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Autore: terrastoria    05/09/2008    5 recensioni
"Lo amo"
"Nonostante tutto?"
"Nonostante tutto"
[Sasuke- Sakura]
Fan fic partecipante al contest sulla drammaticità indetto da rollytoo.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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 “Lo amo”

“Nonostante tutto?”

“Nonostante tutto”

 

[Sakura- Sasuke]

 

 

 

Shadows on the moon

 

 

 

Camminavano fianco a fianco su grigi marciapiedi di una rumorosa cittadina: nessuno dei due parlava, andava avanti così da mezz’ora. Il teso silenzio fra loro era intervallato da certi sbuffi irritati di lui o da colpetti forzati di tosse di lei. Le loro mani quasi si sfioravano, soltanto qualche istante prima le loro dita si sarebbero intrecciate, sempre su decisione femminile, ma ora, neanche parlarne.

I capelli della ragazza ondeggiavano profumati sulle sue minute spalle: ciuffi rosa sul cappotto rosso; spesso li muoveva nervosamente, cercando di occupare il tempo opprimente in altro modo che unicamente in quel camminare estenuante. Spesso lo guardava con la coda dell’occhio, rintracciava il volto di quell’uomo, irrigidito dal freddo e da un’espressione severa e implicitamente dolorante e il suo cuore saltava un battito, le sue labbra si schiudevano, si curvavano, per poi tornare a serrarsi bruscamente.

 

 

Stavano per giungere alle mani, lo sentiva.

Non sopportava più la vista di quel combattimento a parole fra due uomini così maledettamente simili.

Erano fratelli, dannazione! Perché tutto quell’odio?

Non era naturale…

…no…

“Basta!”

Si era slanciata in mezzo ai due: aveva chiesto scusa col capo ad Itachi e, con tutta la forza che possedeva, aveva tirato da parte Sasuke, il suo ragazzo.

“Come ti permetti?”

“Lui non ti…detesta”

“Ah sì? E’ stato lui a spingere papà al suicidio, a furia di tormentarlo con i dispiaceri”

“Lo sai che…”

“Zitta! Non osare pronunciare altro. Non sai nulla, sciocca donna. Nulla”

La strattonò forte, per un braccio, e infine la scostò gelidamente, precipitandosi alla porta.

Non le restò che seguirlo, accompagnata all’uscita da Itachi che le sorrise debolmente, triste.

 

 

 

 

Il semaforo cambiò in rosso, lui fece una smorfia, prima di fermarsi alla destra di lei e chiudersi in sé stesso, perdendosi a fissare il vuoto.

Faceva finta che non ci fosse. Una statua scura vicino ad una donna bellissima.

Aprì e richiuse la bocca sottile e rossa, più volte incapace di dar suono alle parole. Trattenne il fiato e, delicatamente, tese il braccio verso l’uomo, andando ad afferrarne la manica del giubbotto; mentre la tirava alzò il capo e i suoi occhi verdi risplenderono nella notte, di timore ed improvvisa eccitazione, alla ricerca delle sue iridi scure.

“Che c’è?”

Con le dita dalle unghie curate strinse forte, tirò forte, d’impulso, la manica nera.

Non sapeva nemmeno lei il perché. Tutto fuorché l’insensata stasi.

“Sasuke…” La sua limpida voce non era mai suonata tanto implorante; un vecchio si girò da essa richiamato: il grinzoso viso s’increspò alla compassione.

E tornò il verde.

 

Il vecchio li lasciò soli avviandosi dall’altra parte della strada; inosservato e pensieroso non osò girarsi: conosceva fin troppo gli uomini.

“Vuoi insistere?”

Una brezza gelida la scosse in profondità: il naturale tremolio del corpo fu solo una minima manifestazione esterna in confronto al tramestio interiore. I pensieri si susseguivano confusi come le emozioni che il vento non riusciva a portare altrove.

La rabbia lecita era sopraffatta dal timore, il timore era mescolato ad amarezza, l’amarezza sottostava all’amore. Perché l’amava tantissimo, nonostante tutto, come succede al cane ferito dal padrone.

Tese anche l’altro braccio, l’alzò piano: desiderava carezzare il volto del suo uomo, quelle guance candide si prestavano solo al suo tocco.

Voci sempre più vicine, di gente in attesa di attraversare la strada.

 

“Non odiarmi perché non lo odio”

“Sei noiosa, Sakura, noiosa”

Indugiò occhi negli occhioni spauriti di lei,nel volto la sua carezza, nei sensi il profumo dei fiori di ciliegio. Riuscì a pensare solamente al verde di quelle iridi, a quel contatto tiepido- d’altronde lui era un pezzo di ghiaccio-a quell’odore- pericolosamente inebriante- prima di ricominciare il frenetico ragionamento rabbioso, folle,cattivo. Prima che fosse troppo tardi: avrebbe potuto sciogliersi, cullato dai Sakura. E invece…voltò le spalle al paradiso, non senza un quasi impercettibile sorriso- assurdo, dolorosamente stonante quel curvarsi di labbra- e allontanò la donna che l’aveva fatto il centro dell’universo;l’unica capace di infondergli la voglia di amare e accentuare però assieme quella fastidiosa di odiare.

“Perché?”

“Sei proprio una seccatura”

 

Scattò il verde. La gente si fiondò dall’altra parte della strada, sotto i portici della salvezza; rimase quella che pareva una bella coppia, davanti al semaforo rosso e alle vetture in momentanea stasi.

Alcuni individui osservavano proprio loro due [la donna e l’uomo splendidi], coi nasi appiccati ai finestrini a formare l’inconfondibile alone: stavano per vestire il duro ruolo di spettatori impotenti e commossi.

 

“Non mi lascerai mai, vero?”

“E basta…”

“Ti prego, rispondimi”

“Umfh”

“Resterai sempre al mio fianco?”

“…”

“Sì?”

“S ì”

“Grazie”

“Ora però fine dell’interrogatorio, okei?

“Beccato! Come sei carino quando t’imbarazzi…”

“Sakura!”

 

Il loro non era mai stato un rapporto come gli altri; scegliendo lui, lei coscientemente era andata in contro ad un’esistenza complicata, senza alcuna possibile via d’uscita. Ma d’altronde solamente una donna quale lei era poteva illuminare l’oscurità e non essere da essa completamente spenta, per così tanto tempo. Cinque anni.

Non aveva mia cercato il principe azzurro né la frivola felicità. Tutto quel che aveva sempre desiderato aveva nome Sasuke.

Non era facile amarlo; ma se lo fosse stato il piacere sicuramente sarebbe divenuto minore. Il prezzo da pagare per il capriccio di possederlo era un lento ed altalenante filo di malinconia: perché ai momenti belli, puri, seguivano attimi cupi, nei quali i primi erano rimpianti disperatamente.

Non vi era mai stato equilibrio; il nero vinceva spesso i colori pastello.

Di certo ora era tornata la notte: - dov’era la luna? Sakura alzò la testa d’impulso, scrutando la volta blu ricamata da nuvole e qualche solitaria stella; e poi la vide, una falce al di sotto di una tendina di ombre che ne filtravano la lattea luce: uno spettacolo tanto pericolosamente affascinate quanto magnificamente inquietante.

Cosa significava?

D’istinto portò le mani giunte al cuore e lo sguardo sull’uomo; notò che le aveva voltato le spalle.

 

“Ti vuole uccidere, Itachi”

“Lo so. Ma non permetterò che si rovini l’esistenza”

“Devi lottare, devi dimostrargli che…”

“Shh…devo semplicemente darci un taglio”

 

 

“Ascoltami”

Sasuke, che aveva cominciato ad avanzare, si bloccò.

“Itachi vuole morire”

“Ah sì? Ho strada libera quindi”

La distanza che da lui la separava aumentò precipitosamente; nell’atto di slanciasi per inseguirlo perse la borsetta rossa la quale cadde a terra con un tonfo sordo, portandosi dietro, riposte in un reparto del taccuino, le foto più care che aveva: lei e lui in primo piano, intenti a baciarsi, e lui in tutta la sua essenza. Frammenti che non abbandonava mai.

Cosa significava?

 

“E’ tutto sbagliato”

Lo raggiunse in mezzo alla strada.

“Ma tu non puoi proprio stare zitta?”

Sakura lo vide voltarsi, fissare qualcosa davanti a lui, spalancare e assottigliare repentinamente gli occhi, lanciarle un’occhiata impaurita- non da lui- e lo sentì addosso: la strinse talmente forte da toglierle piacevolmente il respiro.

“Sciocca…vuoi morire?”

 

Furono le ultime parole che udì, prima d’essere spinta via, dallo stesso Sasuke, prima d’essere accecata dalla luce, assordata dal rumore, soprafatta dal dolore.

Era tutto sbagliato, sotto una luna piena d’ombre ed ogni cosa era destinata a non essere mai più la stessa.

 

***

 

 

“Sakura…Sakura ti prego…”

Un biondino piangeva silenzioso, le mani coprivano il volto sconvolto, non provavano nemmeno a mandare via le tante lacrime; se ne stava chino su di un letto d’ospedale, sulla prima donna al mondo conosciuta, amata, ora dormiente da troppi giorni in quel rinomato ospedale.

In una notte gli era cambiata l’esistenza: il suo unico migliore amico era morto in un incidente, la sua migliore amica si trovava nel limbo. E pensare che l’indomani avrebbe dovuto vederli….

Le spalle magre si alzavano ed abbassavano al ritmo del pianto, le stesse spalle che, robuste, avevano tenuto la giovane Sakura tante volte, per divertimento o perché essa si era storta una caviglia.

In corpo scorrevano la rabbia, l’insensato dolore ed un sentimento dissonante: la speranza. Fortunatamente- assurda parola- si trattava di lui, se fosse stato un altro, nella sua situazione, non si sarebbe più retto in piedi.

Lottava con lei, questa era la sua forza: aveva sempre combattuto per un destino.

 

Erano giorni che mangiava poco o nulla, del suo antico splendore rimaneva un leggero bagliore, in tutta quella magrezza e stanchezza.

Inizialmente s’era trovato pieno di cose da fare, organizzare, disfare: i riconoscimenti – Itachi si era suicidato – i funerali, l’andare e venire dall’ospedale, il parlare con i medici, con centinaia di persone gentili, il ringraziare, chiedere…fino a quando era rimasto solo, Sakura in una specie di coma dovuto allo shock, a passare giorno e notte in sale d’attesa o in una stanza piccola e disinfettata.

La sera del destino stava osservando la luna: si era chiesto cosa potesse significare tale spettacolo… Tutto sbagliato.

 

“Per alcune persone la felicità sono rari attimi”

“Non è da te il pessimismo, Saku”

“Non è pessimismo, è realtà”

 

Aveva sempre ragione lei, la ragazza ostinata che si era innamorata del pericolo- e che razza di pericolo…- i primi giorni che si era messa con l’uchiha aveva cercato di metterla in guardia da chissà cosa- il moro non gli ispirava. Gelosia?- volendo partecipare ad ogni appuntamento- il suo cane da guardia. Il migliore- poi però si era affezionato, aveva cominciato a voler bene a Sasuke, di contro ad ogni aspettativa. E ne era diventato amico, accettandolo a cuore aperto.

Ma quando vedeva la sua Sakura soffrire d’amore andava nel loro appartamento e sbraitava fino a che aveva fiato, mettendo l’Uchiha più volte in guardia, come un padre troppo apprensivo.

Se non avesse rispettato talmente tanto l’orgoglio di Sasuke, avrebbe di certo risolto di persona i suoi problemi con Itachi. – Avrebbe fatto solo che bene- si diceva- se solo l’avesse fatto…- si rimproverava, battendo il pugno sul comodino bianco dell’ospedale- se…-.

Un’infermiera minuta dai grandi occhi chiari entrò e cambiò la flebo, il nutrimento.

Naruto ne osservò i movimenti calmi e precisi, desiderando per un attimo di essere come lei, intensamente posato e riflessivo.

“Ha bisogno di qualcosa, signor Uzumaki?”

“Signor… no, no. Ha notizie?”

L’infermiera posò su di lui il suo fisso sguardo, tingendo il volto ad un’apprensiva dolcezza.

“Non più di lei. Ma…si sveglierà. Non so spiegarle come, perché, è una certezza interiore. Le parlo da individuo, non da medico. E poi…non potrà restare ancora a lungo senza una persona come lei…”

Possibile tanta gentilezza? Se tutti fossero stati come quella donna….

Fu lasciato nuovamente solo.

 

 

I pensieri che fino a quel momento il suo inconscio aveva scacciato si radicarono nella sua mente, infondendogli una pesante angoscia: e dopo? Quando si fosse svegliata? Avrebbe dovuto affrontare qualcosa che gli sembrava troppo grande, troppo brutta. Un attimo si vedeva capace, l’attimo dopo- insolitamente- si chiedeva come avrebbe trovato la forza necessaria.

Si alzò dolorante, erano due ore che si trovava seduto sulla scomoda sedia a disposizione, più di ciò che avrebbe potuto, (ma d’altronde nessuno aveva il coraggio di mandarlo via) e si diresse traballante alla finestra. Non vi erano tende, il vetro rifletteva nient’altro che la sua spenta ed arruffata immagine: gli diede fastidio.

Aveva bisogno d’aria e la luna, la luna dov’era finita? Aprì la finestra, noncurante del divieto e posò i gomiti sul davanzale, reggendo il viso fra le mani.

L’aria era fresca, lo scalfì cogliendolo di sorpresa: erano giorni che non metteva il naso fuori di lì; c’erano le stelle e la luna, quest’ultima regnava circondata da ombre nere. Proprio come tre settimane addietro- non era cambiato niente? - s’illuse alla domanda- niente?

Era bella, la luna ricoperta da sottili nuvole; Dio se lo era…una bellezza dolorosa.

Lontano giunse il rumore di una frenata; sobbalzò come se si trovasse in strada.

Non era cambiato niente…in cielo.

 

“Lo amo”

“Nonostante tutto?”

“Nonostante tutto”

 

 

Lei avrebbe aperto gli occhi, lui ne avrebbe rivisto le iridi verdi; avrebbe pronunciato il suo nome – dell’Uchiha- si sarebbe spaventata, invasa dai ricordi: non lo avrebbe riconosciuto subito.

L’avrebbe chiamata, le avrebbe preso le mani nelle sue, bagnandole di lacrime.

- Naruto…- Sakura l’avrebbe individuato nella luce e poi, inesorabilmente, avrebbe chiesto con gli occhi spiegazioni. A quel punto avrebbe scosso il capo, lui, mormorando che gli rimaneva unicamente lei. Avrebbe serrato labbra e pugni per non morire davanti alla sua reazione, al muto grido di donna, per poter afferrarla nella sua caduta. E dopo…

 

 

Le ombre non volevano abbandonare la luna, né quella notte né le precedenti; simbolo inequivocabile dell’assurdità del mondo, di un cambiamento disperato, pregne del significato della monotona bellezza della facile erroneità dell’universo.

La guardò un’ultima volta [la luna], prima di percepire un mormorio, voltarsi di scatto; prima di rincontrare le iridi della sua migliore amica [con un tuffo al cuore].

Si precipitò da lei e scoprì che nella sua espressione non v’era né dolore né disperazione, ma soltanto una malinconica curiosità.

Fu come assistere ad una seconda nascita: stavolta sarebbe toccato a nessun altro che a lui il duro compito di padre.

Ogni cosa era cambiata: non la sentì mai più pronunciare quel nome.

 

 

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Fan fic alla quel tengo molto, partecipante al concorso sulla drammaticità indetto da rolly too.

Spero d’esser riuscita a regalarvi qualche emozione…

 

Colgo l’occasione per fare i miei più sentiti complimenti alle podiste! E a tutte le partecipanti al contest. ^_^

 

 

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(Chiunque voglia aderire può copia-incollarlo dove meglio crede.)

 

 

 

 

Affettuosi saluti

terrastoria

   
 
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