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Autore: _Fux_    25/07/2014    3 recensioni
'Quello che temo è che prima o poi a forza di seguire queste regole, queste convenzioni, finirò con il perdere pezzetti di me.
E ho davvero, davvero paura, di quando non mi ricorderò più di quel desiderio di infradiciarmi, di ballare senza motivo e di cantare anche se sono stonata solo perché mi va, per sentirmi un po’ più bambina e più spensierata.
Perché, beh, significherebbe non essere più me stessa, e non mi va.
Perché non mi piaccio molto, però mi voglio bene, in fondo, in fondo.
Ma sai cosa c’è di bello?
Che prima o poi i temporali tornano: i tuoni risuonano, i lampi illuminano il cielo, nei terreni si ricreano pozzanghere e sotto le gocce d’acqua una ragazza può sempre rinascere…
Quindi, apri gli occhi: ti sto tendendo la mano.
Vieni sotto la pioggia con me?'
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Ti sto tendendo la mano"
 
Il mondo è pieno di cose che non si possono fare, che non ci sono concesse perché considerate errate o non comprese.
Il punto è che spesso “diverso” viene preso come sinonimo di “sbagliato”, e questo non mi pare giusto.
Una canzone dice "Tutto ciò che amo è illegale, immorale, o fa ingrassare" e non c'è nulla di più vero, non trovi?
Viviamo rinchiusi in castelli di regole che dobbiamo seguire per la nostra "salvezza".
Ma che cos'è, poi, la salvezza? È impedirci di fare ciò che desideriamo? È non essere sé stessi? Perché questo mi pare piuttosto la via più sicura per l'autodistruzione.
Intendimi, con questo non sto dicendo che le regole fanno tutte schifo e che sono tutte inutili, o che sei libero di uscire per strada e uccidere qualcuno solo perché ti va, no!
Ma ci sono alcune convenzioni che sì, sono ridicole.
Perché se avessi una ragazza e la volessi baciare in pubblico non potrei farlo, perché sono ragazza anche io.
Con quale diritto la gente limita e giudica così duramente le azioni delle altre persone, anche quelle  più semplici e naturali?
Non ho anche io il diritto di stare al mondo, di vivere, di essere felice, di amare?
Non sono anche io un essere umano?
Le mie emozioni e i miei sentimenti non sono altrettanto validi?
Faccio schifo?
Eppure è stato detto che facciamo tutti schifo, che siamo tutti meravigliosi, e facciamo tutti schifo: tutti!
Non ti fa sentire meglio? Che possiamo essere meravigliosi pur facendo schifo?
A me fa incurvare le labbra, posso attaccarti il mio sorriso?
Bene, ora pensa alla pioggia!
Prova ad immaginarla, okay?
Chiudi gli occhi con me: uno, due, tre...
Li senti? I tuoni, intendo.
Mi immagino il cielo essere spaccato in due dalla pioggia, ne sento lo scrosciare continuo.
Il cielo dovrebbe essere grigio, vero?
Tu non la ami? La pioggia....
Io sí, con tutta me stessa. Ogni volta che piove è come se una sinfonia stesse suonando solo per me, beh...
Non è che piove solo per me, ovvio. Ma mi piace pensare di essere l'unica in grado di comprenderla appieno.
Ecco, i temporali mi fanno sentire compresa, è come se la natura ogni tanto avesse bisogno di urlare e non avesse paura di farlo.
A volte vorrei soltanto riuscirci anche io, magari mettendomi seduta sul tetto di casa mia, le gambe incrociate e la gola che brucia per le urla trattenute troppo a lungo.
Poi dopo i tuoni viene la pioggia, ed è un po’ come se il cielo lacrimasse.
Piangere può essere una dimostrazione di forza, a dire il vero: è dimostrare di essere feriti ma di non avere timore di mostrarlo, è andare oltre.
Potrebbe sembrare che la pioggia mi metta tristezza, ma no!
La pioggia che picchietta sul terreno mi fa venire voglia di uscire di casa e mettermi a ballare.
Sí, a ballare! Io che inciampo nei miei stessi piedi!
L'acqua che scende dal cielo sembra così libera, che fa sentire anche me nello stesso modo.
O meglio, potrebbe farlo.
E allora vorrei uscire, farmi appiattire i capelli sulla nuca e afflosciarmi i lunghi ricci sulla schiena, sentire la maglia infradiciarsi e attaccarsi alla mia pelle -probabilmente scurendosi di una o due tonalità- mentre i piedi scalzi si divertono fra le pozzanghere, saltando e danzando.
Ma ancora una volta non posso, perché non mi è concesso (non si fa!), ed è troppo tardi: la pioggia non scende più, i tuoni hanno perso la loro voce, ed io sono ancora asciutta.
Sono ancora imprigionata, imprigionata nella mia "salvezza".
Salvata, ma da che cosa?
Un raffreddore, uno starnuto, un'influenza.
Ma distrutta.
Ed è così che mi sento spesso, una prigioniera ferita e in macerie, incapace di ricostruirsi.
Quello che temo è che prima o poi a forza di seguire queste regole, queste convenzioni, finirò con il perdere pezzetti di me.
E ho davvero, davvero paura, di quando non mi ricorderò più di quel desiderio di infradiciarmi, di ballare senza motivo e di cantare anche se sono stonata solo perché mi va, per sentirmi un po’ più bambina e più spensierata.
Perché, beh, significherebbe non essere più me stessa, e non mi va.
Perché non mi piaccio molto, però mi voglio bene, in fondo, in fondo.
Ma sai cosa c’è di bello?
Che prima o poi i temporali tornano: i tuoni risuonano, i lampi illuminano il cielo, nei terreni si ricreano pozzanghere e sotto le gocce d’acqua una ragazza può sempre rinascere…
Quindi, apri gli occhi: ti sto tendendo la mano.
Vieni sotto la pioggia con me?

Non so se questo avrà senso per altri oltre a me, but whatever...
Sento davvero questo rapporto intenso con la pioggia, e anche con il vento, a dire il vero: mi fanno sentire così libera, quasi capace di volare.
Anyway, thanks for reading!
   
 
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