarsi e guardare ancora quegli occhi, ancora una volta, perché, Megan lo sa, non le servirà nemmeno il tempo di cercarlo tra la folla, che il suo sguardo lo condurrà inevitabilmente a lui. Ma frena tutti gli istinti e allunga la colonna vertebrale, perché non è sicura di sé e perché ha scelto delle scarpe rasoterra anziché dei tacchi, ma comunque vuole fingere che ciò che la circonda non le importa, solo, non ha messo in conto che l'unico su cui vuole fare davvero quell'impressione è anche l'unico che la conosce così bene da non abboccare.
La cerimonia termina, gli anelli sono stati scambiati e il sole ha insistito su ogni centimetro di pelle libera a discapito degli invitati per tutta la funzione e, come ogni matrimonio, chiunque sorride. E questi sorrisi non si spengo nemmeno durante il ricevimento, i lenti e i balli scatenati e ci sono bambini che scorrazzano, giacche lasciate sulle spalliere delle sedie, piedi sotto il tavolo che abbandonano per poco il fastidio dei tacchi alti, mariti che chiacchierano delle ultime partire e mogli che tentano di convincere questi a concedergli loro un ballo, solo uno. E poi, oltre tutto questo agitarsi e schiamazzare, c'è Megan seduta al tavolo a parlare del più del meno con delle cugine che non vede da un bel po' e vorrebbe scappare, perché una è prossima al matrimonio e l'altra vanta l'ultimo fidanzato che «Non è potuto venire, aveva un importate congresso per tutta la settimana» e lei si sente così lontana dalle loro vite dinamiche e impegnate, che se si alzasse e se ne andasse, probabilmente nemmeno se ne accorgerebbero e Megan vorrebbe davvero poterlo fare, ma è troppo educata e rimane seduta, composta.
Poi una mano leggere ma pesante, delicata ma virile, le sfiora una spalla e lei sa già a chi appartiene e le espressioni civettuole di tutte coloro che la circondano confermano la sua teoria, schiude la bocca e abbassa lo sguardo quando si volta, perché il suoè troppo e tanto e Megan proprio non se la sente e si lascia trascinare via, anche un po' riconoscente, dalle dita sfilate di Niall Horan che ora le stringono i fianchi e la avvicinano al suo corpo.
«Vuoi ballare?» le ha chiesto e lei non ha riflettuto poi tanto su quella domanda apparentemente banale e gentile per chi li guarda occhi esterni, ma Niall e Megan sanno che le mano di lei su quella tesa di lui dice più di quel che chiunque intende, che gli occhi del biondo non si soffermano così sulle altre, e di ragazze ne vede tante, e sanno che ogni piccolo gesto, anche il più insignificante, ha alle spalle insicurezze e litigi, baci rubati e altri mai dati, carezze che solo loro hanno conosciuto e corpi che un tempo sono stati legati, impossibili da dividere.
E Niall freme e non la vedeva da tanto, troppo, e sa che Megan le è mancata e che quel labbro che trema e quegli occhi, ora che sono corpo contro corpo, che lo evitano, significano soltanto che anche lui le è mancato, ma conosce Megan e non lo ammetterà facilmente. Niall sa anche questo, semplicemente perché hanno condiviso un letto e hanno condiviso esperienze che nessuno gli ha mai concesso, ricorda il suo modo duro di guardarsi allo specchio, ricorda le sue gambe lunghe che sfilavano dalla stanza da letto al corridoio e fino alla cucina per il suo solito spuntino notturno e ricorda ogni singolo pregio e ogni più piccolo difetto, la voce adirata e quella dolce, gli occhi grandi che lo guardavano nelle ore insonni e le labbra poggiate sul suo collo e Niall non vorrebbe dimenticare nessuno di questi ricordi, perché semplicemente non vuole dimenticare Megan e per tutto questo tempo non si è nemmeno sforzato di farlo.
Ora, la musica li conduce lentamente e le mani di lei sono intrecciate dietro il collo di lui, che la cinge possessivo, ma non troppo, dalla vita, e girano su loro stessi come le coppie intorno, perché è un lento e non lo si può ballare con una persona qualsiasi e questo Megan lo sa, solo che non lo dirà e se lo terra per sé.
«È passato tanto tempo» mormora Niall e lo sguardo di Megan smette di fissare senza interesse oltre la sua spalla, concentrandosi sul nodo della sua cravatta verde bottiglia e si rende conto che a Niall appartiene una delle giacche lasciate sulle spalliere delle sedie, perché sta accarezzando il tessuto della camicia e non se n'era nemmeno resa conto, ma è più alto, le spalle più possenti di qualche anno prima e quel completo -giacca o no- mette in risalto il suo fisico.
«Dovreste cambiare repertorio tu è i tuoi amici» blatera Megan e non sa nemmeno perché non si è limitata ad annuire, proprio non lo sa.
«Scusa» e la voce di Niall suona oltre la musica e tutti li guardano cercando di fare i discreti, ma il biondo è troppo occupato a cercare lo sguardo della mora e questa risulta quasi ammaliata dal nodo della cravatta, ancora, e forse dovrebbe poggiare i suoi occhi su quel viso che solo lei aspetta. Ma non lo fa.
«Non scusarti» ribatte.
«Devo» e sia Niall che Megan sanno che questo sentirsi in dovere non è per l'affermazione di poco prima, ma per i ricordi passati e dolorosi, che bruciano come carezze sulle braccia e baci sulla pancia, e che li tengono inevitabilmente legati e lo faranno finché la memoria glielo permetterà. Ma Megan non se la sente di affrontare un argomento così scottante e continua a farsi trasportare dalla canzone, grattando ogni tanto delicatamente contro la stoffa del colletto, giusto per accertarsi che sta accadendo e che lei è lì, con Niall, insieme.
«Hai finito di bere birra e giocare a cricket?» domanda allora, piegando la testa di lato e notando la madre osservarli con sguardo sorpreso. Ma Megan è con Niall e, passato o no, scottature o baci, non le importa poi d'altro, se non rimanere sulle proprie gambe tremanti e non pestare i piedi al biondo, che sembra invece sicuro di sé, come sempre.
«Non pensavo mi spiassi»
E, tutt'insieme, Megan scoppia in una risata fragorosa e getta la testa all'indietro, affatto divertita dall'esilarante supposizione, ma, anzi, toccata nel profondo. «È difficile non guardarvi, se la vostra presenza fa concorrenza persino all'abito di Jay» risponde comunque e Niall nota il cambiamento di voce e di espressione e sa che mente, ma non ribatte.
«Come stai, Meg?» 
E c'è un tono confidenziale nella sua voce e forse è solo l'abbreviazione usata, o le mani che si sono strette di più intorno alla sua vita, che convincono la mora a rispondere sinceramente, come se non fossero stati lontani poi per molto e ora si fossero ritrovati, come vecchi amici.
«Sto finendo la specializzazione e poi mi trasferirò a Berlino per un anno» dice e la voce le trema e le mani si avvinghiano ancora di più al collo di Niall, e «Voglio andarmene. Questo posto non fa per me» perché ormai Doncaster non fa più per lei e forse non ha mai davvero fatto parte di quello che è, ora che ne ha la possibilità, desidera solo allontanarsi e trovare un luogo da chiamare casa.
«Nessun posto ha mai fatto per te» e l'erba solletica i piedi di Megan e il sole è tutt'ad un tratto fastidioso, come quell'accusa velata, che le apre uno squarcio sopra l'abito e la perfora, fino al petto. E non si scompone per decenza e non vuole sembrare ancora troppo insicura, spaventata e rancorosa, ma si limita a mollare la presa e a staccarsi appena dal corpo scottante come il sole di quel giorno e, per la prima volta da quando l'ha invitata a ballare, lo guarda negli occhi color del cielo, trovando preoccupazione, mista allo stesso rancore che lei serba da troppo tempo. E solo quando fa per parlare, probabilmente per scusarsi, la canzone termina, gli ospiti applaudono e alle coppie che hanno ballato e Megan si volta, ferita.
E non le da fastidio che Niall l'abbia accusata e l'abbia fatta sentire vergognosamente messa in ridicolo, perché le fa più male sapere che è tutta colpa sua, che avrebbe potuto riempire gli spazi tra le sue dita, avrebbe potuto indossare ancora le sue magliette e le piaceva quella degli Eagles e avrebbe potuto chiamarlo, solo per sentire la sua voce pronunciare il suo nome, ma Megan ha aperto una valigia, l'ha riempita di ricordi, mani sfregate e pizze condivise e ha messo se stessa davanti a due persone, che litigavano come una coppia che si amava. E ora le brucia, brucia come i raggi del sole quando si siede in disparte, le spalle contro la corteccia di un albero, le spalle alla festa che procede anche senza di lei, intanto che Harry ferma Niall e questo non pensa nemmeno più che quel cappello sia orribile, perché è solo uno stupido ed insignificante cappello e lui è appena rimato solo. Ancora. E quando l'aveva vista, quella mattina, aveva sentito uno strano senso di nostalgia e aveva ricordato il suo corpo vibrare sotto le sue mani, le sue gambe lunghe tra le coperte e Megan manca nella sua vita e rimpiange ogni singolo momento e non smette mai di rimproverarsi per non averla fermata quel giorno, quando lo ha lasciato solo, seduto al tavolo di un fast food.
Harry tossicchia fintamente e «È scappata di nuovo?»
«Sta' zitto»
«No, amico-»
«Harry, chiudi quella cazzo di bocca», ma è un sussuro misto ad un sospiro supplichevole e la rabbia gli ribolle dentro e Niall vorrebbe stare solo, fare qualche passo e abbandonarsi tutto alle spalle e ricominciare. Con Megan. E si incammina.
«Volevo solo darti un consiglio» urla l'amico di rimando e allora ci pensa, lo scruta e si chiede se davvero vuole ascoltare un tipo con una farfalla disegnata sul petto e una nave sul braccio.
Uno sbuffo trattenuto e «Sentiamo»
«Falla tornare a casa» e se ne va con un bicchiere di vino tra le dita e Niall rimane interdetto e si chiede se l'ha mai vista sotto quel punto di vista: Megan è la sua casa e non ha mai dimenticato le partite domenicali sul divano, le pietanze bruciate perché era davvero una frana e l'appartamento di Londra dove qualche sera si fermavano insieme. E vorrebbe rifare tutto da capo e tornare a casa, da Megan che gli scatta fotografie nei momenti meno opportuni e si stende sul pavimento del soggiorno -Ragazzina, quel tappeto costa un accidenti!- per mettersi il nuovo smalto.
Niall freme e ogni sua parte del corpo è attratta dall'unica persona che gli ha chiuso una porta in faccia, facendogli sbattere la testa e lasciandolo ferito sul ciglio di una strada, in attesa di un aiuto, e allora la cerca e quando la trova, le si siede accanto e, giura, troverà un compromesso e torneranno a casa, insieme. Si allarga un po' il nodo della cravatta ed inspira l'aria pulita di quella villa immersa nel verde.
«Mi dispiace»
«Evita, per favore» e Niall non può ignorare le lacrime che bagnano le guancia di Megan. 
«Lasciami finire» ed è un sussurro impercettibile, come impercettibile è il movimento che compie la sua mano per prendere quella della ragazza, che in un primo momento vorrebbe ritrarla, ma poi accetta quel tocco inaspettato e sorprendentemente familiare. «Mi manchi. Mi manca tutto di te, Megan. Mi manca aprire il registro chiamate e premere il verde, mi mancano i cornetti comprati alla caffetteria sotto il mio appartamento la mattina presto, mi manca non venire più qui a Doncaster, con la scusa di accompagnare Louis, e poterti vedere e mi mancano i messaggi e le video chiamate quando siamo lontani, mi manca un tuo libro sempre sul mio comodino in caso d'emergenza e le passeggiate per Londra incappucciati per non farci riconoscere, mi manchi tu che passeggi davanti alla televisione per ripetermi la materie che darai il giorno dopo e mi manca fingere durante mia altra vita, quella con le telecamere, che sono single, quando so che, in realtà, ci sei tu che porti il braccialetto di tessuto che abbiamo comprato al mercato, l'ultima volta che siamo stati insieme a Covent Garden. E non lo nascondere, ho già notato che lo hai ancora al polso» e sorride e Niall si sente vuotato di un peso, che ormai stava diventando insostenibile. «Megan, ho sempre trovato l'Irlanda il più bel posto al mondo e amo il mio lavoro, ma non sono a casa se tu non sei con me. Voglio solo ricominciare. Potremmo, se volessimo. Tu andrai a Berlino e io tornerò in tour, ma potremmo farcela e correrò da te ogni volta che avrò un istante libero per respirare, perché senza non posso farlo»
E l'erba ora solletica entrambi, perché sia Niall che Megan, adesso, sono stati scoperti e gli occhi della mora sono muti e meditano, stanchi di combattere una guerra che non ha più un avversario. E Niall comprende che Magan è di nuovo casa sua, quando le dita di questa stringo forte la sua mano e non le sembra più un matrimonio tanto male.
Non sanno come andrà a finire, se arriveranno al giorno successivo e lei ci avrà già ripensato, ma hanno deciso che per questa sera torneranno a casa e poi il resto si vedrà.
  
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