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Autore: aniasolary    25/07/2014    8 recensioni
Natalie Truman, diciannove anni, buone intenzioni e scarsa capacità a far andare le cose come vorrebbe, non ha paura della vita. Tra sogni difficili, l’amore per un ragazzo irraggiungibile, impropri pasticci e situazioni imbarazzanti, il desiderio di diventare grande e sentirsi grande si fa sentire, rendendo il suo nido famigliare sempre più opprimente.
Il mondo è ai suoi piedi.
Al tempo stesso, quel mondo può caderle addosso.
L’unico modo per affrontarlo è cominciare a camminare con le proprie gambe, sperando di non inciampare nelle sue stesse scarpe.
«Un po’ per volta, il dolore se ne andrà. Non dimenticherai niente, ma starai bene. È un po’ come ricominciare a scrivere una melodia, ma senza cancellare le note precedenti. Con l’esempio del vecchio, puoi metter su davvero qualcosa di nuovo e migliore.»
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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8.
Si torna alla normalità. Ordini ai tavoli, lattine di birra e cocacola da aprire e pavimenti da pulire. Quando ho cominciato questo lavoro ero animata dalla foga di fare tutto bene, ma senza riuscirci. Ora non penso più a fare le cose bene: mi sento più tranquilla, a mio agio, e tutto viene decisamente meglio. Sono quattro giorni che non rompo e non sporco niente!
Davvero un record.
Si sente il campanellino che si muove dopo che si è aperta la porta a vetri. Una donna con i capelli raccolti e vestita con un tajer si avvicina al bancone e vi poggia un foglietto tutto ricamato.
«Buongiorno, desidera?» chiedo, incerta.
«Lei è Natalie Truman?»
«Sì. »
«Saremmo felici di averla come ospite alla sfilata di un nuovo marchio, sabato prossimo alle otto.»
Acciderbolina!
***
Vestito rosso o vestito blu?
Capelli sollevati o sciolti?
Tacchi o scarpe basse?
«Agh!» impreco, mandando tutto all’aria nel salottino della mia casetta. Sono in crisi, letteralmente. È solo un invito, Natalie, non ti cambierà la vita. Sospiro.
È solo un invito, Jade, non ti cambierà la vita, soffia la mia voce di bambina, dal passato. Dal passato torna lei, ancora seduta a quel pianoforte, i suoi occhi azzurri e grandi, il volto pallido e tondo e bello come la luna, con i lunghi capelli castani che le scendono ad onde sulle spalle.
Comunque vada, sussurra lei, con le labbra dischiuse, aprendo le braccia in una muta richiesta di tenerezza. Comunque vada avrò sempre te.
Quando le corro incontro e le sue braccia mi avvolgono, il sogno si infrange. Lei non c’è, ed io non sono più una bambina di Liverpool ma sono a Londra, nel mio appartamento.
«È passato un tornado?»
La voce di Ewan mi fa voltare. Lui è lì, appoggiato allo stipite della porta con un’espressione disgustata in volto. Guardandolo, torno al presente con una facilità che non porta dolore.
«No,» dico, mettendomi a gattoni. «Sono solo io.»
«Stiamo apposto.» Sbuffa.
Gli lancio una scarpa contro ma lui è veloce abbastanza da sviarmi.
«Che vuoi?»
«È il mio salotto, vorrei guardare master chef se non ti dispiace. »
«Ma che programmi vedi? »
«Sono fatti miei, hai problemi?»
«Sì, ho problemi!» Mi alzo, in una mano ho la gruccia con il vestito blu e nell’altra quella con il vestito rosso. «Quale preferisci tra i due?»
Li guarda entrambi per qualche secondo. «Il più scollato.»
«Non ho intenzione di mostrare a tutti la mia balconata.»
«E allora scusa, sei meglio tu.»
Inarco un sopracciglio. «Quindi metto quello rosso. E i capelli?»
«Sono maschio, non so se l’hai notato.»
«Oh giusto, sto parlando con un cretino. Errore mio.»
«Oh, e va bene! Che palle. Portali sciolti. »
«Bene. Li terrò alzati.» Gli sorrido con tutto il volto. «Grazie, Ewan, senza di te non so che farei!»
Mi fa il verso. «Nemmeno io!»
***
Arrivo nel posto della sfilata. Mura bianche e nere, e gente vestita in banco e nero. Mostro il mio invito.
Il ragazzo mi guarda storto. «Perché è vestita di rosso? È una serata Black and White, c’era scritto sull’invito. »
Ops.
«Ehm… scusate, ecco io… io sono un’anticonformista e mica faccio come tutti gli altri! Ma per chi mi ha presa! Io sono stata invitata in quanto stilista.»
«E allora scusi.» Il ragazzo si allontana. Un cameriere mi passa davanti con le tartine. Ne prendo tre e mi siedo su una poltroncina a forma di cubo. Dopo un quarto d’ora, il cameriere passa di nuovo. Prendo altre due tartine. Dopo cinque minuti passa di nuovo, ne prendo solo una. «Senta,» mi dice. «Visto che sta mangiando solo lei lascio il vassoio qui.» E se ne va.
«Wow, che fantastica botta di culo!»
«Natalie?»
Mi volto, con ancora la tartina in bocca.
Sto per sputare il boccone.
 
Esiste qualcosa, nel periodo dell’infanzia, che fa tacere la tristezza, muta strega dalla bocca cucita che non può pronunciare i suoi incantesimi. Quando torno a quell’età, lo ricordo: la tristezza è silenziosa mentre la felicità parla anche nel mio silenzio. Eccomi: sono lì, sdraiata sul lettino sotto l’ombrellone con un paio di occhiali da sole molto più grandi del mio viso, i capelli castano scuro sparsi sulle spalle e il costumino azzurro.
Accanto a me, sull’altro lettino, proprio come due ragazze famose nei telefilm, c’è Jade. Con i miei stessi capelli castani lisci, un po’ coperti da un cappello di paglia largo e qualche centimetro in più un po’ dappertutto. Ha sedici anni, lei. Ci teneva tanto a queste vacanze al mare, ed io con lei. Jade mette in borsa le barbie con cui abbiamo appena finito di giocare e comincia a leggere qualcosa.
«Jadie,» la chiamo. «Andiamo in mare?»
«Ho appena preso in mano il libro, Natie.» La voce di Jade è dolce e cantinelante. «Dopo aver fatto sposare Barbie e Ken per l'ennesima volta me lo merito, no?» 
Sfoglia un'altra pagina del suo libro.
«Ma Jadie, nuotare mi piace di più! Per favoreeee.»
«Oh, Natie, sei assolutamente impossibile.»
«E tu incredibilmente noiosa, Jade Felicity.» La voce che ha pronunciato queste parole non è mia. È familiare, conosciuta e adorata dalla sottoscritta.
«Arthur!» grido, voltandomi. Arthur, con indosso solo il costume da bagno, mi sembra strano come ogni maschio sulla terra, tranne il mio papà. E ammetto che, tra tutti i maschi della terra, solo dopo il mio papà, è quello che preferisco. Mi lascio stritolare e baciare sulla testa da lui, che mi tiene in braccio; sono sempre stata una bambina stile-stecchino.  Quando Arthur mi fa scendere e mi giro, incontro gli occhi azzurri di Jade con le sopracciglia arcuate e l’espressione contrita. Riesce ad essere bella anche quando non pensa di esserlo.
«Sparisci, pidocchio,» soffia lei, guardandolo.  «Non sei nessuno per chiamarmi anche con il secondo nome.»
«… pidocchio?» Arthur scoppia a ridere. «Sei ancora arrabbiata? Sinceramente l’ho fatto per te, visto che hai il primo nome di una Bratz. Natalie ne ha un mucchio.»
«Arrabbiata? Per aver rovinato il vestito più bello che avevo buttandomi della vodka addosso la scorsa estate? Ovvio che lo sono.» Chiude il libro e schiocca la lingua sul palato. «E poi davanti a Natalie non dico parolacce, ma ho una buona lista di insulti per te.»
«E se ti chiedessi di nuovo scusa?»
«Non cambierebbe niente,» dice Jade a denti stretti.
Arthur mi prende la mano e fa per allontanarsi. «Porto io in mare Nat, almeno noi ci divertiamo. »
«Dai, Jade, vieniiiiii.» 
«Divertiti, Natalie,» dice Jade fissando lo sguardo sul libro.
«Che leggi? Marx? Oh mio dio, sei noiosa davvero,» aggiunge Arthur.
«Io voglio fare l’avvocato, da grande. Parla quello che si legge tutti i trattati di economia che ci sono al mondo.»
«Ma non in vacanza.» Arthur mi fa l’occhiolino, cominciando a correre verso la riva ed io lo seguo. Arthur mi fa fare tantissimi tuffi, e mentre io faccio il morto lui mi nuota da sotto. Poi si solleva all’improvviso e mi fa salire di nuovo sulle sue spalle, almeno per la dodicesima volta.
«Natalie, dobbiamo andare a pranzo!» mi chiama Jade dalla riva.
«Che cosa?» grida Arthur.
Jade entra in mare a grandi falcate, quasi si bagna la mutandina viola del costume. «Arthur, per favore, fa’ scendere Natalie, dobbiamo andarcene.»
«Per forza?» chiedo io.
«Sì, Natalie, per forza. Ti prometto che domani gioco alla sirenetta con te.»
«Evvai!» Batto le mani.
«Se magari Arthur ti fa scendere,» accenna lei, infastidita.
«Con piacere,» fa Arthur. Mi fa saltare in modo così veloce che quasi non me ne accorgo e sono già finita in mare. L’istinto mi porta a tapparmi il naso con la mano appena in tempo. Quando riemergo, vedo Jade bagnata dalla testa ai piedi, i suoi capelli prima lisci e lavati solo la sera prima ora gocciolanti. Jade mi si avvicina e mi prende la mano, poi volta la testa verso Arthur. «Ti odio, Benkinson!»
 
Guardo fisso davanti a me.
«Arthur? » Lui è qui, con uno dei suoi abiti che gli stanno a pennello, che sembrano esaltare tutte le cose belle che ha. «Che ci fai qui?» gli chiedo.
«E tu?» La sua voce sembra un sussurro.
«Io… sono stata invitata. »
«Anch’io. Cioè… in veste di accompagnatore.»
«E chi accompagni?»
«Me, carina.» Seguo la voce e la guardo ed io non posso crederci. Con lunghi capelli neri e un vestitino bianco inguinale, la modella che si è buttata addosso le tartine il giorno in cui sono diventata la volpe di Liverpool si avvicina ad Arthur e gli mette una mano sulla spalla. «La conosci, amore?» gli chiede.
Amore?
Deglutisco.
«AMORE?»
«Natalie.» Arthur tossicchia. «Vorrei presentarti la mia fidanzata, Emanuelle Marchand.»
Emanuelle mi porge la mano e me la stringe. «Mashànd, con l’accento sulla A e la D appena udibile. Il mio Arthur è così british,» mi soffia all’orecchio.
«Ma guarda, » dico io, e la mia voce è stridula. «Io invece ho origini italiane. »
«Be’, io vengo dalla città della moda e dell’amore…» Emanuelle mi lascia la mano e abbraccia Arthur di lato. «E tu invece… dal paese degli spaghetti.»
Ora le lancio addosso tutte le tartine del vassoio.
Di nuovo.
«Ehi, tu…» faccio per dire.
«Emanuelle,» la chiama Arthur, staccandosi da lei, per poi stringerle la mano. «Io e Natalie ci conosciamo da anni. Siamo praticamente… quasi parenti.»
«… o quasi fratelli,» finisco io per lui, con la mascella serrata. «Ora scusatemi, ma devo parlare con tante altre persone.» Mi volto e mi dirigo veloce verso il bar. Ho bisogno di un drink molto forte.
«Nat.» Arthur mi prende per il polso. Ha la voce bassa, profonda, addolorata. «Io posso spiegarti.»
Ma voglio solo che lui vada via. «Con chi vai a letto non è affar mio.»
«Aspetta.»
«Tu mi hai baciato e poi mi hai detto che non potevi. Siamo quasi parenti, no? Quindi immagino che per te il nostro sia… quasi incesto?»
«Che cosa? No, ascolta… sarei venuto a trovarti a lavoro.»
«Pensi che siamo i nuovi Lannister?» faccio io. «Adoro Game of Thrones, sai. Dovresti vederlo anche tu. »
«Non è questo il punto,» mormora lui.
«E allora qual è?» gli chiedo io.
E incontro i suoi occhi, verdi, con le iridi così definite da sembrare linee di elettricità che fluiscono nel suo sguardo. Ma sono io ad andare in corto circuito, mentre lo guardo e mi do della stupida, perché il tempo passa ogni giorno ed io ancora non smetto di amarlo, anche se voglio odiarlo. Anche quando mi sembra di odiarlo e vorrei solo non vederlo, mi ritrovo a sguazzare nell’acqua gelida del mio amore per lui, e a vederlo e a riconoscerlo per tutto quello che è. Il ragazzino intraprendente che assomigliava ad un principe e mi ha visto crescere come io ho visto lui diventare uomo; ho amato l’uomo dal primo istante in cui è diventato parte di lui, anche se è ancora un ragazzo, un ragazzo di ventisei anni che ride con me mentre guardiamo un vecchio cartone animato, il ragazzo che mi fa l’occhiolino alla cene noiose dei nostri genitori, il ragazzo che si è impuntato a farmi capire Matematica fino all’ultimo giorno di scuola, il ragazzo che mi risolleva da terra quando tutti pensano che mi merito, invece, di restare nel fondo.
È lui, quel ragazzo. Quello che mi ha sempre salvato e che, adesso, non permette a me di salvare lui.
«Il punto è che,» continua. «Il punto è che dobbiamo dimenticarlo, tutti e due. Per Emanuelle. E poi per…»
«Signorina Truman? È lei, vero?» mi chiama una voce.
«Sì, sono Natalie Truman,» rispondo alla ragazza che mi ha chiamato. È la stessa che mi ha portato l’invito.
«Ho una proposta per lei,» mi dice, porgendomi un foglio. «Uno stage pagato in Vogue per stiliste emergenti. L’abbiamo selezionata alla scorsa sfilata. Lei ha per caso una qualifica? »
«Ehm-ehm… io veramente… ecco… ecco… no,» finisco con un filo di voce.
«Non importa. Il talento non richiede qualifiche. Oh, e verrà pagata, certamente. Vogue è sinonimo di serietà.»
«Oddio, io sclero, fighissimo!» esclamo.
Arthur, accanto a me, ride. Gli do uno schiaffo sulla spalla.
«Dovresti tornare dalla tua francesina,» gli dico. «Potrebbe sentirsi trascurata.»
Ho dato il due di picche ad Arthur, mi sento sexy come non è mai successo prima. Anche se di solito essere sexy vuol dire attirare i ragazzi, non allontanarli: be’, ognuno ha il suo punto di vista.
***
No, non è vero che sono sexy. Sono una ragazza che si ammazza di gelato al cioccolato mentre guarda la tv.
«Che stai guardando?» mi chiede Ewan, e si siede accanto a me, sul divano. Si veste sempre con jeans e maglietta; da quando lavora, gli ho visto addosso qualche colore diverso dal bianco e dal nero. Adesso ha una maglietta rosso sbiadita, che sembra usata da tanto tempo. Addosso a lui le cose perdono gli anni, non c’è che dire.
«Amici di letto.»
«Ti piace?» mi chiede, e nella sua voce colgo – non è che l’ho solo immaginato? – una sfumatura maliziosa.
«Sì, molto.» Lecco un altro po’ di gelato dal cucchiaio e volto lo sguardo a guardare Ewan: mi sta fissando.
«Tu… che ne pensi di un rapporto del genere?»
«Ehi, per chi mi hai presa?» Gli punto contro il cucchiaio. Un ragazzo impegnato non dovrebbe fare queste domande. «Mica vado a letto col primo che mi capita a tiro! E poi tu non sei mica Justin Timberlake!»
«Ehi, e tu non sei mica Mila Kunis!»
«Non avresti speranze,» ribatto subito.
«Perché mi stai insultando? Non ti ho chiesto di diventare la mia amica di letto, ma che ne pensi in generale.»
Ops.
«Be’, penso che nei film va bene, ma nella mia vita no.»
«Perché sei religiosa?»
«Rivendico pienamente i diritti sulla mia vagina, è diverso.»
«Contenta tu.»
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Ciao a tutti, miei lettori meravigliosi *-* Ecco a voi un nuovo capitolo, che non commento perché lascio a voi la parola. Voglio rigraziare tutti voi che mi recensite, leggete, preferite, ricordate, seguite. In particolare ringrazio le ragazze che sento praticamente ogni giorno grazie al gruppo... mi sostenete ogni giorno, ridete con me, date l'anima ai personaggi a cui ho deciso di regalare la vita. Un grazie speciale, a voi tutti <3

Un bacione,
vostra Ania :3
 
   
 
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