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Autore: merryluna    05/09/2008    4 recensioni
Si gettò tra le sue braccia e lo strinse con la stessa forza con cui lui la stava stringendo, non potendo far a meno di piangere per la gioia che il vetro e la strada che per nove mesi li avevano divisi non erano più tra loro.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'è forse anche più di quanto ci sia mai stato finora. O di quanto ci sia mai stato. C'è chi sa cosa intendo, chi potrebbe intuirlo, chi non ha e mai avrà idea di cosa stia blaterando. Ma c'è.
A te, perché sai che l'Uomo Chic è così per amore della scienza.

NINE MONTHS BEHIND A WINDOW
di Merryluna

~o0o~



Una sera come tante. Fuori, infuriava un temporale autunnale non dei più violenti, ma erano lo stesso poche le anime che osavano avventurarsi per strada. Grondante di pioggia, Hermione si chinò a fare una carezza a Grattastinchi che le era venuto incontro non appena aveva aperto la porta. Poggiò la cartella di pelle in terra, si sfilò con calma il soprabito e sciolse i capelli, scuotendo un po' la testa per farseli scendere lungo le spalle. Ad un suo gesto distratto, il fuoco prese a scoppiettare nel caminetto ed un leggero puzzo di fumo si diffuse nel salottino: evidentemente, Ron non era passato a sistemarle la canna fumaria neanche quel giorno.

Si sedette su una poltrona, accogliendo Grattastinchi sul suo grembo e fece levitare fino a sé la posta - babbana - della giornata. Storse il naso, dinnanzi all'ennesima pubblicità del centro dimagrante all'angolo e, per un momento, si chiese se Ginny non avesse avuto tutti i torti a stregare la buca delle lettere affinché risputasse fuori, nell'istante in cui vi venivano infilati, quei volantini, facendoli finire dritti in faccia al malcapitato postino: con ogni probabilità, quaranta centimetri di pergamena di leggi per la segretezza venivano infrante ogni volta che l'incantesimo s'attivava, ma l'essere la moglie del capo dell'ufficio degli Auror, doveva pur avere un qualche vantaggio.

Si chiese se il suo status di migliore amica del capo dell'ufficio degli Auror le riservasse un simile trattamento di indulgenza.

I miagolii del gatto, che ora si strusciava pigramente ai suoi piedi, attirarono la sua attenzione e si diresse in cucina per preparare la cena ad entrambi. Passando davanti alla vetrata, si fermò stupita: nell'appartamento, c'era una luce accesa. Quella dello studio, per precisione.

Era strana, quella situazione. Dentro si sé, aveva sempre avuto la consapevolezza che prima o poi quella casa sarebbe stata affittata a qualcun altro, ma fino a quella sera, non l'aveva mai realizzato fino in fondo. Ormai era quasi un anno che sul campanello del palazzo al di là della strada non c'erano più scritti i loro tre cognomi: per lei sola, quelle quattro mura racchiudevano troppo spazio e non aveva senso rimanere lì dentro, a convivere con i ricordi di...be', una vita. In fin dei conti, era dai tempi di Hogwarts che lei, Ron ed Harry vivevano quasi in simbiosi ed era normale che sarebbe arrivato il momento in cui ognuno avrebbe seguito la propria strada. Per Harry aveva significato lo sposarsi con Ginny, per Ron la convivenza con...chiuse gli occhi, giusto per non pensare a quella donna: Hermione si riteneva di mente aperta, propensa al perdono degli errori adolescenziali e tutto il resto, ma...Pansy! Merlino! Si trattava di Pansy Carlino Parkinson e Ron!

Ritornando a guardare, scorse una figura che si muoveva con grazia per la casa. Un uomo, forse. Ed al contrario di lei, adesso sembrava intento a servirsi la propria cena.

Sospirò e si apprestò a fare lo stesso.

~o0o~



Era cominciato per caso ed adesso, a distanza di un mese, era quasi un'abitudine passare del tempo davanti alla vetrata, a studiare i movimenti del ragazzo biondo che viveva a pochi metri da lei. Aveva tentato anche di provare ad incrociarlo per strada, facendo coincidere i propri tempi d'uscita di casa con quelli di lui, ma senza risultati: era come se lui non uscisse mai, ma era chiaro che, durante il giorno, non c'era. E con nonchalance, una domenica mattina, con la scusa di passare a trovare la sua vecchia portinaia, aveva anche tentato d'allungare gli occhi sul nome inserito nello spazio del campanello: con sua grande delusione, vi aveva trovato solo le iniziali.

Pochi giorni dopo, era in pigiama, tutta scarmigliata e stava leggendo il Profeta davanti alla vetrata, sorseggiando del caffè forte nella speranza che le consentisse di riprendersi dalla notte di bagordi della serata precedente. Fu allora che lo vide guardare in sua direzione: non era una semplice impressione. Stava fissando proprio lei.

Avvampò e lascio cadere il giornale, fiondandosi in camera da letto e tirando le tende, sebbene quella finestra, dava su un altro lato del palazzo.

~o0o~



In dicembre, si stupì del fatto che lui non avesse decorato l'appartamento a festa. Solo poco dopo aver concepito quel pensiero si ricordò che il proprio abete finto era ancora riposto nello sgabuzzino e che le luci erano state gettate via l'anno precedente, quando Leotordo vi si era impigliato e le aveva fatte rovinare tutte a terra, riducendole in condizioni pietose. Era corsa al supermercato più vicino e con un paio d'ore aveva fatto entrare il Natale in casa propria: la sera, aveva visto il ragazzo alzarsi dalla scrivania dello studio e spostarsi per prendere un qualcosa da una cassettiera, gettando uno sguardo distratto fuori dalla finestra. Sorrise, scorgendolo voltarsi nuovamente verso la finestra, mentre spalancava la bocca per la sorpresa di tutte quelle lucine colorate. Od almeno, lei lo immaginò: logicamente, non poteva cogliere le sue espressioni, ma per qualche motivo, da qualche tempo a quella parte, si divertiva a tirarle ad indovinare.

Il giorno della Vigilia, rientrando a casa dal lavoro, scoprì che le imposte dall'altra parte della strada erano state chiuse e le luci rimasero spente fino alla mattina dell'Epifania quando, affacciandosi, trovò le tapparelle alzate ed una ragazza in slip e reggiseno intenta a cucinare qualcosa: lo vide apparire in mutande poco dopo, mettersi dietro di lei e passarle le braccia intorno alla vita, chinandosi poi per baciarle dolcemente la nuca. Hermione non riuscì a resistere all'immagine di lei che gli porgeva le labbra e, presa da una gelosia immotivata ed invasa da uno sconforto inspiegabile, afferrò la bacchetta e si smaterializzò in lacrime a casa di Ginny, dove Harry l'abbracciò stretta, senza chiedergli spiegazioni e porgendole il proprio petto contro cui piangere.

Decise che non avrebbe più guardato fuori da quella finestra.

~o0o~



Fu Ron ad accorgersene. Stavano festeggiando il suo compleanno, nell'usuale festa a sorpresa che lei ed Harry si prendevano la briga di organizzargli tutti gli anni e, mentre si ingozzava con la propria porzione di torta, radunò una piccola folla di amici e familiari alla finestra. Ginny, uscendo dalla camera da letto e mollando al marito il piccolo James, ordinandogli di fargli fare il ruttino, chiese a gran voce cosa stessero guardando di tanto interessante e, Charlie, le spiegò che un tizio strano stava fissando da tempo l'interno dell'appartamento.

Hermione lasciò cadere in terra il proprio piatto e li invitò a togliersi di là, ricevendo indietro dei netti rifiuti: era diventata una lotta di resistenza e, l'unica che non voleva saperne di unirsi al gruppo, era lei.

Poi, con la fine della burrobirra, era finita anche la festa. Lei aveva sistemato tutto e, con la coda dell'occhio, aveva visto che lui era ancora lì: impiegò diversi minuti a decidersi ed alla fine, con passo malfermo, s'era avvicinata alla vetrata, poggiando una mano aperta sulla superficie liscia e fredda del vetro. Distinse l'ombra del suo braccio che si alzava, imitandola in quel gesto, ed immaginò le sue labbra distendersi in un sorriso.

Un'ora dopo, spense le luci e si ritirò nella propria stanza, in cuor suo sicura che lui, finalmente, stesse facendo altrettanto.

~o0o~



Accadde una sera di aprile: Hermione stava annaffiando alcune piante sul terrazzo e sentì delle urla di donna, seguite poi dalla voce forte di un uomo. Era la prima volta che lo sentiva parlare dopo tutti quegli anni e rimase sorpresa dal fatto che era un suono completamente diverso da quello che si era sempre ricordata. Una volta l'aveva persino sognato: era lei che gli preparava la colazione, lei che veniva abbracciata da dietro e che riceveva un bacio come ringraziamento per quell'alzataccia.

Si sedette in terra, a gambe incrociate e con i gomiti poggiati sulle ginocchia: abbassò gli occhi sulla strada sottostante, concentrandosi sul brusio del traffico e dei passanti, cercando invano di convincersi che avrebbe potuto trovare, intorno a lei, qualcosa di più interessante della discussione dall'altra parte della strada.

Provò quasi rabbia nel vedere che gli stessi passanti alzavano la testa verso l'appartamento che lei si sforzava di ignorare - e ne provò ancora di più quando ebbe la conferma che era il cane dell'inquilino del primo piano a sporcare sistematicamente gli scalini davanti al palazzo: alla riunione di condominio prevista da lì ad una settimana, avrebbe fatto fuoco e fiamme. Solo il fatto che, dato il suo passato, doveva essere di esempio per la comunità magica le impediva di lanciargli una fattura all'istante.

Annaffiatoio a forma di elefantino - regalo di un paio di Natali prima di Luna Lovegood - alla mano, si rialzò in piedi e rientrò in casa per riempirlo nuovamente. Lo sguardo posato sulle piastrelle della parete della cucina, Hermione ponderò che doveva ancora decidere se le risultava più inutile quel coso, dalla capacità pressoché inesistente, o la carta da lettere intestata - agli estratti di gelsomino - che Pansy si era premurata di farle avere il giorno in cui, raccapricciata, aveva scoperto che la sua nuova amica ne era sprovvista: rimaneva un mistero il perché quella ragazza si fosse intestardita sul fatto che dovessero legare a tutti i costi, dato il suo rapporto con il suo migliore amico - ed era stato un miracolo se Theodore Nott, dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, non fosse morto per shock anafilattico, aprendo una sua missiva, essendo allergico a quella pianta.

L'elefantino stava trasbordando e, nonostante i miagolii impazienti di Grattastinchi, Hermione non sembrava minimamente intenzionata a chiudere il rubinetto.

Pansy.

Pansy e la sua carta intestata.

Pansy e lo shopping selvaggio del ventotto del mese, le riviste di gossip nelle interminabili ore passate dal parrucchiere ed i suoi odiosi consigli non richiesti.

L'aveva messa in guardia.

Un mesetto prima, tra la corrispondenza e le note dei colleghi del Ministero, aveva ricevuto un suo biglietto in cui le chiedeva urgentemente di incontrarla assieme a Ginny: Hermione aveva sbuffato temendo che l'urgenza fosse dovuta al colore delle tende nuove che la quasi signora Weasley aveva ordinato la settimana prima.

Lo scoprire che il meeting fosse incentrato su di lei e sull'inquilino del palazzo di fronte, la lasciò di sasso.

Ron, anima pia, aveva raccontato alla sua dolce metà tutto quello che era accaduto durante la propria festa di compleanno, non dimenticandosi di citare nemmeno il simpatico siparietto con il tizio strano avvenuto davanti alla finestra. A quel punto del resoconto, Pansy aveva divagato soffermandosi con dovizia di particolari raccapriccianti sul caso urgente che l'aveva trattenuta al San Mungo, facendole perdere la cena a casa di Hermione - e compromettendo irrimediabilmente, per il resto della giornata, l'appetito delle sue amiche.

Era stato un colpetto di tosse della cognata a riportarla al discorso originale.

Pansy aveva afferrato un omino di zenzero e lo aveva decapitato con decisione, chiedendole, senza ulteriori preamboli, se fosse stata a conoscenza del nome del ragazzo che da sei mesi era l'affittuario del suo vecchio appartamento: Hermione aveva studiato per qualche secondo il delicato ricamo della tovaglietta color senape del loro tavolo e, quando aveva risposto, aveva scoperto che, ancora più difficile del pronunciare quel nome, era il reggere lo sguardo di biasimo delle due donne di fronte a lei.

Biasimo per cosa? Ancora faticava a comprenderlo, sebbene Pansy e Ginny si fossero impegnate a fondo per spiegarle tutto ciò che di sbagliato c'era in quella che lei si ostinava ad etichettare come amicizia.

Dalla proboscide dell'elefantino, ormai non usciva più acqua da un pezzo, ma lei era ancora lì, china sui suoi vasi, tentando di cogliere sprazzi di conversazione al di sopra del rumore del traffico della strada sottostante, senza grandi risultati: aveva rinunciato al suo proposito di non prestar loro attenzione e, dal poco che poteva capire, sembrava che la ragazza che, in gennaio, cucinava in mutande, si stesse imbarcando in un discorso a lei familiare: un qualcosa già sentito ed a cui Hermione diventava sempre più insofferente.

Buffo.

Poi, dopo non troppo tempo, avvertì il rumore inconfondibile di una smaterializzazione e seppe che lui era rimasto solo.

Si tirò in piedi e lui infatti era lì, le mani strette sulla pietra del davanzale e gli occhi su di lei.

Non riuscì a ricostruire la sua espressione e, con orrore, lo vide spostare una mano e poi impugnare la bacchetta: fece segno di no con la testa e rientrò in casa, lasciandosi cadere su una poltrona che dava le spalle alla vetrata.

~o0o~



Cominciò a scrivergli delle lettere.

Inizialmente era stato per scherzo: era a lavoro e non aveva intenzione di stendere un rapporto al posto di Barbara Brick, così aveva finto d'essere impegnata, per scoraggiarla dal chiederle quel piacere e per evitarsi di dover risultare sgarbata rifiutando. Sapeva di aver la ragione dalla sua visto che, nell'ultimo mese, aveva svolto per ben tre volte un lavoro che non era suo, ma, per la sua indole finiva sempre per farsi incastrare in un modo o nell'altro. Così, avvertendo nell'aria i segni di una richiesta indesiderata, aveva preso pergamena, penna e calamaio ed aveva cominciato a scrivere. Il destinatario le era venuto spontaneo ed aveva preso a parlargli del tempo, del fatto che adorava la primavera, gli alberi fioriti e gli scoiattoli che si rincorrevano sugli alberi del parco accanto casa loro, proprio come se fosse una conversazione leggera tra due amici di vecchia data.

Con il tempo, aveva ritagliato del tempo durante la giornata, accorciando la sua pausa pranzo, per poter scrivere una lettera al giorno - che si premurava di ridurre in tante minuscole striscioline e di dar loro fuoco, prima di staccare dal lavoro. Gli chiedeva del suo lavoro, gli parlava - senza rancore - dei ricordi che serbava dei tempi di Hogwarts e domandava spesso se fosse riuscito a sistemare un asse del parquet che continuava a sollevarsi, nonostante tutti gli incantesimi che lei aveva provato per aggiustarlo, nel corso degli anni. E quando ritornava a casa, lui era davanti alla finestra ad aspettarla e lei, con uno sguardo che non poteva raggiungerlo, cercava di trasmettergli tutte le parole che l'inchiostro aveva impresso sulla carta che lei stessa aveva ridotto in cenere.

~o0o~



Il cinque giugno Hermione si era alzata presto: aveva passato tutte le sue pause pranzo dell'ultima settimana in biblioteca, in cerca della una ricetta per una buona torta e si era ridotta a scrivere e distruggere pergamene durante la notte. Alla fine, aveva optato per un qualcosa di semplice, una banale zuppa inglese, ed aveva fatto diversi schizzi su carta per come inserire le decorazioni: scelta scontata, ma si era procurata dei nastri argentati da sistemare attorno al piatto e si era impegnata nel creare arzigogoli verdi che si distinguessero al di sopra della panna, con cui aveva ricoperto il dolce.

Quando, sporca di farina e con il grembiule macchiato dal liquore, si era fermata a contemplare la sua piccola opera, aveva guardato speranzosa Grattastinchi, che si era esibito in uno stiracchiamento da manuale ed aveva miagolato il suo assenso.
Soddisfatta, era passata davanti alla vetrata e, nonostante fossero le dieci passate, lui era lì: doveva essersi preso anche lui un giorno di ferie, si disse.

Sorrise.

Lui alzò una mano in segno di saluto e lei ricambiò: un piccolo rituale per l'augurarsi il buongiorno che era nato tra loro qualche tempo prima. A quel punto, di solito, apparivano due bicchieri di succo di zucca nelle loro mani, e si apprestavano a fare, insieme, una colazione veloce prima di uscire di casa: quella mattina, però, la normale routine era stata spezzata da quel giorno di ferie che entrambi si erano riservati. Incerta, lo vide farle segno di aspettare e poi sparì dalla sua vista, per riapparire in strada ed imprecare contro un automobilista indisciplinato che stava per falciarlo, sebbene fosse sulle strisce pedonali. Hermione rise, e cominciò a sentire il proprio cuore batterle veloce nel petto.

Non le avrebbe citofonato per farsi aprire il portone del palazzo, ne era sicura: l'alohomora, era l'incantesimo più versatile che un mago aveva a disposizione in situazioni di quel genere - sebbene non fossero molti i maghi che vivevano situazioni proprio di quel genere.

Il rumore dell'ascensore che veniva richiamato: non si chiese neanche quando e perché lui, fra i tanti, avesse deciso di affittare un appartamento in un quartiere babbano ed avesse imparato a vivere come tale. Non si chiese neanche perché stesse accadendo tutto quello e come si fosse potuti arrivare, a tutto quello: non era passato poi così tanto tempo dalla sera in cui aveva scoperto che, nel suo vecchio appartamento, c'era una luce accesa.

Nel momento in cui suonò il campanello, Hermione trattenne il fiato: in un certo qual modo, sapeva già chi si trovava dall'altra parte della porta. Ma del resto, non aveva idea di chi lui fosse veramente diventato: conosceva le sue abitudini, la sua marca d'acqua minerale preferita e sapeva che la sua ex-fidanzata gli aveva urlato contro di aver perso la testa per qualcuno che esisteva solo nella sua mente. E che lui le aveva risposto che non poteva capire.

Lei invece...lei poteva capire.

Si pulì nervosamente le mani sul grembiule ed abbassò la maniglia, sentendosi incredibilmente ridicola a stare davanti a Draco Malfoy, conciata a quel modo.

Gratta e netta” sussurrò lui, distendendo le labbra in un caldo sorriso che nulla aveva a che vedere con quello che lei si era immaginata nel corso dei mesi - una mera brutta copia quella che aleggiava nella sua mente, dovette riconoscere, osservando la piega della sua bocca ed i suoi denti candidi.

Si gettò tra le sue braccia e lo strinse con la stessa forza con cui lui la stava stringendo, non potendo far a meno di piangere per la gioia che il vetro e la strada che per nove mesi li avevano divisi non erano più tra loro.

~o0o~The End~o0o~



Un grazie a Kit_05, che ha sempre così tanta voglia di lavorare ed ha dovuto sopportare anche questa betatura. Ed un grazie alla notte bianca più brutta di tutti i tempi, alla quale sono arrivata in ritardo, così da ritrovarmi a pensare a questa fanfiction.

(I personaggi di Harry Potter sono di J.K.Rowling e non m'appartengono in alcun modo. Come - purtroppo - non m'appartiene l'annaffiatoio a forma d'elefantino.)
  
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