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Autore: Joy27_    24/07/2014    0 recensioni
Samanta Chiatti, o Shay, si trasferisce a Londra per studiare alla Weyman Academy per specializzarsi nel disegno. Incontrerà persone fantastiche, con le quali scoprirà il vero valore dell'amicizia, che aveva sempre escluso e messo all'ultimo posto. Conoscerà Jase Jonhson, che ritiene di averlo già conosciuto. Tra loro si instaurerà una profonda alchimia. Non mancano persone come Travis Truman o Kimberly Keffer, i più popolari della scuola ma insopportabili, ad ostacolare Shay. Nel corso degli eventi, Shay verrà a sapere cose che la lasceranno senza fiato e di fronte a ciò, dovrà rivedere il suo ruolo.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Weyman Academy
 
Il mio sogno stava iniziando a realizzarsi. Finalmente ero arrivata a Londra dove avrei frequentato la Weyman Academy, una delle accademie più prestigiose di Londra per la specializzazione nel disegno. Il disegno era stato da sempre la mia più grande passione, coltivata all’età di otto anni e portata con successo fino ai miei quasi diciannove anni. Avevo frequentato le elementari, le medie e il liceo a Roma. Grazie a un amico di famiglia, il cui cugino lavorava come professore all’accademia, avevo avuto la possibilità di entrarci. Fu versato sudore per convincere il preside, ma ne era valsa la pena.
 
Era mercoledì 15 ottobre. Il meteo aveva messo nuvoloso: nuvole grigissime, dense di pioggia, oscuravano ogni cosa. Mi trovavo di fronte ai cancelli della Weyman Academy, che si sarebbero aperti alle nove in punto. La puntualità era il mio forte, per fortuna. Mi sentivo nervosissima, le gambe mi tremavano e il cuore mi batteva all’impazzata. Mi scostai una ciocca nera dei capelli che mi era finita di fronte agli occhi, e mi guardai intorno. C’erano tantissimi gruppi di ragazzi e ragazze che parlavano tra di loro e sembravano tranquilli. Non capii niente di quello che dicevano, anche se adoravo la lingua inglese. Al liceo ero uscita con il dieci, ma solamente grazie al fatto che dovevo imparare a memoria la vita degli autori inglesi, ripeterli alla professoressa e il voto era assicurato. Ciò che più mi premeva era di imparare a fare conversazione: volevo poter capire ciò che mi diceva un inglese e poter rispondere tranquillamente. 
 
Guardai l’orologio al polso, nervosa. Erano le 8.55. L’ansia mi salì alle stelle e pensai che quei cinque minuti non sarebbero mai volati. Mi guardai il tatuaggio che avevo all’interno del polso destro: una stella a cinque punte con i contorni neri e qualche sprazzo di bianco per dare luce. Ci passai sopra il pollice. Quella stella simboleggiava i mie sogni, i miei obiettivi e i miei desideri che volevo realizzare. Per me quella stella simboleggiava anche la speranza.
 
L’orologio dell’accademia, appeso in bella mostra sulla parte alta della facciata principale, rintoccò le nove. I cancelli si aprirono automaticamente. I ragazzi smisero di parlare e si diressero in fretta e furia davanti l’entrata. Mi sentii spintonare di qua e di là, persi l’equilibrio, ma qualcuno mi afferrò il braccio e mi aiutò a rimettermi in piedi. Scossi la testa e poi l’alzai.
Un ragazzo dai lineamenti orientali particolarmente affascinanti mi sorrise. Aveva la pelle bianca come il latte, che contrastava nettamente con i suoi capelli e i suoi occhi scuri.
“Tutto apposto?” mi chiese gentilmente il ragazzo.
Io ero sempre stata timida, soprattutto con gli sconosciuti. Facevo fatica ad aprirmi alle persone, ad allacciare un dialogo e a mostrare quanto potevo essere socievole. Solo una volta rotto il ghiaccio, potevo mostrare chi ero veramente.
“Ehm… sì, io sto b-bene”, balbettai.
“Sei nuova, vero?”
“S-si…”
Come faceva a capire la mia lingua?
“Ti capisco. Anch’io, come te, stavo per avere una ridicola morte: ragazzo morto il suo primo giorno alla Weyman Academy a causa di ragazzi indemoniati che lo calpestarono”, disse in modo enfatico, gli occhi rivolti verso un punto indefinito.
Feci una piccola risata.
“Ti ho fatto ridere! Punto per me.” Il ragazzo era molto simpatico, e mi trovai subito a mio agio.
“S-scusa, potresti mollarmi il braccio?” chiesi gentilmente.
“Si, scusami! Mi sfugge il tuo nome…”
“Mi chiamo Samanta Chiatti, ma tutti mi chiamano Shay.” Allungai la mano destra. “Piacere.”
“Piacere mio, Shay. Io sono Masahiro Kosami, ma puoi chiamarmi semplicemente Hiro.” La voce del ragazzo era molto calorosa.
“Come fai a conoscere alla perfezione la mia lingua?”
“Ho studiato per un po’ di anni in Italia. Da dove vieni tu?”
“Roma. Tu?”
“Sono originario del Giappone. Mi sono trasferito qui con la mia famiglia per motivi di lavoro. Lasciamo le conoscenze a dopo, siamo in ritardo! Tu che corso hai scelto?”
“Fumetto. Tu?”
“Illustrazione, ma sto al secondo anno. Ti posso mostrare l’aula, poi pensi tu al resto.”
“Grazie, sei molto gentile.”
Io e Hiro c’incamminammo verso l’ingresso principale. Ero molto contenta di aver già trovato una persona con cui passare una lunga mattina, e speravo di diventare sua amica.
 
I corsi si svolgevano tre volte alla settimana per tre ore. Nel corso che avevo preso ci furono principalmente le presentazioni. Il professore si chiamava Luca Seriale. Mi stupii che avevo un professore italiano! L’uomo aveva forse trentacinquenne anni, utilizzava parole semplici per farsi capire ed elencò le varie cose che si faceva durante il suo corso. Esteticamente, era molto alto, forse un metro e novanta, aveva i capelli castano chiari lisciati indietro col gel e dei bellissimi occhi azzurri penetranti. Il professore esaminò i disegni dei vari studenti, e nel suo volto vedevo lo stupore e l’orgoglio del suo lavoro.
Il professore venne verso di me. “Vedo che disegni spesso il personaggio di Batman, signorina…”
“ Mi chiamo Samanta Chiatti. Si, adoro molto Batman. Ho vari fumetti su di lui che conservo splendidamente nella mia libreria.”
“In quale casa editrice vorresti lavorare?”
“Marvel o DC Comics. Mi vanno bene entrambe.”
Il professore annuì mentre guardava attentamente altri miei disegni.
La mattinata passò velocemente tra risate e chiacchiere.
 
Era giunta l’ora di pranzo. Gli studenti potevano o tornare nei loro appartamenti in affitto, oppure pranzare nel giardino dell’accademia. Io scelsi di rimanere in accademia e studiare accuratamente il giardino. Mi piaceva stare a contatto con la natura. Mi sedetti su una panchina vuota, sotto a una querce. Il giardino si trovava proprio di fronte alla facciata principale, così potei studiare meglio anche l’edificio. Sentii girare voci che l’accademia era stata costruita sulle rovine di un palazzo medioevale, doveva viveva una nobile famiglia. La figlia di questa era stata posseduta dal demonio, che le ordinò di ammazzare i genitori e il fratellino di tre anni. Si vociferava che erano stati avvistati fantasmi, passi, gridi o richiami. Mi vennero brividi di paura, ma ero un’amante dell’ horror, del soprannaturale e mi vedevo programmi come Cacciatori di fantasmi.
Liquidai il pensiero, e mi studiai l’accademia. Era un grande edifico rettangolare, con le pareti di un marrone molto chiaro che si sposava perfettamente con il verde del giardino. Oltre l’accademia, si estendeva la campagna inglese. Pensai che di notte poteva mettere i brividi.
 
Passai il pomeriggio in accademia, rinchiusa in un’aula a leggere dei fumetti. Ero sola in quella stanza, dalle pareti bianche, ma impreziosite da quadri recanti delle illustrazioni di natura. Non mi trovavo a mio agio. Una delle mie paure era quella della solitudine. Mi sentivo lontana dal mondo reale. In passato, avevo avuto “amici” che mi allontanarono e mi avevano rifiutato. Non capii mai il perché. Quella paura la portai per tutti i cinque anni del liceo, e non volevo subirla ora che mi trovavo in accademia.
C’era molto silenzio, che venne rotto da dei passi. Erano leggeri.
“E’ questa l’aula per stare in santa pace?” Era una ragazza che stava parlando a qualcuno. Aveva una voce molto dolce. “Si” rispose qualcuno, forse un professore.
La ragazza entrò e subito mi colpì il suo fascino. Era forse alta quanto a me, aveva dei bellissimi capelli biondo carota, liscissimi, che arrivavano fino al suo seno. Il suo colore dei capelli le faceva risaltare gli occhi azzurrissimi, profondi e grandi. Indossava una camicetta blu scura che aderiva perfettamente al suo fisico magro; un paio di jeans e degli anfibi neri. Fece un balzo quando mi guardò.
“Oh, non sapevo ci fosse qualcuno.” Era ironica.
“Io pensavo di restare sola tutto il pomeriggio”, dissi con un nodo alla gola per la timidezza. Non sopportavo più questa parte del mio carattere: dovevo disintegrarla, eliminarla per sempre dalla mia vita. Mi distruggeva dentro.
“Posso sedermi accanto a te?” mi chiese la ragazza.
“Certo.” Tutti in quest’accademia parlano l’italiano?, pensai.
“Mi chiamo Lucy Rebel. Piacere.” Allungò la mano destra. Feci lo stesso anch’io. “Io sono Samanta Chiatti, ma puoi chiamarmi Shay.” La sua pelle era liscia come quella di un bambino. La sua mano era impreziosita da unghie laccate di smalto azzurro.
Io e Lucy chiacchierammo tutto il tempo. Avevamo scoperto molte cose in comune: avevamo l’amore per gli animali ed eravamo ossessionate dai fumetti. Vidi i suoi disegni ed erano spettacolari. Disegnava creature fantastiche come fate, sirene, elfi e tanti altri. Intuii che forse le piaceva la saga del Signore degli Anelli di Tolkien.
Ormai si era fatta sera e mi dispiaceva tornare al mio appartamento. Qui a Londra si ha un’ora indietro. Erano le 18, quindi in Italia sarebbero state le 19. Salutai tristemente Lucy perché volevo continuare a parlare con lei, ma l’avrei rivista ogni giorno.
 
L’accademia non distava tanto da dove abitavo. Avevo preso in affitto un appartamento per studenti. Lo condividevo con una ragazza con la quale non avevo ancora fatto conoscenza. Mi ci vollero dieci minuti per arrivare. Avevo temuto di incontrare uno zombie! A tenermi compagnia ci furono il mio iPod e la mia musica dance. Camminavo tranquillamente quando, all’improvviso, qualcuno mi venne addosso. Era un ragazzo che stava andando a passo veloce.
“Ehi!” gli urlai.
“Che c’è?” disse con tono maleducato. Che strafottenza!
“Almeno chiedi scusa. Non vedi la gente davanti?”
“Ci sei solo tu.”
Che domanda stupida avevo fatto.
Lo guardai in faccia e il cuore mi si bloccò. Quel ragazzo mi sembrava di conoscerlo. Era vestito tutto scuro, da capo a piedi. Indossava una felpa pesante con un cappuccio che gli copriva quasi tutta la testa. Riuscì a intravedere, attraverso la luce debole dei lampioni, la sua pelle pallida e i suoi occhi marroni.
Lui sgranò gli occhi, come se non avesse mai visto una ragazza in vita sua.
Bisbigliò qualcosa, ma non riuscì a capire.
Mi sembrava che avesse pronunciato il mio nome.
 
 
Note d’autrice:
ho rifatto una saga fantasy, piuttosto un paranormal romance: cioè il fulcro è una storia d’amore, ma tantissimi ostacoli ci saranno sulla strada per impedire ai personaggi di vivere la loro vita amorosa, e con l’aggiunta di creature soprannaturali XD
Sto leggendo libri del nuovo filone letterario del New Adult, e mi è venuta voglia di scrivere una storia di questo genere mischiata al fantasy ^^
Spero che gradiate questo primo capitolo, e non vedo l’ora di postare gli altri.
Datemi una vostra opinione. Insomma, se vale la pena continuare.
A presto :D
  
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