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Autore: musa07    25/07/2014    6 recensioni
" Fu il chiarore del lampo che rischiarò la stanza a riportarlo prepotentemente nello stato di veglia, strappandolo al sonno.
Si scostò appena, risvegliandosi di soprassalto, sradicato da un lembo di sogno.
La prima cosa che percepì fu una fitta allucinante alla testa, la seconda che la bocca dello stomaco stava protestando malignamente sempre per lo stesso identico motivo, la terza …
La terza che qualcuno stava dormendo di fianco a lui. E allora tutto tornò prepotentemente alla memoria.
- Che cosa abbiamo fatto! – si maledì portandosi le mani al volto, ora completamente desto e abbandonando nuovamente la testa sul cuscino. – Che cosa ho fatto! – ripeté angosciato."
Storia che parla di un Triangolo, neanche tanto insolito. E di come ogni nostra scelta porti a delle conseguenze, a volte con effetti devastanti.
Ciaossu^^ E ben ritrovati. Ohh, da quanto tempo. Qualche mese, no? Maronn! Dopo aver infestato questo fandom con i miei ripetuti emboli, ero mezza andata in letargo, ma ora: eccomi qui!
Che dire? È qualcosa di leggermente diverso rispetto al mio solito. Provare per credere.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Auguri Maki <3
 
 
Ciaossu^^ Per scrivere questo capitolo ho attinto a piene mani – e orecchie soprattutto – dagli X-Ray Dog, Two Steps from Hell, Ludovico Einaudi e ancora una volta dalla meravigliosa Tsuna Arousend – KHR OST (Sempre grazie Kyoite <3) Se vi può far piacere, ve le indicherò a mano a mano.
Ed ora: godetevi quest’ultimo capitolo. Ebbene sì, alla fine anche questa minilong è arrivata al capolinea.
Ci sentiamo negli sbarellamenti finali^^
 

 
“Quando pensi che sia tutto finito è il momento in cui tutto ha inizio”
 
 


CAPITOLO 7
 
ITALIA – ORE 17.35
 
 
Dino, appena salutata Anita all’entrata posteriore di Residenza Cavallone, la guardò allontanarsi nel suo Diane arancione assordate.
Proruppe in una piccola risata a sentire il casino infernale che quel macinino procurava, ma sapeva che la sorella non si sarebbe mai liberata di quella macchina perché era appartenuta al suo adorato nonno.
Aveva ancora la mano alzata in segno di saluto, vedendo come anche quella di Anita facesse altrettanto spuntando dal finestrino, quando una Jaguar nera gli si avvicinò lentamente, arrivando dall’opposto senso di marcia.
- Bella macchina. – esordì il guidatore, braccio appoggiato sul finestrino abbassato, indicando con un cenno del capo il Diane attraverso lo specchietto retrovisore.
Sulle labbra di Dino, il sorriso morì lentamente ma, per cortesia, rispose.
- Mmm … grazie. – sussurrò incerto, studiando attentamente il volto dell’uomo che aveva parlato. Non lo conosceva, eppure … Eppure non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, sentendo come l’adrenalina avesse iniziato a pompare.
Se l’altro si avvide dello scandagliamento sospettoso al quale il biondo lo stava sottoponendo, non lo diede minimamente a vedere. Continuò a parlare, infatti, sempre con tono calmo e gentile.
- Tenuta bene, anche se un po’ vecchiotta. – proseguì affabile.
- Mh … - si limitò a commentare il biondo, laconico, sempre più attento.
- Bisogna aver cura delle cose che amiamo … - cominciò allusivo e Dino si avvicinò di un ulteriore passo verso l’auto, notando – con la coda dell’occhio – come la macchina di Anita fosse ancora visibile.
L’altro, finalmente, spostò lo sguardo dal Diane a lui e, lentamente, il viso di Dino divenne una maschera di terrore, a vedere la lucida spietatezza nei suoi occhi neri.
- … perché non si può mai sapere che cosa li potrebbe succedere. – concluse, prima di ingranare la marcia ed allontanarsi.
Dino rimase impietrito, deglutendo a vuoto.
- A-Anita … -
 
 
 
 
UNDICI ORE PRIMA
 
RESIDENZA CAVALLONE – ORE 06.35
 
Dino, ancora frastornato dal risveglio dovuto al jet lang, si era trascinato fuori dal letto.
Non sarebbe più riuscito ad addormentarsi. Nonostante fossero andati a letto tardi, solo poche ore prima visto che la loro cena/festa si era trascinata fino a tarda notte, sapeva che ormai era bello che sveglio, per poi, magari, crollare miseramente dopo pranzo.
Decise di concedersi una rigenerante camminata nel piccolo boschetto dietro casa.
Quando, una volta uscito dalla sua stanza, vide la porta della camera di Anita socchiudersi, si fermò di botto, incrociando le braccia divertito.
Da dove si trovava, poteva vedere solo la porta aprirsi, non l’interno e aspettò sogghignante la sorella. Si sarebbe scommesso l’anima che la ragazza stava per andare a fare un assalto mattutino al frigorifero della cucina. Si appoggiò al muro divertito, attenendo di farle una bella sorpresa ma, tra i due, fu lui quello ad essere gabbato.
Non fu la voce di Anita quella che sentì. Oh sì, anche la sua, ma non solo.
Dino sgranò gli occhi, voltando la testa verso la camera della sorella sbigottito. Dire che era sconcertato, era dire poco.
“Io questa voce la conosco …” valutò dentro di sé, ma non si apriva ancora il famoso cassettino della memoria, visto soprattutto che i due stavano bisbigliando. O perlomeno sussurravano tra lo schiocco di un bacio e un altro.
- Ci vediamo questo pomeriggio? – le chiese lui, stringendola amorevolmente a sé. E non ci fu risposta, ma solo un silenzio eloquente …
- Lo prendo come un sì. –
Chiaramente, dalla voce, dalla dolcezza del tono che aveva usato, il ragazzo stava sorridendo.
- Dove ci vediamo? – chiese Anita, schioccandogli un altro bacio, prima di trovar rifugio nel suo abbraccio.
- Solito, giù al porto? – le rispose, poggiandole un delicato buffetto tra i capelli.
“Solito?” pensò Dino, sempre più allibito. Quindi era una cosa che andava avanti da un bel po’, valutò.
Di nuovo silenzio, ma il biondo era certo che la sorella avesse sospirato. E, per lui che la conosceva più delle sue stesse tasche, quel sospiro era di certo un sospiro angosciato.
- Ani, cosa c’è? – le chiese lui premuroso, sollevandole il volto verso il suo e scrutandola in apprensione.
“Ani?! Ohi-ohi! Frena bello! Solo io posso chiamarla Ani!” sbottò dentro di sé, sbuffando.
- Amore, scusa … - sussurrò lei.
- Di cosa? Ehi: non c’è niente di cui tu ti debba scusare. – la rassicurò sorridendole, stringendola di nuovo a sé, protettivo. E capì perfettamente cosa la angustiava.
- Ani, quando vuoi, glielo diciamo, ok? – le promise, tirandole su il volto dopo averlo preso tra le mani.
E Dino - a quel tono sussurrato, a quella dolcezza, come un velo che viene strappato davanti agli occhi - incastrò perfettamente tutti i pezzi. Tutte cose che aveva notato la sera prima, che aveva registrato inconsciamente ma alle quali non aveva dato peso. Piccoli gesti, sguardi fugaci, sorrisi appena accennati e quello sfiorarsi in maniera all’apparenza casuale.
Realizzò quindi chi si trovasse sulla soglia della camera con sua sorella, ancora quando erano celati dalla porta aperta. Prima ancora che, dopo essersi sussurrati Ti amo all’unisono, la porta venisse finalmente chiusa e una ben nota zazzera rossa entrasse nel suo campo visivo.
Enma emise un piccolo sospiro di beatitudine, mentre fissava ancora la soglia della stanza. E rimase ancora lì per qualche attimo, beato, prima di girarsi verso le scale, sistemandosi il colletto della polo e rimanere pietrificato per la sorpresa che lo attese.
Quasi si dimenticò che respirare è un atto che i polmoni compiono spontaneamente, quando si trovò il sorrisetto sghembo di Dino ad accoglierlo.
“Ecco: non serve che glielo diciamo, l’ha appena scoperto da solo.” Pensò in panico.
Ovviamente, nel biondo non c’era nulla di minaccioso, solo di genuinamente divertito, ma questo non gli impedì di deglutire pesantemente.
Prese aria, allargando le braccia, ricordandosi poi che non aveva nulla da temere perché non aveva fatto nulla di male. Affrontò lo sguardo dell’altro, che si limitò a piegare la testa di lato.
- I-io a tua sorella, tengo sul serio. – proferì solenne, dopo essersi ripreso dall’incespicare iniziale.
Dino inarcò un sopraciglio, divertito.
- Lo spero bene. – si finse minaccioso, prima di scoppiare a ridere a segnalargli che non aveva niente da temere da lui.
Enma buttò fuori l’aria sollevato, cominciando a camminare.
- Buona giornata. – gli augurò, sorridendogli nel momento in cui gli passava a fianco.
- Ohi? – lo richiamò indietro Dino, quando lui aveva già iniziato a scender le scale.
Il rosso si girò dubbioso, ma quando vide il sorriso dell’altro, si rilassò nuovamente.
- Alla fine ti ha convinto a evocare Cozzato Primo? – gli chiese divertito ed Enma ricambiò il sorrisetto sghembo.
- Mpf, non serve! – proferì sicuro, lasciandolo a bocca aperta per tanta spavalderia.
Insolita spavalderia che lo abbandonò immediatamente.
“Fa che non abbia sentito niente, ti prego!” implorò dentro di sé in panico, portandosi una mano al petto nel momento in cui realizzò che la stanza di Dino si trovava a fianco di quella di Anita.
Ed era così immerso in questi suoi pensieri terrorizzanti che, una volta arrivato all'entrata, ed inspirato la fresca aria del mattino, ebbe quasi un infarto quando sentì una voce provenire da terra.
- Buongiorno! – lo salutò allegramente Takeshi, seduto sul gradino, mentre finiva di allacciarsi le stringhe delle scarpe da corsa.
- Oddio! – sussultò Enma, colto alla sprovvista.
- Ah, scusami. – proferì lo spadaccino, mortificato, accarezzandosi la nuca.
- No, no tranquillo, scusa tu. – replicò l’altro, calcolando rapidamente di esser stato miseramente sgammato per ben due volte nel giro di neanche un minuto.
- Sei mattiniero. – continuò poi a parlare, cercando di glissare il discorso.
- Anche tu. – gli fece eco Takeshi sollevandosi ed evitando, gentilmente, di fargli capire che aveva notato che indossava gli stessi vestiti della sera prima, segno inequivocabile che non se n’era mai andato da lì, come invece aveva voluto far credere salutandoli tutti ed uscendo insieme dalla Villa con i suoi Guardiani.
- Ahehm … - biascicò Enma e l’altro corse in suo aiuto, rendendosi conto – suo malgrado – di averlo messo in difficoltà.
- Bella serata ieri, no? – corse ai ripari Takeshi.
- Oh, sì … - replicò il Decimo Boss Simon, con sguardo trasognato che gli guadagnò un’occhiata inquisitrice da parte dell’altro.
S’incamminarono insieme per il breve vialetto che li avrebbe condotti all’uscita. Enma lo salutò mentre lo spadaccino iniziava la sua corsa, per poi voltarsi là dove sapeva l’avrebbe trovata.
Anita, infatti, alla fine era sgusciata veramente in cucina, e dalla porta-finestra lo salutò agitando una mano, stringendosi nella sua felpa grigia. Si ricordava perfettamente di quella felpa, perché gliel’aveva prestata una sera di qualche settimana prima, quando un acquazzone improvviso li aveva colti di sorpresa e avevano dovuto fare una vera e propria fuga a casa sua. E mentre attendevano che i vestiti di Anita si asciugassero, lui le aveva prestato qualcosa di suo. E Anita, che dentro quella felpa con il logo dell’Università che Enma aveva frequentato ci ballava, ne aveva fatto il suo personale lucky item e non se ne separava praticamente mai.
Gli era parso di impazzire in quei giorni in cui lei era stata via. Come sempre del resto, quando si trovavano lontani.
E lo stesso poteva dire Anita, pensò questa mentre intrufolava la testa nel frigo, a veder cosa poter trafugare.
Batté le mani felice quando riuscì a individuare il tiramisù spettacolare che solo Romario era in grado di produrre.
Hayato dovette stropicciarsi gli occhi nel momento in cui, entrato in cucina a recuperare un bicchiere d’acqua, vide un’entità non meglio identificata fagocitata dal frigorifero, convinto di star continuando a sognare.
S’inquietò non poco quando, sempre quell’entità, sghignazzò felice.
- Oh! – esclamò Anita interdetta quando lo vide dopo esser riemersa, con la punta del naso già sporca di crema al mascarpone e l’indice intinto della suddetta crema cacciato a forza in bocca.
- Non vorrai rimetterla dentro, spero! – la ammonì sconcertato il Guardiano quando la vide, pietosamente e con poca convinzione a dirla tutta, dividere la generosa fetta che aveva messo sul piatto per riporne metà sul vassoio.
- Ok! Ma tu: acqua in bocca. – lo minacciò fintamente, puntandogli il cucchiaio contro. - Anzi … - ci ripensò l’attimo dopo, sorridendo sorniona e avvicinandosi a lui.
Hayato quasi si soffocò quando lei, a forza, gli cacciò una generosa porzione di tiramisù in bocca.
- Così sarai mio complice nel misfatto. – spiegò ridendo.
- Tipico ragionamento da mafiosa. – la redarguì Hayato, pulendosi una guancia.
- Che? – rimase interdetta lei, per poi scoppiare a ridere.
E stava ancora ridendo Anita quando, per una sorta di par condicio, si era preparata una tazza di the verde per – come diceva sempre lei – far “sciacqua-budella”.
Uscì in giardino e in lontananza vide la ben conosciuta e tanto amata zazzera dorata di suo fratello e lo raggiunse in un soffio, sedendosi a fianco a lui sul dondolo, sotto il loro amato acero rosso.
Dino le sorrise, per poi – attirandola a sé – posarle un bacio tra i capelli.
Anita, felice, portò le ginocchia al petto, appoggiandogli la testa sulla spalla e soffiando sul liquido bollente.
Il fratello emise un piccolo sospiro, per poi iniziare a parlare.
- Passato una buona notte? – le chiese allusivamente, sorridendo sornione. Allusione che lei, ignara, non colse.
- Hum-hum … - rispose candida, iniziando a sorseggiare la bevanda. Non aveva praticamente chiuso occhio, se non un po’ prima dell’alba quando lei ed Enma si erano lasciati vincere dalla dolce tentazione del sonno.
A Dino scappò da ridere e mascherò la risata con un finto colpo di tosse.
- Riposato bene? – continuò imperterrito a punzecchiarla. E allora la sorella tese le orecchie, perché aveva ora colto perfettamente il tono allusivo di lui.
- Dino, cosa devi dirmi? – gli chiese seria, rizzandosi e voltandosi verso di lui, non avvicinandosi nemmeno lontanamente ad immaginare cosa suo fratello avesse scoperto.
- Da quanto va avanti? – le domandò divertito e Anita ci mise una frazione di secondo a capire.
- Hai visto Enma? – chiese, sgranando gli occhi cerulei.
- Hum-hum. – rispose divertito e rise deliziato quando la vide sollevare lo sguardo al cielo.
- Ma dove? – ci riprovò, sperando di non essersi fatta mascherare così miseramente.
- Fuori dalla tua stanza. – la punzecchiò divertito.
- Oh, Gesù! – scoppiò a ridere, imbarazzata in verità, per poi rifarsi all’improvviso seria, perché sapeva come si sarebbe evoluta la discussione adesso. Anche il volto di Dino si fece serio a sua volta.
- Perché lo state tenendo nascosto? – le chiese infatti lui, inevitabilmente. Non era di sicuro per pudore o eccessiva discrezione. Le portò una mano sulla spalla, a tranquillizzarla.
Anita, incredibilmente, si oscurò in volto. Come il gemello, era portata sempre a tranquillizzare gli altri, a minimizzare le cose, anche gravi, per non dare pensiero agli altri.
Fece vagare lo sguardo davanti a sé, godendosi la fresca brezza.
- Per lo stesso motivo per il quale tu, Takeshi e Hayato siete qui. – rispose semplicemente in un mormorio, continuando a fissare davanti a sé. Tanto sapeva benissimo che Dino aveva capito a cosa faceva riferimento. Così come era stato chiaro per lei fin dal giorno prima perché loro tre erano arrivati di corsa e alla chetichella in Italia, quando lui c’era appena stato.
- Frate, c’è un po’ di malcontento ultimamente, tra Famiglie alleate. – disse semplicemente, riportando gli occhi su di lui, il quale si limitò ad annuire semplicemente, sospirando greve.
Tra loro due – dopo la morte del padre e il susseguirsi instaurarsi di Dino come Decimo Boss della Famiglia Cavallone – c’era sempre stato una sorta di tacito accordo di non parlare mai di questioni legate al mondo mafioso, se non nelle situazioni preposte.
- Stanno aspettando al varco, come squali, una mossa falsa dei Vongola per partire all’attacco. – continuò a parlare Anita, che quel malcontento l’aveva iniziato a percepire quando non era ancora nell’aria, vivendo in Italia molto più tempo del fratello. - E gettare in pasto a quei pescecani che il Decimo Boss Simon e un’erede Cavallone – due famiglie non a caso, vicinissime a Tsuna - stanno insieme … beh, non so: ci sembrava di gettar ulteriore benzina sul fuoco. – concluse, stringendosi nelle spalle e sorridendogli tristemente. E a Dino parve così piccola e fragile in quel momento. Che quelle spalle fossero troppo fragili per tutto il peso che avevano dovuto sopportare dopo la morte del padre. La abbracciò d’istinto, stringendola forte a sé. Come lui, anche Anita non faceva mai pesare agli altri le sue preoccupazioni e i suoi crucci, ma questo non voleva dire che non ci stesse male. E questo suo pensiero, trovò conferma nelle parole di lei.
- Non è semplice sai. – confessò candidamente la ragazza, ricambiando la stretta, potendosi finalmente sfogare con il tanto amato fratello. - Sono così follemente innamorata di lui, che non è semplice per me, per Enma, tener le cose nascoste, ma fintantoché le acque non si saranno calmate, abbiamo pensato fosse meglio così. – proferì alla fine risoluta, sollevando lo sguardo verso il volto del fratello che le sorrise teneramente per poi, per spezzare la tensione venutasi a creare, darle una punzecchiata.
- Sei al passo con i tempi, eh? Toy-boy. – la provocò, facendo chiaro riferimento al fatto che Enma – coetaneo di Takeshi, Tsuna e Hayato - fosse ben più giovane di lei. (Non è che Kyoya sia molto più grande XD ndTerry      Vero anche questo, però Anita, in quanto donna, fa più specie^^NdClau)
- Dai scemo, smettila! – s’impennò, assestandogli un destro micidiale allo stomaco ma scoppiando in una risata genuina. – Io ad Enma tengo sul serio. –
E la risolutezza con la quale aveva parlato, lo fece sorridere teneramente.
- Lo so. Lo immagino. – la rassicurò, accarezzandole una guancia. – Ehi? A casa tua devi sempre sentirti libera. – le disse poi, chiedendole in maniera implicita il perché del fatto non gli avesse mai detto nulla.
- Non volevo darti ulteriori pensieri … - rispose a quella muta domanda, sentendosi terribilmente in colpa per aver nascosto al fratello una cosa così importante per lei. Distolse lo sguardo dagli occhi marroni di Dino, infatti. Sguardo che fu ripilotato su sul volto dal biondo, dopo che le aveva preso il viso tra le mani.
- Scema! – la rimproverò dolcemente, poggiandole la fronte sulla sua. La capiva perfettamente. Anche lui, all’inizio della sua storia con Kyoya, prima di tutto per preservare proprio il suo adorato amore, aveva custodito la cosa nel silenzio del suo cuore. – Ma questa è una cosa bella. – le sussurrò teneramente. E quello sguardo dolce, la fece sentire in difetto ancora di più.
- Te l’avrei detto in questi giorni. Ultimamente non abbiamo mai avuto modo di star insieme; quando ero io a casa, non c’eri tu e viceversa. –
- Mi dispiace … - mormorò Dino, sinceramente dispiaciuto e Anita sorrise, scuotendo la testa, ad indicare che il loro affetto, il bene che li legava, andava al di là del tempo che passavano insieme.
– E quindi, da quanto va avanti? – s’informò nuovamente lui.
- Hum … - alzò gli occhi al cielo lei. – Qualche mesetto.- rispose laconica, sorridendo furbetta.
- Qualche mesetto? – ripeté Dino perplesso, inarcando un sopraciglio. – E dire che vi conoscete da così tanti anni … - bisbigliò, tra sé e sé, portando lo sguardo oltre la spalla della sorella. Chissà come e quando si sono scoperti innamorati, si chiese.
- Chi lo sa? – s’informò poi, seriamente divertito e incuriosito.
- Lalle e Julie. – rispose Anita, con un sorriso.
Ok, Adelaide ci sta, pensò lui. Quelle due erano grandi amiche. Ma Julie? E lei scoppiò a ridere divertita, di gusto, perché aveva capito perfettamente quali pensieri avessero formulato i neuroni del biondo.
- Julie? – chiese, infatti, interdetto, scuotendosi nelle spalle.
- Sì, sinceramente non ho mai capito neanche io perché lo sapesse. –
Adelaide ci stava, era da sempre la grande confidente di Enma, una sorta di sorella maggiore iperprotettiva nei suoi confronti.
- Forse perché ci voleva provare con te … - iniziò a formulare lui, sapendo come il ragazzo fosse sensibile al fascino femminile. - … ed Enma l’avrà minacciato di non farlo perché era già lui innamorato di te. -
- Enma, che minaccia qualcuno? – lo interruppe lei, divertita all’idea.
- Hum … - biascicò Dino, grattandosi la punta del naso. In effetti, pensò, sarebbe come veder Tsuna arrabbiarsi con qualcuno. Troppo buoni tutti e due, nonché pacifici, per minacciare qualcuno, per lo meno fino a quando questo qualcuno non rappresentasse un pericolo per i loro cari.
- E come si è dichiarato? – domandò seriamente incuriosito e mettendosi seduto comodo.
Ma questa, è un’altra storia …
 
 
QUALCHE ORA PIU’ TARDI – ORE 17.25
 
Anita, dopo aver praticamente svaligiato tutto l’armadio e, accortasi dell’ora, ributtato tutti i vestiti dentro, alla fine scelse una maximaglia verde con abbinati leggins neri.
Facendo un rapido set-up, fece una check list di quanto messo nella pochette, comunque troppo emozionata per riuscire ad essere lucida. Con un batticuore assurdo, scese le scale e si precipitò verso i garage, pregando che il suo adorato Diane – dopo settimane di disuso – riuscisse a dar segni di vita.
Ovviamente, ad attenderla, c’era Dino. Appena risvegliato da una sana penicchella pomeridiana, portava ancora i segni del risveglio dal dolce sguardo sonnecchioso.
Anita si avvicinò silenziosa, vedendolo al telefono, per non disturbare, ma quando lo vide chiudere la conversazione con un sospiro, fermò la sua cacciata.
- Problemi? – gli chiese preoccupata, sistemandosi i capelli divenuti ricci per l’occasione.
- No, no tranquilla. Sto cercando di chiamare Kyoya da quando mi sono svegliato, ma ha il telefono irraggiungibile. – le rispose con un sorriso, riponendo il cellulare sul tavolino in entrata e invitandola ad uscire, dopo averle circondato la vita con un braccio.
In quel momento, nessuno dei due poteva sapere che l’ultima telefonata che avevano potuto fare era stata quella tra Anita ed Enma, qualche ora prima, per mettersi d’accordo sull’orario di ritrovo giù al porto. Ma l’avrebbero scoperto molto presto.
- Prendi la mia Jeep? – le chiese lui.
- Ehm … veramente volevo scendere con il Diane. – biascicò lei, stuzzicandosi la punta del naso tra due dita. A quella dichiarazione, il fratello si girò a guardarla interdetto.
- Anita, non si accenderà neanche. –
- Hum, sì invece. Abbi fede. – replicò lei ridendo.
E tanto dissero e tanto fecero, che alla fine il vecchio Maggiolone – rombando – si mise in moto.
I due fratelli, sollevando gli occhi dal motore, dopo aver fatto contatto con la batteria della Jeep di Dino, si scambiarono un’occhiata complice e lui le pulì la faccia dalla fuliggine.
- A casa presto eh! – la prese bonariamente in giro, aprendole il cancello e beccandosi una linguaccia, mentre abbassava il finestrino usando la manovella e con evidente fatica.
- Frate, potremmo fare le uscite a quattro la prossima volta che verrai in Italia con Kyoya. – si divertì a punzecchiarlo, facendolo scoppiare sonoramente a ridere.
- Sì, certo. Come no! Il più contento tra tutti sarebbe proprio Kyoya mi sa. – replicò divertito, scuotendo la testa.
 
 
In quel preciso istante Enma, già al porto, seduto sul bordo della fontana con le statue dei navigatori intagliante nel marmo, fissava perplesso il telefonino.
Rilesse per la seconda volta la mail che gli era appena arrivata. Aveva sbuffato quando, una volta che l’aveva tirato fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni, aveva visto il messaggio di rettifica di una mail in arrivo. Temeva sempre si trattasse di questioni legate alla Famiglia Simon. Cosa avrebbe dato, alcune volte, per fare come il suo predecessore di Dieci Generazione prima e sparire su un’isola sperduta nel Mediterraneo, aveva pensato nel momento in cui aveva aperto la casella di posta elettronica. Aveva inarcato un sopraciglio quando aveva visto che quella mail era da parte di Anita. La ragazza si scusava, ma il suo cellulare era irrimediabilmente deceduto. Si scusava inoltre del fatto che sarebbe arrivata in ritardo e, per guadagnare tempo, invece che giù al porto, lo pregava di raggiungerla alla fine della collina dietro il parco, all’altezza del Monumento della Rivoluzione. Aveva sorriso mentre leggeva la prima volta, perché ben s’immaginava il trafelare della sua adorata a sapersi in ritardo, tuttavia, arrivato alla fine, sollevò lo sguardo davanti a sé.
Inutile dire che Enma aveva provato immediatamente a chiamarla sul suo numero di cellulare, ed effettivamente il telefono era irraggiungibile.
Assottigliò gli occhi, rileggendo quelle parole che aveva già imparato a memoria, per poi riporre il telefono in tasca e alzarsi. Lanciò un’occhiata verso il mare alla sua destra, a quella distesa calma e placida, notando come grosse nuvole, tuttavia, si stessero ammassando ad est.
- Ani, sto arrivando … - sussurrò.
 
Dino, appena salutata Anita all’entrata posteriore di Residenza Cavallone, la guardò allontanarsi nel suo Diane arancione assordate.
Proruppe in una piccola risata a sentire il casino infernale che quel macinino procurava, ma sapeva che la sorella non si sarebbe mai liberata di quella macchina perché era appartenuta al suo adorato nonno.
Aveva ancora la mano alzata in segno di saluto, vedendo come anche quella di Anita facesse altrettanto spuntando dal finestrino, quando una Jaguar nera gli si avvicinò lentamente, arrivando dall’opposto senso di marcia.
- Bella macchina. – esordì il guidatore, braccio appoggiato sul finestrino, indicando con un cenno del capo il Diane attraverso lo specchietto retrovisore.
Sulle labbra di Dino, il sorriso morì lentamente ma, per cortesia, rispose.
- Mmm … grazie. – sussurrò incerto, studiando attentamente il volto dell’uomo che aveva parlato. Non lo conosceva, eppure … Eppure non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, sentendo come l’adrenalina avesse iniziato a pompare.
Se l’altro si avvide dello scandagliamento sospettoso al quale il biondo lo stava sottoponendo, non lo diede minimamente a vedere. Continuò a parlare infatti, sempre con tono calmo e gentile.
- Tenuta bene, anche se un po’ vecchiotta. – proseguì affabile.
- Mh … - si limitò a commentare il biondo, laconico, sempre più attento.
- Bisogna aver cura delle cose che amiamo … - cominciò allusivo e Dino si avvicinò di un ulteriore passo verso l’auto, notando – con la coda dell’occhio – come la macchina di Anita fosse ancora visibile.
L’altro, finalmente, spostò lo sguardo dal Diane e lo portò su di lui e, lentamente, il viso di Dino divenne una maschera di terrore nel vedere la lucida spietatezza nei suoi occhi neri.
- … perché non si può mai sapere che cosa li potrebbe succedere. – concluse, prima di ingranare la marcia ed allontanarsi.
Dino rimase impietrito, deglutendo a vuoto.
- A-Anita … -
(Ecco la prima song – Dethroned X Ray Dog https://www.youtube.com/watch?v=Rq3ckjSY4ZQ&hd=1#! )
 
Fu come se per un secondo non gli arrivasse più ossigeno al cervello, e fu l’istinto animale a farlo muovere. Si guardò per un attimo intorno e il secondo dopo, senza sapere come, stava risalendo di corsa la piccola collinetta dietro casa. Valutò che tagliando per il viale alberato, quello stesso viale che li collegava con Residenza Vongola, forse sarebbe riuscito a raggiungerla mentre lei percorreva la strada sterrata che separava casa loro dall’arteria cittadina. Forse …
Non si preoccupò delle fronde degli alberi che nella sua folle corsa gli frustavano il viso, né tantomeno dei tagli che le radici affioranti gli facevano sui polpacci. Non pensò che quella velata minaccia era, magari, volta a farlo reagire così, a portarlo in una situazione di pericolo. Non si preoccupò di niente, se non di chiamare il nome di sua sorella con quanto fiato aveva in corpo, correndo fino a quando le gambe gli avrebbero retto, vedendo come la macchina della ragazza proseguisse per il suo cammino, riuscendo a scorgere il suo volto sereno e felice, ignara del pericolo che stava correndo.
“Non ce la farò mai a fermarla!” valutò il biondo disperato. Se Anita fosse arrivata alla fine della stradina alberata e si fosse immessa nella strada principale, non sarebbe più riuscito a raggiungerla.
Era certo volessero tenderle un agguato. A lei e ad Enma.
- Papà, aiutami ti prego! – gridò disperato, con l’ultimo fiato che aveva in gola.
E la preghiera di Dino fu accolta.
Anita, per fortuna dotata di ottimi riflessi, frenò di colpo quando qualcosa le passò davanti.
Era stato come un lampo. Qualcosa che aveva saettato di fronte a lei e si era conficcato nel tronco dell’albero alla sua sinistra. Voltò la testa di lato per guardare e capire cosa fosse, sentendo come il cuore le avesse iniziato a pompare rabbiosamente per lo spavento, e nel momento in cui girò lo sguardo vide suo fratello scendere dalla collinetta e correre verso di lei.
“Ma se ci siamo appena salutati …” biascicò dentro di sé basita, ulteriormente interdetta dall’espressione di lui. Scese dall’auto nell’attimo in cui Dino le fu accanto, ansante e senza fiato.
- Ani, stai bene? – quasi urlò, dopo averla stretta tra le braccia ed essersi assicurato che non avesse neanche un graffio. – Per fortuna ti sei fermata. Un altro passo e non sarei più riuscito a raggiungerti. Stai bene? -
- Sì … ma frate, che succede? – chiese sballottata e al tempo stesso spaventata dall’apprensione di lui. Nemmeno si ricordava l’ultima volta che l’aveva visto così in ansia.
- Non lo so … non lo so … - ripeté il biondo, stringendola ancora più e quando la sentì sussultare, la scostò da sé e la pose – protettivamente – dietro di lui, pronto all’attacco.
- Dino … guarda … - mormorò invece lei, incredula. Gli stava indicando il tronco di un albero. Sulle prime, il biondo non capì e portò lo sguardo interrogativamente verso la sorella.
- Non mi sarei mai fermata, se quella cosa non mi avesse attraversato la strada. – gli spiegò, come in trance, mentre si avvicinava all’abete, dopo aver messo a fuoco l’oggetto incriminato e sgranando ancora gli occhi incredula.
- Una freccia? – bisbigliò il biondo perplesso.
Se il fratello continuava ad esser perplesso, Anita – a veder un oggetto a lei così tanto caro e conosciuto – allargò il sorriso sul volto, per poi però fermarsi ai piedi dell’albero dubbiosa a sua volta.
- E come c’è arrivata fino a qui? – sussurrò perplessa, accarezzandone dolcemente la cocca*
A quella domanda mormorata, i due fratelli sgranarono gli occhi, increduli davanti alla risposta che si erano tacitamente dati. Lentamente, voltarono lo sguardo alle loro spalle. Da dove la freccia poteva esser stata scoccata.
E c’era un unico posto …
- Non è possibile … - mormorò Dino, con un filo di voce, sconcertato.
- Sì, invece. – replicò Anita estasiata, estraendo delicatamente la freccia dalla corteccia.
La Residenza della Prima Generazione Vongola si stagliava davanti a loro.
Il giovane Cavallone si trovò a deglutire a vuoto.
Aveva chiesto un aiuto disperato al padre, in un momento di disperazione massima. La sua preghiera era stata accolta.
Suo padre l’aveva accolta e l’implacabile mira del formidabile cecchino della Prima Generazione Vongola l’aveva portata a compimento.
Questa, per quanto irrazionale, era l’unica realtà dei fatti. E nel momento in cui la accettò, Dino riprese il comando.
- Torniamo a casa. – esclamò risoluto, prendendola delicatamente per un braccio.
- Ma … - protestò flebilmente Anita.
- Chiama Enma, digli di raggiungerci. – fu l’esortazione che non ammetteva repliche. Il pericolo non era ancora stato scampato, secondo lui. – Insieme, saremo tutti più al sicuro. –
 
Quando rientrarono a Residenza Cavallone, lì vi trovarono ad attenderli davanti al cancello Takeshi e Hayato, evidentemente in apprensione. E vedere l’espressione nel volto degli altri due, non aiutò di certo i due Guardiani a stemperare la tensione.
- Che succede? – s’informò immediatamente Dino, preso il ruolo del comando.
- E’ da prima che provo a chiamare il Juudaime, ma non mi risponde. –
Il biondo portò gli occhi su quelli turchesi dell’amico e cominciò lentamente a capire.
- Non ti risponde o è irraggiungibile? – gli chiese.
- Cade la linea. - bisbigliò Hayato, intuendo al volo che qualcosa non andava. Takeshi fu vicino a lui in un attimo.
- Nemmeno io riesco a mettermi in contatto con Enma, Dino. – esclamò Anita, in apprensione, riportando il cellulare all’orecchio e attendendo nuovamente. Il fratello, nel breve tragitto, l’aveva messa al corrente di quanto successo nel momento in cui si erano salutati.
Il giovane Boss, iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore cercando di raccogliere le file del discorso.
“Cosa diavolo sta succedendo?” si interrogò. “Calma Dino, calma. Ragiona. Non saltare a conclusioni affrettate. Perché dovrebbero esser già arrivati a minacciarci così apertamente? Magari stai vedendo un pericolo che in realtà è solo nella tua testa e …”
Ma si frenò di colpo dai suoi ragionamenti, portandosi una mano alla bocca quando un’altra informazione gli arrivò alla mente.
- Aspetta un minuto … aspetta un minuto … - iniziò a parlare, portando l’attenzione alla sorella. – Come facevano a sapere che ti saresti mossa di casa proprio a quell’ora? –
Ma chi? Avrebbe voluto chiedere Hayato, ma si trattenne vedendo come il loro amico stava cercando di arrivare a capo della questione.
- Tu ed Enma vi siete sentiti per telefono! – realizzò, posando una mano sul braccio della sorella, che annuì, non riuscendo più a mascherare lo spavento.
- Sì, questa mattina. C’eri anche tu con me quando gli ho telefonato per metterci d’accordo sull’orario. –
- Sull’orario … - bisbigliò lui come in trance, portando lo sguardo a terra per poi, lentamente, riportarlo verso di loro e spostare gli occhi sui volti di ognuno di loro. – Sapevano dell’appuntamento tuo e di Enma! Hanno intercettato la telefonata. Ci stanno controllando. – esclamò incredulo.
Anita deglutì a fatica e Dino, velocemente, mise al corrente gli altri due di quanto successo. Hayato e Takeshi ascoltarono senza far domande, restando tuttavia pietrificati di come la situazione si fosse mossa così velocemente.
- Chiama Enma, Ani. Chiama Enma. – la pregò con urgenza il fratello, che aveva fiutato come il Boss Simon potesse essere in pericolo. Chi voleva stanarli, sapeva come e dove trovarlo.
Quello che non poteva sapere, ma che sospettava, era il fatto che gli avessero già teso un’imboscata mandandogli una mail nella quale si spacciavano per Anita e lo attendessero al Monumento della Rivoluzione, al riparo da occhi indiscreti per poter così agire tranquillamente.
- Non ci riesco, Dino! – gli ricordò lei, in preda al panico. - Non ha campo. –
Come Kyoya … come Tsuna … E allora capì.
Socchiudendo gli occhi per un attimo, ispirò profondamente e la parte dettata al comando che era in lui, saltò fuori.
- Non è Kozato a non avere campo. Così come Kyoya o Tsuna. – mormorò ma con un tono di voce ora fermo e determinato. – Siamo noi a non avere rete. Ci hanno tagliati fuori. Non possiamo comunicare con nessuno. – sibilò, stringendo i pugni fino a farsi venire le nocche bianche.
Takeshi, Hayato e Anita lo fissarono sconcertati, calcolando velocemente la portata di quanto stava loro dicendo.
- Ma perché? – chiese lei, ritrovando la lucidità ma continuando a manifestare l’incredulità, muovendo un passo verso il gemello.
- Non lo so … - le rispose questi, sorridendole dolcemente.
Loro quattro non sapevano ancora niente della sera prima e di quello che era successo. Né tantomeno potevano sospettare le conseguenze.
- Ma lo scopriremo presto. -
La voce del Guardiano della Tempesta si levò nel silenzio incredulo. Gli altri tre portarono lo sguardo su di lui e la loro attenzione fu attirata dagli occhi turchesi del ragazzo e ne seguirono la direzione.
A Takeshi bastò sollevare lo sguardo, mentre i due gemelli Cavallone, posti ai due lati di quel quartetto, dovettero voltarsi.
Erano tutti e quattro allenati a scovare e percepire il pericolo. E quel gruppetto che stava avanzando verso di loro dalla fine del viale alberato, sprizzava pericolo e minaccia anche alla lunga distanza.
Pur se in netta minoranza, i quattro si rizzarono nelle loro stature, sfoderando uno sguardo micidiale.
 
Quel messaggio era perfetto in tutto - avrebbe potuto esser veramente scritto da Anita – tranne che per un particolare.
Particolare che solo Enma poteva sapere. Anita non si rivolgeva mai a lui chiamandolo per nome.
Per una la cui missione di vita pareva esser quella di inventare e affibbiare nomignoli alle persone a lei care, era impensabile chiamare per nome il suo amato e non creare per lui tutta una serie di vezzeggiativi. Ma questo solo Enma poteva saperlo. Non di certo colui il quale aveva scritto quella mail cercando di spacciarsi per Anita. E che in quel messaggio, iniziava rivolgendosi a lui chiamandolo per nome.
E come quella volta Cozzato aveva fiutato che la lettera che aveva tra le mani non poteva di certo provenire da Giotto come gli si voleva far credere, anche Enma – in quel preciso istante – capì che Anita doveva trovarsi in pericolo.
- Adelaide? – disse quando l’amica rispose dall’altro capo del telefono. – Sto andando dai Cavallone, c’è qualcosa che non mi convince. Raduna gli altri e raggiungetemi là per favore. -
 
( Di nuovo la mitica Here comes the King – X Ray Dog http://www.youtube.com/watch?v=IHYoXoGQZ0w )
 
Anita fu la prima a muoversi. Lentamente, e senza perdere di vista gli uomini che stavano arrivando davanti a loro, continuando a fissarli, si pose davanti agli altri tre.
- Dino, resto io qui a coprire la retrovia. Voi andate avanti, se dovesse esserci un altro attacco, è da lì che proverrà con maggior furia. – decretò, conoscendo perfettamente la conformazione della piccola collinetta che circondava Residenza Cavallone.
Aveva parlato con voce calma ma ferma, voltando appena la testa di lato verso il fratello e lanciandogli un piccolo sorriso. Sorriso complice che lui le ricambiò.
- Ok! – rispose semplicemente il biondo.
- Ma Dino! – protestò vivacemente Takeshi, dopo aver già estratto la sua fedele Katana per porsi al fianco della ragazza. Anche Hayato si era voltato sbigottito verso il giovane Cavallone.
- Ehi – li ammonì entrambi dolcemente. – non la lascerei mai da sola se non fossi certo che ce la può fare. E poi, non è una Cavallone per niente. – ricordò loro sorridendo orgoglioso della sorella.
- Ma … - cercò di protestare nuovamente Gokudera, muovendo un passo verso la ragazza, ma una nuova occhiata serafica di Dino lo fermò.
- Anita combatte nelle lunghe distanze, proprio come te. – gli disse ammiccante ed allusivo, invitandoli con un cenno del capo a verificare loro stessi le sue parole.
E quasi la ragazza, che era incredibilmente concentrata, li avesse sentiti, estrasse la sua box-heiki.
- Fiamme Rosse della Tempesta! – proferì sconcertato Hayato, incredulo ai suoi occhi, muovendo un passo indietro di fronte a quell’esplosione violenta. Ma se l’aver visto che erano accomunati dallo stesso elemento lo convinse che non potevano esserci altre sorprese, si sbagliava di grosso. Le lingue di fuoco si avvolsero intorno alla ragazza, sulla sua schiena, a formare una faretra d’alabastro.
Hayato restò senza fiato e parole, quando vide quelle stesse fiamme rosse portarsi poi intorno al braccio sinistro di Anita fino a plasmarsi tra le sue dita.
- Un arco … - sussurrò sbigottito.
Non solo avevano lo stesso elemento … ma anche lo stesso ideale a cui ispirarsi e ambire.
Dino sorrise dolcemente a vedere lo stupore in quegli occhi turchesi.
- Ha avuto due ottimi maestri ai quali ispirarsi. Il nostro amato nonno … -
E non servì che Dino aggiungesse altro. Quando Anita scoccò le prime due frecce che andarono a colpo sicuro anche a quella distanza, Hayato riconobbe lo stile micidiale del suo predecessore.
- Andate. – li pregò lei, lanciando una piccola occhiata alle sue spalle, invitandoli con lo sguardo mentre posizionava la cocca di una nuova freccia tra le dita, prima di sagittare.
Tranquillizzati dalle capacità della ragazza, finalmente i due Guardiani permisero a Dino di muoversi da lì.
(Two steps from Hell – Strenght of a Thousand Men https://www.youtube.com/watch?v=GGcIkqPTHo0&hd=1)
In un attimo, il biondo prese il comando della situazione, assumendo una lucida freddezza che era visibile in lui solo in quelle occasioni. Inutile dire che Takeshi e Hayato ne rimasero ammaliati e ascoltarono senza batter ciglio le sue disposizioni nel momento in cui Romario e gli altri li raggiunsero.
- Questi non sono qui di certo per negoziare, ma per attaccare e basta. – ricordò loro, mentre tacciava la solidità della sua frusta.
Si stavano per dividere – i due Guardiani insieme ad ovest – quando Dino li bloccò, fermando lo spadaccino per un braccio e posizionandosi davanti a lui. I due si fissarono per un lungo istante negli occhi. (Sìì, baciatevi*ç*! Scusatemi, non son riuscita a fermarmi^^’ndC)
- Le difese devono reggere. – gli sussurrò il biondo, tuttavia con voce ferma e asciutta.
- Reggeranno. – lo rassicurò lo spadaccino con un piccolo sorriso, a tranquillizzarlo ed enfatizzare quanto promesso. (Da quanto volevo far dir ‘sta frase^^ndC)
Dino li guardò saettare via velocemente verso i loro posti.
Quanto sarebbero riusciti a resistere?, si chiese mentre si voltava e andava a prendere la sua postazione a sua volta e, una volta raggiuntala, vide che Anita aveva ragione. L’attacco più furioso sarebbe provenuto da davanti.
“Quanto riusciremo a resistere?” si chiese nuovamente. “Non importa, ce la metteremo tutta.” Si rispose l’attimo successivo mentre si lanciava all’attacco.
 
 
Nel frattempo Anita – agile e scattante come una gazzella – sfruttava le folte fronde degli alberi a lei così conosciuti per spostarsi da una parte all’altra, celata alla vista dei suoi avversari.
Con il tronco alle spalle per proteggerle la schiena, l’arco sempre puntato in avanti, scrutò guardinga intorno a sé, tendendo le orecchie, sentendo solo il suo respiro accelerato e come un colpo di pistola passatole troppo vicino continuasse a procurarle un fastidioso sibilo.
Fu solo grazie ad una foglia che le si posò leggera sul capo, che si ricordò che quando si combatteva, c’erano varie dimensioni da non perdere mai di vista.
“Merda!” imprecò dentro di sé mentre solleva l’arco e lo sguardo al cielo, pregando che non fosse troppo tardi.
Successe tutto in fretta. Vide il ghigno sadicamente soddisfatto dell’avversario sopra di lei che le mimava un divertito Addio con le labbra e, più per la paura che per l’orgoglio, non distolse lo sguardo. Fu a causa di questo che non vide Enma arrivare alla sua sinistra e scostarla da lì proprio nell’attimo in cui l’altro sparava. Forte del suo attributo della Terra, il rosso riuscì a schivare il colpo per poi, una volta che l’aveva posata delicatamente a terra, poter rivolgere il suo colpo verso il nemico.
- Stai bene? – le chiese in apprensione, precipitandosi da lei l’attimo immediatamente successivo, facendola alzare e scrutandole attentamente il volto dopo averlo preso tra le mani.
Anita tuttavia, non gli rispose, troppo sollevata e felice nel vedere che stava bene. Che non gli era successo niente.
- Grazie al cielo stai bene. – proferì, gettandogli le braccia al collo e stringendolo spasmodicamente a sé. Enma non poté far altro che ricambiare la stretta, accarezzandole i capelli raccolti in una coda alta. Fu mentre le faceva scivolare lentamente le dita sulle braccia, che si accorse che era stata ferita.
- Solo di striscio. – tentò di rassicurarlo nel momento in cui l’aveva sentito irrigidirsi e lei aveva intuito il corso dei suoi pensieri.
La scostò dal suo petto per fissarla nuovamente negli occhi, mentre lei gli sorrideva, per poi verificare l’entità del danno.
Aveva ragione. Era stata presa solo di striscio e il sangue si era già fermato, ma quanto supplizio gli procurò vedere quello squarcio. La strinse nuovamente a sé.
- Vero che andrà tutto bene? – gli chiese in un mormorio, facendo scorrere le mani sulla sua schiena per ancorarvisi.
- Sì. – sussurrò di rimando lui, valutando dentro di sé che era appena cominciata. – Sì, andrà tutto bene. – ripeté. – Fidati di noi … fidati di me. -
Per tutta risposta, Anita si limitò ad assentire con la testa sprofondata sull’incavo della sua spalla, ancorandosi ancora di più a lui.
Si permisero ancora un attimo. Un istante in cui c’erano solo loro due, perché nel momento in cui avrebbero sciolto quell’abbraccio, non si sarebbero più potuti fermare, fino alla fine. Comunque sarebbe andata …
Controllando che non sopraggiungesse più nessuno dalle retrovie, cercarono di assicurarsi un modo per impedire a chiunque altro il passaggio da lì.
Scandagliarono velocemente l’ambiente circostante, poi l’attenzione di Enma si posò su una catasta di tronchi posta ad un centinaio di metri sopra di loro.
Anita capì immediatamente a cosa stesse pensando lui.
- Se quei tronchi scivolassero giù, per un po’ avremmo sicuramente le spalle protette. – bisbigliò, e lui confermò con il capo.
Ma come?, si stavano chiedendo i due.
La catasta era bloccata con delle funi ancorate saldamente al terreno.
Enma stava valutando velocemente come poter procedere, cercando di far meno danni possibili per non giocarsi in maniera irreparabile una possibile via di fuga.
- Potrei provare a spezzare uno dei lati della fune con una freccia. Rotta una delle due estremità, i tronchi rotoleranno giù. – propose lei.
- Ani, è distante. – gli fece notare lui, voltandosi verso di lei. 
(Two Steps From Hell - Black blade two https://www.youtube.com/watch?v=z28lwyQjuTY&hd=1)
- Lo so … - sussurrò rammaricata, mentre continuava a saggiare con il pollice la tensione della corda del suo arco.
- Ma forse con questa posso farcela … - bisbigliò a se stessa, recuperando dalla faretra la freccia di G. che aveva riposto con tanta cura prima di iniziare l’attacco.
Ne saggiò attentamente la consistenza, la lunghezza delle penne che costituivano le alette per valutare quanto avrebbe influito l’aria con la velocità finale, l’attrito che si sarebbe creato, la stabilità del volo. Non era abituata a quel genere di frecce e non poteva permettersi di sbagliare. Solitamente lei ne usava di più leggere, ma se c’era una freccia che poteva saettare a così lunga distanza e al contempo creare un impatto più dannoso e recidere la fune con un colpo secco, quella era la freccia che proveniva dal Primo Guardiano della Tempesta. E lei ne aveva solo una.
Anita deglutì a vuoto, mentre la adagiava con cura sull’arco. Dalla sua aveva il fatto che anche lei, proprio per com’era stato per l’arciere dei primi Vongola, usava un arco a flettenti larghi.
“Forza G., dammi una mano tu.” Lo pregò dopo aver riaperto gli occhi e buttato fuori l’aria con un grosso espiro. Cercando di scacciare il timore di sbagliare.
“Gomito dritto … spalle basse … distribuisci il peso del corpo su tutti e due i piedi, rimani allineata col bersaglio …” si istruì mentalmente raccogliendo la concentrazione, mentre Enma la osservava in religioso silenzioso, per non crearle disturbo.
Nel momento in cui tese la freccia sull’arco, e dopo essersi assicurata sulle condizioni del vento dopo che una leggera brezza le aveva scompigliato i capelli, ancora una volta le tornarono alla mente le parole del nonno.
 ... Anita, ricordati: la freccia al momento dello scoccare, non deve oscillare né troppo, né troppo poco. Tendi bene l’arco fino a quando …
E fu un’altra la voce che percepì sovrapporsi. Era una voce che non aveva mai sentito, ma poteva ben intuire a chi appartenesse …
... fino a quando non ti sembra che la corda si debba spezzare ma …
- … non si spezzerà. – frusciò lei, nel momento in cui mollò la cocca e la freccia saettò.
Quasi il tempo si fosse rallentato, i due ne osservarono il percorso.
 
(Two Steps From Hell - Sons of war  https://www.youtube.com/watch?v=zDnJp9404Xk&hd=1)
 
Dino, alle sue spalle, sentì provenire un grosso boato. Si fermò di colpo, non capendo da cosa potesse essere procurato. Lanciò un’occhiata di puro terrore a Romario, prima di fargli segno con un gesto del capo.
Si precipitò di corsa verso le retrovie, a verificare le condizioni della sorella, ma fu bloccato da un nuovo attacco. Non li stavano dando tregua. Fortunatamente per loro, la freccia era andata a segno e la retrovia, almeno per un po’, sarebbe stata inaccessibile da chi proveniva da fuori.
 
Anche Takeshi, che stava combattendo in prossimità del piccolo laghetto artificiale in puro stile giapponese che tanto gli ricordava quello che si trovava a casa di Hibari – e immaginò non fosse un caso – sentì chiaramente il boato. Fece un giro su se stesso per capire da dove provenisse, sempre aguzzando i sensi per porre massima attenzione ad ogni possibile attacco. Attacco che gli arrivò da dietro ma lui, micidiale e fulmineo come sempre, in una frazione di secondo piantò la punta della lama ad un soffio dal collo di colui che aveva sferzato quell’attacco. Sospirò sconsolato quando vide che quello che gli stava di fronte in quel momento era pressoché un ragazzino. Lo fissò negli occhi, a cercar di capire il perché di tanto astio nello sguardo. Queste erano cose che non avrebbe mai capito, né tantomeno accettato. Vide la paura negli occhi del ragazzo, la lesse chiaramente in fondo a quello sguardo carico di disprezzo e, velocemente come l’aveva estratta, ripose la fedele katana.
Non si aspettava di certo un grazie da parte del suo avversario, ed infatti non arrivò mentre questo fuggiva via, ma di certo non si sarebbe aspettato una serie di improperi arrivare alle sue spalle.
- Voooooooi!! Ma quante volte dovrò dirti che questa tua stupida bontà ti porterà alla tomba!? –
Takeshi, pur nell’assurdità della situazione, permise alle sue labbra di aprirsi in un sorriso.
- Squalo! – esclamò, girandosi verso il nuovo arrivato.
- E non fare quella faccia così contenta! – gli sbraitò contro il Capitano dei Varia, raggiungendolo e puntandogli alla gola la punta della sua spada.
- Non imparerai proprio mai, eh? – gli disse contrariato, fissandolo con fastidio malcelato e scuotendo la testa, come se davanti a sé avesse una causa persa.
- Ehm … - biascicò Takeshi, sempre continuando a sorridere.
- Dov’è quel rincoglionito del Bronco? – s’informò Squalo.
- A sud. – spiegò lo spadaccino dopo avergli lanciato un’occhiata di biasimo per il modo in cui si era rivolto a Dino, beccandosi ovviamente una minaccia di morte da parte dell’altro.
I due s’incamminarono velocemente per raggiungere il Boss Cavallone, decidendo di tagliare per il porticato esterno e, nel momento in cui lo attraversarono, l’arzilla nonnina di Dino e Anita venne loro incontro.
- Oh Takeshi, sento dei gran boati. C’è forse un party? – chiese tutta elettrizzata. Squalo fece tanto d’occhi, proponendo all’altro di tramortire la donnina e beccandosi un’occhiataccia di rimprovero da parte del Guardiano della Pioggia.
- Sì nonnina: c’è un party. – la rassicurò questi, con la sua solita calma, prendendola gentilmente per un braccio e pilotandola al sicuro verso casa, mentre il Capitano – sbuffando – aveva incrociato le braccia al petto, ad attendere.
- Oh, che bello. Un pigiama party. –
- Sì, nonnina: un pigiama party. Adesso lei vada nella sua stanza a prepararsi e stia lì fino a quando non la verremo a chiamare. – concluse dolcemente Takeshi. La guardò salire le scale tutta felice e, solo quando fu sparita dalla sua vista, il suo splendido sorriso si adombrò. Sperava di vederla presto.
- Quella vecchia decrepita bisognerebbe buttarla giù dalla collina con la sua cariola. – borbottò il Capitano, fermamente convinto riprendendo la sua cacciata.
- Squalo! – lo rimproverò l’altro scioccato.
 
Fortunatamente, Adelaide – pratica ed efficace come sempre – aveva radunato gli altri Guardiani Simon velocemente e ora, nella battaglia che impazzava a Residenza Cavallone, i nostri poterono contare su un aiuto in più.
- Maledizione! – imprecò Dino tra i denti. – Per dieci che ne abbattiamo, ne arrivano altri venti. –
Una volta che Squalo lo aveva trovato, lo aveva messo al corrente della situazione. Era stato con enorme sollievo che aveva sentito dalla sua bocca il fatto che Kyoya e gli altri erano stati avvisati da lui del pericolo che incombeva su tutti loro.
- E’ ovvio che ne arrivino sempre di più. Non sono qui per negoziare, Cavallone. – gli ricordò Squalo, dopo che gli aveva coperto le spalle e colpito l’ennesimo avversario.
- Lo so. – frusciò il biondo. – Sono qui con l’unico scopo di annientarci. –
I due si lanciarono un’occhiata, dopo aver posato lo sguardo intorno a loro. Era chiaro quello che si stavano comunicando con gli occhi ma che nessuno dei due pronunciò ad alta voce.
“Siamo sfiniti.” Pensarono. Era da ore ormai che l’attacco infuriava e non accennava a placarsi. Il giorno aveva ceduto il passo alla sera e poi alla notte. La luna aveva preso il posto del sole in cielo, con il suo chiarore argenteo.
- Dobbiamo trovare una strategia. – iniziò a parlare Dino – Altrimenti … -
Ma non finì la frase. Non ce n’era bisogno … Altrimenti difficilmente avrebbero retto fino all’alba e visto il nuovo giorno.
Nuovamente, dalla piccola altura nella quale si trovavano in quel momento, li guardò tutti. Ognuno dei suoi compagni stava combattendo senza badare alla fatica e con una determinazione unica; e quello che vide, con enorme sollievo e soddisfazione, fu che i loro avversari li temevano.
Un sorrisetto sghembo gli impreziosì le labbra. Li temevano! Per quanto in netta inferiorità numerica, loro li sovrastavano in quanto capacità, velocità, furbizia. E proprio queste loro caratteristiche dovevano essere usate per porre la situazione a loro vantaggio.
Non li stavano attaccando in quel momento, ed era un buon attimo per riunirsi e decidere velocemente una strategia, prima che fossero i loro avversari a idearla.
In un tacito accordo, tutti avevano assunto Dino come loro leader in quella battaglia. Quindi tutti, raccolti attorno a lui, attendevano mentre spiegava velocemente la situazione.
- Frate – richiamò la sua attenzione Anita, muovendo un passo verso di lui. – Noi abbiamo il vantaggio di conoscere il territorio sul quale ci stiamo muovendo. - gli ricordò, e Dino assentì con il capo, valutando il da farsi, mentre gli altri attendevano e lo fissavano.
- Inoltre li avete bloccato le retrovie. Posso arrivare solo da davanti - gli fece notare Squalo – e scappare solo da là. –
- Giusto. – replicò Dino, ragionando velocemente. Il giovane Boss portò per un attimo lo sguardo a terra, a raccogliere le file del discorso per poi sollevare gli occhi su tutti loro.
- Li accerchieremo da fuori, costringendoli verso l’interno. E lì sferreremo l’attacco decisivo. – spiegò e gli altri annuirono. Si accucciarono al suo fianco nel momento in cui Dino, usando dei rametti a terra, spiegò le distribuzioni sui vari fronti. Nel momento in cui finì di spiegare, sollevò nuovamente l’attenzione sui loro volti e, vedendoli, sorrise teneramente. Come c’erano finiti là?, si chiese. Erano tutti così giovani, avrebbero potuto desiderare e condurre delle vite completamente differenti, inseguendo e realizzando quelli che erano stati i loro sogni. E le loro Famiglie erano nate proprio per questo. Come gruppo di Vigilantes per garantire agli altri il fatto di poter condurre una vita in tranquillità e serenità.
Ma non ebbe tempo di perdersi in queste riflessioni, perché l’ennesimo scoppio fece capire loro che, dietro le fronde, un altro attacco si stava preparando.
“Non ancora ti prego! Stiamo riprendendo fiato.” Supplicò dentro di sé, tuttavia rizzandosi in piedi e pronto all’attacco. Ma non ce ne fu bisogno.
(KHR OST – Tsuna Awakes https://www.youtube.com/watch?v=qq9dhnApETI&hd=1)
Videro un grosso bagliore e fu come se il Cielo si dipingesse nuovamente di giorno.
Rimasero immobili, col fiato sospeso.
- Tsuna … - bisbigliarono Takeshi e Dino increduli. Avrebbero riconosciuto quelle Fiamme ovunque.
E fu proprio la sagoma di Tsuna che si stagliò tra il fumo creato dalla potenza del suo colpo, mentre avanzava calmo verso di loro.
- Tsuna! – ripeterono ora certi, sorridendo felici. Sorriso che il Juudaime ricambiò loro quando la coltre si dissipò completamente.
- Sono arrivati i rinforzi! Ne avevate estremamente bisogno. – esclamò Ryohei, emergendo al suo fianco insieme a Hibari e Mukuro, scoppiando nella sua fragorosa risata e Tsuna voltò la testa a guardarlo, emettendo una piccola risata a sua volta.
- Tzh! Testo a Prato, il solito! – sbuffò Hayato
- Hah? Che cosa vorresti insinuare Testa a Polpo? – sbraitò il boxeur di rimando, e quello scambio di battute, quel essere catapultati in un contesto di quotidianità in quella situazione disperata, fece tirare il fiato a tutti.
Kyoya lo cercò con gli occhi e quando incrociò quelli marroni del compagno, dentro di sé sospirò di sollievo assottigliando gli occhi grigi.
Sospirò di sollievo anche Dino a vederselo lì di fronte. Con la coda dell’occhio, intercettò Squalo e gli lanciò un’occhiata di gratitudine. Era per merito suo se gli altri quattro si trovavano là con loro ora.
Occhiata di gratitudine che lo spadaccino accolse ricorrendo a tutto il suo fastidio malcelato, ma si vedeva che, sotto-sotto, era a sua volta contento.
 
I quattro arrivati furono ragguagliati immediatamente sulla situazione e sulla strategia che stavano per attuare.
Tsuna ascoltava in silenzio, al fianco di Dino e annuì un paio di volte con il capo, trovandosi d’accordo sul piano di accerchiarli da fuori e costringerli tutti a convolare verso l’interno.
Inutile dire che il loro arrivo, aveva risollevato il morale delle truppe. Differente tuttavia, e di dicotomia, era lo stato d’animo sia di Takeshi che di Hayato. Erano felici di vedere Tsuna lì con loro ma, ripensando al giorno prima, si sentivano in qualche maniera a disagio.
Il giovane Vongola lasciò a Dino il compito di dividere le squadre, visto che il biondo – essendo stato presente fin dall’inizio – sapeva perfettamente il loro stato, dove avevano subito i maggiori attacchi, e fu così che loro tre – Tsuna, Takeshi e Hayato – si ritrovarono a far parte della stessa squadra. E in quel momento, nel momento in cui – prima di dividersi – i ragazzi si salutarono, facendosi gli auguri e dandosi appuntamento lì di nuovo al sorgere del sole, i tre – guardandosi negli occhi, con un cenno del capo percettibile solo a loro tre – misero da parte ogni cosa e si concentrarono solo su ciò che stavano per fare.
(Two Steps From Hell – The last stand https://www.youtube.com/watch?v=2ZMxPdpuuO0&hd=1)
Producendo meno rumore possibile e grazie al chiarore spettrale della luna che indicava loro il cammino, corsero velocemente tra le fronde degli alberi per raggiungere la loro postazione. Correvano bassi, controllando a mano a mano che procedevano di non essere seguiti.
Avevano fatto quel genere di operazioni tante di quelle volte insieme, che neanche serviva che parlassero per comunicarsi via-via gli spostamenti da eseguire. Ognuno di loro non avrebbe potuto desiderare compagni migliori ai quali affidare la propria vita, perché sapevano come gli altri due avrebbero coperto le spalle.
Alla fine arrivarono alla piccola altura in cima alla collinetta. Tsuna fece segno loro di fermarsi con un gesto della mano, portandosi l’indice alle labbra e invitandoli ad ascoltare. Si accucciarono sul terreno, procedendo a carponi per poi sporgersi, sfruttando il fatto di trovarsi in ombra.
I tre si lanciarono un’occhiata complice. Avevano scovato un avamposto degli avversari.
Comunicando a gesti e soprattutto con gli occhi, si divisero i compiti, e in quel momento erano tornati ad essere quelli che erano sempre stati. Tsuna lanciò loro uno sorriso colmo di gratitudine. A ringraziarli di esser con lui ancora una volta. Anche Hayato e Takeshi ricambiarono lo sguardo, sorridendogli a loro volta.
Sconfitti quegli avversari, sarebbe stata creata una grossa perdita al nemico che, con l’arrivo di Tsuna, Kyoya, Ryohei e Mukuro, aveva subito un colpo che di certo non si aspettava.
Come ogni volta, prima di partire per un attacco, il Juudaime si trovò costretto a prendere un grosso inspiro. A darsi coraggio. A convincersi che non c’era altra maniera. Ad assicurarsi che sarebbe andato tutto bene. Che ancora una volta, alla fine di tutto questo, sarebbero stati tutti insieme.
Gli altri due aspettavano un suo segnale per partire. E il segnale arrivò.
Come c’era da aspettarselo, i loro avversari si trovarono completamente impreparati di fronte a quell’attacco micidiale, di portata e forza schiacciante.
Loro tre insieme erano infallibili e veloci. Non li lasciarono alcuno scampo. Sarebbero stati delle micidiali macchine da guerra, se non fosse stato per il fatto che Takeshi e Tsuna erano due buoni di cuore. Hayato invece, che il quel mondo c’era nato e cresciuto, quando combatteva metteva una sorta di pilota automatico e la sua concentrazione non si abbassava mai, non abbassava mai la guardia, sempre troppo attento all’incolumità di chi si trovava al suo fianco. Figurarsi in quel caso particolare poi!
Ma non fu Hayato a salvare Takeshi da un colpo letale. No, fu Tsuna.
Con l’istinto che diventava ancora più sopraffino quando si trovava in hyper mode, Tsuna percepì la sensazione di pericolo per l’amico. In un battito di ciglia fu al suo fianco e lo salvò per un pelo. Era stata la bontà d’animo dello spadaccino a fregarlo. L’avversario del quale aveva avuto pietà e che aveva lasciato in vita dopo averlo disarmato - perché mai avrebbe attaccato qualcuno disarmato - gli si rivoltò contro.
Lo vide Hayato. Lo vide Tsuna e fu più veloce.
Takeshi si trovò la figura dell’amico avanti, senza capire come. E lo vide subire un doppio attacco al fianco che aveva lasciato scoperto per proteggere lui. Vide Hayato fulmineo abbattere i due avversari che avevano lanciato l’offensiva.
Con sollievo vide il giovane Vongola alzarsi, dopo aver ceduto sulle ginocchia in conseguenza al colpo subito.
(Ludovico Einaudi – Primavera https://www.youtube.com/watch?v=_fNg3qHdEcY&hd=1)
- Cavoli! Squalo me lo dice sempre! – tentò di smorzare la tensione venutasi a creare, credendo di aver scampato pericolo. – Mi dice sempre che uno di questi giorni mi farò ammazzare, a causa della mia bontà che mi fa abbassare la guardia. -
Tsuna voltandosi verso di lui, tenendosi il fianco dolorante, gli lanciò un sorriso.
- Mpf, dovresti ascoltarlo qualche volta mi sa, Takeshi. – si permise di prenderlo in giro, con il respiro affaticato.
Lo spadaccino rise imbarazzato posandosi una mano sulla nuca e anche Hayato abbozzò un piccolo sorriso. Ma non fecero neanche a tempo ad avvicinarsi a Tsuna che questi, stringendosi una mano sul fianco, ricadde a terra.
Né Takeshi né Hayato seppero mai dirsi se la cosa che li lasciò pietrificati per un lungo, lunghissimo, istante fu quando con il chiarore della luna, che aveva nuovamente fatto capolino da dietro una nuvola, videro la chiazza rossa allagarsi sulla camicia bianca di Tsuna; o come questi, mentre si accasciava al suolo, sputò sangue.
- Tsuna! – gridò lo spadaccino angosciato, precipitandosi al fianco dell’amico, mettendogli una mano sopra la sua, per cercare di tamponare quella ferita che si stava allargando sempre più.
Hayato boccheggiò, sentendo come le viscere gli si contrassero nello stomaco, reprimendo a stento un conato di vomito tanta era l’angoscia che gli era salita in un attimo.
Si portò al fianco di Tsuna a sua volta, inginocchiandosi e prendendogli la mano libera.
- Tsuna, no. No, ti prego, no. Adesso sistemiamo tutto. – cercò di fargli, e farsi, forza Takeshi, iniziando ad accarezzargli i capelli, mentre Hayato, scaraventato a forza in quell’incubo, non riusciva a dir niente, troppo impegnato a cercar di trattenere le lacrime e le urla di disperazione che gli stavano salendo alla gola.
Tsuna trasse un profondo inspiro, cercando di parlare. Non aveva paura. Sorrise loro.
- Ragazzi, portate avanti quello che abbiamo creato … quello per cui abbiamo combattuto … - li pregò, stringendo le loro mani tra le proprie e cercando di infondere loro la serenità che aveva in quel momento. Stava morendo, lo sapeva, ma non aveva timore alcuno. Davanti a lui vedeva perfettamente chi era andato ad accoglierlo.
- No, Tsuna, non dire queste cose. Ti rimettiamo in sesto e poi stasera andremo a vedere i fuochi tutti insieme, come abbiamo sempre fatto. – gli bisbigliò Takeshi cercando di sorridere tra le lacrime che avevano preso a scivolargli implacabili lungo le guance. Tsuna gli sorrise teneramente, per poi stringere gli occhi di fronte ad una nuova ondata di dolore che lo colse e, conseguentemente, un ulteriore senso di svuotamento e leggerezza.
- Tsuna ti prego, no … ti prego … - lo supplicò Takeshi portandoselo al petto.
Hayato finalmente sentì le prime lacrime liberarlo e fissò gli altri due. Si sarebbe strappato il cuore dal petto con le sue stesse mani, se fosse servito a qualcosa.
- Dobbiamo fare ancora tante cose insieme, ti prego … - continuò a cullarlo lo spadaccino.
- E le faremo … - gli promise Tsuna parlando in un mormorio. Ogni singola parola gli stava costando una fatica fisica enorme, tuttavia, gli sorrise nuovamente, ad indicare che andava tutto bene. – Le faremo … le farete ed io sarò lì con voi. Sarò sempre con voi … veglierò sempre su di voi …  - promise loro, con la calma e la tranquillità che lo contraddistingueva.
- No, ti prego … - ripeté Takeshi, non riuscendo più a mascherare la sua disperazione. Lo riappoggiò a terra, perché temeva di fargli male e appoggiò la testa sul suo petto, sforzandosi di non singhiozzare. Sollevò il viso pieno di lacrime, quando sentì come Tsuna avesse preso la mano sua e quella di Hayato e le avesse fatte intrecciare insieme. I due portarono l’attenzione sui suoi occhi castani.
- Siate felici insieme, per favore …  - li pregò. - Io veglierò sempre su di voi … - concluse sorridendo stancamente.
E quante volte avevano visto quel sorriso stanco. Alla fine di ogni battaglia. Stanco sì, ma sereno. A indicare che un’altra battaglia insieme era stata vinta e che era andato tutto bene.
- Tsuna, per favore … non morire …  ti prego, no … - mormorò Hayato, portandosi la mano che ancora teneva alla sua alle labbra. Il Juudaime, portò lentamente lo sguardo su quelle due perle turchesi che tanto aveva amato e che, ne era sicuro, avrebbe amato per sempre.
- Ti prego … io, io ti amo … - sussurrò Hayato fissandolo dritto negli occhi, mordendosi il labbro inferiore perché il dolore fisico era l’unica cosa che lo stava tenendo ancorato alla realtà e gli permetteva di non impazzire.
Tsuna sorrise dolcemente.
- Anch’io … anch’io ti amo Hayato … -
Una folata di vento, quella che solitamente annuncia l’albeggiare, si levò dolcemente su di loro.
Accarezzò le spalle dei due Guardiani, quasi fosse stato un saluto. L’ultimo saluto.
Sentirono come la presa dell’altro si fece debole, ma Takeshi continuò a tenere la mano di Tsuna, piangendo lacrime che non pensava di poter possedere in tale quantità.
Hayato invece, lentamente si alzò, sollevando lo sguardo davanti a sé. A veder l’ultima stella della notte dissolversi.
 
Dino arrivò di corsa. Aveva avuto uno strano presentimento. Cercò di scacciarlo, ma quando – in lontananza – vide lo scenario che lo attendeva, di nuovo quel senso di angoscia e oppressione si fece largo a forza dentro di lui.
- Takeshi! Gokudera-kun! – chiamò da lontano e quando lo spadaccino si girò verso di lui, con il volto in lacrime, rimase pietrificato sul posto.
- Tsuna … - bisbigliò, per poi riprendere la sua corsa. – Oddio, ti prego no! – urlò con quanto fiato aveva in gola, precipitandosi dall’amico.
 
(Two Steps From Hell - Color the Sky https://www.youtube.com/watch?v=CveV2gkTj64&hd=1#)
A Tsuna, o comunque a quella che si sarebbe potuta definire la sua Anima, parve di trovarsi catapultato nel bazooka dei dieci anni di Lambo.
Si sentì fluttuare. Leggero. Senza più alcun peso o angoscia.
- Decimo. – si sentì dolcemente chiamare e avrebbe riconosciuto quella voce melodiosa ovunque.
Lentamente, socchiuse gli occhi e vide la mano di Giotto tendersi verso di lui.
- Primo! – sussurrò, felice di trovarlo lì. Di trovar lì tutti i Guardiani di Prima Generazione. Spostò lentamente lo sguardo su ognuno di loro, prima di proseguire a parlare.
- Immagino che, d’ora in avanti, sarete voi i miei nuovi compagni. –
- Sì. – gli confermò Giotto, posandogli una carezza sulla guancia, mentre G. gli assestava una pacca d’incoraggiamento sulla schiena.
- Benvenuto nella ciurma figliolo. – proferì allegro Knuckle, prendendolo sotto braccio.
Tsuna sorrise timidamente. In mezzo a loro gli sembrò quasi di potersi permettere di tornare ad essere l’imbranaTsuna che era stato quando tutto quello era iniziato.
Guardò i suoi nuovi compagni, sorridendo loro grato, prima di voltare lo sguardo alle sue spalle e guardare giù.
Quello che vide lo fece stare male. Sapeva che i suoi amici stavano piangendo e soffrendo per lui.
Anche il Primo e i Guardiani della Prima Generazione si fermarono con lui e portarono lo sguardo verso il basso.
- Se la caveranno. – lo incoraggiò Giotto, posandogli una mano sulla spalla, sorridendogli e infondendo in quel sorriso tutta la sua seraficità.
- Ovvio che se la caveranno: sono i nostri Eredi. – gli diede manforte G.
- Ed inoltre, ora ci sarai anche tu a vegliare su di loro. – gli ricordò il biondo.
 
 
UN ANNO DOPO
 
Era il giorno della Cerimonia per il rinnovo dell’Eredità dell’Anello e i ragazzi non stavano più nella pelle.
Perché finalmente l’avrebbero rivisto. O comunque, era ciò che si auguravano. Ciò che speravano. Ciò che li aveva dato la forza per continuare a portare avanti tutto quello che avevano creato, anche senza di lui.
Non senza apprensione, ma anche con grandi aspettative e felicità, i ragazzi si portarono nel luogo preposto per la Cerimonia.
Trattennero il fiato quando videro le ben conosciute Fiamme dei loro predecessori divampare davanti a loro. E sospirarono di sollievo, sentirono il cuore diviso tra una felicità assurda e una straziante malinconia quando, dopo Giotto, l’ambiente intorno a loro si colorò nuovamente della Fiamma del Cielo.
- Tsuna! – esclamarono festosi Ryohei, Dino, Takeshi e Hayato correndo incontro al loro amico ritrovato, abbracciandolo e stringendosi a cerchio. Anche Lambo, piangendo più degli altri, si precipitò ad abbracciarlo. Era presente alla Cerimonia quell’anno, apportando una variante rispetto al solito, anche Enma, che sperava ardentemente di rivedere l’amico perduto. Kyoya e Mukuro invece, se ne stettero rispettosamente in disparte, almeno inizialmente. Non che non avessero sofferto per la perdita di Tsuna, ma – ovviamente – avevano manifestato il dolore a modo loro. In particolar modo, Hibari aveva dovuto far fronte, e farsi carico, anche del dolore di Dino. Mai avrebbe pensato, Kyoya, di desiderare di non aver più un cuore, dato che lo strazio di assistere alla disperazione del suo adorato compagno non gli aveva dato tregua e pace all’animo.
Quindi fu felice, a modo suo ovviamente, di vedere il sorriso brillare sul volto del suo innamorato.
Quante cose avevano da raccontare i ragazzi! Non sarebbe bastata una vita intera.
I ragazzi di Prima Generazione si lanciarono un’occhiata contenti. Sapevano perfettamente cosa i loro amati Eredi avessero dovuto sopportare. Con quale dolore lancinante e sordo avevano dovuto aver a che fare.
Il Primo si voltò verso il suo compagno, che come sempre si trovava al suo fianco.
- Grazie. – gli sussurrò impercettibilmente, tanto che G. si girò a guardarlo in maniera interrogativa, chiedendogli con lo sguardo se avesse parlato o meno.
- Grazie. – gli bisbigliò nuovamente il biondo e l’arciere, a quelle parole, si sentì stritolare il cuore al solo pensiero, perché aveva perfettamente capito. Loro due, per fortuna, erano morti insieme. Nessuno dei due aveva pianto la morte dell’altro.
G. sollevò gli occhi al Cielo, ringraziandolo a sua volta. Il dolore per la perdita di Giotto, l’avrebbe di sicuro ucciso.
 
Alla fine delle giornata, con Tsuna erano rimasti per ultimi Takeshi e Hayato.
Se quest’ultimi si guardavano indietro, nessuno dei due sapeva dirsi come avevano fatto a sopravvivere a tanto dolore in quei lunghi mesi. Ma Tsuna in quel momento, era lì. Con loro. E nulla contava più.
Così come rinfrancò i loro cuori più di un balsamo lenitivo le parole con le quali il loro amico si accomiatò, per quell’anno.
- Un giorno ci ritroveremo e staremo insieme per sempre. Io sarò lì ad attendervi. – li salutò e fu con enorme sollievo che vide i loro volti sereni e sorridenti. Certo, non erano più i volti di quando si erano conosciuti, durante il primo anno delle medie, ne avevano viste troppe per poter conservare quelle espressioni ingenue e innocenti, ma c’era il sereno nei loro occhi.
Nessuno dei tre riusciva a sciogliere l’abbraccio, ma quando lo fecero, non c’era disperazione nei loro volti. Tsuna sgranò dapprima gli occhi, poi sorrise dolcemente quando si accorse che il suo Vongola Ring del Cielo era stato diviso in due parti e ognuna delle due si trovava nella catenina d’argento che sia Takeshi che Hayato portavano al collo. In suo ricordo.
Tsuna posò una leggera carezza sul viso di entrambi, prima di voltarsi ed incamminarsi verso i ragazzi di Prima Generazione che stavano attendendo solo lui ormai.
Quello che era stato il Decimo Boss Vongola si girò nuovamente verso loro due e fu l’ultimo a dissolversi nella sua Fiamma arancione. Voleva prima assicurarsi di una cosa. E quando se ne fu assicurato, poté finalmente congedarsi tranquillo.
Takeshi e Hayato, muovendosi al sincrono, avevano cercato l’uno la mano dell’altro, facendo intrecciare le dita. E da come il Guardiano della Tempesta aveva appoggiato la testa sulla spalla dello spadaccino, a cercar incoraggiamento e conforto, e da come Takeshi gli poggiò un lieve bacio tra i capelli, Tsuna capì. E sospirò di sollievo.
Tutte le cose erano andate a posto.
E lui avrebbe vegliato su di loro … fino a quando non si sarebbero rincontrati.
 
 
 
FINE
 
 
(E qua, per gli sbarallamenti finali, ascoltatevi una cosa demenziale. Tipo la song theme del grande Lambo-san per esempio^O^ https://www.youtube.com/watch?v=jXf3yvVuz7Y&hd=1# )
 
Clau: Ok, la prossima volta che vi dico che voglio scrivere una cosa Angst, per favore: proibitemelo! Piango e mi disperoT_T
Tsuna: Eh, piango e mi dispero anch’io veramente! T_T
Clau: Scusa Tsuna! È la prima volta che scrivo della morte di qualcuno. Ok, quando ero alle medie ed ero una grande fan di Agatha Christie, tormentavo la mia povera mente già gravemente compromessa anche all’epoca, scrivendo racconti gialli e lì, per forza, doveva morire qualcuno. Ma di solito l’assassinato era sempre stronzo e antipatico, odiato da tutti, non ammazzavo mai un personaggio che mi piaceva. Juudaimeeee, gomeneeee T_T Ti scrivo subito la 0027 T_T Mamma mia, devo subito buttarmi a scrivere una cosa comica. Poi son stata sadicissima, perché non vi avevo neanche avvisati che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo. E poi che strano ‘sto chappy, c’ho pure messo dentro un paring het. Mai avrei pensato di ficcare dentro ad una fic su Reborn una het. Con Enma tra l’altro, che ho feels assurdo con Tsuna. Sì, scusate sto sragionando. Forse riesco a tirarmi su con una lemon. Ma una lemon di quelle pesanti proprio. Sarà mica la buona volta che quella famosa Threesome GxAlaudexGiotto – sì Alaude, tu finisci in mezzo senza nessuna pietà^O^ - la scrivo finalmente?
Potrei anche scrivere un extra comico, dove Tsuna fantasma, si diverte a dare il tormento agli altri.
Tsuna: Ma non è una bella idea veramente.
Clau: Tipo va a spiare e a dar fastidio a Takeshi lovelove e Hayato mentre fanno le zozzerie. Hi hi hi
Tsuna: -_________- Stavolta è partita completamente.
Yama: E a proposito di zozzerie …
Clau: Sì Takeshi lovelove, dimmi … snif snif
Yama: In ‘sta fic son l’unico che non le ha fatte^^
Clau: Ahehm … Noooo!! Ma come ho potuto perpetrare anche codesto scempio, non facendoti far zozzerie T_T Perdonami Takeshilovelove
Yama: Tranquilla Clau, tranquilla.
Clau: Che bello, Takeshi lovelove: vuoi consolarmi^^?
Goku: GIU’ LE ZAMPEEEEE!
Clau: Mmmmm che solfa. Anyway, in queste ultime note finali, vi svelerò i retroscena di questa fic^^
Goku: Come se a qualcuno fregasse qualcosa.
Clau: Hn!
Ryohei: Oh mamma! La Clau si sta Hibarizzando.
Goku: Per una che ha come amico del cuore uno sbroccato come Mukuro, voglio dire: Hibarizzarsi mi sembra il minimo …
Clau: Ti ignoro. Dunque, dicevamo: i retroscena di questa fic. Tsu-kun, mi fai tu da spalla? Dai? Così mi sento meno in colpa per averti fatto schiattare^_^
Tsuna: Hum, ok.
Clau: Grazie Juudaime. Allora, il fatto che Tsuna morisse, l’avevo deciso fin dall’inizio.
Tsuna: T_T
Clau: Ohhh! Gomene Juudaime, gomene^^’
Goku : Razza di scimunita ! Un pò di delicatezza.
Clau: Più che altro, per risolver il triangolo amoroso e shippando io la 8059, non vedevo altra soluzione che far schiattare Tsuna. Scusa, Juudaime.
Tsuna&Goku: -_____- Ma come sarebbe a dire che non c’era altra soluzione?!
Clau: ^_^’ Ad un certo punto ho avuto la visione mistica di Enma e il conseguente feels per la 0027 e si è aperto un finale diverso, ma poi volevo troppo scrivere una cosa angst^^’ Gomen Tsuna, tivibi <3 Cosa della quale ero incerta invece, era se Tsuna rimanesse mortalmente ferito ..
Tsuna: Ehm, Clau, potresti evitare di ripetere ogni volta la parola “morte” per piacere?
Clau: Ooopss, scusa Juudaime. Stavamo dicendo, cosa della quale ero in dubbio, se Tsuna salvasse Hayato o Takeshi. Ma poi ho pensato che sarebbe stato più bello se fosse mor … ehm … se avesse perso la vit … ahehm … couf couf … se avesse salvato colui il quale era sì il suo rivale in amore, ma anche il suo grande amico.
Ryohei: Io non ho capito una cosa?
Goku: Solo una Testa a Prato? Tzh, facciamo progressi.
Ryohei&Clau: -_________-
Ryohei: Non ho capito: ma alla fine la Testa a Polpo e Yamamoto si mettono insieme sì o no?
Clau: Ma Onii-chan! Ovvio che alla fine stanno insieme. Vatti a rileggere le ultime frasi del capitolo.
Tsuna: Onii-chan, mi ha fatto crepare per far sì che quei due stessero insieme! Penso che li avrei personalmente presi a mazzate giù per la testa se non si fossero messi insieme.
Clau: ^^’
Goku: Ohhh, Juudaime: chiedo perdono.
Clau: Ok, chiudiamo. Oh no, mi dispero T_T Facciamo così: diciamo che ci rivediamo presto/prestino con un’altra ficcina. Vediamo … una bella lemon assolutamente priva di trama dove Takeshi lovelove farà ripetutamente le cosacce con Goku in ogni modo e maniera possibile …
Yama: ^^’
Goku: O_____o
Clau: La mitica threesome dove G. e Giotto faranno le cosacce in ogni modo e maniera con Alaude, dove perfino le sue manette si rivolteranno contro di lui …
Alaude: Hn!
Giotto: Ehm, Clau^^’ …
G. : Tzh!
Clau: E per finire: Juudaime^_^?
Tsuna: Nooo! Io non voglio saper niente T_T
Clau: Ma come?! La 0027 che ti ho promesso, dove Enma …
Tsuna: Nooo! Basta! Portatela via!
Clau: Ma perché Tsuna, a me piaci tanto come personaggio.
Tsuna: E pensa se ti stavo sulle palle!
Clau: Ah Terry, guarda che non mi son dimenticata che dovrei pseudocimentarmi in una flash – di più non sarò in grado^^’ – dove i due Sociopatici per eccellenza si misureranno a suon di freddure.
Torno seria … pft … ma quando mai^O^ Grazie a tutti Voi che mi avete seguito fino a qui, davvero! Grazie ai miei Angeli del Focolare <3 Mi son divertita un sacco a leggere le vostre recensioni e a commentare con voi i Misteri di KHR.
Grazie anche solo a chi ha letto <3 Mi auguro di cuore abbiate passato dei momenti piacevoli.
Grazie a Terry che ha betato questo mio ennesimo parto malato e si è beccata i miei – ripetuti – vaneggiamenti quando tentavo di farle spoiler sui capitoli ^O^
E niente, a mano a mano che proseguivo nella lettura del manga, mi son innamorata sempre più di Enma e Cozzato Primo, ohhh … Quindi anche loro due non si liberanno mai più di me^__^
Cozzato&Enma: ^^’
Goku: Poveracci! Coraggio, vi è andata male. Se l’invornita si fosse fermata all’anime, sareste stati salvi.
Ryohei: Hum-hum …
Clau: Tranquilli, solo con cose yaoi stavolta eh^__^
Goku: Non penso sia questo il problema …
Clau: AHAHAH^o^ Fai sempre lo spiritoso Goku. Bene, ed ora posso felicemente ritornare nella mia fase “mongolismo acuto” Tralalàlà
Mukuro: Kufufufu
Clau: Oh, ciao amichetto del cuore. Preparato la valigia?
Mukuro: Certo.
Clau: Anch’io. Ciao a tutti. Alaude, Mr. Sociopatico: vi lascio qui come miei segretari personali fino a quando starò via.
Alaude&Hibari: Hn!
Clau: Ciao bei ragazzuoli. Fate i bravi, mi raccomando e copulate come ricci.
Ryohei: Ricci? Hibari, sta parlando con te.
Hibari: Hn!
Dino: ^___^ Evvai!
 

 
 
 
 
*Cocca:  l'intaccatura presente su una delle estremità della freccia che la collega alla corda
 
   
 
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