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Autore: Ameezy    24/07/2014    2 recensioni
Tratto dalla storia: "-La bella vita, a volte, è farsi male, sorridere perchè si ha visto dolori in ogni suo particolare.- disse il bel fustacchione a pochi, decisamente pochissimi, passi da me. In quel momento realizzai che lui aveva compreso tutto, senza nessun margine d’errore. E non restava che interrogarmi sul come ciò poteva essere accaduto."
Se vi ha stuzzicato un minimo questo stralcio della storia vi invito calorosamente a leggerla. Grazie.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: PWP | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo Quarto: Wimbledon.

George, il cameriere, ci fece strada tra i vari tavoli per raggiungere il numero 38, dove ci stava aspettado il nostro cliente: il signor Wimbledon. Entrammo in una stanza più appartata con tanto di separè, direi che era perfetto per parlare di affari. Arrivammo al cospetto di questo donnaiolo in pensione, informazione che avevo tratto dalla cartella fornita da Dan, è stata utile per farci capire con chi stavamo per commerciare. Già me lo immaginavo: un vecchietto sulla sessantina detentore del record ospedaliero di esami alla prostata e il cassetto del bagno sempre pieno di viagra e profilattici, il solito pappone in poche parole.

I miei sospetti vennero confermati dallo sguardo che mi rivolse Wimbledon. Probabilmente credeva di avere un’espressione, come dire.. Sensuale? Beh si sbaglaiva di grosso: i suoi occhi erano diventate due fessure a causa del rialzamento delle guancie, nelle quali si trovava un sorriso malizioso, ma allo stesso tempo terrificante. Soprattutto perchè proveniva da un vecchio depravato con cui avrei dovuto flirtare, perchè era così che funzionava. Le sue sopracciglia non la smettevano di tentennare nella mia direzione e la cosa mi stava urtando parecchio.

Mi girai verso Sam sperando che non stesse guardando o che fosse occupato a dialogare con i ragazzi, invece come tutti i presenti, compreso George, stava osservando la scena. Ma al contrario lui aveva un’espressione comprensiva che gli dipingeva il volto, come se fosse a conoscenza di ciò che mi spettasse fare. Non è che il suo sguardo mi rassicurò, ma fu come un’approvazione per me, come un consenso a cominciare ciò che sarebbe stato il successo della missione.

Voltandomi verso il tavolino in legno notai che George stava aspettando che noi ci accomodassimo per segnare sul taccuino, che stringeva tra le mani con lampante nervosismo, le nostre ordinazioni. Mi sedetti con fare civettuolo accanto a Wimbledon, che non stava aspettando altro per mettermi un braccio attorno le spalle, il quale evitai immediatamente tendendomi in avanti, beccandomi un’occhiataccia da parte di Chris posto dall’altra parte del tavolo. Sam si mise di fronte a me, affianco a Chris; mentre Joe era il capotavola alla mia destra.

George, a turno, prese le ordinazioni e con passo spedito si diresse verso il barman, suppongo. Iniziarono a parlare di affari. Fu Joe, il più autoritario, ad introdurre l’argomento con molta nonchalance devo ammettere: -Sai già che tipo di “pacchetto” prendere o possiamo esporti le varie tipologie?- chiese enfatizzando il termine ‘pacchetto’ con delle virgolette immaginarie.

-No, in realtà vorrei prendere il solito. Sai com’è quando ci si abitua ad un certo tipo non si riesce più a cambiare.- rispose ridendo di gusto, così mi sforzai di fingere una risatina. Veramente non sapevo cosa ci trovasse di così tanto divertente in quella sua squallida battuta, se così si può definire. Non era nervoso come quei drogati che hanno finito le dosi e vengono a comprarle, lui era calmo, come se avesse ancora qualche scorta a casa in casi di emergenza d’astinenza.

-Come scusa? Il solito?- s’intromise Chris sorpreso, ma continuò non aspettando la risposta -Per quanto ne sappiamo questa è la prima volta che decide di acquistare qualche partita da noi.- Quel Wimbledon ci stava nascondendo qualcosa.

-No! Non è assolutamente vero, il mese scorso ne ho presa una di eroina in una palazzina appena alla fine della Valley, prima del confine con Sherman Oaks.- replicò Wimbledon alzando notevolmente il tono della voce e di conseguenza attirando l’attenzione di qualche vip esclusivo capitato nell’area più riservata del pub.

-Abbassa quella cazzo di voce, vuoi che ci arrestino per caso?- sputò Sam innervosito. La mia attenzione si focalizzò su un dettaglio che non avevo mai notato prima d’ora e che di certo non avrei più scordato: una sottile vena sul suo collo si era gonfiata e grazie alla sua carnagione abbronzata poteva sovrastare le altre appena accennate. Devo ammettere che stavo letteralmente sbavando.

Decisi di frenare i miei ormoni assieme al mio interesse verso Sam voltandomi per guardare meglio Wimbledon che aveva avuto tutto il tempo per rilassare i nervi e appoggiarsi correttamente allo schienale della sedia e rimettere il braccio sopra la testiera della mia. Si accorse del mio sguardo e distolse il suo dal mio fondoschiena e mi rivolse un gran sorriso decisamente poco rassicurante, a differenza di tutti quelli di Sam...

Ad alleviare leggermente la situazione arrivò George con le nostre ordinazioni. Finalmente una cosa positiva: il mio amato ‘sex on the beach’ che iniziai a sorseggiare per scrollarmi la tensione di dosso.

-Quei bastardi della SWAT si stanno allargando troppo, ‘sti infami sanno che la Valley è il nostro territorio da sempre. Molto probabilmente si spingeranno oltre il confine, quindi oltre la route 101.- tentò di fare il quadro della situazione Joe mantenendo a stento la calma. Affogò la sua rabbia bevendo tutto d’un sorso il suo boccale di birra Heineken.

-Dobbiamo rimandarli indietro, se oltrepassano la Houston Street siamo fottuti.- pensò ad alta voce Chris.

-Beh, non saremo totalmente fottuti: se proprio riusciranno a sorpassarla ci basterà tenere uno scontro a fuoco tra la Houston e la Addison e se terremo testa riusciremo a mandarli dietro il confine.- ipotizzai con un’aria pensierosa, eravamo davvero nella merda.

-Mmh... Si sarebbe fattibile.- approvò la mia teoria Joe che volle più dettagli da parte di Wimbledon -Allora, quanto tempo fa hai comprato quella partita prima del confine con Sherman Oaks?- Tutti ci voltammo verso il nostro nuovo informatore ansiosi di una sua risposta.

-Ehmm... Non saprei, forse due o tre settimane fa. Ah, sì ora mi ricordo: è stato il 9 Marzo!- esclamò Wimbledon, almeno si stava rendendo utile.

-Quindi due settimane fa, Cristo.- disse sconsolato Joe. Chissà quanto avrebbero potuto avanzare quelli della SWAT in questo lasso di tempo.

-Potrebbero benissimo essere arrivati alla Ventura Street, cazzo questo non ci voleva.- sbottò Sam passandosi esasperatamente una mano tra i capelli che ritornarono subito alla loro posizione, cioè perfettamente tirati all’insù. Mi aveva tolto le parole di bocca. Ed era meraviglioso anche da irritato.

-Meglio andarcene, qua non concluderemo nulla.- decretò Joe con un tono autoritario, quello a cui non sapevo disobbedire, tranne quella volta...

 
Entrai in casa lasciando che la porta si chiudesse da sola in modo che non mi vedessero entrare e salire le scale per raggiungere camera mia e far finta di non essere mai uscita. Per mia sfortuna, a causa di un gioco di correnti d’aria, la porta si chiuse bruscamente lasciandomi lì a pregare tutte le divinità più remote e sconosciute eccetto Dio che la tv fosse al volume massimo così da non aver sentito la porta sbattersi. Ma i miei tentativi furono vani. Joe arrivò dalla cucina e si appoggiò allo schienale del divano a fissarmi con uno sguardo inquisitorio, mentre Chris si limitò a girare la testa verso di me restando seduto sulla sua dannata poltrona. Io me ne stavo ferma lì, sull’uscio di casa, senza spiccare una parola, neanche una scusa lontanamente plausibile per spiegare la mia fuga.

“Ti facevo più furba Skyla. Pensavi davvero che non ce ne saremmo accorti?” disse Joe, cazzo se l’avevo deluso, ora sentivo di avere la coscienza sporca. Con tre veloci passi, o dovrei chiamarli falcate, mi fu vicino. Fissò il suo sguardo nel mio che a stento riuscivo a reggere. Merda, questo non ci voloeva...

“Scommetto che sei andata dal tuo amichetto Michael e non avete fatto altro che sniffarvi cocaina, magari anche tagliata male.” Sputò quelle parole con disprezzo. Per la prima volta da quando lo conosco mi aveva ferita e faceva dannatamente male.

 
Mi risvegliai da quello stato di trance in cui ero caduta e rivolsi la mia attenzione su Joe che aveva decretato di portare con noi anche Wimbledon, per ottenere maggiori informazioni suppongo. Saremmo stati davvero stretti in quella Camaro in stile anni ’90.

Arrivati nel parcheggio Chris decise che sarebbe stato davvero giusto farmi sedere nei sedili posteriori proprio in quello al centro. Una cosa molto valida da far fare ad una persona claustrofobica quella di schiacciare una ragazza dal fisico gracile tra un ragazzo mozzafiato e un vecchio ciccione.

No, aspetta avevo davvero pensato a Sam in quel modo? Lo scrutai velocemente. Be’ di sicuro non si poteva dire che era brutto, ma anche se lo avessi voluto non potevo vederlo in quel modo...

Il motore rombò e Joe mise la terza e partimmo, purtroppo, secondo i limiti decretati dalla legge stradale. Il caro signor Wimbledon continuò la sua serie di avance, questa volta in modo più insistente del dovuto.

-Vi dispiace se fumo un po’?- chiesi sfoderando un sorriso beffardo sul mio viso.

-Attenta a non diventarci dipendente.- rispose Chris facendomi l’occhiolino dallo specchietto laterale.

-Senti chi parla.- sbuffai alzando gli occhi al cielo -Joe puoi abbassare la capote?- domandai con un tono che non ammetteva repliche.

-Agli ordini mia maestà.- disse Joe sfottendomi mentre il tettuccio della decappottabile scendeva fino a ripiegarsi su se stesso. Con un atteggiamento altezzoso allungai le gambe appoggiando e incrociando i piedi alcuni centimetri dopo il freno a mano.

Sam diede un colpo di tosse. Mi voltai verso di lui con un’espressione confusa cercando di capire il motivo della sua falsa mossa. Lui prima spostò lo sguardo da me a Wimbledon, per accertarsi che non stesse guardando, poi lo rivolse dinuovo a me e portò alla bocca la mano sinistra mimando il gesto di fumare. Aveva capito la mia scusa per non farmi toccare da quel pervertito ed era impressionante. Gli rivolsi un sorriso rapido ma sincero, come per ringraziarlo di avermi ricordato che in quel momento avrei dovuto prendere la sigaretta.

Mentre cercavo le mie Chesterfield blu accidentalmente sfiorai il bicipite di Sam con il mio avambraccio e qualcosa come una scossa calda e magnetica mi percorse la spina dorsale. Proprio come succede quando si hanno i brividi dal freddo, ma quella scossa emanava calore e mi riscaldava il cuore, da sempre gelido. Era una sensazione nuova e stranamente piacevole. Mi voltai leggermente verso il mio gomito e notai che anche Sam era girato verso le nostre braccia che erano ancora a contatto. Mi rigirai di scatto con la paura addosso, una paura sconosciuta e non identificata.

Presi una sigaretta e me la misi tra le labbra per poi accenderla e iniziare a fare dei tiri lenti e rilassanti. Tutto il fumo che espiravo lo indirizzavo verso Wimbledon che stava iniziando a tossire a causa del fumo passivo che respirava. Mi sentivo come realizzata, di solito non ero così perfida da far quasi strozzare una persona, ma in quel caso...

Il rumore di uno sparo mi fece smettere immediatamente di pensare.










Alour... Non mi uccidete pliz, so di avervi fatto aspettare tanto (ma credo ne sia valsa la pena) e spero che almeno una persona abbia aspettato questo capitolo.
Be' che dire, in questo capitolo iniziano a comparire i flashback.

Cosa c'è di così oscuro nel passato di Skyla che l'ha spinta a disobbedire persino a Joe?
E chi è questo Michael?
Come mai non ve ne ho ancora parlato?
(AHAHAHA no, okay scusatemi ma questa domanda ci stava, giusto per mettere uno po' di suspance lol)
Ah, e cosa più importante: Chi ha sparato a chi? E perchè?

Recensite dicendo le vostre opinioni, grazie di aver letto. Byeee c:
  
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