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Autore: A_Typing_Heart    25/07/2014    3 recensioni
Nella cornice di un Giappone moderno schiacciato dalla tirannia di un regime militare Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro si ritrovano a inseguire i propri ideali di giustizia e libertà su fronti opposti. Hibari è pronto a separarsi da Mukuro in nome della legge, dell'ordine e della disciplina, lasciando il suo cuore imprigionato in un gelido inverno. Ma altri sono pronti a dare la vita affinchè torni a soffiare un vento carico di petali di ciliegio...
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Il mattino dopo Hibari Kyoya stava dormendo, contrariamente alle sue supposizioni della sera precedente, e dormendo piuttosto pesantemente. Era scivolato nel sonno mentre rifletteva sulle intenzioni di Mukuro ma ebbe la benedizione di un riposo non disturbato dai sogni e l'unico momento in cui si era quasi risvegliato era stato quando gli era parso di sentire un fruscio. Annebbiato e desideroso di tornare al suo beato riposo pensò fosse stato un uccellino nella voliera o uno dei suoi ricci che razzolava nella gabbietta.
Quando finalmente aprì gli occhi non era sicuro di sapere che cosa l'aveva svegliato. Sbattè le palpebre sugli occhi grigi diverse volte prima di riuscire a focalizzare lo strano sibilo che gli arrivava dalla cucina e qualche altro attimo per capire che era il fischio del bollitore. Guardò la finestra illuminata dalla luce del mattino e sbadigliò, girandosi sulla schiena e stirando le braccia.
Il fischio era decisamente forte adesso. Tese l'orecchio ma non sentì nient'altro a parte i canarini che cinguettavano fuori dalla finestra.
-Mukuro...-
La voce si strozzava in un sussurro rauco. Diede un colpetto di tosse per schiarirsi.
-Mukuro, la teiera...-
Sospirò affondando di nuovo nel cuscino e chiudendo gli occhi, ma il fischio continuava a salire d'intensità e non ebbe alcuna risposta da Mukuro, e nemmeno sentì passi o rumori nella cucina o nel bagno. Una brutta sensazione si impadronì di lui facendogli spalancare gli occhi, improvvisamente sveglissimo. Si alzò dal letto scaraventando via le coperte e uscì dalla stanza come se l'appartamento stesse andando a fuoco.
La porta del bagno era aperta e la stanza era vuota. Con il cuore che gli martellava nel petto attraversò il breve corridoio e si sporse sul soggiorno, vuoto. Il fischio della teiera diventò insopportabile e si diresse nella cucina.
Lì erano gli unici segni di una presenza. La teiera sul fuoco che fischiava terribilmente, una sola tazza per il tè posata sul tavolo, i soliti biscotti che mangiava per colazione disposti a fiore sul piattino. Infastidito Hibari tolse il bollitore dal fuoco, dando finalmente tregua alle sue orecchie. Riuscì solo in quel momento a notare un bicchiere posato sul lavandino, un bicchiere che non avevano usato la sera prima per la cena. Sentendosi sempre più angosciato e al tempo stesso furioso, lasciò la cucina e ripercorse tutto l'appartamento.
-Mukuro!-
Troppo incredulo per poter pensare che se ne fosse davvero andato lo cercò sul balcone, dietro il divano, dietro le porte e persino sotto il letto, rendendosi perfettamente conto che sarebbe stato privo del benché minimo senso nascondersi in posti del genere.
-Non posso crederci, quel figlio di...-
Si bloccò quando lo sguardo gli cadde sul cuscino. C'era qualcosa sotto il cuscino. Lo tirò via e riconobbe quella che era una pagina color avorio a righe nere, una pagina del blocco appunti che teneva vicino al telefono nel soggiorno. L'afferrò con furia come se quella gli avesse fatto un torto e andò vicino alla finestra per leggere cosa c'era scritto.
"Kyoya, non potevo dirtelo di persona per un po' di motivi, tra cui quello che probabilmente mi avresti ucciso. So che guardi sempre il telegiornale, ed è lì che avrai le mie prossime notizie e capirai quello che voglio fare. Tu ti sei arreso ma io no."
Hibari ebbe di nuovo lo stesso brivido gelido lungo la schiena. Dubitava fortemente che le sue prossime notizie gli sarebbero arrivate dalla rubrica di cucina in coda al telegiornale, o dal bollettino culturale appena prima di quello... che cosa si era messo in testa? Come aveva deciso di farsi ammazzare?
"Comunque grazie dei soldi che ti ho preso dal cassetto della camera da letto mentre dormivi, ne farò buon uso, lo prometto. Mukuro."
Improvvisamente la tensione si smontò come una maionese impazzita e Hibari si trovò con il foglietto nella mano e gli occhi fissi sul comodino. Si avvicinò e aprì il cassetto dove teneva quelli che considerava "fondi di emergenza", contanti a portata di mano a qualsiasi ora del giorno e della notte senza che dovesse aspettare l'apertura di una banca. Il cassetto conteneva solo un pacchetto di fazzoletti e gli occhiali da lettura, tutti i soldi erano spariti. Sapendo benissimo che lo avrebbe fatto infuriare anche più di quanto già non lo fosse, prese il biglietto sul fondo, preso dallo stesso blocco appunti.
"Ps: Sei carino quando dormi con la bocca aperta."
Hibari stritolò il biglietto con la mano che vibrava e lo scaraventò via.
-L'AMMAZZO! È LA VOLTA CHE LO AMMAZZO!-
I canarini smisero all'istante di cinguettare.


Due ore dopo Hibari si godeva il suo giorno libero settimanale bevendo tè ormai freddo tenendo l'orecchio incollato al telefono, camminando nervosamente su e giù per il soggiorno. L'ufficio dei servizi interni, corsia preferenziale per le segnalazioni e i problemi della milizia militare, continuava a rimbalzare la sua chiamata da un dipendente all'altro senza riuscire a trovare qualcuno che lo stesse a sentire. Aveva urlato contro quattro reclute che ora non avevano intenzione di risollevare il ricevitore ed era alle prese con un inflessibile impiegato che continuava a dirgli che 'il capo non era in ufficio prima delle dieci'. Tra i canarini che cinguettavano becchettando speranzosi di trovare briciole sul tappeto, gli volavano attorno alla testa e i ricci che spostavano rumorosamente la ciotolina vuota chiedendo cibo, gli sembrava di impazzire.
-Guarda che io lo conosco il tuo capo!- sbottò al telefono, acchiappando un canarino che stava per mangiare bricioline di biscotti al cioccolato. -Lo so che è in ufficio alle otto e mezzo e che legge il giornale mentre si fa tre tazze di latte schiumato, chi pensi che glielo abbia portato per mesi prima che arrivassi tu a fare la gavetta?! Avanti, passamela!-
-Allora saprete che non vuole telefonate mentre fa colazione.-
-Me ne frego, dille chi sono e vedi se ti dice di buttare giù!-
-A proposito, lei chi è?-
-Ma sei scemo, te l'ho già detto trenta volte! Hibari, Hibari Kyoya, agente di vigilanza numero 09018!- esplose lui facendo cinguettare i canarini che presero a sfrecciare all'impazzata spaventati. -Passa questa cazzo di chiamata al tuo capo entro tre minuti o ti denuncio per tanti di quei casini che non ti assumeranno nemmeno come garzone del macellaio!-
-Stia calmo, vedo se può parlarle.- disse l'uomo al di là del filo. -Stronzo.- si sentì da lontano, mentre evidentemente si alzava per andare dal capo.
Hibari sospirò e si decise finalmente a distribuire un po' di becchime agli uccellini. Il filo del telefono non arrivava fuori al balcone, quindi lo lasciò sul mobile dell'ingresso, dove gli animaletti piumati si allinearono becchettando abbassando le testoline rotonde a intervalli regolari e brevissimi. Erano davvero affamati. Il telefono taceva ancora, quindi ne approfittò per offrire una lauta colazione anche alla coppia di ricci che finalmente smisero di sbattacchiare la ciotola e ci infilarono i musetti per mangiare. Hibari ebbe appena il tempo di sorridere a quella vista che un click gli fece sperare che qualcuno avesse ripreso la sua chiamata.
-Allora, si...-
-CHE CAZZO PENSI DI FARE, KYOYA?!-
Scosse la testa allontanandosi il telefono dall'orecchio che gli dava un sinistro fischio. Sperò di non essersi rotto il timpano.
-... Buongiorno, Lal...-
-Ficcatelo nel culo il buongiorno!- strillò la donna al telefono. -Lo sai che non voglio rompicoglioni prima del mio turno, che sai benissimo iniziare alle dieci! Sono le nove e otto minuti, Kyoya! È chiaro?!-
-Il tuo linguaggio non è migliorato.- osservò lui.
-E GIA' CHE CI SIAMO, NON PROVARE MAI PIU' A PARLARE IN QUEL TONO AI MIEI UOMINI, ALMENO FINCHÈ NON DIVENTERAI TU IL GENERALE!- urlò lei ancora più forte, costringendolo ad allontanare nuovamente la cornetta dall'orecchio. -O VENGO DI PERSONA A PRENDERE A CALCI QUEL TUO CULO ARROGANTE FINCHÈ NON DIVENTA COLOR UVA MATURA!-
-Uva bianca o nera?-
-SAI DOVE TE LA FICCO L'UVA BIANCA?-
-Nel mio culo arrogante?-
-No, in quello ti ci sei già ficcato il buongiorno e ci ficcherò la cornetta del tuo fottuto telefono!- inveì lei più piano, ma non meno duramente. -L'uva te la ficco su per il naso, piccolo stronzetto finocchio!-
Il vigilantes ebbe un vivido flashback: Lal Mirch gli aveva rivolto le stesse tre parole quando il primo giorno di lavoro come suo assistente aveva fatto l'errore di portarle il latte schiumato non bollente. Le stesse identiche tre parole, prima di lanciargli in faccia il primo bicchiere di latte. E con epiteti aggiuntivi, si era preso in faccia anche gli altri due, perchè se "si fosse azzardato a muovere un muscolo gli avrebbe sparato in mezzo agli occhi". Quel giorno era particolarmente impresso nella memoria di Hibari. Non ricordava di aver mai subìto un'umiliazione simile, nè di aver provato tanto terrore. E tutto questo ad opera di una donna.
-Volevo solo parlarti, Lal, è una cosa urgente...-
-Perchè non l'hai detto subito che era urgente, imbecille?!-
-Ma io l'ho...-
-Sei un ritardato, chi ti sei scopato per diventare un vigilantes, cazzo?!-
Per quanto fosse irritato, e lo era davvero tanto, era meglio lasciar perdere. Lal era così, c'era ben poco da fare, era peggio di qualsiasi capitano del campo di addestramento. Forse proprio per quello i migliori del campo venivano mandati a lavorare per lei: per distruggere subito chi era debole e forgiare in lega d'acciaio chi era abbastanza forte da sopravvivere all'apprendistato. Nell'anno in cui si era diplomato al campo di addestramento della milizia, quattro anni prima, era stato l'unico a sopravvivere per i sei mesi di gavetta all'ufficio servizi interni. Nei due anni successivi, non aveva resistito nessuno. Non faticava a crederci, Lal l'aveva fatto piangere più di una volta, anche se non l'avrebbe mai confessato nemmeno sotto tortura. Senza fare cenno alle punizioni corporali di quella donna, che non erano affatto più blande delle sue minacce.
Ma ora non era più sotto i suoi comandi, quindi...
-Mi sono scopato tuo marito, Lal.- le rispose.
-FATTI FOTTERE DAL MIO SETTER INGLESE, FIGLIO DI PUTTANA!-
-Non dubito che ti piacerebbe vederlo, ma...-
-Ma che cazzo... che cos'è questa roba?-
Hibari tacque, perchè la voce di Lal si era allontanata dal telefono e sentiva un mormorio in sottofondo. Qualcuno parlava con lei e la sua voce da irritata sembrò diventare nervosa, quasi fosse spaventata. Sentiva una specie di melodia sotto ai rumori e alle voci, ma non riusciva a distinguerla.
-Lal, che cosa...?-
-Abbiamo uno strafottuto problema! Canale dodici, Kyoya, canale dodici!-
Lui si guardò nervosamente attorno e vide il telecomando del televisore sotto tre dei suoi uccellini che vi si erano appollaiati comodamente sopra. Li spinse senza troppi complimenti e accese la televisione sul dodici, il principale canale della nuova rete approvata dal regime. Non aveva idea di che cosa fosse attualmente in programmazione, ma di sicuro quello che vedeva non era un programma del regime.
Quello che vedeva nello schermo era indubbiamente Rokudo Mukuro, che indossava una specie di mantella nera e spiccava su un fondo del tutto bianco. In sottofondo c'era una canzone straniera, europea, indubbiamente presente nella black list. Hibari fissava il televisore con gli occhi spalancati. Come diavolo poteva essere in onda sul canale dodici?
-Buongiorno, cari telespettatori di canale dodici, qui è Rokudo Mukuro che vi parla in diretta da un posto che ovviamente non posso rivelarvi.- disse lui in tono leggero, come se si fosse collegato per leggere gli aggiornamenti del meteo. -Voglio innanzitutto scusarmi con i bambini che stavano guardando Melinda prima che interrompessi il segnale, so che vi piace tanto, ma ho un messaggio per i vostri parenti.-
In una striscia rossa in sovrimpressione apparve il nome di Mukuro, nella striscia nera sottostante prese a scorrere una scritta che fece rabbrividire Hibari come nient'altro nella sua vita: "Rokudo Mukuro sfida apertamente il potere del regime".
-È pazzo...- mormorò, abbassando lentamente il telefono e avvicinandosi al televisore. -Completamente...-
-Lasciate che vi dica una cosa, signori.- disse Mukuro oltre lo schermo, cambiando del tutto tono di voce ed espressione facciale. -Voi credete che questo regime sia la migliore cosa che potesse capitare a questo paese... un regime che impone la disciplina, che annulla la criminalità, che controlla tutto per la vostra sicurezza... che vi dice che cosa dovete fare e cosa no, con chi potete o non potete vivere, se le vostre famiglie possono stare a casa vostra per cena.-
Il tono della sua voce era gelido come ghiaccio e il suo sguardo non era meno freddo.
-Quanto passerà prima che vi dicano che cosa dovete pensare, di che colore dev'essere la vostra casa, quanti figli potete fare e chi potete amare? Quanto prima che coloro che detengono il potere in questa piramide di oppressione si sentano degli Dei, facciano leggi e decreti per stringere il cappio al vostro collo e si crogiolino loro stessi nei vizi che hanno debellato dalle vostre città?-
-Che cosa sta facendo... si... si farà ammazzare sul serio... c-che diavolo...-
-Non intendo aspettare che un manipolo di uomini che hanno venduto le loro anime al potere mi dicano che sentimenti mi consentono di provare.- continuò Mukuro posandosi la mano sul petto. -Per il regime l'unica cosa che Rokudo Mukuro possiede è la sua stessa vita. È vero, ma io la darò volentieri se facendolo posso far rifiorire la primavera in questo paese e nel tuo cuore.-
Le dita della mano di Hibari persero la forza e si lasciarono scivolare via la cornetta, che si schiantò per terra facendo sobbalzare i ricci e sbattere le ali nervosamente a più di un canarino, ma lui non si rese conto di niente. Non si poteva sbagliare, Mukuro stava parlando direttamente a lui. "Nel cuore di un essere umano la primavera può essere eterna", aveva detto... "c'è qualche possibilità che rifiorisca in te...?"
-Voglio dire al regime che se ha paura fa bene ad averne, perchè un uomo come me è un uomo da temere... perchè non potete fare paura a chi non ha altro che una vita che è disposto a dare... a chi si è nascosto per tutta una vita e si farà trovare solo da chi ha il cuore per cercarlo... e non si fermerà finchè non avrà ottenuto quello che vuole.-
Mukuro si tolse il mantello nero. Sotto indossava una specie di uniforme bianca, in palese contrapposizione con le divise nere indossate dalla milizia militare e dalle grigio antracite degli alti ufficiali. Nonostante la serietà della situazione e il senso di orrore simile a quello suscitato dagli incubi realistici, una recondita parte della mente di Hibari non potè non subire il fascino di quello che stava vedendo.
-Io mi chiamo Rokudo Mukuro.- ribadì Mukuro, strappando il drappo bianco che aveva alle spalle e portando alla luce della telecamera un panorama di Namimori con i ciliegi in fiore. -Ora è solo un nome qualsiasi, ma un giorno lo ricorderete come il nome dell'uomo che ha riportato la primavera dopo un inverno durato troppi anni...-
Il segnale della trasmissione subì un'interferenza e Mukuro doveva essersene accorto. Qualcuno stava cercando di schermare il segnale e probabilmente di rintracciarlo.
-Dirvi il mio nome non è arroganza.- disse poi tornando a fissare la camera. -È devozione. Ora che avete visto il mio viso e sapete il mio nome, non posso più tornare indietro. Non vi aspettate che lo faccia.-
La trasmissione si interruppe con una serie di righe colorate e poi il canale tornò sul programma Melinda, che andava in onda tra le due edizioni del telegiornale mattutino ed era dedicato ai bambini più piccoli. Hibari fissò i pupazzi di animali che parlavano con vocine contraffatte di pioggia e di letargo, stordito. Chiuse gli occhi e li strinse fino a farsi male. Sperò con tutte le forze di sentire il fischio della teiera, di svegliarsi nel suo letto di nuovo, di trovare Mukuro in cucina a spazzolare tutti i dolci che trovava. Non poteva essere vero, non era possibile, doveva per forza essersi sognato tutto per la paura che aveva avuto parlando con lui la sera...
-RISPONDI, STRAMALEDETTO FINOCCHIO!-
Riaprì gli occhi, ma nulla era cambiato. Era ancora in salotto, la televisione trasmetteva Melinda, il telefono per terra sbraitava con la voce di Lal. Con la mano tremante lo raccolse e se l'avvicinò all'orecchio.
-C-ci sono.-
-È indubbio che tu ci sia, imbecille! Non è il tuo amichetto quello?!- sbottò lei inviperita. -È quello a cui paravi il culo! A che gioco stai giocando?!-
-Lal, io non ne so niente! Ho cercato di aiutarlo, ma come potevo sapere che...-
-Quello è sempre stato un indesiderabile e un nemico dichiarato del regime! Aspetti che faccia esplodere il palazzo del governo prima di capire che non puoi raddrizzarlo?! È un terrorista!-
-N-no, ascoltami, lui è strano lo so, però non...-
-STRANO?!-
-Non è un terrorista, è nel suo carattere essere sopra le righe, ha fatto un'idiozia, però non...-
-Infiltrarsi nella rete di sicurezza e trasmettere un messaggio del genere non è un'idiozia! Potresti anche essere il comandante assoluto ma non potresti salvarlo stavolta, ha dichiarato guerra al regime, non PUOI pensare che sia uno scherzo!-
Si rese conto improvvisamente che era vero. Che nessuno al mondo avrebbe potuto tenerlo fuori dal carcere per oppositori politici dopo un atto del genere, anche se si fosse costituito senza tentare nient'altro contro il regime. Non lo poteva aiutare, non poteva più rimediare. Quella consapevolezza lo fece sentire improvvisamente stanco e si sentì pesante, tanto che si sedette per terra, guardando distrattamente la televisione.
-S-scusami. Hai ragione. I-io... s-sono solo... un po' confuso, non mi sarei mai aspettato che...-
-Fingerò di non averti mai sentito difendere un terrorista.- disse Lal, stranamente accomodante. -Ma Kyoya, penso che tu ti renda conto di che cosa devi fare adesso.-
-Co... cosa?-
-Sei un vigilantes di Namimori e lo conosci meglio di chiunque altro.- disse lei con un'inflessione decisamente impaziente. -Trovalo e arrestalo prima che faccia qualcos'altro e forse eviterà la fucilazione!-
Hibari tentò di dire qualcosa ma la gola gli si era seccata. Un attimo dopo sentì squillare un telefono dall'altra parte, nel momento in cui Melinda veniva interrotto di nuovo, stavolta da un'edizione speciale del telegiornale.
-Squillano le trombe da queste parti, Kyoya. Preparati e non tenere occupato il telefono, perchè frantumeranno le orecchie a te più che a me, oggi.-
Lal chiuse la comunicazione, ma Hibari ascoltò il silenzio ancora qualche istante prima che la sua mano si decidesse ad abbassare il telefono. Restò per terra guardando un'intera edizione del telegiornale in cui i due conduttori informarono la popolazione di quanto Rokudo Mukuro fosse squilibrato, disadattato e indesiderabile, dei suoi precedenti penali ed elencando tutto quello che il regime gli aveva comunque concesso, mettendo in luce la sua completa ingratitudine ed evidenziando i tratti del suo comportamento criminale.
Era davvero invidiabile, l'archivio dei segnalati... riuscivano a mettere insieme un servizio di trenta minuti con tutti i segreti delle fedine penali e delle segnalazioni in una manciata di minuti... in pochi minuti, avevano impedito che Mukuro potesse scampare a una condanna per terrorismo, la cui unica pena prevista era la morte tramite fucilazione.
   
 
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