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Autore: Rage The Soldier    25/07/2014    1 recensioni
In un futuro non troppo lontano, l'esercito ha preso il controllo della Terra, attraverso l'uso di soldati molto speciali, in grado di trasformarsi in ibridi fra umani e animali diversi. Sono senza pietà e piuttosto bellicosi, molto difficili da sconfiggere. Questa è la loro storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Misaki si alzò e si mise a sedere accanto alla neo compagna di stanza.
"S-Sei proprio sicura d-di volerlo sapere?" balbettò dopo qualche minuto di silenzio.
"Se vuoi..."
"Ok. Sdraiati e inizia a dormire."
Passarono una decina di minuti, poi Evelyn cadde in un sonno profondo.
"Preparati." sussurrò Misaki facendo in modo di condividere il passato di Rage con l'ormai addormentata Dark Rose.


Ospedale della base di Lidos, ore 22.55, 23 anni e 6 mesi fa


"Ruby... Ti dobbiamo dire una cosa... Tra poco la tua sorellina nascerà! Non sei felice?"
"Una macchina che sputa vomito, rigurgita e urla a tutte le ore del mattino e della sera... Come potrei essere più felice papà?" disse in tono sarcastico Ruby.
La piccola aveva i capelli e gli occhi rossi, questi ultimi avevano la pupilla dalla forma affusolata, come quella dei felini. Indossava una magliettina a maniche corte nera e dei jeans stretti abbastanza scuri, che coprivano in parte le scarpette da ginnastica bianche.
Gli occhi scarlatti di quella bambina di cinque anni e mezzo parlavano più di ogni altra cosa: fissavano il padre, Thomas Smith, cercando di chiedere disperatamente aiuto.
E se mamma stesse male? Urla da ore... E se toccasse a me curarla? Una bambina?! Come si cura una bambina!? E se...
Nella sua testa frullavano solo pensieri di questo genere.
Thomas diede alla figlia una pacca sulla spalla. "Ehy, tutto bene?"
Lo abbracciò forte. "Ho paura. Mamma urla da ore! Sta male? Eh, sta male? Papà, rispondimi!"
"Devi star tranquilla... È normale: anche con te è stato così!" la consolò lui, sorridendo.
Gli strilli finirono. Tutto tacque per un lunghissimo minuto, ricco di tensione.
I dottori invitarono ad entrare Twin Blade, lasciando la piccola Queen Of The Damned da sola, fuori da quella dannata stanza dove la madre stava dando alla luce la sua sorellina.
"È stato necessario fare un'anestesia totale a sua moglie, signore. Sarà necessario un cesareo, ma..." sospirò un'infermiera appena Thomas entrò nella sala parto.
"Ma cosa?"
"È in condizioni gravi. Potrebbe non farcela una delle due... O anche entrambi."
Si scurì in volto. Il suo cuore era infilzato da miliardi di spilli e stretto in una morsa di dolore. Si morse il labbro: lo faceva solo nelle situazioni difficili.
Ruby intanto andava avanti e indietro per i corridoi, tesa, impaziente. Voleva entrare. Se solo avesse potuto...
"Sì, ma io posso!" gridò.
Spalancò le porte e vide la madre ormai completamente addormentata stesa su un lettino d'ospedale, con una mascherina sulla faccia. Il padre era col capo chinato, con il dottore e qualche infermiera attorno a lui.
I capelli bianchi nella prima parte e neri nella seconda, arruffati e lunghi, gli coprivano gli occhi blu scuro, i quali avevano la parte che dovrebbe essere bianca ormai diventata di un rosso intenso, a causa di traumi dei combattimenti passati. Era un veterano, infondo...
"Capisco..." sussurrò il padre, poi, voltandosi verso la piccola che nel frattempo gli si era avvinghiata alla gamba, la prese in braccio e le fece un sorriso visibilmente forzato.
"Papà, che hai? Mamma sta bene? Mamma ce la farà? Mamma non ha problemi per la sua malattia, vero? Mamma..."
"Signor Smith, le annunciamo che sua figlia è nata!" la interruppe un'infermiera, porgendo la bimba.
In un piccolo fagotto bianco era avvolta una frugoletta dagli occhi grigi, pallida, sorridente: aveva già due canini che spuntavano dalla gengiva superiore e un ciuffetto rosso fuoco, liscio, che le divideva la fronte in due. Il piccolo nasino arrossato e le manine paffutelle le davano un'aria dolce, contrastata dal suo sguardo da furbetta.
Thomas la prese in braccio. Aveva Ruby da una parte e la neonata dall'altra.
I suoi occhi erano gonfi di lacrime, ma un soldier che si rispetti non può piangere... Dentro di sé sentiva la paura crescergli per via del fatto che sua moglie, la bella Grace Farrell, fosse a rischio di morte a causa di una malattia genetica...
Pregava che la neonata non avesse ereditato tale sciagura: ciò avrebbe compromesso la sua ibridazione, sempre se fosse riuscita ad arrivarci.
"Signore, la dobbiamo portare al campo." lo riportò coi piedi per terra il dottore.
"Scusi, ma non si può aspettare ancora qualche giorno? Infondo è prematura... Le regole, per quel poco che so, dicono di mantenere la bimba in ospedale per almeno 15 giorni di tempo prima del prelievo... E così, infondo, si può aspettare anche che la madre la veda..."
"Va bene, solo per questa volta e solo perché lei è a capo di..."
Thomas lanciò un'occhiataccia al dottore, il quale tacque all'istante.
Passò qualche giorno.
"Ehy, si è svegliata, papà!" disse Ruby.
"Ngh... Che... Dove sono? Dove... Dove siete? T... Thomas? R... Ruby?"
"Ciao Grace, ben svegliata! Guarda chi c'è!" disse Thomas.
"Ngaaa!" urlò la bambina, sorridendo alla mamma, scrutandola col suo sguardo furbo e ribelle per la prima volta, aprendo e chiudendo le manine tese verso la madre, facendo capire che voleva andare da lei.
Grace era una giovane donna dai capelli corti, tendenti al grigio scuro e al nero, col corpo slanciato e gli occhi grigi. Il fisico, nonostante il parto, era snello e ben proporzionato.
"Mamma! Mamma! Come stai?"
"Bene, cara Ruby! Allora... Sei felice di avere una sorellina?"
"Beh... Sì... Adesso sì! È simpatica, dopotutto!"
"Mi fa piacere sentirtelo dire!"
"Avanti, papà, dalle Diana!"
"Diana? Oh... Che bel nome! Vieni qui..."
"L'ho scelto io!" sentenziò orgogliosa Ruby, indicandosi il petto con il pollice, facendo un sorriso smagliante e chiudendo gli occhi.
La bimba sorrise. La madre fece una smorfia di dolore: le sue condizioni erano gravissime. Il parto l'aveva sfiancata e l'anestesia completava il tutto.
Non ce la faceva più.
La bimba, capendo che la madre stava soffrendo, le diede una carezza e si raggomitolò accanto a lei. Grace sorrise.
"È intelligente... Speriamo solo che sia come Ruby... Prego solo di non averle trasmesso la mia malattia..."
"Grace..." disse Thomas abbassando il capo "...Purtroppo l'ha ereditata."
"Mi dispiace mamma... Le starò io vicina, lo prometto!"
"Ruby... Grazie..." rispose sorridendo la madre.
"Che bel quadretto... Mi spiace di interromperlo!" disse in tono sarcastico il dottore, entrando nella stanza.
"È ora che venga prelevata. Anche se con la sua malattia non è nemmeno detto che riesca a superare le selezioni..."
"S-sì, ecco, tenga..." disse Grace, sempre stata molto attenta ai regolamenti dell'esercito.
"Ma si azzardi ad insultarla un'altra volta..."
I suoi occhi diventarono da grigi ad azzurri e si trasformò in ibrido.
"Ho capito, ho capito, Blue Eyed Demon. Non c'è bisogno che mi minacci. Anche se lei probabilmente non..."
Grace perse del tutto il controllo a causa della stanchezza e dell'ira che provava. Emise un ruggito, facendo piangere le due bambine.
"Ma-Mamma..." balbettò Ruby.
"Ritiri ciò che ha appena detto..." ringhiò.
"Grace... Calmati, ti prego!"
"Devi stare zitto! Hanno appena insultato nostra figlia!"
"Beh, vedendo i risultati della vostra famiglia..." la stuzzicò il dottore.
Mentiva spudoratamente: i risultati degli Smith e dei Farrell erano fra i migliori. Voleva solo farla stare peggio, usarla come cavia per capire fin dove una persona con la sua malattia poteva spingersi, per poi perdere totalmente il controllo. Il pretesto era quello di agire in nome della scienza, ma tutti i dottori sapevano che era un altro: stuzzicare, far perdere il controllo, far andare il sangue alla testa dall'ira... Per puro sadismo.
Grace non ce la fece più. Perse del tutto il controllo per una causa minima. E aggredì il dottore, che fu subito soccorso dalle infermiere, le quali bloccarono l'ormai furiosa madre, trasformatasi in un ibrido dalla forza portentosa. Le fauci affilate ferivano i suoi assalitori a suon di morsi e le unghiate lasciavano profondi segni nella carne. Ringhiò di nuovo e diventò un husky gigantesco, dagli occhi azzurri, il manto lucido e folto, coi caratteristici colori bianco e nero.
Thomas, cercando di fermarla, venne respinto da una zampata che lo sbatté violentemente contro il muro.
Uno dei feriti, intanto, ritornato in sé, prese Diana e la portò via, al campo di selezione; Ruby, invece, terrorizzata, si era rifugiata sotto il letto.
Il padre le urlò di andarsene, perché era troppo pericoloso per lei. La piccola obbedì a malincuore e corse via in lacrime, seguendo il superstite, cercando di togliergli la neonata dalle grinfie.
Non ci riuscì.
La piccola venne messa dentro il campo, pronta per combattere la battaglia più importante della sua vita. Vivere o morire. Uccidere gli altri o venire uccisi. Essere scelti o scartati perché troppo deboli. Qui vige la legge del più forte. Qui devi sopravvivere solo con le tue capacità. O ce la fai... O muori per la tua debolezza. Non sono ammessi i deboli.
Intanto nella stanza tutto sembrava essersi calmato. Grace, attraverso una puntura, venne anestetizzata e tornò alla sua forma umana, mentre Thomas riprese conoscenza e andò a soccorrere la moglie... Ma ormai era troppo tardi: l'anestetico, insieme allo sforzo, l'aveva indebolita talmente tanto da farle cessare il battito cardiaco, inducendola alla morte.
Urlò tutto il suo dolore e pianse lacrime amare, difficili da mandare via.
Ora era da solo con due bimbe piccole. I medici sopravvissuti se n'erano andati a cercare aiuto per porre rimedio a quel disastro.
Poco dopo ne arrivò uno di corsa. Twin Blade lo prese per il collo: "Perché l'avete provocata... Ditemi perché!" sbraitò fuori dalla divina grazia.
"S-signore, io non centro nulla! È stato solo per il progresso scientifico! Penso che lei sappia che i casi come quello di sua moglie sono rarissimi e ancora non approfonditi del tutto..." lo provocò.
"Allora... È stato solo per la scienza?!" ringhiò furente.
"Signorsì..." lo provocò il soldato.
In preda alla rabbia strinse così forte da ucciderlo. Non potendo fare molto altro, andò a cercare le figlie.
Barcollando e cadendo per la stanchezza, dopo un po'le trovò.
Ruby piangeva a dirotto, guardando quel campo che ora iniziava ad odiare. La piccola, invece, era impegnata in una lotta contro la morte... E stava vincendo.
Circa un minuto e mezzo di combattimento in totale. Diana aveva vinto. Un soldato la prese e la riportò da sua sorella maggiore, che nel frattempo aveva appreso la brutta notizia della scomparsa della madre. La bimba piangeva, e con lei anche la sorellina. Aveva capito che qualcosa di triste era avvenuto leggendo il dolore negli occhi gonfi di Ruby e Thomas.
"Stai tranquilla Diana, ci sono qua io... Mamma non c'è più... Ma non possiamo cedere. Bisogna andare avanti... Le ho promesso... Che ti sarei stata vicina... Finché non si fosse ripresa..." singhiozzò asciugandosi le lacrime.
Thomas le mise la mano sulla spalla e la strinse forte a sé.
"Ruby... Hai solo cinque anni, ma sei molto matura per la tua età. Sono fiero di te..." cercò di consolarla Thomas.
Il soldato che prima aveva ridato Diana alla sua famiglia, si avvicinò agli Smith e disse loro: "Sono onorato di comunicarle che sua figlia ha fatto una strage in un minuto e mezzo. Deve essere orgoglioso di lei..."
"Sì, lo sono. È già stato deciso il suo nome in codice?"
"Signorsì! È stato deciso... Rage. Avrà come animale il pipistrello vampiro-spettro."
"Rage..." ripeté la sorella.
"Sì, signorina Ruby Smith, o dovrei dire Queen Of The Damned..." rispose il soldato facendo il saluto di congedo e andandosene marciando frettolosamente.


Dormitorio n.8, ore 16.10, 16 anni fa


"Papà... Com'era mamma?" chiese Rage timidamente.
"Mamma? Era la donna più bella del mondo, la migliore..." disse Twin Blade, passando alla bimba una foto ormai sbiadita e consumata che ritraeva i suoi genitori e sua sorella maggiore.
"E che animale aveva? Come combatteva? Saremmo andate d'accordo?"
Rage lo tempestava di domande, ascoltando il padre, fissandolo attentamente, come se stesse memorizzando ogni sua parola, come se stesse cercando di far rivivere la madre.
Ruby, ormai dodicenne, stava insieme a loro, ascoltando, ma soffrendo.
"Papà, vado, è ora della mia lezione." mentì. Non voleva più ascoltare... Il terrore che aveva provato, l'ira negli occhi di sua madre, l'odio, il caos di quel giorno... Erano ormai segni indelebili nel suo cuore. Non voleva dimenticare, ma nemmeno ricordare. Quel ricordo la faceva soffrire troppo, ma nonostante tutto non ce l'aveva con la sorella, anzi, ci teneva più di ogni altra cosa. Diana aveva ancora sette anni, era piccina, ma già ne combinava di tutti i colori, mandando pure all'altro mondo dei soldati adulti...
"Tua sorella ci soffre troppo, piccola. Basta così. Sappi solo che, come te, era malata e doveva evitare di cedere agli istinti del proprio ibrido." concluse Thomas.
"Perché?" domandò lei, inclinando il viso e scattando in piedi.
"Perché se cedessi, non torneresti più indietro... E non voglio che ciò accada."
"Capisco..."
Ci fu un lungo e profondo silenzio.
"Papà... Grazie di avermene parlato."
Twin Blade si morse il labbro, poi l'abbracciò.
Rage corse e raggiunse Queen Of The Damned.
"Ruby..."
"Che c'è, Rage?"
"Promettimi che non mi lascerai mai cedere al mio ibrido." le sussurrò.
"Ma certo, sorellina. Dai, è ora di andare a studiare. Andiamo!"
Le due tornarono dopo i vari studi e missioni alla base, ma due soldati con la divisa ufficiale, le fermarono.
"Vostro padre ci ha lasciati."
"Se è uno scherzo, non è divertente, ragazzi." disse calma, ma con una punta di amarezza Ruby.
"L'abbiamo trovato morto nella sua camera, assassinato, probabilmente... Oltretutto una delle due spade è stata rubata... Quella bianca, se non erro."
"Non è vero..." disse Rage, mordendosi il labbro, vizio passatole dal padre.
"Mi dispiace, ragazze. Il funerale si terrà questo pomeriggio alle 17." disse uno dei due.
I soldati si congedarono.
Le due corsero nella stanza del padre e videro le pareti piene di graffi, sangue, segni di lame, bruciature... Il letto era spaccato in due, la porta era scardinata e le finestre, con la panoramica sulla città di Lidos e sui suoi bassifondi, aveva i vetri ridotti in mille pezzi, anch'essi impregnati di sangue. Il piccolo armadietto e il comodino erano stati distrutti e il lampadario andava a scatti, lanciando scintille che scendevano a terra come minuscole lucciole e bruciando piccole parti di stanza.
"N...no..." sussurrarono le due sorelle.
"Diana, è ora che tu sappia una cosa."
Rage non rispose a parole, si limitò a fissarla. Gli occhi grigi della sorella minore si erano incontrati con quelli della sorella maggiore, scarlatti e gonfi di tristezza.
"Papà era a capo di un'organizzazione autonoma e segreta alla maggior parte dei soldati. Essa serviva per sbarazzarsi delle persone dichiarate inutili o pericolose. Per esserne a capo, bisogna sconfiggere il leader dell'organizzazione."
"Pa... Papà?!"
"Sì." Ruby abbassò il capo. "Mi dispiace di non avertelo detto prima... Teoricamente sarei dovuta rimanere all'oscuro di tutto anche io, come te e mamma..."
"Co-Come l'hai scoperto?"
"Han tentato di rapirmi per usarmi come riscatto prima che tu nascessi. Mamma rimase all'oscuro di tutto e promisi a papà di non dire nulla a nessuno. Promettimelo, anche tu rimarrai in silenzio, vero?"
Strinse i pugni si morse il labbro fino a farlo sanguinare e le divennero gli occhi leggermente rossi. Quella frustrazione l'aveva fatta trasformare in ibrido involontariamente.
Queen Of The Damned la strinse forte per farla calmare e cercando di darle forza, anche se infondo anche lei ne necessitava...
"Staremo sempre insieme, Rage, sempre insieme." le sussurrò all'orecchio, nel disperato tentativo di darsi forza e di calmarla.
Al funerale le due non parlarono con nessuno, tranne che con un ragazzetto biondo. Il piccolo aveva dieci anni ed era privo dei genitori, che lo abbandonarono alla nascita. I tre diventarono subito amici, anzi, fratelli. Quel ragazzino era The Shinoda.
Qualche anno dopo, però, egli fu vittima di uno degli scherzi di Rage, anche se lei non fece apposta: camminando a zonzo, da solo, nel buio, si ritrovò nella parte più remota dell'imponente base... E Rage lo spaventò a morte, piombandogli a testa in giù, distante a qualche centimetro da lui... The Shinoda urlò, spaventando Rage a sua volta, in una reazione a catena che li fece litigare e urlare come bambini.
Ci volle l'intervento di Ruby, ormai sedicenne, per farli riappacificare.
Ormai erano come fratelli e la maggiore, insieme al mezzano, fondarono una band. Rage stava tutto il giorno a sentirli, incantata.


Dormitorio n.7, stanza di Ruby, ore 15.00, 10 anni fa.


Ruby, ormai diciottenne, prese la sorella con sé e la portò nella sua stanza.
"Rage... Hai tredici anni ora. Ho promesso che ti sarei per sempre stata vicino. Ho deciso di farmi un tatuaggio poco tempo fa. E... Beh, guarda."
Si alzò leggermente la maglia rossa e mostrò sulla schiena una scritta nera in corsivo.
"Once you go black... You never come back... Che significa?"
"Mamma ha perso il controllo e non è più tornata indietro... E tu hai la stessa malattia. Finché sarò in vita, ti ricorderò queste parole... Così non cederai."
Rage, commossa, abbracciò la sorella.
"Tatuarti questo... Per me? Ruby, sei proprio impazzita... Non ti vorrai tatuare tutta come The Shinoda, vero? Hahaha! Scherzo, mi piacciono i suoi tatuaggi... Ma il tuo è insuperabile!"
"Oh, Rage... Ma non ho fatto nulla... Però ora potresti staccarti, per piacere? Ho la schiena scorticata per il tatuaggio, santo ciufolo!"
"Scusa scusa scusa scusa!"
Risero a lungo. Diana era fiera di avere una sorella così e qualche anno dopo si fece un tatuaggio raffigurante un soldato stilizzato, con le ali da pipistrello e la scritta Flaming Hybrid Soldier sotto di esso; Shinoda ne fece uno sulla gamba, analogo al logo sulla sua nuova e fiammante moto; Ruby regalò alla sorella una collana con una piastrina di metallo. Ne avevano una per ciascuno. Due collane gemelle per due sorelle.
I tre fecero strada. Ruby aveva abbandonato la carriera da professoressa per diventare generale, Rage era appena diventata un viceammiraglio insieme a The Shinoda, il quale aveva abbandonato anch'esso la carriera da professore.


Campo di addestramento, sala delle armi, ore 6.25, 11 mesi fa


"Avanti Rage, non sei felice? La tua prima missione di livello S!" esclamò Ruby piena di vita.
"Ma nooo! Non sono felice! Direi proprio di no! Infondo sono solo in missione con la mia sorellona per sventare un'infiltrazione della feccia all'interno della nostra base! Pensa che sfortuna!" rispose Diana in tono ironico, abbracciando la sorella.
Shinoda entrò nella stanza e squadrò le sue due sorelle da lontano.
Erano praticamente uguali: Ruby e i suoi ventotto anni ruggenti, con la sua criniera rosso fuoco, mezza rasata sulla parte destra, gli occhi rossi come i capelli e il suo solito sorriso smagliante, Rage e i suoi occhi grigio fumo, i suoi capelli color del sangue vivo, che contornavano quell'espressione furbetta tipica solo di lei... E il suo sorriso. Quanto gli piaceva quel sorriso... Ma quella sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe visto.
"Siete due gocce d'acqua." sospirò a bassa voce, prendendo le sue bombe, granate e armi da fuoco, partendo per la sua missione dall'altra parte della città.
I tre, dopo essersi augurati buona fortuna, partirono alla volta delle loro missioni.
"Ruby, la spada?" disse Diana prendendo i suoi chakram e fissandoli alla cintola dei pantaloni.
"Come scordarla... La spada rossa di papà... Ti prometto che se becco quel bastardo che gliel'ha fregata, lo uccido!"
"Così ti voglio!" urlò Diana facendo un salto in avanti, con le braccia alzate verso il cielo.
Dopo poche ore di viaggio a piedi, le due arrivarono al centro della battaglia.
Le ragazze, con il loro portentoso lavoro di squadra, dimezzarono l'esercito dopo qualche minuto, senza riportare nemmeno un graffio.
"Woh, dobbiamo migliorare, ci abbiamo messo troppo per i miei gusti..." esclamò decisa Ruby, tagliando in due un ribelle con la sua spada.
Diana si fermò, leccò via il sangue dai suoi chakram, cosa che faceva come rito propiziatorio, e rispose ridendo di gusto.
In un attimo di distrazione, Ruby fu sfiorata da una lama.
Un rigagnolo di sangue imperlò la sua guancia. Quella spada... No, non poteva essere.
Si girò verso l'aggressore. Un ribelle sulla trentina impugnava la lama gemella bianca, colei che Twin Blade usava con eccezionale maestria...
Diana si trasformò in ibrido, una furia ardente brillava dentro i suoi occhi mezzi rossi e mezzi grigi.
"Lascialo a me." disse seria Ruby, trasformandosi a sua volta. Gli occhi le diventarono da rossi ad arancio-giallastri, le orecchie divennero da canide per percepire meglio i suoni, i denti affilati come rasoi e le unghie un po'più lunghe e ad artiglio erano pronte ad agire. Le spuntò una folta coda dalle varie sfumature, tendenti al bianco, al grigio e al ruggine. I capelli diventarono dello stesso colore della coda, richiamando, però, di più il bianco e il grigio.
"Tu..." sussurrò partendo all'attacco, facendo cozzare la lama rossa contro la bianca. Il tesoro degli Smith ha un valore inestimabile, dopotutto...
I due combattenti generarono un'onda d'urto che spaccò in due il terreno fino a cinquanta metri di distanza e che li scaraventò lontano.
"Riesci a tenermi testa, eh? Non è da tutti, complimenti."
"Non me ne frega un cazzo dei tuoi complimenti. Combatti, cagna!" sbuffò il soldato, avendo capito che Ruby condivideva il DNA con quello di un canide: infatti la ragazza aveva il DNA del cane lupo cecoslovacco.
"CAGNA A CHI, BASTARDO!?" sbraitò, partendo all'attacco ancora e ancora, tranciandogli via parti di vestiti e di pelle.
Usando l'elsa della spada, la ragazza ferì l'avversario, facendogli perdere la mobilità dalla spalla sinistra fino alla mano.
Ruby tornò normale.
"Questo deve essere un combattimento alla pari. Ne va del mio onore."
Alzò la spada puntandola verso il cielo, con la parte più larga verso l'esterno. Il filo della lama le divideva il viso a metà. Quell'espressione racchiudeva un odio e una sete di vendetta di proporzioni madornali.
"Il mio nome è Ruby Smith, nome in codice Queen Of The Damned! Ti ridurrò in poltiglia in nome della mia famiglia!"
"Bene bene bene, quindi sei tu la famosa Ruby, eh? La tua fama è ben conosciuta fra noi Cacciatori di Ibridi per via dell'alto numero di morti che hai causato! Io sono Shinra. Molto piacere, sono il miglior cacciatore della città di Lidos, come testimonia la spada che sto bran-"
"MUORI, BASTARDO!" lo interruppe gridando Ruby e ingaggiando nuovamente un combattimento furioso, partendo di corsa verso Shinra e tagliandogli un occhio fino in profondità.
"Ti ammazzo!" sbraitò buttandolo a terra. Stava per tagliargli la gola, quando si accorse che un proiettile vagante puntava verso Rage, che nel frattempo aveva ucciso tutti i superstiti. Il pericolo sembrava scampato... Sì, sembrava...
Uno della feccia aveva puntato la pistola verso Diana, ma ella lo aveva ucciso prima. Cadendo a terra, l'arma ha sparato un colpo vagante che puntava verso l'ignara ragazza.
Ruby, accortasi di ciò, mollò la presa che aveva sull'avversario, si trasformò in ibrido per aumentare la sua velocità e, intercettando il colpo, riuscì a proteggere la sorella.
Il proiettile le trapassò il petto. Ormai per lei non c'era più speranza.
Rage vide la sorella sofferente cadere in ginocchio davanti ai suoi occhi, i quali assunsero un colore sempre più rosso, sempre più acceso, sempre più forte.
Cacciò un urlo di rabbia che fece rabbrividire Shinra, il quale osservava intimorito, ma allo stesso tempo compiaciuto del fatto che Ruby fosse morta.
Diana mostrò perché le era stato dato come nome in codice Rage.
Con gli occhi scarlatti erano comparsi anche tutti i caratteri del suo ibrido.
Aprendo e chiudendo le grandi e minacciose ali, lanciando ultrasuoni, gridando tutta la sua rabbia, creava onde d'urto e turbini d'aria e di polvere che scaraventavano i cadaveri insanguinati lontano.
Si precipitò alla ricerca di Shinra. Una volta trovatolo, gli spezzò le braccia, una gamba e varie costole facendo emettere loro un rumore penetrante e terrificante. Lo voleva morto, quello stronzo le aveva fatto perdere una sorella e aveva fregato la spada di suo padre. In più voleva impadronirsi della lama che ora apparteneva a Ruby. Questo per lei era troppo. Aveva superato il limite.
Lo sollevò in aria, lo lanciò, volò sopra di lui e con una gomitata nel petto lo sbatté a terra. Lo bloccò con le gambe. Avvicinò la testa al suo orecchio, ma continuandolo a fissare con il suo sguardo glaciale, con quelle fiamme insanguinate di una furia oscura che erano i suoi occhi.
"Adesso morirai." stava per dire, ma una voce la interruppe.
"Rage, adesso smettila."
L'ordine secco di Ruby risuonò come un tonfo nella testa di Rage. Non era morta... NON ERA MORTA! C'era una speranza!
Senza nemmeno pensarci due volte, tornò umana, lasciò il corpo martoriato di Shinra a terra e si precipitò dalla sorella.
"R... RUBY! Sei viva! Vieni, ti riporto a casa." singhiozzò, bagnando di lacrime i suoi vestiti e quelli della sorella.
Ruby scosse il capo, poi biascicò: "N-No Diana, devi tornare senza di me. Per... Per me è finita..."
"NON È VERO! TU STAI BENE! TI RIPORTO ALLA BASE, LÌ TI GUARIRANNO!" strillò, come se cercasse di darle forza, poi se la caricò sulle spalle.
Il cappotto di pelle nera ormai lacerato e sporco di sangue ondeggiava al vento mentre Diana correva verso la base.
"Lasciami." sussurrò.
"No, mai!"
"HO DETTO LASCIAMI!"
Rage iniziò a correre più forte, sempre più forte, ogni volta che la sorella ribatteva, lei accelerava. Non voleva perderla. Corse così veloce da trasformarsi perfino in ibrido.
Ruby si lasciò cadere accompagnata da un tonfo sordo, ormai priva della forza per controbattere.
"RUBY!" la chiamò la sorella trattenendo le lacrime.
I soldier non piangono. I soldier sono forti. I soldier non...
Tutti questi pensieri le offuscavano la mente, impedendole di capire che per Ruby non c'erano più speranze. Nessuna possibilità di tornare indietro.
"Ruby..." ripeté abbassando la voce e stendendo la sorella a terra, prendendola delicatamente per la schiena e stringendole la mano, quasi fosse l'unico modo per darle la forza per sopravvivere.
"D... Diana..."
Sorrise. Perché sorrideva? Stava morendo!
"RUBY!" urlò mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare.
"D... Diana... La-Lasciami qui..."
"Ruby... Non la... Non lasciarmi!"
Si continuava a mordere il labbro, evitando di piangere.
La sorella, con un fil di voce sussurrò: "Ti viene da piangere, eh! Ah, no, ti sudano gli occhi."
"Ti sembra il caso di fare battute adesso?"
Sorrise e le si avvicinò talmente tanto da sporcarle i capelli col suo sangue. La abbracciò e le diede un bacio sulla fronte.
"Avanti, vai." la incoraggiò dolcemente.
"E lasciarti qui a morire? E rimanere... Da sola?"
Sola. Il solo suono di quella parola la faceva rabbrividire e perdere di lucidità.
"Ma te non sei sola... Anche se non ci sarò più... C'è sempre Shinoda, il tuo fratellone, no?"
"Ruby... Non mi lasciare... NON MI LASCIARE SOLA!"
La ragazza strinse la mano alla sorella.
"Promettimi che non avrai rimpianti. Promettimi che recupererai la lama bianca. Promettimi che non cederai. Mai. Promettimi che sarai felice."
Non rispose.
"Promettimelo." la incitò guardandola negli occhi e cercando di staccare la mano per poi chiuderla, lasciando il mignolo aperto.
"Te... Te lo prometto."
Rage si sentiva morire dentro, era evidente che non sarebbe riuscita a sopportare la morte della sorella.
"Sono debole."
"No, non lo sei... Sei la più forte delle sorelle... Sei la migliore... Ti voglio un mondo di bene..."
"IO NO, EH?" singhiozzò facendo scendere una lacrima.
"Ti sudano ancora gli occhi, eh? Hahaha..."
"N... No..." disse cercando di asciugarsi le lacrime e abbozzando una smorfia che doveva essere un sorriso e stringendole di nuovo la mano, ormai sempre più bianca e tremante.
"Sii forte. Fallo per me."
"RUBY, NOOO!"
La ragazza mollò la presa. Un sorriso era stampato sul suo viso pallido, rigato da una lacrima mista al sangue raggrumato uscito dal taglio del fendente.
"Ruby..." sussurrò ormai fuori dalla divina grazia per il dolore e la disperazione.
Si accasciò sul corpo della sorella, accarezzandole il viso e i capelli. Le asciugò le lacrime e il sangue.
Se la caricò sulle spalle, ma non pianse.
Non pianse quando, camminando a passi lenti e gravi, si accingeva a raggiungere la base, non pianse quando arrivò e comunicò alle alte sfere che la missione era completata con successo, non pianse quando comunicò della morte della sorella, non pianse quando si chiuse nella sua stanza.
Era sola. Sola. La sua più grande paura era lì, la stava risucchiando nella sua spirale di oscurità senza via d'uscita.
Una persona bussò alla porta.
"Chiunque tu sia, vattene."
"Rage... Sono io, Shinoda."
"VATTENE!" sbraitò, iniziando a piangere tutte le sue lacrime. Gli occhi gonfi fissavano le crepe e le bruciature della sua parte di stanza. Dopo 16 anni erano ancora lì, testimoni della morte del padre.
Era certa ormai, non avrebbe aperto quella porta per nulla al mondo. Sarebbe rimasta lì per sempre.


Dormitorio n.8, una settimana dopo la morte di Ruby, ore 22.57


"Diana, avanti, aprimi... È una settimana che mi tieni fuori dalla nostra stanza!"
"DIANA È MORTA! IO SONO RAGE!" sbraitò piangendo lacrime amare.
Era una settimana che non mangiava né beveva, era un miracolo che fosse ancora viva.
"Rage... Aprimi... Per favore..."
Il tono supplichevole di Shinoda non bastò a sciogliere il cuore di Rage, ormai diventato di pietra, anzi, di ghiaccio.
"VATTENE VIAAA!" gridò Rage, facendo vibrare perfino porta e finestre.
"VUOI RIMANERE SOLA, EH? BENE, ALLORA MENE VADO!" gridò suo fratello, dando un pugno alla porta.
Rage fissava il vuoto dalla sua posizione contorta sul letto.
Fissava qualcosa di incomprensibile. Gli occhi, a causa del pianto, erano gonfi e secchi, e le facevano vedere tutto sfuocato.
Si alzò senza far rumore, smise di piangere e si mise con la schiena appoggiata alla porta, provocando un rumore sordo.
Shinoda lo sentì, ma non si voltò, anzi, fece sentire distintamente che stava andando via a grandi passi per i contorti corridoi dell'edificio.
Rage fece scivolare la mano sulla maniglia della porta, facendole emettere un rumore netto e secco. Non era più chiusa a chiave dentro quella fottutissima stanza.
Shinoda si voltò. Quella maledetta porta era finalmente aperta.
La ragazza ora era rannicchiata dall'altra parte della stanza, nascondendosi nell'ombra.
Shinoda bussò, ma la porta si aprì con una leggera folata di vento proveniente dall'interno.
"Diana..."
"Sono Rage. Diana non c'è più." disse una voce nel buio.
"Va bene Rage."
Due ali minacciose comparirono dall'angolo più buio della stanza, mentre due fugaci occhi rossi fissavano il ragazzo.
Un'ombra pallida uscì dal suo nascondiglio, tirata a forza per un braccio da Shinoda.
"LASCIAMI ANDARE!" sbraitò liberandosi Rage, per poi finire nella morsa dell'abbraccio di Shinoda.
Cercando di dimenarsi, finì solo per essere stretta di più.
Si arrese. Non aveva più voglia di combattere, anzi, non ne aveva la forza, ma non lo avrebbe mai ammesso. Mai.
"Rage..."
Emise un ringhio, cercando quasi di spaventarlo.
"Once you go black, you never come back. Te lo diceva sempre Ruby."
"GYAAA!" emise un verso più forte e sbatté il fratello dall'altra parte della stanza, quasi sfondando la parete, per poi prendergli la faccia con degli artigli neri e affilati, schiacciandogli la faccia al suolo. Lo rigirò e lo bloccò con una mano, se così poteva essere definita, sul collo e una puntata verso la sua faccia, pronta a squartarla.
"Rage..." singhiozzò col volto in lacrime "... È così che pensi di vivere? E così Ruby ti ha salvato la vita solo per permetterti di piangerti addosso... Eh, è per questo che ti ha salvato la vita? VUOI SPRECARE IL DONO DI TUA SORELLA IN QUESTO MODO?"
"Ru..." mollò la presa. "By..." tornò normale.
Una goccia bagnò la faccia del fratello, mentre la sorella singhiozzava con versi simili a guaiti.
Shinoda si rialzò e aiutò Rage a fare lo stesso.
"So... Sono sola." disse abbassando il capo e abbracciando Shinoda.
"Oh, e io chi sono?!" esclamò in tono ironico e facendo finta di uscire dalla porta.
"Fer... Mo..." disse cadendo in ginocchio e tendendo il braccio con la mano aperta verso il giovane. Le sue lacrime erano tendenti al rosso per non si sa quale motivo. Sangue? No, non poteva essere.
"Shi... Noda... Non lasciarmi mai s-s..."
"Non ti lascerò mai sola." disse girandosi e abbracciando la sorella, che si abbandonò nelle sue braccia. Il giovane le accarezzava i capelli per calmarla. I vestiti dei due erano impregnati di sudore freddo, sangue e lacrime.
"Ehy... Vieni." disse trascinandola per un braccio verso il corridoio.
Le coprì il volto con le mani.
"La... Sciami..."
"Shh... Tranquilla... È una sorpresa, tu cammina e fidati di me."
"Ok..." disse non molto convinta.
Dopo un po'di buio, ci rivide di nuovo.
Shinoda aveva portato la sorella in una stanza enorme, ma che dopo qualche secondo sembrò ancora più immensa per via dell'illuminazione che a mano a mano mostrava nuovi angoli dell'atrio.
Un enorme palco rialzato stava al centro della stanza, contornato da un'infinità di strumenti musicali di tutti i tipi: dai più antichi a quelli più tecnologici, da quelli più semplici a quelli con le forme più complesse.
"Guarda." disse prendendola per mano e facendola volare fino al palco.
"Non conoscevo questa stanza... È meravigliosa!" disse abbozzando un sorriso.
"Infatti questa stanza la conoscevamo solo io e Ruby. Era il nostro piccolo segreto. L'abbiamo allestita, ristrutturata e riverniciata io e lei." disse indicando il soffitto interamente costellato da disegni e graffiti di ogni genere.
"Wow, è fantastico! Ma... Perché mi hai portato qui?"
"Per farti suonare, ovviamente." disse come se desse per scontata la risposta.
"Ma... Io non so suonare... E nemmeno cantare..." disse abbassando e scuotendo il capo, fissando il terreno.
"Ma io sì." le sussurrò alzandole il viso, prendendolo per il mento con una mano. "Ogni strumento che vedi qui io lo so suonare... Per quanto riguarda il cantare..."
Emise un urlo di dieci secondi.
"Che... Cos'era!?" disse sbalordita Rage.
"Questo, mia cara sorella, si chiama scream. Prova tu."
"Ma io..."
"Provaci." la incoraggiò facendo uno scream di diciassette secondi.
"Please..." disse sorridente, emettendo un urlo così potente da far retrocedere di qualche centimetro il fratello.
"W-Woh. E tu non sapresti cantare, eh?"
"Se questo è cantare... Ho... Gridato per ventidue secondi..."
"Quello era uno scream, quante volte te lo devo ripetere? E comunque è il primo passo alla volta del tuo futuro da cantante!" la incitò alzando il pugno verso l'alto.
"Se lo dici tu..." borbottò roteando gli occhi da tutte le parti.
"Che strumento vorresti suonare?"
"Beh... Io..."
Saltò giù dal palco e iniziò a girare per tutta la stanza in cerca di ciò che sarebbe stato il suo primo strumento.
Passò la mano sulla batteria, sul sax, sulla consolle... Ma no, non era ciò che voleva.
Sbarrò gli occhi. Quelli erano perfetti. Quei due, quelli che Ruby suonava come se ci mettesse l'anima dentro.
"Br... Brotha. La chitarra elettrica e il piano: Ruby era un fottuto dio del piano e un genio con la chitarra. Insegnami a suonarli!" gli ordinò in un tono fra il supplichevole il determinato.
"Che legame..." biascicò prima di farla sedere sullo sgabellino di pelle nera in tinta col pianoforte.
"Ti piace? È del 2014... È stata dura ripararlo e accordarlo, ma ce l'ho fatta tuuutto da solo!" esclamò orgoglioso.
Rage iniziò a strimpellarlo, facendo emettere allo strumento note che trasmettevano tristezza. Lo sguardo perso nel vuoto, il capo chinato e coperto dai capelli, le mani che andavano da sole.
"R... Rage."
Lei si svegliò da quella che era la sua piccola e triste fantasia, accorgendosi che le mani di Shinoda erano appoggiate alle sue e la guidavano a comporre una melodia.
"Chaos Theory, Eighth, Hybrid Bloody Ending. Ci lavoro da un po'." le sussurrò all'orecchio.
"B-Bella."
"Sarei felice se la completassi con me, Rage... Ma serve la chitarra. Prima impari a suonare il piano, poi la chitarra, infine la voce. Solo allora potrai suonarla insieme a me."
Detto fatto. Una settimana dopo sapeva già suonare quasi meglio di Shinoda, sapeva leggere la musica, sapeva cantare. E ci metteva l'anima e il cuore nel farlo. O meglio, voleva metterceli dentro, ma non aveva più né una ne l'altro.
"Brotha... Grazie. N-Non sono più sola." disse sorridente appena appoggiò i fogli dello spartito sulla scrivania della loro stanza.
"Ecco a te. Sono le canzoni dalla otto, la mia preferita, alla dieci. La undici... Beh... Non-Non mi piace." disse abbassando il capo.
Lesse tutti i testi con minuziosa attenzione.
"Invece credo che questo diventerà il mio singolo preferito." la rassicurò, avvolgendole un braccio intorno alla spalla.
"Grazie! Grazie! Grazie! Grazie!" esclamò con le lacrime agli occhi, abbracciandolo.
"Ok... Prego... Ma ora mi puoi lasciare?" domandò dopo quasi dieci minuti.
Rage divenne rossa come un pomodoro.
"Ma sì, certo... S-Scusa..."
"Tr-Tranquilla!" balbettò.
I giorni passavano, ma l'ombra dentro gli occhi di Rage non passava.
Stava sempre e solo con Shinoda, non rivolgeva la parola a nessuno.
C'era anche chi pensava stessero insieme e, dopo un leggero arrossimento delle guance dei due, smentivano tutto: lei a suon di pugni, lui a parole.


Sala delle armi, ore 6.32, 6 mesi dopo la morte di Ruby


"Sei proprio sicura di volerlo fare di nuovo?"
"Non ne sono sicura, lo sono di più! E questa... Sarà la volta buona." disse Rage più determinata che mai, fissando il fratello negli occhi.
"Vuoi venire con me?" disse avviandosi verso la porta a passi veloci e cadenzati dal suono delle due tintinnanti medagliette che portava al collo.
"Rage aspet-" esclamò Shinoda cercando di seguirla, ma un ringhio animalesco lo fermò sul colpo.
"Sei proprio strana, lo sai sista? Prima me lo chiedi, poi mi fai capire di non seguirti..." disse poco prima di vedere la sorella scomparire dalla sua vista.
"Hihihi... Ma ti starò attaccato lo stesso, sappilo." sussurrò una volta presa la sua moto per seguire la sorella.
La ragazza sfrecciava sul suo bolide nero ad una velocità impressionante, alla ricerca di qualcosa, o meglio di qualcuno.
Indossava un cappotto nero lungo fino alle caviglie, stivali neri come i guanti, una maglia rossa e una sciarpa bianca.
"Strano. È uguale a..." la frase che Shinoda stava per pronunciare fu strozzata da una immensa tristezza.
Si limitò a seguirla in silenzio. I capelli rosso sangue con quella luce fioca parevano più chiari, come una criniera fiammeggiante che svolazzava al vento.
Il bolide nero si fermò davanti a un edificio con le pareti in cemento armato.
"È questo." sussurrò la ragazza infilando la testa in un cappuccio nero e coprendosi il volto con una maschera bianca dalle decorazioni rosse, simili a cicatrici. Un grande sorriso, di un rosso più scuro, era diviso alle estremità dalle due decorazioni. Una piccola corona nera era dipinta al centro della fronte.
Due occhi scarlatti brillavano come rubini da dietro la maschera.
"No! No! NO!" continuava a ripetere Shinoda, accortosi del cambiamento di colore degli occhi della sorella. Quel rosso poteva significare solo una cosa, e Shinoda lo sapeva.
Si precipitò all'interno dell'edificio in cerca della sorella, ma fu tutto inutile. Aveva perso le speranze ormai del tutto, ma un boato assordante gli fece capire che stava succedendo qualcosa vicino a lui.
Corso in direzione del luogo da cui quel rumore era partito, vide cinque pareti rinforzate e parallele fra loro completamente distrutte da delle voragini consecutive.
Da quei buchi si riusciva a vedere l'esterno: uno spettacolo orribile.
Una figura nera stava aggredendo un uomo sulla trentina con una furia inarrestabile.
L'uomo steso a terra implorava pietà, nascondendo il viso con un braccio.
"Ti prego, tu, aiutami!" urlò l'uomo accorgendosi della presenza di Shinoda.
La figura si girò verso di lui, fissandolo incredula e rabbiosa allo stesso tempo. Emise un ringhio molto simile a quello di un canide.
L'uomo steso a terra approfittò della distrazione del suo aggressore, ne approfittò e gli scalfì la maschera con un fendente. La maschera si crepò e poi si ruppe, mostrando parte del viso nascosto dietro di essa. Un occhio rosso dalla pupilla affusolata, ricco di odio e di sete di vendetta mostrava una voglia di trucidare chiunque avesse messo a repentaglio il suo piano.
Shinoda rimase scosso da quello sguardo demoniaco che pian piano diventava da scarlatto ad arancio.
"Non... Non è possibile!" disse pietrificato Shinoda.
La figura si girò verso il suo avversario, lo alzò e lo sbattè contro la parete, crepandola notevolmente.
"Tu... Hai rovinato la vita... A mia sorella!" urlò la figura.
Era una voce di donna, ma non era quella di Rage. Sì, ci somigliava molto, ma non era la sua. Era quella di...
Shinoda deglutì dalla paura.
"Shinoda, muovi un dito e faccio fuori anche te." sussurrò quella figura.
"Ma tu... Chi sei veramente?" balbettò il ragazzo.
"Io... Sono un giustiziere vendicatore. Tutto ciò... Non ha a che fare con te, perciò stanne fuori."
Fece una pausa, poi estrasse dal nulla la lama che apparteneva a Ruby e la impugnò al contrario. Strano, solo lei lo faceva.
Mandando un fendente contro l'uomo, urlò colma: "MUORI, SHINRAAA!"
L'uomo intercettò il colpo e lo fermò con la spada. "Chi sei veramente?" chiese in tono di sfida, ma con una punta di paura.
"Il tuo peggior incubo, bastardo. Mi hai fatto un torto tempo fa... E lo hai fatto anche a mia sorella... Ora pagherai." disse sbuffando.
Detto ciò, si lanciò contro Shinra e, con una forza incredibile, lo sbatté in aria, gli saltò sopra e lo fece rovinare a terra, prendendogli l'arma.
Shinra era ridotto a un cumulo di ossa rotte e sangue e sembrava svenuto.
La figura mise dietro la schiena le spade e le sistemò con un drappo in modo che non cadessero.
Si avvicinò lentamente a Shinra, mentre parte della sua maschera collassava, mostrando la parte inferiore della faccia: un sorriso irreale cingeva il suo viso completamente immacolato, di un pallido cadaverico. Gli occhi tornarono rossi.
"O... Nore... V... Vendetta... Morirai... Oh, sì, morirai... Tra atroci torture..."
Si mise sopra di lui e lo fece rinvenire a suon di pugni.
"Non sta bene che ti addormenti proprio sul più bello..." disse la figura, spalancando gli occhi e, sorridendo, infierì fino a spaccargli la faccia. Si leccò via il sangue dai guanti, gli spaccò prima tutte le dita, poi la mano, dopo i polsi, infine le braccia e le spalle.
Lo alzò. Shinra, non si sa come, rimase in piedi. La figura si allontanò.
"Tu... Non sei Rage..."
"Cosa te lo fa dire?" il tono era rabbioso, ma tendeva al triste, troppo al triste.
"Rage non fa così."
Un pugno partì. La figura fu scaraventata indietro e Shinra si alzò. Aveva la carne e le ossa maciullate, che sporgevano da ogni articolazione, gli occhi erano gonfi e rossi, da ogni apertura del suo corpo usciva sangue.
"HAI ANCORA IL CORAGGIO DI RIALZARTI, EH?" sbraitò la figura.
"Basta Rage!" esclamò Shinoda.
Si bloccò di colpo: "IO-NON-SONO-RAAAGE!"
Detto ciò, sfilò le due spade, scattò indietro per prendere la rincorsa e si precipitò verso Shinra, facendo cozzare le lame contro il terreno, facendogli emettere delle scintille e dei suoni acuti per l'attrito. Poi accadde l'inevitabile: la figura usò le sue armi sull'esanime Shinra, lasciandogli due ferite a X.
Cadde a terra emettendo un tonfo sordo, ma ciò non bastava. Doveva soffrire di più.
"Stupida feccia, mai mettersi contro noi due..." sussurrò sorridente prima di spaccargli le gambe e la schiena, piantandogli infine la lama bianca nel petto.
Shinra smise di respirare.
"Mff... Ngh... Ha... Ha... Hahaha... HAHAHAHAHA! Finalmente... Sì... VENDETTA! MUHAHAHA!" ridacchiò.
Prese la moto e partì verso la spiaggia, certa che Shinoda l'avrebbe seguita.
"Ma bene, un impiccione..." sbuffò accelerando.


Spiaggia di Lidos, ore 20.13, 6 mesi dalla morte di Ruby


Giunta alla spiaggia, la figura si fermò e scese dalla moto nera.
Shinoda la raggiunse e sbraitando imprecava incredulo di aver visto una persona, se così si poteva chiamare, trucidare un umano fino a quel punto.
"Shh..." sussurrò sorridente la figura. Quel sorriso, accentuato dagli occhi scarlatti di lei, faceva congelare il sangue nelle vene.
Si tolse la maschera e ridacchiò.
"Tu sei... No, non può essere... Tu sei morta!"
"Shh... Questo è il nostro piiiccolo segreto. Dillo a Rage e ti faccio fuori. Sul serio, non dirglielo, per favore." gli sussurrò all'orecchio dopo essersi rimessa la maschera e mettendo l'indice davanti alla bocca.
Si stava avviando verso la moto, ma si fermò di colpo, come presa da un proiettile e cadde in ginocchio, poi con la faccia a terra, emettendo un tonfo secco.
"RUBY!" urlò Shinoda prendendo la ragazza in braccio e togliendole la maschera.
Sbarrò gli occhi.
"Che... Brotha? Che è successo?"
Una ragazza dai capelli rossi lo fissava confusa, in cerca di una spiegazione.
"Rage..." Shinoda non sapeva che dire: gli era stato raccomandato di non riferire a Rage l'accaduto. Ma a tutto c'è una soluzione: cosa dire, se non ciò che RAGE aveva fatto?
Sorrise e la guardò negli occhi: "Guardati la schiena."
Alzandosi Rage notò che sentiva un peso dietro, si girò e vide che le else delle due lame gemelle le cingevano le spalle. Sorrise e scoppiò in una risata simile a quella di qualche ora prima. Cambiava solo una cosa: la voce. Ora era la sua, quella di Rage.


Dormitorio di Misaki e Evelyn, ore 00.09


Qualcosa ruppe la silenziosa quiete della notte. Evelyn emise un urlo raccapricciante, svegliandosi di soprassalto, come se fosse appena tornata da un incubo infernale.
"Allora... È questo che nascondeva..." borbottò Evy abbassando il capo.
"S-Sì... Domani le diremo tutto, ok?"
Qualcuno bussò.
"Chi... È?" sussurrarono in coro le compagne di stanza.
"Siamo Shinoda ed io, Rage. Abbiamo sentito che urlavi... Cos'è successo Evy?" chiese una voce tremante dall'altra parte della parete.
La porta si aprì leggermente. "Prego, entrate." disse Misaki a bassa voce.
I due si accomodarono sul letto di Evelyn, cercando di calmarla.
Continuava a ripetete frasi sconnesse e parole come "Lame gemelle", "Ruby" o "Diana", finché, ad un certo punto, Rage abbassò lo sguardo, capendo ciò che era successo.
"A-Avete... Lo avete visto, vero?" il suo tono non era arrabbiato, anzi, era quasi sollevato, ma dentro di esso c'era un concentrato di dolore. Alcuni di quei ricordi erano completamente scomparsi dalla sua mente, ma quella notte erano ricomparsi come un incubo che non l'avrebbe mai lasciata.
"Sì, ma è stato un incidente." biascicò abbattuta Misaki.
"Cosa vi e saltato in mente?" stava per dire Shinoda, ma venne preceduta da una Rage in tono maturo: "Non fa niente. L'hai detto anche te: prima o poi doveva accadere..."
Shinoda sorrise.
"Brava Rage." pensò.
"Dai, ormai è successo, non si torna più indietro. Andiamo brotha. Buona notte ragazze!" esclamò con un sorriso sulle labbra.


Dormitorio n.8, ore 00.28


"Rage... Dimmi la verità, lo sapevi, vero?"
"Non proprio... Diciamo... Che l'ho intuito. So che è stato un incidente e so che posso contare su di loro. Mi basta questo. E poi... Se non fosse successo nulla... Non sarei la Rage che sono oggi!" disse abbracciando il fratello, poco prima di coricarsi e addormentarsi.
   
 
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