Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Serpentina    25/07/2014    10 recensioni
Lei: ha deciso di dedicarsi anima e corpo al lavoro, nonostante una migliore amica determinata a ravvivare la sua vita sentimentale, "più piatta dell'elettrocardiogramma di un cadavere". Dopo una cocente delusione, ha deciso di fare suo il mantra: "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte".
Lui: strenuo sostenitore del motto "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte". Il suo obiettivo è fare carriera, non ha nè tempo, nè voglia di perdersi dietro ai battiti di un organo che, per lui, serve soltanto a mandare in circolo il sangue.
Così diversi, eppure così simili, si troveranno a lavorare fianco a fianco ... riusciranno a trovare un punto d'incontro, o metteranno a ferro e fuoco l'ospedale?
Nota: il rating potrebbe subire modifiche.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao ciaoino! Ok, spengo la modalità stupido Flanders e torno alla normalità. Non ho molto da dire, se non che la fine della storia si avvicina, but don’t worry, ho già in mente un seguito… non vi libererete mai di me! *risata malvagia*
Grazie a Bijouttina, Calliope Austen, DarkViolet92, elev e madewithasmile, che hanno recensito, e a Crocchi e sunshine_mellark, che ha inserito la storia tre le preferite! ^^
Colonna sonora del capitolo:
https://www.youtube.com/watch?v=m0AKJMGxwpE e https://www.youtube.com/watch?v=C_HAgFs6I4o 



La festa per farli litigare




“La comunicazione perfetta esiste. Ed è un litigio.”
Stefano Benni
 
Si dice che le ore liete scorrano veloci, al contrario di quelle spiacevoli, che sembrano non passare mai; eppure anche loro passano, e ci si trova a domandarsi che fine abbiano fatto i giorni che ci separavano da un evento temuto.
Brian affrontò l’ordalia con incredibile forza d’animo; fiancheggiato da due guardie del corpo d’eccezione, sua madre e il suo avvocato e amico Jack, varcò la soglia del laboratorio di analisi genetiche con una serenità che sconcertò i presenti: che fine aveva fatto il Brian teso e depresso dei giorni precedenti?
Fu lo stesso Brian a rispondere a quella muta domanda che aleggiava nell’aria. Con sommo stupore dei giornalisti, si fermò, si voltò verso di loro e dichiarò, con serafica calma –Se nei giorni scorsi sono stato intrattabile me ne scuso. La colpa, però, è soltanto vostra: vi siete ritenuti senza peccato, e avete scagliato contro di me una montagna di pietre. Sono forse più colpevole della vedova del mio compianto socio? O di tanti altri, mariti, mogli, fidanzati, che si giurano eterno amore e poi di notte cambiano faccia? La mia unica colpa è di essere me stesso, senza maschere: non ho una donna fissa perché ho preferito non impegnarmi per convenienza e diventare adultero per passione. Questo, credo, mi pone al di sopra di molto gentiluomini di questo Paese, che con le loro donne non sono né gentili, né tantomeno uomini. Buona giornata. 
Non appena ebbero varcato la soglia Heather esclamò –Sono fiera di te, tesoro!
–Sai che questa uscita infelice ti costerà l’appoggio di una bella fetta di opinione pubblica, sì?- gli fece notare Jack.
–Credano ciò che vogliono, ho di meglio a cui pensare- rispose Brian, dopodiché non poté dire altro, perché un’addetta gli prelevò un campione di DNA per l’analisi. Il vecchio Brian avrebbe ricambiato le occhiatine maliziose, e avrebbe replicato brillantemente all’allusivo “Apra la bocca, Mr. Cartridge”, ma quella disavventura lo aveva cambiato, insegnandogli ad assegnare a ogni aspetto della vita la giusta priorità, e l’ennesima scopata priva di significato, in quel momento, era di gran lunga meno importante che scoprire se il bambino di Mrs. Ryan fosse suo.
–I risultati tra una settimana- li informò uno sconosciuto in camice, che li congedò con una stretta di mano e il confortante –Uno su sei è una probabilità piuttosto bassa, Mr. Cartridge. Non perda la speranza.

 –Il problema- esalò Brian,  –E' che non so più in cosa sperare

***

–Allora, F, pronta a disputare un match di boxe con la tua dolce suocera?- ridacchiò Abigail, impegnata a passare in rassegna ogni singolo capo d’abbigliamento contenuto nello straripante guardaroba della Irving.
Lei e Bridget si erano precipitate in soccorso dell’amica, sull’orlo di una crisi di nervi: pur non essendo vanitosa, era ossessionata dall’obiettivo di far colpo su Gertrud. Da ormai due ore le tre stavano sperimentando svariati look, ma nessuno sembrava incontrare l’approvazione del severissimo giudice Faith.
–Non si è mai pronti ad affrontare la famigerata suocera- sospirò. –Spero solo che la presenza di testimoni la persuada a trattenere l’istinto omicida!
–Parole sante- confermò Bridget annuendo con convinzione. –Le suocere sono una punizione divina. Ricordo ancora con orrore gli insulti che mi rivolse la madre di Tony! Terribile! E la megera alias madre di Paulo? Non lo mollava un istante, tanto da obbligarmi a divorziare per mancanza di intimità!
–Secondo me il problema è lo stesso che affligge le relazioni genitori-figli- asserì saggiamente la Irving scuotendo il capo. –Dimenticano cosa provarono a loro tempo dall’altra parte della barricata.
–Sii te stessa- suggerì Abigail, per poi aggiungere, storcendo il naso alla vista dei poster di gruppi metal, degli anfibi con la punta in metallo e dei vari gioielli ornati di borchie, teschi, croci e chi più ne ha, più ne metta, che Faith ancora sfoggiava di tanto in tanto –Ehm, magari non troppo te stessa… una te stessa un filino più femminile.
–Ab, non si può fingere di essere ciò che non si è. Non sono mai stata e non sarò mai la classica donna casa e famiglia. Mi dispiace, non è nelle mie corde: fin da piccola mi sono vista in carriera, al massimo con un uomo accanto, e dubito cambierò idea a ventisei anni.
–Evita di farlo sapere alla mamma di Franz, altrimenti lascerai la festa con qualche pezzo in meno- commentò Abigail scuotendo melodrammaticamente il capo.
–So già che mi odierà, infatti!- gnaulò Faith, coprendosi il viso con una canotta stropicciata. –Quale madre vorrebbe al fianco di suo figlio una donna che ha l’orticaria se deve fare le faccende domestiche, che sa suturare, ma non cucire, che non riesce a stirare niente di più complicato di un fazzoletto senza bruciare gli orli?
–Effettivamente…
–Visto? Faccio schifo!
–Ab, chiudi il becco. Faith, non abbatterti, sei una persona fantastica!- asserì Bridget in tono consolatorio, cingendole le spalle. –E’ a Franz che devi piacere, non a sua madre, e a lui piaci, perché sei sincera, generosa, intelligente, sarcastica, riesci a capire lui e il suo lavoro, che poi è anche il tuo, hai altre priorità che non rimirarti allo specchio come la matrigna di Biancaneve e abbrustolirti sotto il sole come una lucertola… Franz è un vero uomo, non ha bisogno di una mezza donnetta per sentirsi virile; cercava un degno avversario, e l’ha trovato in te.
–Da dove salta fuori tanta saggezza, B?- domandò acida Abigail. –Hai cambiato cereali per la colazione?
–Spiritosa!- sbuffò l’altra, proponendo all’amica che le aveva chiesto aiuto un abito decisamente troppo corto e scollato per una tranquilla festa casalinga.
–Tiro a indovinare, B- ridacchiò Faith, –Non sei piaciuta a nessuna delle tue suocere!
–Già!- gnaulò lei, mettendo il broncio. –Non capisco perché! Sono una ragazza così posata!
Le altre due si scambiarono uno sguardo d’intesa e riuscirono a camuffare in tosse le risatine che avevano tentato prepotentemente di uscire dalle loro bocche.
–Lascia che per una volta ti dia io una lezione, B- sciorinò in tono da maestrina Abigail. –Per far colpo sulla suocera devi mostrarti l’opposto di quello che piace al tuo uomo. Dimentica vestiti succinti, tacchi vertiginosi e gioielli vistosi e fai spazio a modestia, eleganza, discrezione. Ti assicuro che funziona.
–Buono a sapersi- intervenne Faith, dopodiché espose alle amiche il suo piano geniale, che incontrò dapprima la loro perplessità, poi la loro approvazione. Felice di poter contare sull’appoggio di due alleate fidate, esaminò fischiettando un vestito dimenticato in fondo all’armadio; non era affatto brutto (forse un po’ retrò), ma, siccome glielo aveva comprato Führer Rose a sua insaputa, si era rifiutata di indossarlo per principio. Non sopportava le imposizioni.
–Uuuh! Carino!- squittì Bridget, battendo le mani per l’eccitazione. –Potresti abbinarlo alle decolté color cuoio che mettesti al mio terzo addio al nubilato!
–Frena l’entusiasmo, B, non ha ancora ricevuto la mia approvazione- sentenziò Abigail con aria da gran dama. –Uhm… Bordeaux, colore che ti dona, a pois, che io adoro, con una cintura sottile per allontanare l’attenzione dal seno, lungo al ginocchio, così non mostrerai più coscia del necessario, in chiffon, che fa tanto brava ragazza… sì, dire che può andare.
Prima che potesse anche solo formulare una riposta, la povera Irving si vide assalire dalle due pazze scatenate, che le infilarono a forza abito e scarpe per poi trascinarla in bagno, dove, tra un battibecco e l’altro, la truccarono e fecero il possibile per addolcire il taglio “da maschiaccio”.
Completata l’opera, trillarono estasiate –Perfetta! Se avessi un figlio te lo farei sposare domani!
Faith sorrise e, con tanto di strizzatina d’occhio, cantilenò –Auguratemi buona fortuna, ragazze. “I’m on the highway to hell, and I’m going down!”

 
***

–Secondo me stai esagerando, Gertrud- asserì in tono severo Martin Philips, scrutandola torvo dallo specchio della loro camera da letto, dove stavano preparandosi in attesa dei primi ospiti.
La donna, che aveva da poco ultimato il maquillage e si stava agganciando gli unici gioielli che si era concessa, un vistoso paio di orecchini in stile indiano, rispose –Dici che sono pacchiani?
–Non fare la finta tonta, sai benissimo che non parlo degli orecchini!- sbottò suo marito, reso ancor più irritabile dalla cravatta: detestava sentire il collo stretto in un cappio, per quanto elegante fosse, ma sua moglie teneva molto alle formalità, per cui si era visto obbligato a indossare la sua preferita.
–Di cosa, allora?
–Del tuo folle progetto. Metterai a disagio tuo figlio e la sua fidanzata soltanto per toglierti lo sfizio di vederli crollare e confessare davanti agli altri invitati, come se avessero commesso chissà quale crimine!- tuonò Martin. –Mi pare crudele e incoerente: non eri tu a caldeggiare che Franz, per usare le tue parole, “si sistemasse”?
–Sì, ma avrei gradito avere peso nella scelta! Sarei stata sicura che finisse con una ragazza normale!- ululò Gertrud, rivelando il reale motivo alla base del suo malcontento: si era rassegnata al matrimonio-lampo di Alexander, che tuttavia aveva accresciuto la sua determinazione a seguire passo passo Franz nella scelta della compagna.
–Gertie cara, quando entrerà in quella bella testolina che non esiste la normalità in amore?- osservò saggiamente Martin. –Preferisci che Franz sia follemente felice, oppure che si roda il fegato con una donna che rispetta i tuoi criteri di normalità, ma che non considera alla sua altezza?
Gertrud aprì un secondo la bocca per ribattere, ci ripensò, contrasse i lineamenti in un’espressione corrucciata, infine sospirò –Suppongo tu abbia ragione. Tuttavia, considerato che in un certo senso mi ha mentito, tenendomi nascosto che ha una fidanzata, credo che Franz meriti una piccola punizione. Vedrai, sarà uno spasso!

 
***

“Words like violence, break the silence. Come crashing in, into my little world. Painful to me, pierce right through me. Can’t you understand, oh my little girl?”
–Che musica figa, zio!- trillò Hans, agitandosi sul sedile posteriore. –Come si chiama la canzone? Chi canta?
–Ehi, ehi, ehi! Chi ti ha insegnato quella parola?- lo redarguì Alexander. –E’ da maleducati parlare così, Hans. Se proprio vuoi esprimere il tuo entusiasmo, di’ “Che pezzo da urlo”, o “Che canzone mitica”.
–Tuo padre ha ragione. E’ infantile e ridicolo sforzarsi di apparire grandi usando un linguaggio inadatto alla propria età. Comunque, per tua informazione, questi sono i Depeche Mode e il brano è ‘Enjoy the silence’- lo appoggiò Franz. –Grazie, Xandi, per avermi dato un passaggio. Ti devo un favore.
–Riscuoterò quando più mi converrà. Certo che siete strani, tu e Faith: arrivare separatamente per non destare sospetti. Avete pensato a come resistere tutta la sera senza sco…
–Alexander!
–Scusa, amore. Ce la farete a non dimostrarvi il vostro amore? Sinceramente non capisco perché escogitare tutti questi sotterfugi- biascicò Alexander, ruminando un chewing gum. –Di’ semplicemente alla mamma che hai trovato di meglio delle sciacquette che ti propinava, non mi pare tanto difficile!
–Alexander!
–Cos’è una sciacquetta?- chiese Hans con fervente curiosità. –E’ una cosa per lavarsi? Una saponetta?
–Complimenti- sibilò Serle, fulminandolo con un’occhiataccia. –Adesso sbrigatela da solo. Avanti, su, nostro figlio aspetta una risposta!
Alexander indugiò: come poteva spiegare a un bambino di sei anni cos’era una sciacquetta senza finire dalla padella nella brace?
–Ehm… ecco, Hans, la sciacquetta è una persona- “Buon inizio. Continua così”. –Una… ragazza che, ecco… non ha molto cervello.
–Non è una stupida, quella?
–Sciacquetta è peggio. E’ una brutta parola, offensiva, e non voglio mai sentirla uscire dalla tua bocca. Chiaro?
Scioccato dall’espressione severa dipinta sul viso di suo padre, Hans annuì e Franz, dopo avergli scompigliato affettuosamente i capelli per restituirgli il sorriso, riportò la conversazione sul tema originario.
–Da che pulpito, Xandi. Se non ricordo male, quando stavo da papà in Germania mi sommergevi di e-mail strappalacrime, lamentandoti degli appuntamenti da incubo che ti organizzava mamma. Ti sei sposato lontano da casa apposta per evitare che passasse al setaccio Serle!
Alexander provò a replicare, ma sua moglie, cullando il piccolo Wilhelm, glielo impedì.
–Tuo fratello ha ragione, Alex: hai subito il suo stesso trattamento, dovresti appoggiarlo, non dargli addosso!
–Non gli sto dando addosso, lo sto mettendo di fronte alla realtà: mamma si inca… volerà da morire quando scoprirà che sta con Faith, non tanto perché non le piacerà - è talmente ossessionata dalla mania di vederci con la fede al dito e due o tre marmocchi a testa che le andrebbe bene chiunque - quanto perché non ha avuto un ruolo nella scelta!
–Senti- propose Franz, –Facciamo così: se mamma dovesse scoprire che Faith è la mia fidanzata lo ammetterò, altrimenti aspetterò il momento che riterrò opportuno.
–Lo capirà, fratellino- asserì Alexander. –Per certe cose le parole non sono necessarie.
“All I wanted, all I needed is here, in my arms. Words are very unnecessary, they can only do harm. Enjoy the silence!”

 
***


Poco dopo il suo arrivo Franz era stato trascinato da Gertrud - iperattiva e favolosa nel completo formato da tunica e pantalone color canna da zucchero con graziosi fiorellini azzurri ricamati - in un giro di saluti e presentazioni. A lei, che non conosceva nessuno, esclusi Alexander, Serle e i suoi colleghi, e non voleva apparire appiccicosa, non era rimasto che ritirarsi in un angolino a sorseggiare sangria ghiacciata.
“That’s me in the corner, that’s me in the spotlight. I’m losing my religion, trying to keep up with you, and I don’t know if I can do it!”
Decisamente una canzone poco adatta alla situazione, dato che aveva bisogno di un’infusione di coraggio, non di depressione in note.
Nonostante le rassicurazioni dei colleghi si sentiva un pesce fuor d’acqua; lei, Jeff, Josh e Rajiv erano di gran lunga i meno eleganti, ma, mentre ai maschi erano concesse vaste deroghe in materia di stile, per le femmine era diverso: più di una volta le era parso di scorgere alcune delle invitate più giovani sghignazzare nella sua direzione, ma la sua parte razionale l’aveva persuasa di soffrire di allucinazioni. Oltretutto, molte di loro erano uscite con Franz negli appuntamenti al buio organizzati da Gertrud, che sembrava prestare attenzione solo e soltanto a chi giudicava materiale da fidanzamento.
Li aveva tenuti d’occhio per qualche minuto, dopodiché, pervasa da ribollente ira, si liberò del bicchiere e si diresse verso Franz e gli lanciò un’occhiata fugace ma inequivocabile mentre si serviva altra sangria. Una volta assicuratasi che avesse ricevuto il messaggio, si avviò al piano superiore.
Proprio quando stava perdendo le speranze, si sentì afferrare dalle mani di Franz, che le sussurrò all’orecchio –Grazie per avermi salvato da quelle galline!
–Avresti potuto salvarti da solo, invece di atteggiarti a galletto e scaricarmi in un angolino.
–Mia madre non è scema, lo hai detto tu stessa, non potevamo rischiare…
–Cosa? Ti ho assecondato, Franz, però inizio a pormi delle domande: tua madre sarà severa, ma non è Cerbero. Pretende di indirizzarti verso le galline figlie delle galline sue amiche, ok, ma non credo che mi pugnalerebbe, una volta constatato che ti rendo felice. Allora perché non vuoi affrontarla? Ti vergogni di me?- ringhiò Faith.
–Finora no, ma sono in tempo per cominciare! Ne ho abbastanza delle tue paranoie!- sbottò lui.
–Ah, sì? Beh, io ne ho abbastanza di uomini senza palle!
–Senza palle io? Io? Ti sto dietro da novembre e ancora non abbiamo scopato! Un uomo normale si sarebbe già stancato, ma io no, sono masochista e so aspettare... anche se comincio a dubitare che ne valga la pena.
–Sapevo che avresti toccato questo tasto!- ululò, lieta che la musica e il chiacchiericcio impedissero che la loro discussione divenisse di dominio pubblico. –Ho sperato fossi davvero diverso, invece sei uguale agli altri… col cervello nelle mutande. Grazie di avermi fatto capire che stai solo giocando alla caccia, e una volta ottenuto quello che vuoi mi scaricherai!
–A proposito di cervello, sicura di averlo connesso alla bocca?- ruggì Franz, ormai fuori controllo. –Perché stai sparando un mucchio di cazzate! Se volessi scopare e basta mi rivolgerei altrove! Posso avere di meglio!
–Oh, grazie!- latrò Faith, trattenendo a stento le lacrime. –Fa miracoli per l'autostima sentirsi sbattere in faccia che sei una mezza schifezza!
–Non mi pare di averti mai illuso in tal senso- rincarò Franz, deciso a vincere la guerra verbale. –O vuoi che ti elenchi adesso le ragioni per cui non sei una bellezza mozzafiato?
–Chiudi quel cesso di bocca! Ne ho abbastanza di te!- barrì, asciugandosi le prime lacrime apparse all’angolo degli occhi. –Saluta tua madre da parte mia e scordati che esisto!
Repressa la voce della ragione, che gli stava suggerendo di fermarla e chiederle scusa in ginocchio o con un atto plateale quanto imbarazzante, pur di non perderla, sbraitò –Benissimo! Non ho bisogno di te! Torna a casa a piagnucolare abbracciata al gatto! Vattene! E’ quello che ti riesce meglio, no?
“Consider this. Consider this, the hint of the century. Consider this: the slip that brought me to my knees failed. What if all these fantasies come flailing around? Now I’ve said too much!”

 
***

Il rumore fastidioso del cercapersone interruppe per la sesta volta il riposo di Harry James, e confermò la teoria secondo cui i turni di notte non hanno mezze misure: o sono un susseguirsi di tempi morti, oppure un susseguirsi di casi difficili che sarebbe meglio affrontare con la mente lucida dopo otto ore di sonno ristoratore.
Era passata da poco l’alba, aveva intravisto i primi raggi di sole attraverso le persiane. La chiamata era partita dal Pronto Soccorso, per cui immaginò di trattasse di un incidente stradale - con ogni probabilità qualche ubriaco di ritorno dalla discoteca - e che avessero bisogno di lui per eseguire TC a eventuali vittime con gravi traumi multipli.
Errore.
–Un ultimo sforzo, manca poco alla fine- sbadigliò al collega della Medicina d’Urgenza, col quale aveva in comune le occhiaie e l’aria sbattuta. –Cosa abbiamo?
–Una donna è caduta dalle scale. Lamenta dolori diffusi, in particolare alla spalla destra. Probabile frattura.
–Radiografia, allora.
Nello scoprire l’identità della paziente, Harry non poté non emettere un risolino divertito: la sorte beffarda aveva anticipato il suo incontro settimanale con la donna del ristorante. Anche lei parve averlo riconosciuto perché, sebbene i lineamenti fossero distorti dal dolore, gli rivolse un debole sorriso.
In un patetico tentativo di sdrammatizzare, le domandò in tono scherzoso –E’ caduta dai tacchi, per caso?
–Anche se fosse, non ci sarebbe niente da ridere- rispose sdegnosamente.
“Ha una voce da sirena. Bella quasi quanto lei” pensò, si diede uno schiaffo per riprendersi e si scusò –Scusi, eh, ma a fine turno la stanchezza si sente. Certo che non c’è nulla da ridere, è solo che, ehm, giusto ieri abbiamo avuto un caso del genere…
–Nessuna offesa. Spero solo che la sua bravura come radiologo non sia pari al suo spirito di osservazione- commentò sarcastica la donna. –Non vede che sono in tuta e scarpe da ginnastica? Stavo andando a correre, come tutte le mattine.
–Va a correre? Anche io... quando non sono di turno, ovvio. E’ un’attività molto salutare.
–Più che altro uno sfogo, e poi i classici tipi da palestra mi disgustano: voglio fare esercizio, non rimorchiare- ammise, per poi aggiungere, con una smorfia –Quando si deciderà a fare effetto l’antidolorifico?- Harry alzò gli occhi al cielo e la aiutò a prepararsi per la radiografia. Molti suoi colleghi erano ben felici di lasciare questo compito agli infermieri, ma lui preferiva avere tutto sotto controllo. Stava per entrare nel bunker, quando la paziente parlò di nuovo. –Si chiama tubo di Roentgen, giusto? Simile al tubo catodico dei vecchi televisori.
–Esatto. Ulteriori dettagli dopo l’irradiazione- concluse, chiuse la porta del bunker, regolò il campo e l’intensità dell’irradiazione, infine premette un tasto e attese che il tubo radiogeno (o tubo di Roentgen) facesse il suo dovere.
Sbrigati esami e scartoffie si mise a chiacchierare con lei, e trovò la sua compagnia davvero piacevole. Apprese che la bella del ristorante altri non era che Freddie il meccanico con un misto di sorpresa e imbarazzo per le volte in cui l’aveva derisa con sua sorella.
–Ebbene sì, sono un raro esemplare di meccanico con le tette. Il venerdì sera, smessa la tuta, mi concedo una lauta cena e la frivolezza di un abbigliamento più femminile. Bisogna godersi la vita, no?
Appurato che non c’era traccia di frattura né di emartro - perciò, quasi sicuramente, il dolore alla spalla era causato da un ematoma - dopo un’occhiata veloce al fondo oculare, d’accordo col collega che l’aveva visitata in precedenza la dimise, raccomandandole caldamente di tornare se si fosse accorta di problemi alla vista o capogiri.
Prima di salutarsi, Freddie gli diede appuntamento per il venerdì successivo al solito posto e aggiunse, con un sogghigno furbo –Dopotutto, qualcosa di buono è venuto dalla caduta: venerdì non avrai scuse per non sederti al mio tavolo!

 
***

Nei giorni seguenti Franz fu a dir poco intrattabile: sfogava su chiunque gli capitasse a tiro la frustrazione per il fatto che Faith lo teneva alla larga, impedendogli di chiederle perdono strisciando; a tutto ciò si sommava la nauseante gaiezza di Chris, che aveva ripreso a tubare con Erin, di Harry, cotto a puntino del “meccanico con le tette”, e di Patty, innamorato e felice con la sua Harper. In breve, il suo malumore cresceva di giorno in giorno.
Inaspettatamente, fu sua madre a dargli la spinta che gli serviva per rimediare al danno da lui combinato.
Kind, non indovinerai mai chi ho incontrato al mercato!- trillò allegramente nel bel mezzo di un pranzo in famiglia.
Sia figli di Gertrud, sia quelli di Martin, alzarono gli occhi al cielo e chiesero, in tono scocciato –Chi hai incontrato?
–Quella ragazza pienotta che lavora con te…. Faith!- rispose lei, e a Franz andò di traverso un boccone di roast beef. –Era con sua madre, una donna così alla mano!
–Faith o sua madre?
–Taci, Alexander, non capisci mai niente!- sbuffò Gertrud, che non sopportava le interruzioni. –Parlavo della madre di Faith. Lei è stata molto educata, mi ha salutato, mi ha pregato di dare un bacio a Hans e Wilhelm da parte sua, però nel complesso non è stata particolarmente loquace.
–Tra le sue qualità non è inclusa la parlantina- asserì Franz, giocherellando nervosamente con la forchetta.
–Era strana, comunque, e aveva un’aria afflitta. Fatto ancora più strano, mi ha chiesto se ti avessi visto e come stavi. Non vi vedete in ospedale?
–Non molto… ha cambiato turnazione.
–Capisco. Ad ogni modo, le ho risposto che stavi benissimo e che stai frequentando una ragazza conosciuta alla mia festa. Ho fatto male?
–Tu… tu hai… sei impazzita?- abbaiò Franz, alzandosi di botto. –Come ti sei permessa di mentire sulla mia vita privata?
–Scusa. Non credevo ti stesse tanto a cuore!
Svuotati lentamente i polmoni, Franz serrò i pugni e ringhiò –Conoscendoti, credo invece che lo sapessi. E va bene, lo ammetto: io e Faith stavamo insieme. Stavo aspettando il momento giusto per dirtelo… e, onestamente, ero tentato di negarti la soddisfazione di sapere che sei riuscita nel tuo intento. Peccato abbia rovinato tutto!
–Vacci piano con le accuse: se qui c’è qualcuno che ha rovinato tutto, sei tu!- sbottò Alexander. –Mamma ha sbagliato in buona fede.
–Mamma non ha sbagliato- intervenne Gertrud. –Mamma non sbaglia mai. Per principio. Rilassati, Franz, e siediti. Ti ho giocato uno scherzetto: non ho incontrato Faith, non la vedo dalla festa. Ho visto lei andarsene sconvolta e tu ritrasformarti nell’acido musone di ritorno dalla Germania; inoltre, da che era il principale argomento di conversazione quando si toccava l’argomento lavoro è diventata improvvisamente tabù. Ho impiegato pochissimo a fare due più due.
–Ti sto odiando profondamente, mamma, sappilo!- sputò Franz, riprese posto a tavola e le scoccò un’occhiata truce.
–L’ho fatto per te, kind. Superato l’ostacolo di confessare che Faith è la tua ragazza, rimediare ai tuoi errori sarà una bazzecola.
–Vuoi dei ringraziamenti? Grazie! Ora prometti di non interferire mai più?
–Spiacente- cinguettò Gertrud, sfarfallando le ciglia, –Non è mia abitudine fare promesse che non posso mantenere!

 
***

Assorta in mille pensieri, Faith avvertì a malapena il sapore del delizioso dolce marca Melanie che stava masticando.
In barba al divieto di Jack di festeggiare prima che i risultati del test di paternità fossero resi pubblici, si stavano dando alla pazza gioia, mangiando, bevendo, ridendo, ballando e, nel caso di Faith, cantando.
Venne riportata alla realtà da Connie, la quale, avvicinatasi a lei incollata all’onnipresente Keith, domandò –Meglio sordo o cieco?
–Ehm… possibilmente nessuna delle due.
–Connie è fissata con l’idea di voler dare un difetto fisico a uno dei protagonisti del suo nuovo giallo- sbuffò Keith.
–Non è un protagonista, è la vittima principale- precisò Connie. –Un insigne Maestro pasticciere che, nonostante la cecità - o sordità, non ho ancora deciso - svolge la sua professione ad alto livello e partecipa a una gara internazionale di pasticceria. Non a caso il romanzo si intitola: ‘Io sono merenda. Verrà la morte, e avrà la forma di un bignè’.
–Titolo evocativo- esclamò l’altra, incerta se ridere o piangere.
–Ometti un dettaglio, Ciambellina- sibilò Keith. –Faith, la nostra Agatha Christie ha creato una macchia nel passato del pasticciere… un incidente stradale.
Alla Irving andò di traverso l’éclaire. Tossicchiò, si batté il petto, infine, cercando di ricacciare nell’oblio le immagini del corpo esanime di Vyvyan e della stessa Connie in coma, commentò –Non è, ehm, di cattivo gusto che proprio tu inserisca un incidente stradale nel libro?
–E’ fondamentale ai fini della trama!- gnaulò la bionda, arricciando le labbra. –Nell’incidente lui perde la vista, o l’udito, e una bambina la vita. La madre cova il proprio rancore per anni, poi si vendica facendo fuori colui che considera l’assassino della figlia. Fine degli spoiler.
–Stavo per dirlo io- ridacchiò Faith. –Gusterò, tanto per restare in tema, il tuo prossimo libro non appena verrà pubblicato. Comunque, se vuoi il mio modesto parere di medico, sia cecità che sordità sono plausibili come postumi di un incidente stradale: l’impatto potrebbe aver danneggiato il nervo ottico o l’acustico, oppure la corteccia visiva o uditiva.
–Grazie, mi hai tolto un grosso dubbio- sospirò Connie. –Forse, però, pensando al mestiere di questo tizio, la sordità è più verosimile. Cosa ne pensi, consulente editoriale?
–Penso che Faith abbia ragione- rispose in tono deciso. –Leva questa assurdità dell’incidente stradale e sostituiscila con un movente passionale. Il sesso vende!
–Alla grande!- annuì la scrittrice. –Mai vista tanta gente leggere il giornale come da quando è scoppiato lo scandalo Ryan!
La porta dell’appartamento di Brian si aprì e il lupus in fabula apparve in tutto il suo splendore. Calò un silenzio carico di attesa e tensione; tutti gli sguardi si concentrarono sul padrone di casa, che andò a sedersi a capo chino. Al termine di una pausa di pochi secondi, che però ai presenti parve infinita, si erse in tutta la sua altezza e appagò la curiosità generale.
–E’ mio figlio.
 
Note dell’autrice:
Please, ditemi che non fa schifo! L’ho scritto di getto, senza pensare, correggerò dopo eventuali errori che mi segnalerete.
Spero che le vostre aspettative non siano rimaste troppo deluse: F&F avevano bisogno di litigare. Lui cominciava a darla per scontata e lei (scusa, Faith, ti adoro, ma devo dirlo) a considerarlo una sorta di Cyril due. Ora, invece, potranno chiarirsi e ripartire col piede giusto… forse. XD
Alzi la mano chi si aspettava che anche Harry, alla fine, avrebbe trovato l’amore. Lui e Freddie sono una bella coppia, e chissà che, conoscendola meglio, non cambi idea sulle donne meccanico! ;-)
E ora… vai col conto alla rovescia: meno un capitolo e l’epilogo alla fine!
Serpentina
Ps: ruzzolare per le scale e finire al Pronto Soccorso è un buon modo per rompersi qualche osso, non per rimorchiare. Non tutte possiamo avere la fortuna di Freddie! XD
 
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Serpentina