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Autore: SonLinaChan    06/09/2008    4 recensioni
Alla morte del sovrano di Elmekia, i due eredi al trono ingaggiano una lotta per la conquista del potere. Lina e Gourry si trovano loro malgrado sul terreno di battaglia, in missione per conto della città di Sailarg, ma decisi a rifuggire ogni coinvolgimento nella guerra. Ma basta poco perché una battaglia estranea si trasformi in una questione molto personale...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimestai con poca convinzione il tè nella tazza

Eccomi finalmente qua, con un nuovo capitolo.^^ Due piccole note: la storia dell’assassino nel capitolo è un po’ ridondante rispetto alla storia di Zuuma in Slayers Revolution (*_*), lo so, ma è stata una cosa involontaria… la avevo in mente da un sacco, e ormai era troppo tardi per cambiarla…XD In più, in una recente intervista Kanzaka ha rivelato che in realtà il fratello maggiore di Gourry è morto… per cui Derek in effetti non esiste più! XD Ma non potevo saperlo prima, quindi fingerò di non averlo mai letto e andrò avanti come se nulla fosse…*_*’ (ecco cosa succede quando uno sceglie di scrivere una fic in concomitanza con una nuova serie…XDDD)

Per Sherlock, il finale dell’Assedio in effetti non è un vero finale, nel senso che non tutto si risolve… al momento non ho ancora in mente un seguito, in realtà, ma magari in futuro penserò a qualcosa…^^

Buona lettura!

***

 

 

Rimestai con poca convinzione il tè nella tazza.

Era mattina presto, e la sala comune al piano terra della locanda era ancora deserta. Io avevo aperto gli occhi poco dopo il sorgere del sole e dato che rimanere a letto a macerare nei miei pensieri non si era mostrato particolarmente produttivo, avevo deciso di scendere, e programmare il da farsi con calma nell’attesa che gli altri si svegliassero.

Anche Gourry si era svegliato, quando ero scivolata via dal suo abbraccio, ma sembrava aver colto dal mio sguardo che stavo riflettendo, e non aveva cercato di intavolare una conversazione. Mi aveva semplicemente seguita al piano di sotto e aveva ordinato la colazione per entrambi, attendendo silenziosamente che io raccogliessi le idee.

“Penso che dovremmo andare da soli.” Conclusi alla fine, poggiando la tazza e levando lo sguardo per fronteggiarlo. Gourry, che stava portandosi un pezzo d’uovo alle labbra, abbandonò la forchetta a mezz’aria, e mi fissò. Mi aveva lasciato un’apertura così ampia che per un momento fui seriamente tentata dall’idea di rubargli il resto del cibo dal piatto, ma feci violenza a me stessa e per una volta mi trattenetti. Non era davvero il momento.

“In due ci muoveremo senza dare nell’occhio.” Proseguii. “In più… Amelia deve davvero tornare da suo padre, in modo che Philionel possa tirarsi fuori dalla guerra. E credo che Sylphiel farebbe bene ad andare con lei. Non voglio essere dura, ma sinceramente non posso preoccuparmi anche per lei. Al momento ho altro a cui pensare.”

Gourry si accigliò lievemente. “Ma credi che sia prudente lasciarle andare da sole? Voglio dire, entrambe sanno cavarsela, ma Amelia è la principessa di Sailune, e…”

“… e se si scoprisse che si trova a Elmekia avrebbe metà dei fuorilegge del regno alle sue calcagna.” Terminai per lui. “Lo so. In più, Philionel ci ucciderebbe se sapesse che la abbiamo lasciata nel bel mezzo di una guerra senza una scorta.” Sospirai. “Vorrei tanto sapere dov’è Zelgadiss. Questo sarebbe un lavoro per lui, mai che si degni di essere dove dovrebbe quando dovrebbe.” Ero sinceramente indispettita. Ma Gourry fece un mezzo sorriso.

Gli rivolsi un’occhiataccia. “Non c’è proprio nulla di divertente.” Sibilai. “Se tu non andassi a ficcare il naso dove non dovresti non saremmo in questa situazione.” Indicai la sua mano.

Gourry si strinse le dita bendate. “Se due mesi fa mi avessero detto che TU su tutti mi avresti rimproverato per aver ficcato il naso dove non dovevo ne avrei riso di cuore.” Dichiarò, solennemente.

“E questo cosa vorrebbe dire???” Ringhiai, scattando in avanti. “Comunque, ci toccherà assoldare dei mercenari come scorta.” Tornai a poggiarmi allo schienale della sedia, pensosa. “Ma di chi potremmo fidarci in un momento del genere? Degli estranei potrebbero sempre avere cattive intenzioni. A meno che…” L’idea mi balenò in mente, ma la trovai quasi immediatamente fuori luogo.

“A meno che…?”

“Stavo pensando… che potremmo chiedere a Bastian di accompagnarla.” Pronunciai quelle parole con una certa riluttanza. Sinceramente, ero convinta che il cavaliere avrebbe accettato, se fosse stato Gourry a chiederglielo, e indubbiamente sarebbe stata una soluzione comoda… ma non volevo abusare dell’aiuto di Bastian. Voglio dire, non che io mi facessi molti scrupoli normalmente… e in effetti poteva essere semplice approfittare di lui, con tutte le sue storie sull’onore e sul ripagare i debiti, ma… la situazione era già abbastanza complicata. E, sì, anche io ero capace di accorgermi di qual era il limite, una volta tanto.

“Lina…” La voce di Gourry si abbassò lievemente. “… quindi quel tizio è degno di fiducia?”

Levai il viso, e lo fissai negli occhi per un momento. “Sì.” Ammisi alla fine, abbassando lo sguardo. “ Ne sono piuttosto sicura. Vedi, lui prova molto rispetto per te. E’ per questo che mi ha aiutata a fuggire da tuo padre. Sono certa che non farebbe nulla che possa attirare il tuo odio o il tuo disprezzo.”

Avvertii, senza vederlo, che mio marito mi fissava. “Mi fido della tua opinione.” Dichiarò alla fine, in tono gentile. “Però non capisco che legame abbia lui con me. Sinceramente, non mi pare di averlo mai conosciuto prima di questa faccenda.” Esitò per un istante. “Anche se ammetto che potrei averlo dimenticato.”

Sbuffai, e stavo per sputargli contro una replica pungente, quando una voce impastata risuonò alle mie spalle. “Non mi conosci, in effetti, Sir Gabriev. Ma io ho un debito d’onore nei tuoi confronti.” Sussultai, e mi volsi di scatto. Bastian stava emergendo dall’ombra della tromba delle scale. Aveva un aspetto orribile. I suoi capelli erano una matassa di riccioli spettinati e la sua tunica nera, stropicciata, emanava un fastidioso puzzo d’alcol. I suoi occhi erano gonfi e parevano iniettati di sangue. Doveva aver alzato il gomito, la sera precedente. Ma per quanto fosse normale, per un mercenario a cui viene concessa una serata di svago, quella immagine si addiceva poco all’idea di cavaliere senza macchia che Bastian cercava di trasmettere per i tre quarti del tempo.

“Che ti è successo?” Sibilai. “E da quanto sei lì ad origliare?”

Bastian mi ignorò, e si sedette al tavolo. L’unica cameriera già al lavoro nella sala deserta, una ragazza esile e lentigginosa dagli opachi capelli biondicci, che stava risistemando le sedie che erano state accatastate sui tavoli la sera precedente, gli lanciò una fugace occhiata. Quando ebbe appurato che il cavaliere non aveva intenzione di chiedere nulla riprese il suo lavoro, con fare vagamente sollevato. In effetti, Gourry ed io le avevamo già dato un bel daffare, con la nostra colazione tripla, considerando che il fuoco in cucina avrebbe dovuto essere ancora spento.

“La mia famiglia veniva da Sailarg.” Proseguì Bastian, rivolto a mio marito. “Dopo che hai salvato la città anni fa avrei voluto ripagarti, e per questo mi sono aggregato alle truppe di tuo padre, nella speranza che prima o poi tu tornassi a Elmekia. Le accuse a Lina Inv…” Esitò. “… cioè… a tua moglie… mi hanno offerto l’occasione per saldare quel debito, aiutandola al tuo posto. E’ una storia piuttosto semplice, in effetti.”

“Oh.” Gourry mi parve vagamente a disagio, nell’udire quella spiegazione, come sempre quando veniva tirato in ballo il suo passato di mercenario. “Uh… capisco. Beh… grazie.”

“Non devi ringraziarmi. Sono io che dovrei.”

“Uh… no… davvero…”

Sul tavolo cadde improvvisamente un silenzio imbarazzato.

La cameriera ne approfittò per intrufolarsi al mio fianco. “Gradite qualcosa per colazione, signore?” Lanciò a me e Gourry un’occhiata che diceva chiaramente ‘voi due non avrete altro’.

“Acqua calda e limone.” Replicò Bastian, secco. “E uova strapazzate. E un bicchiere di gin.”

La cameriera annusò il tanfo di alcol nell’aria e gli scoccò uno sguardo colmo di disapprovazione. Con un grugnito stizzito, ci volse le spalle, e si diresse verso le cucine.

“Postumi di una sbornia?” Domandò Gourry, in tono neutro.

Bastian esitò per un momento. “Ho… un po’ esagerato, ieri sera. Non ero più abituato a bere.”

“Un po’ di alcol a stomaco vuoto la mattina dopo aiuta. Lo avevano detto anche a me, ai tempi in cui viaggiavo con le truppe di Elmekia.”

“Già.”

“Già.”

Uhm… ok. Quell’atmosfera di falso cameratismo si stava facendo un tantino surreale. Dovevo introdurre un qualsiasi argomento di discussione, prima di strozzarmi nel mio stesso imbarazzo.

“Uhm… e così, ora tornerai da Edward Gabriev, Bastian?” Domandai, giocherellando con un pezzo di pane sbocconcellato. Non avevo la minima intenzione di dirgli di Gourry e della maledizione. Nemmeno un po’.

Bastian tacque per qualche istante. Il tempo per la cameriera di sbattergli di fronte il bicchiere di gin.

Ne bevve un sorso. “Voi cosa farete ora?” Chiese poi, entrando per l’ennesima volta nella mia “top ten degli atteggiamenti irritanti”, in cui “rispondere a una domanda con una domanda” si trovava in veloce risalita.

“Non sono affari che ti riguardino.”

“Ci stiamo dirigendo a Talit.”

Io e Gourry avevamo risposto all’unisono. Ci fissammo.

“Oh, scusa.” Replicò mio marito, confuso, alla mia espressione furibonda. “Ma non avevi detto che ci dovevamo fidare?”

“Questo non vuol dire raccontare ogni cosa, Gourry!!!”

“Ma se di solito ti diverti un mucchio a spiegare per filo e per segno ogni situazione. Mi ricordo quando abbiamo affrontato quel demone, Shab- qualcosa…”

Io dispenso informazioni quando serve, testa di rapa!!! E soprattutto, non a gente che conosco da mezza giornata!!!”

“Uh, Lina, sai che affannarsi a quel modo di prima mattina fa male alla circolazione? Seriamente, dovresti cominciare a preoccupar…”

“E DI CHI E’ LA COLPA SE IO MI AFFANNO???”

“Ehm.” Un lieve tossicchiare mi riportò alla realtà. Mi volsi, ancora rossa in viso. Bastian ci stava fissando, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. “Se mi permettete, Talit non è precisamente la meta più sicura, per voi, al momento. Non so quali affari vi conducano lì, ma…”

“SO che è pericoloso! Mi credi un’idiota???” Dei! Perché la mia vita doveva essere resa più complicata di quanto non fosse già???

“Non ti credo un’idiota. Ma il punto è…”

“… che Lina è un’incosciente.” Terminò Gourry per lui, in tutta tranquillità. “Sono pienamente d’accordo con te su questo. Nessuno potrebbe contestartelo. Ma stavolta purtroppo non possiamo fare diversamente. E in effetti la colpa in questo caso è mia.”

Ok, ora davvero cominciavo a essere inquietata da come quei due sembravano intendersela.

“Colpa tua, Sir Gabriev?”

“Se ti spiegassi perché, Lina probabilmente mi strozzerebbe nel sonno. Quindi suppongo che dovrò lasciare a lei la decisione se dirtelo o no.”

‘Ti strozzerò nel sonno comunque, Gourry!!!’

Fortunatamente, la cameriera scelse proprio quel momento per mollare bruscamente sul tavolo le uova e l’acqua e limone di Bastian. I secondi che occorsero per quel breve gesto furono sufficienti a farmi calmare tanto da impedirmi di saltare sul tavolo e prendere entrambi a calci.

Bastian parve incerto se prendere o meno le parole di Gourry come uno scherzo, ma alla fine si limitò a scuotere cautamente la testa. “Hai tutto il diritto di non dirmi le vostre ragioni.” Inchinò lievemente il capo. “Ma la mia spada rimane al tuo servizio finché lo desidererai, Sir Gabriev. Per qualsiasi cosa.”

Gourry cercò il mio sguardo, forse per chiedermi se dovevamo domandargli di Amelia, ma io evitai il suo. Non avrei saputo cosa rispondergli. Stavo pensando freneticamente a un modo per deviare il discorso, quando la porta esterna della locanda si spalancò.

Tutti e tre (quattro, contando la cameriera) ci volgemmo. E, stagliata contro la luce azzurrina dell’alba, mi trovai a contemplare la figura che meno mi sarei attesa di incontrare in quel luogo.

“Ehi, zuccherino! Tu non sei in vendita? No, eh? Portami una pinta di birra, allora! Ahr, ahr, ahr!”

Ugh. Avevo detto che Bastian puzzava di alcol? Bé, ancora non sapevo cosa significasse davvero puzzare di alcol. Dorak si trovava a diversi metri da noi, e già da quella distanza riuscivo ad avvertire il suo fetore.

Il mercenario Enu fece vagare lo sguardo per la stanza, e quando ci individuò i suoi lineamenti si contorsero ridicolmente per la sorpresa. Fece un paio di passi indietro, e per un momento fui seriamente convinta che sarebbe finito con le chiappe al suolo.

Chérie!!!” Gridò, in mia direzione. “E’ una visione, forse? Gli dei non possono essere stati tanto generosi da farci rincontrare in questo grande mondo!!!”

Affondai la testa fra le mani, ufficialmente disperata. Gourry batté le palpebre, e mi rivolse uno sguardo perplesso. L’espressione di Bastian, invece, era di aperto disgusto.

Dorak avanzò barcollando fra i tavoli, e ribaltò numerose sedie, prima di riuscire a raggiungerci. Parve studiare per diversi istanti un modo per sedersi vicino a me, ma dal momento che il mio lato del tavolo era troppo stretto, e che i miei due compagni di viaggio occupavano i due posti al mio fianco, si limitò a stringersi nelle spalle, a raccogliere la sedia di fronte a me (che aveva appena fatto precipitare al suolo) e a sedersi a cavalcioni su di essa. Anche i suoi occhi erano lucidi e arrossati, ma se non altro la sua sbronza sembrava decisamente più allegra di quella di Bastian.

“E allora, tesorino?” Mi chiese, emanando zaffate d’alito al sentore di rhum. “Sei riuscita a portare a termine la tua missione?”

Evidentemente, la presenza di Gourry non era una sufficiente risposta.

Emisi un sospiro. “Posso presentarti mio marito, Dorak?” Dichiarai, in tono piatto. “Gourry Gabriev. Gourry, lui è… oh, è troppo lungo da spiegare. Ci siamo trovati a viaggiare insieme per un po’, mentre venivo a salvarti.”

“Non ti preoccupare.” Dorak scosse la testa, veementemente. “Non abbiamo fatto nulla di male! Non da sobri, almeno!”

“Uh… mi fa piacere saperlo.” Gourry mi rivolse un’occhiata, decisamente più perplessa che preoccupata per la mia “virtù”. Scossi la testa, esasperata, e gli promisi con lo sguardo che gli avrei spiegato più tardi.

“Che diavolo ci fai, tu qui?” Sibilò Bastian, dal mio fianco. Gli vidi portare la mano alla cinta, verso l’elsa della mia spada corta, e mi resi conto che la sera prima mi ero scordata di rendergli la sua arma.

Dorak, comunque, non parve nemmeno notare il suo gesto ostile. “Che domande! Laggiù sulla terra ferma, con tutto il caos della guerra, non si riesce nemmeno a rimediare una buona pinta!” Fece una sonora risata da ubriaco. “E me la meritavo, una pinta, dopo tutto il mio duro lavoro! Non è così, zuccherino?” Dorak cercò di afferrare per la vita la cameriera, che era appena comparsa col suo boccale, ma la ragazza sfuggì facilmente alla sua presa malferma, e ne approfittò per fulminarci nuovamente tutti con lo sguardo, quello che sembrava essere diventato il suo sport preferito.

‘Ragazza, non è colpa mia se la tua locanda è un ricettacolo per buzzurri.’

“E poi…” Ridacchiò Dorak, del tutto indifferente al non troppo velato rifiuto della cameriera. “Quest’isola è rinomata per le sue prostitute! Io torno proprio ora da un posticino, che… Non ditemi che voi due non le avete provate, non sapete cosa vi siete persi!”

Per un altro, surreale secondo, Gourry e Bastian si scambiarono uno sguardo di reciproca, inspiegabile comprensione.

Mi portai le dita alle tempie. “Sentite…” Sospirai. “Questa riunione è commovente, e io starei qui a chiacchierare amabilmente con voi per tutto il giorno, davvero, ma il sole si sta alzando nel cielo, presto questa sala sarà piena di idioti ubriachi, e gradirei decidere il da farsi prima che il mio mal di testa peggiori.”

Gourry si levò stancamente in piedi. “Andrò a chiamare Amelia e gli altri, allora. Così potremo discutere con loro.” Mi strinse lievemente la spalla con la mano, prima di allontanarsi. Gli rivolsi un breve sorriso di riconoscimento.

“E allora, chérie… dove ti dirigerai, ora che il maritino è salvo? Possiamo fare un tratto di strada insieme?”

Sospirai, tornando a volgere lo sguardo dalla schiena di Gourry ai due uomini seduti al mio tavolo. “Direi di no, Dorak, a meno che tu non disponga di qualche mezzo utile come una nave diretta a sud. Nel qual caso, potrei anche decidere che in effetti sopporto la tua presenza.”

Dorak stava per replicare, ma la voce tagliente di Bastian lo interruppe. “Lina Inverse.” Ringhiò, nel suo tono altero. “Io voglio venire con voi.”

Mi volsi verso di lui, colta di sorpresa. “Non avevi detto che saresti tornato dal tuo signore?” Domandai, in un tono esasperatamente nervoso.

“Non avevo idea che aveste in mente una cosa tanto avventata come tornare a Talit.” Sibilò. “Avete bisogno di qualcuno che conosca il territorio, e che possa coprirvi se venite catturati. Potremmo fingere che siate miei prigionieri, se sono con voi. Se vi trovassero le truppe di Lord Gabriev mentre siete da soli, la tua sentenza verrebbe eseguita seduta stante. Lo sai questo, vero?” Mi fissò, intensamente, e mi trovai a distogliere lo sguardo.

“Gourry ed io sappiamo badare a noi stessi.” Replicai, bruscamente. “Siamo tutto fuorché comuni combattenti.”

Lo so!!!” Il tono di Bastian era così esasperato, ora, che mi spinse a tornare a guardarlo. “Insomma, conosco la tua fama, e ho visto Sir Gabriev mentre combatteva! Ma non posso… non potrei tornarmene a Rolan così, come se niente fosse, sapendo che voi vi state esponendo a un rischio del genere! Come fai a non capirlo???”

I miei pugni si strinsero, al di sotto del tavolo. Le mie nocche, al di sotto dei guanti, dovevano essere ormai bianche.

In ogni caso, dubito che il signorino, qui, potrebbe tornare a Rolan, chérie.” Intervenne Dorak, in tono del tutto tranquillo, inghiottendo un sorso di birra. “Considerando che è stata data alle fiamme.”

Cosa???” Bastian ed io volgemmo la testa verso di lui, e gridammo all’unisono. Fui certa di aver sentito male. Solo due giorni prima, Rolan ci era apparsa sicura, e inespugnabile!

“Ieri sera.” Spiegò Derek, con fare indifferente. “E’ stata una battaglia piuttosto cruenta, in effetti. Solo una minima parte delle truppe è riuscita a riparare verso Talit.”

La sera precedente? Quindi, mentre noi parlavamo con Meghar, le sue truppe…

“Tu menti!!!” Bastian era scattato in piedi. I pochi avventori che avevano cominciato a riempire la sala lo fissarono, con l’aria di chiedersi da dove uscisse tutta quell’energia di prima mattina. “Come diavolo faresti a saperlo, se hai trascorso la notte qui???”

Dorak non si lasciò scomporre. Si pulì l’orecchio con un dito, e ne esaminò con fare assente il contenuto. “Stanotte, in giro per l’isola, non si parlava d’altro.” Replicò, pacato. “Se ti degnassi di mischiarti alla plebaglia, di tanto in tanto, lo avresti sentito anche tu.”

Bastian strinse i pugni, e un puro furore gli si dipinse sul volto. Parve imporsi a fatica di non aggredirlo, mentre sibilava. “E che ne è stato del Lord Gabriev?”

Dorak inclinò la testa e fece un mezzo sorriso. “Ho sentito che era fra quelli che sono fuggiti verso Talit. E’ prerogativa di quelli come voi abbandonare tutto e tutti quando più conviene, non è così, cavaliere?”

Bastian spinse via la sedia, e in meno di un secondo raggiunse con le dita la collottola di Dorak. Io scattai in piedi, colta di sorpresa da quel movimento repentino, troppo lenta per essere in grado di impedirlo. Ma, fortunatamente, il risuonare di una voce autoritaria gelò Bastian sul posto.

“Che diavolo sta succedendo?”

Derek stava scendendo i gradini della scala, seguito da Gourry, Amelia e Sylphiel. Le due sacerdotesse avevano l’aria assonnata, ma Derek sembrava già ben sveglio. Aveva già indosso armi e armatura (anche se aveva avuto l’accortezza di tralasciare la tunica con le insegne) e stringeva la sua borsa da viaggio nella mano destra.

“Tu… tu non sei Dorak, il mercenario degli Enu?” Domandò, sorpreso. “Che succede? Porti qualche messaggio per me dai nostri territori?” Non potei fare a meno di notare la sfumatura di disprezzo con cui gli si rivolse. Sembrava seccato dalla sua presenza, se non addirittura vagamente ripugnato.

Il volto Dorak si oscurò per un momento, ma il mercenario parve riacquistare velocemente la sua compostezza. “No.” Replicò, in un tono deferente che non gli avevo mai sentito vestire, ma che suonava vagamente falso. “In realtà ci incontriamo qui per caso, mio signore. Sono stato inviato qui dal capo villaggio per trattare l’acquisto di delle partite di sale. Per conservare la carne, sapete.”

Derek si accigliò. “Mi auguro per te che mio padre ne sia al corrente, o passerete dei guai.” Replicò, con sprezzo. “Non avete alcun diritto di muovervi dai vostri territori e intavolare trattative di alcun genere, senza il nostro permesso. Il fatto che ci sia una guerra in corso non esime voi marmaglia dai vostri obblighi nei nostri riguardi.” Con questo, la sua attenzione abbandonò completamente il mercenario. Dorak mi stava cordialmente antipatico, ma in quel momento avvertii una vampata di irritazione per l’atteggiamento del fratello di Gourry nei suoi confronti. Che diavolo voleva significare quell’aria di superiorità? Sembrava che si stesse rivolgendo a un suo animale domestico, piuttosto che a un essere umano. “Bastian, che cosa sta succedendo?” Derek si rivolse al cavaliere, ora. “Perché ti pieghi ad attaccare briga con un Enu? Lo sai che è nella loro natura essere doppi e malevoli…”

Bastian lasciò il colletto di Dorak, e parve riacquistare il suo autocontrollo. “Mio signore…” Sibilò. “Stando a quanto quest’uomo mi ha appena riferito… a quanto pare, purtroppo, le truppe di tuo padre sono state sconfitte. Sembra che il Lord Gabriev stia riparando a Talit.”

Derek impallidì visibilmente. Indietreggiò di un passo e si appoggiò al tavolo. “Che hai detto?” Sibilò. “Sei certo che dica la verità?”

Bastian chinò lievemente il capo. “Se mentisse lo scopriremmo presto.” Dichiarò, in tono umile. “Per questo, non vedo la ragione di una sua menzogna.”

I pugni di Derek si strinsero. “E io…” Balbettò. “Io non stavo facendo il mio dovere… E per cosa? Per salvare lui!!!” Lanciò a Gourry uno sguardo colmo di rinnovato odio. “Che cosa penserà di me nostro padre, ora???”

Mio marito parve non sapere cosa dire. Fissò il fratello con aria impotente, restando a distanza di sicurezza, all’imbocco delle scale.

“Signori.” Intervenne la cameriera, in tono stizzito, avvicinandosi. “Non so cosa stia succedendo, ma state disturbando gli altri clienti.” Additò i quattro o cinque avventori dall’aria poco raccomandabile che avevano preso posto ai tavoli della sala. “Se dovete azzuffarvi, andatevene fuori di qui.”

“Diamoci tutti una calmata, d’accordo?” Intervenni io, rivolgendole una breve occhiata di assenso, perché si allontanasse. Abbassai la voce. “Dubito che le vostre questioni personali interessino a tutta l’isola.”

Ricevetti per lo più sguardi ostili, in risposta. Ma, quanto meno, la crisi passò. Lentamente, nervosamente, tutti si sedettero.

“Ora…” Esordii. “Gourry ed io abbiamo degli affari da portare a termine in questo regno.” Tacqui sui dettagli. La sera precedente avevo avuto intenzione di chiedere a Sylphiel se sapeva qualcosa della maledizione che aveva colpito mio marito, ma durante la notte avevo cambiato idea. La sacerdotessa non aveva riconosciuto i segni sulla mano di Gourry, e dubitavo che conoscesse un rimedio, se non aveva idea di quale fosse il male. Sapevo che se le avessi detto tutta la verità si sarebbe allarmata e sarebbe voluta venire con noi, e questo, in tutta sincerità, non mi andava. La mia idea era di raccontare tutto ad Amelia e chiederle di cercare qualche rimedio a Sailune, mentre io e Gourry indagavamo a Elmekia. Potevamo tenerci in contatto con la magia. E una volta là, anche Sylphiel avrebbe potuto aiutarla. Ma per quanto riguardava Talit e la città vecchia, dovevamo sbrigarcela da soli. “Non mi interessa cosa voi altri grand’uomini avete intenzione di fare, ma Amelia ha bisogno di tornare a Sailune da suo padre, e se tu, Sylphiel, potessi accompagnarla, forse dovremmo solo…”

“No, Lina-san.”

‘Eh?’

Di tutte le persone che avrei potuto prevedere come ostili al mio piano, l’ultima era decisamente Amelia. Pensavo che fosse la prima a voler tornare a casa, per risolvere la questione della guerra.

“Come no? Amelia, tuo padre è…”

“So in che situazione si trova mio padre, e so che vorrebbe rivedermi, ma ho il mio anello con il sigillo, Lina-san, e posso comunicargli che sto bene attraverso un messaggero. Il mio posto è qui a Elmekia, ora. Voglio scoprire il vero motivo per cui sono stata rilasciata. Lo sai anche tu che quel pirata non la raccontava giusta.” Si sporse verso di me, sul tavolo. “In più, se non si saprà in giro che sono di nuovo libera sarà più semplice anche per mio padre indagare, alla capitale.”

“M- ma…” Cercai disperatamente un modo per spezzare la sua risoluzione. Il mio piano perfetto si stava velocemente sgretolando di fronte ai miei occhi. “Non abbiamo un messaggero sufficientemente fidato, a disposizione. Se venissimo traditi…”

“Questo non è un problema, in effetti.” Intervenne Bastian. Da quando gli avevo detto chi era Amelia, la sera precedente, le aveva parlato in un tono di rispetto molto diverso da quello che aveva rivolto a me all’inizio. “Posso usare il mio falco per voi, principessa. Non ha mai mancato di portare a destinazione un messaggio, quando la ho utilizzata per questo.” Per la cronaca, il falco di Bastian non si era più fatto vedere dalla sera incriminata. Non che fosse una novità.

“Visto Lina-san?” Amelia batté il pugno sul tavolo. “Una soluzione viene sempre incontro agli alleati della giustizia!!!”

“Ma quali sono gli affari che dovete portare a termine tu e Gourry-san, Lina-san?” Intervenne Sylphiel. “Dato che Amelia è salva e la sua scorta ormai non può più essere aiutata…”

“Oh… ehm…” Balbettai. “Volevamo precisamente scoprire cosa c’è dietro al rapimento di Amelia.” Inventai, su due piedi. “Sapete, ormai siamo coinvolti, e… uhm, spero che Philionel almeno ci ricompensi per questo, dopo tutti i guai che abbiamo passato.” La sacerdotessa non mi parve convinta. Ma forse concluse che non volevo discutere delle mie motivazioni davanti a tutti, perché ebbe la buona creanza di non fare domande.

“Non mi importa di ciò che volete fare voi.” Intervenne Derek, stizzito. “Io devo raggiungere la terraferma e trovare un cavallo per riunirmi alle truppe di mio padre al più presto.” Si levò in piedi. “Non so nemmeno perché resto qui a perdere tempo con voi. Bastian, vai a recuperare le tue cose. Ci muoviamo ora.”

Ma il cavaliere non si alzò.

Derek gli rivolse uno sguardo stizzito. “Bastian, ho detto che partirò immediatamente. Se hai intenzione di riunirti alle truppe di mio padre…”

“Non ho intenzione di farlo.” Bastian lo interruppe, in tono ardito. Chinò il capo, assumendo per un momento un atteggiamento di umile esitazione, ma Derek parve troppo sorpreso per rispondergli. “Ti ho confessato il mio tradimento, quando ci siamo incontrati a Rolan, e ti ho spiegato quali fossero le mie motivazioni.” Proseguì il cavaliere. “Perdonami, ma è per le stesse motivazioni che ora devo disobbedire al tuo ordine, mio signore. Il mio compito qui non è ancora concluso. Mi ricongiungerò alle truppe a Talit, una volta che lo avrò portato a termine, e allora non mi opporrò a ricevere la giusta punizione per il mio comportamento.”

Avevo voluto intervenire per fermarlo, ma quella frase mi zittì. Bastian conosceva i rischi e le conseguenze, e stava volontariamente mettendo la sua vita in gioco. Che cosa dovevo dire? Era un uomo adulto, in fondo.

Derek, da parte sua, parve farsi livido di rabbia. Ma la sua voce era controllata, quando replicò. “Fai come preferisci. Ma sappi che a mio padre non piacerà. Non mi hai chiesto di coprirti di fronte a lui, e io non lo farò. Ma non mi sentirò responsabile se la tua testa salterà, Bastian. Avrebbe potuto perdonarti, se mi avessi seguito ora, ma così ti giochi l’ultima possibilità di redimerti ai suoi occhi. E io non me lo inimicherò certo per te.” Volse lo sguardo a Gourry. “In quanto a te, considero saldato il mio debito. Perciò non ti aspettare che parteggi per te, se deciderai di ripresentarti di fronte a nostro padre.” Volse le spalle, per andarsene, ma la mia voce lo bloccò. Parlai ancora prima che il mio cervello lo realizzasse.

“Aspetta, Derek! Porta Sylphiel con te!”

Le teste di tutti i presenti al tavolo si volsero verso di me, le espressioni stupite e confuse (beh, a parte quella di Dorak, che era ormai apparentemente del tutto intento alla sua birra). Sylphiel quasi si alzò sulla sedia, per la sorpresa. “Lina-san!”

“Se non puoi tornare a Sailune, allora è meglio che tu vada a Talit.” Spiegai. “La città ha mura solide, e non ci sono grosse probabilità che cada a breve.” Mi avvicinai, e sussurrai in modo che solo lei potesse sentirmi. “Sylphiel, anche io e Gourry dobbiamo dirigerci a Talit, ma io sono ricercata, e se ti vedessero con me l’immagine di Sailarg ne sarebbe compromessa.” Mi auguravo che fosse un argomento abbastanza convincente. “Ascoltami, quando questa faccenda sarà finita, ti prometto che Gourry ed io ti scorteremo a casa. Per ora…” Trassi una delle mie gemme magiche da una tasca del mantello. “Tu conosci il Vision Spell, giusto? Lancialo su questa e su uno dei tuoi oggetti. Così potremo contattarti se ce ne sarà la necessità.”

Afferrai il polso di Sylphiel e le posi la pietra sul palmo della mano, ma la sacerdotessa mi parve incerta. Gettò uno sguardo ad Amelia e Gourry, mordendosi il labbro come se si attendesse un loro intervento.

Derek, alle sue spalle, batté i piedi con impazienza. “Ha ragione, per una volta.” Sibilò. “Mia signora, con me sarai di certo più al sicuro che con questa gentaglia. E in ogni caso è meglio che tu non ti faccia vedere con persone simili.” Lanciò deliberatamente un’occhiataccia a Dorak, nel parlare. “Ma dobbiamo muoverci. I soldati in fuga hanno già una notte di vantaggio su di noi.”

“Io… d’accordo.” Sylphiel sembrava ancora poco convinta, ma la mia sicurezza e l’urgenza nel tono di Derek dovettero spingerla a risolversi. “Aspetta, Derek- san, vado a prendere le mie cose.” Strinse la gemma nel palmo, e fuggì al piano di sopra. Avevo idea che avesse già addosso i pochi oggetti che si era portata per il viaggio, e che volesse semplicemente allontanarsi da occhi indiscreti per recitare la formula. Saggia scelta. Non sapevo ancora se io e Derek ci saremmo trovati contro come nemici, ma non era il caso che lui fosse a conoscenza del nostro contatto con Sylphiel. In fondo, la sacerdotessa poteva essere una ottima fonte di informazioni su quanto stava accadendo alla corte.

Dopo pochi minuti, Sylphiel scese le scale. Fingendo di allacciarsi il mantello, lasciò cadere la gemma stregata nella mia mano, e si avviò alla porta, dove Derek la attendeva silenzioso. La locanda ormai si era riempita, e nessuno degli avventori parve fare caso alla separazione del nostro piccolo gruppo. “Lina-san, Gourry-san, Amelia-san… state attenti, vi prego.” Ci rivolse un breve inchino, prima di affiancarsi a Derek. Lanciandoci un’ultima occhiata preoccupata, uscì dalla locanda.

“Aaaah, peccato.” Commentò Dorak, vago. “La sacerdotessa era proprio un bel bocconcino.”

Strinsi i denti, esasperata. “Dato che essere due in più del previsto ci rallenterà considerevolmente, sbrigatevi a finire di mangiare.” Intimai a Gourry, Amelia e Bastian. “Ci muoviamo di qui fra mezz’ora.”

“Tre.” Puntualizzò Dorak, posando il boccale ormai vuoto.

“Tre cosa?”

“Saremo tre più del previsto.” Il mercenario sorrise. “Mi hai detto che mi avresti preso con te se ti avessi procurato una nave per arrivare a Sud. E una nave è esattamente ciò che ho da offrirti.” Il suo sorriso si allargò. “Chérie.”

 

 

***

 

 

Beh… per essere una nave era una nave. Una di quelle snelle e lunghe, che sembrano più adatte a navigare su un fiume che in mare aperto. Il problema era che nessuno sembrava essere mai stato particolarmente preoccupato della sua manutenzione. Alcune delle assi del ponte erano evidentemente smesse e le vele erano sbiadite e parevano doversi sfaldare al minimo tocco. E non c’era molto spazio, a bordo, solo per noi cinque e per quattro membri dell’equipaggio. Ma navigando vicino alla costa probabilmente sarebbe riuscita a portarci a destinazione. Probabilmente.

Almeno, così sosteneva il capitano. Non sembrava precisamente degno di fiducia, con quel volto sfregiato e quei denti marci, ma aveva quanto meno l’aria di chi conosce il fatto suo.

“Ricordami come ti sei procurato questa nave esattamente.” Domandò Lina al mercenario chiamato Dorak, occhieggiandolo con sospetto, per l’ennesima volta da quando eravamo saliti a bordo. Eravamo solo noi tre, sul ponte. Amelia era sottocoperta, intenta a scrivere a suo padre, e il cavaliere, Bastian, aveva accettato di rimanere di guardia fuori dalla sua cabina, mentre noi davamo un’occhiata alla nave. In realtà c’era scarso rischio che ci fosse qualche assassino nascosto dietro l’angolo – non c’era lo spazio per nascondersi, in effetti – ma tanto valeva andare sul sicuro.

“Te l’ho detto, il capitano è un pescatore, un mio vecchio amico. Dato che doveva andare a Sud ha accettato di darci un passaggio per pochi soldi. Che fortuna, eh? Con qualche moneta d’oro e un paio di giorni di viaggio arriverete a destinazione.”

Non ebbi bisogno nemmeno di guardare Lina in volto, per sapere cosa pensava. NON era normale che una nave si muovesse liberamente per mare, di quei tempi. E se quello era un pescatore, noi due eravamo una coppia di saltimbanchi.

Ma mia moglie non diede voce ai propri pensieri. “Mmm. E sei sicuro che non finiremo per farci avvistare da Talit, giusto?”

“Tranquilla, tesorino, ci fermeremo almeno a un giorno di viaggio da Talit. Se arrivassimo fin lì mi allungherei troppo la strada fino a casa.”

Non avevo una gran simpatia per il mercenario (sebbene avesse un’aria vagamente familiare), ma dovevo riconoscergli che aveva un certo fegato a chiamare Lina “tesorino” e non temere per la sua vita. Avevo visto banditi compiere lo stesso errore e fare una fine molto, molto, molto dolorosa.

“E ora, chérie… vi ho mostrato la nave. Per cui, se vuoi scusarmi, il capitano mi aspetta per un bicchiere di rhum…” Ci volse le spalle, agitò la mano, e sparì verso la bassa porta che conduceva sotto coperta.

Udii Lina sospirare. “Sempre che serva rimarcarlo…” Borbottò. “… di lui non ci si può fidare.”

Feci un mezzo sorriso. “Non mi dire.”

Anche mia moglie mi sorrise brevemente, ma poi il suo volto si oscurò. “Ehi, Gourry. Come va la mano?”

Mi strinsi nelle spalle. “Sempre lo stesso. Ho l’impressione che il rossore si stia estendendo, effettivamente, ma è comunque un processo molto lento.”

Lina si morse un labbro, ma annuì. “Credo sia un bene che si stia estendendo.” Mormorò. “Credo che significhi che l’incantesimo sta ancora facendo il suo effetto. Forse vuol dire che è ancora reversibile.”

Mi dispiaceva vederla così in ansia per colpa mia. E la sua preoccupazione era aggravata dal fatto di essere all’oscuro della effettiva entità del problema. Conoscere cosa dovevamo combattere la avrebbe aiutata, ma il fatto, per una volta, di non avere risposte, doveva apparirle terribilmente frustrante. “Che cosa ti ha detto Amelia? Lei ha qualche idea su come guarirla?” Sapevo che ne avevano parlato, prima di salire a bordo della nave, ma dall’espressione di Lina quando quel colloquio era finito temevo di non poter presagire nulla di buono.

Mia moglie confermò i miei timori, scuotendo la testa. “Non conosceva nemmeno l’incantesimo. Però mi ha promesso di scrivere una nota a suo padre nel messaggio, chiedendogli di rigirare la domanda ai sacerdoti di Sailune… spero lo facciano senza problemi. Quel genere di magia gode di una pessima reputazione, ma in fondo sto chiedendo loro un rimedio, non il modo di lanciarla.” Sospirò. “Deve esistere una magia umana in grado di funzionare. Quell’incantesimo non è opera di un Mazoku, quindi di certo non servono poteri superiori per spezzarlo.” Stava ragionando ad alta voce, e io la lasciai fare. Non avevo idea di come funzionasse quel genere di cose, ma ero certo di una cosa: se c’era una persona in grado di trovare una soluzione, quella era Lina. Quel pensiero mi rendeva, a dispetto di tutto, stranamente tranquillo.

“E Amelia cosa ha intenzione di fare, ora?”

“Ha detto che vuole aiutarci con le indagini alla città vecchia.” Rispose Lina, pensierosa. “Inizialmente pensava di introdursi in qualche modo a Talit, ma sono riuscita a farla desistere dall’idea con la scusa che Sylphiel studierà la situazione lì per noi.” Mi lanciò un breve sorriso, e mi prese il braccio. “Le ho raccontato quello che è accaduto e le ho rivelato i miei sospetti su Erianna, ma ho fatto malissimo. Ho risvegliato la sua sete di giustizia, e quella ragazza può diventare terribilmente persistente, quando questo accade. A volte ho l’impressione di vedere i suoi occhi offuscarsi come quelli di uno zombie, quando inizia uno dei suoi discorsi.” Esitò. “Anche se è più saggio non farglielo notare. Gli zombie sono creature estremamente malvagie.”

Ridacchiai. “Ogni creatura è recuperabile al bene, anche gli zombie.” Replicai. “Chiedilo a Philionel.”

“Oh, ottimo argomento, davvero. Hai intenzione di provare tu a convincerla?” Mi lanciò uno sguardo giocoso. “Ti offrirò una cena, se ce la farai.”

“Sarebbe interessante farlo solo per vedere come tu ti tireresti fuori dalla promessa della cena.”

“E questo cosa vorrebbe dire? Io mantengo sempre la parola data!”

“Oh, certo.” Levai un sopracciglio. “E i maiali volano. E tu hai effettivamente delle tette.” Lo dissi di proposito, pur presagendo la mia morte. Il volto di Lina era adorabile, un momento prima che procedesse all’omicidio.

“Sai che tra un secondo desidererai profondamente non aver mai aperto bocca, vero?”

Annuii, saggiamente. “E’ il destino di noi rivelatori di verità.”

Parai il suo affondo un momento prima che raggiungesse il mio volto. Un attimo dopo, ci stavamo azzuffando come due gatti selvatici, e io stavo ovviamente perdendo. Ma mi stavo divertendo un mondo.

Fui salvato dall’essere sfigurato dal risuonare della voce di Amelia. “Lina-san!”

La principessa stava emergendo da sotto coperta, agitando la mano in segno di saluto. Alle sue spalle, veniva il cavaliere di mio padre, che stava fissando me e Lina, scuro in volto. Perplesso, mi resi conto che mia moglie mi aveva lasciato andare all’improvviso.

“Amelia!” Rispose Lina. “Hai terminato di scrivere?”

La principessa annuì, sorridendo. “Avete già finito il vostro giro di ispezione?” Domandò. “Beh, in effetti non è che ci sia molto da visitare.” Aggiunse poi, lanciando un’occhiata mesta a un’asse marcia e giungendo evidentemente alle mie stesse conclusioni sulla nave.

Alle sue spalle, Bastian levò il braccio guantato ed emise un fischio. Un grido stridulo risuonò dall’alto, e il falco, che sin da quando eravamo saliti a bordo era rimasto appollaiato sull’albero maestro, scese in picchiata verso di noi.

Mi aspettavo di vederlo planare sul braccio proteso di Bastian, ma inaspettatamente, dopo aver girato attorno al cavaliere, la bestia lo evitò, e andò a posarsi sul parapetto della nave, a fianco di Lina. Battei le palpebre. Non ero in grado di interpretare le reazioni di un falco, chiaramente, ma si era mosso con un fare che in un essere umano avrei definito altezzoso.

Il cavaliere, di fronte a me, strinse i denti. “Dannata bestia testarda.” Lo udii sibilare. Quasi lo avesse compreso, l’animale rispose con un richiamo stridulo.

Lina mi parve immensamente divertita dalla cosa. Allungò le dita, e accarezzò la testa del falco, che con lei si comportò in modo del tutto docile. “Sei certo che porterà il messaggio a destinazione?” Domandò, senza preoccuparsi di mascherare la sua ilarità.

“E’ addestrata a farlo.” Replicò il cavaliere, secco, in un tono che, avrei giurato, cercava di nascondere la sua irritazione. “Per quanto evidentemente ami scordarsene.”

Il falco volse la testa in sua direzione, e con calma, impassibilmente, si levò nuovamente in volo, spingendosi sul parapetto. Raggiunse finalmente il suo braccio, e si piegò a mordicchiargli le dita, con fare affettuoso. Il cavaliere emise un sospiro. “A Sailune.” Intimò, legandogli il messaggio alla zampa. “Mi hai capito? E torna qui, dopo, portandoci la risposta. Niente deviazioni.”

La bestia si limitò a fissarlo, con occhi intelligenti, e quando il cavaliere protese nuovamente il braccio verso il mare, spiccò in volo. In pochi secondi, stava sparendo in lontananza.

Bastian sospirò nuovamente, osservandola svanire. Non sembrava particolarmente certo del risultato.

“Beh… dal momento che questa faccenda è sistemata…” Lina volse le spalle al mare, e prese a dirigersi sotto coperta.

“Dove stai andando?”

“A dormire.” Mi lanciò un’occhiata da sopra la spalla. “Non ho riposato granché stanotte, e qui non c’è nient’altro da fare. Tu vieni con me?” Era più o meno metà pomeriggio. Non eravamo partiti da molto, perché quella mattina avevamo perso tempo a trovare un’imbarcazione per raggiungere la nave, attraccata su una delle isole vicine a quella delle carceri, dal momento che Derek se ne era andato con la barca con cui Lina e gli altri erano giunti lì il giorno precedente. Erano state due lunghe giornate, e anch’io ero stanco, in effetti, e avrei volentieri sonnecchiato un po’ prima di cena. Però, non me la sentivo molto di scendere sotto coperta. Dovevo ancora abituarmi a stare su una nave, e temevo che stando al coperto mi tornasse la nausea.

Scossi la testa. “Preferisco prendere un po’ d’aria.” Le sorrisi. “Sarò qui, comunque, se hai bisogno di me.”

Lina mi rivolse un mezzo sorriso, annuendo, ma non replicò nulla. Sparì giù per le scale, e la udii imprecare sonoramente contro un gradino marcio, verso metà della rampa. Repressi una risata.

“Gourry-san.” Amelia mi si rivolse, in tono allegro. Non aveva più il vistoso vestito ufficiale che aveva indossato mentre si trovava prigioniera, ma si era cambiata in un più semplice abito da viaggio: una corta tunica bianca a maniche lunghe, lievemente scollata, corredata di pantaloni e mantello bianchi. Non portava insegne, ma al di sotto delle maniche intravedevo i suoi soliti braccialetti, e al collo aveva un collare simile a quello che indossava di solito, decorato con pietre magiche. Per qualche motivo, anche se era una principessa, quella tenuta semplice pareva più adatta a lei. “Lina-san mi ha detto tutto.” Disse, semplicemente. “Non preoccuparti, vedrai che risolveremo ogni cosa. Chiunque abbia compiuto un atto così malvagio verrà punito e tu sarai libero.” Non disse altro, presumibilmente perché ci trovavamo in presenza di Bastian, ma le fui comunque grato del suo tentativo di rassicurazione.

“Non sono preoccupato.” Assicurai, con un sorriso. “Sei certa che tuo padre capirà?”

Amelia annuì con veemenza. “Sono certa che lui avrebbe fatto lo stesso, per cui capirà. Non è detto che approvi, ma questo è tutto un altro discorso.” Dovetti trattenere un sorriso. Passavano gli anni, ma certe cose non sarebbero mai cambiate.

“Penso che andrò a riposarmi un po’ anche io, comunque.” Si stiracchiò. “Stanotte ho dormito come un sasso, ma mi sento ancora esausta. Dopo tutte quelle settimane di inattività, e frustrazione…” Rabbrividì lievemente. “Beh, ci vediamo a cena, Gourry- san.” Levò la mano in segno di saluto. Bastian fece un passo avanti, come per seguirla, ma la principessa lo bloccò.

“Oh, no, non occorre, Bastian- san. Lina- san e Gourry- san hanno appurato che non ci sono pericoli immediati sulla nave, e in più nessuno sa chi sono realmente. E in ogni caso so difendermi da sola.” Gli rivolse un ampio sorriso. “Non ti sentivi molto a tuo agio sotto coperta, non è così? Rimani pure qui fuori. E’ una così bella giornata…”

Le labbra di Bastian si strinsero, ed ebbi l’impressione che si sentisse a disagio. Osservò Amelia sparire nei recessi della nave, senza volgersi a guardarmi, e fra noi cadde immediatamente il silenzio.

In effetti, anche io mi sentivo un po’in imbarazzo. Quel cavaliere sembrava davvero deferente nei miei confronti (il che bastava a mettermi a disagio), ma al contempo il suo comportamento aveva un che di ambiguo. Oh, sembrava un tipo a posto, e Lina a quanto pareva aveva stretto amicizia con lui. Però…

“Uhm… quindi hai detto di essere di Sailarg?” Domandai, vagamente, per cercare di intavolare una conversazione.

Bastian strinse ulteriormente le labbra e si appoggiò al parapetto della nave, sul chi vive. “La mia famiglia faceva parte della piccola nobiltà cittadina. Mio fratello maggiore aveva ereditato la nostra proprietà di famiglia, a nord della città, e mia sorella faceva parte delle sacerdotesse del tempio.” Replicò, fissando il mare. “Purtroppo, sono entrambi venuti a mancare nell’incidente accaduto qualche anno fa alla città, e così anche mia madre, la moglie di mio fratello e suo figlio. Ormai le proprietà di tuo padre sono diventate la mia unica casa.” Rimasi colpito dall’apparente sangue freddo con cui pronunciò quelle parole. Era un po’ simile a quello che sembrava avere sviluppato Syplhiel, negli anni. La città fantasma… tutte quelle morti sembravano così assurde che persino il dolore delle persone che le avevano subite aveva un che di irreale…

Un brivido mi attraversò. Alla mia mente si era affacciata l’immagine di quel demone bambino, e di Lina, avvolta in una luce dorata, che spariva sopra le rovine di Sailarg. Ogni volta che me ne ricordavo, mi pareva che un pugno mi stringesse lo stomaco.

“Si dice in giro che sia stata Lina Inverse.” Proseguì Bastian, troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersi del mio sussulto. “Entrambe le volte. Sia quando la città è crollata la prima volta, sia quando è misteriosamente risorta, per poi svanire nel nulla.”

Mi volsi verso di lui, senza capire dove volesse arrivare. Il suo sguardo era ancora fisso sul mare, e non mi diede indizi sul suo stato d’animo. “Eravamo presenti, entrambe le volte.” Assentii. Non so perché lo dissi. Avrei potuto semplicemente negare il coinvolgimento di Lina, ma per qualche motivo dalle mie labbra sembrava voler uscire tutta la storia. “Ma non è stata colpa sua. La prima volta siamo stati aggrediti da un uomo che godeva della stima di tutti i cittadini, ma che era molto diverso da ciò che dichiarava di essere.” Non riuscivo mai a ricordare il suo nome… “E’ stato lui a distruggere la città. E a ricostruirla è stato un Re dei Demoni. Lui mi ha rapito, per costringere Lina a lanciare un incantesimo estremamente pericoloso. E Lina ha ceduto al suo ricatto, ma alla fine lo ha ucciso.” Mi incupii. “Allora l’incantesimo che teneva in piedi Sailarg si è spezzato. Ma non è stata colpa di Lina. Lei non ha avuto scelta.”

Stavo cercando di impressionarlo? Perché stavo raccontando quelle cose? Volevo dimostrargli cosa avevamo attraversato Lina e io insieme? Per qualche motivo, non mi sentivo particolarmente fiero di me stesso.

Il volto di Bastian era vagamente impallidito, ma il cavaliere non eruppe in esclamazioni stupefatte, come forse ci si poteva aspettare. Si limitò a stringere con forza il parapetto della nave fra le dita. “Beh, sì.” Disse, con voce lodevolmente ferma. “Non pensavo che fosse stata lei. Cioè… non più. Ne ero convinto, una volta. Ma ora non penso che sia tipo da sacrificare vite innocenti senza motivo. Anche se forse ne avrebbe le capacità.” Aggiunse, a mezza voce.

Per qualche motivo, un sorriso affiorò alle mie labbra. “A volte fa paura, eh?” Il mio sguardo si perse sul mare, e sulle nuvole che al largo parevano addensarsi nuovamente. “Quando la ho conosciuta… non avevo idea di chi fosse. Pensavo fosse una ragazzina qualunque. Ma poi ci siamo trovati contro un avversario terribile, e… la ho vista combattere. Ed era così scaltra, e determinata. Non avevo mai conosciuto una forza del genere.” Scossi la testa. “E allora ho cominciato a desiderare di conoscerla veramente per quello che era. Ed era una mercante, era una scassinatrice, era una folle cacciatrice di banditi. Era sarcastica e spaccona, e per lei le regole non esistevano.” Abbassai la voce. “Ma era anche dolce, a modo suo, anche se non lo dava a vedere. La mia fiducia nei suoi confronti era incondizionata.” Il mio sorriso si allargò. “Ho cominciato a capire quello che pensava anche senza che me lo dicesse. E lei ha iniziato a fare affidamento su di me… non solo per la mia spada. Come un amico, e come un appoggio.” Sospirai. “Mi ha attirato in tanti di quei guai che sinceramente trovarmi nel bel mezzo di una guerra, ora, mi sembra il male minore.”

“Non è un tipo che si incontra facilmente.”

“Ci puoi giurare.”

Ci fu un attimo di silenzio. Poi, avvertii lo sguardo di Bastian posarsi su di me. Mi volsi a fronteggiarlo. La sua espressione aveva un che di solenne. “Credo di aver preso la decisione giusta.” Dichiarò. “Scegliendo di ripagare il mio debito salvando la vita a Lina Inverse.” Mi rivolse un lieve inchino. “Ti prometto che farò quanto è in mio potere per farvi arrivare vivi alla fine di questa faccenda.”

Non sapevo cosa replicare. “Il tuo debito è già saldato.” Esitai. “Voglio dire… non avresti dovuto nemmeno preoccupartene, sin dall’inizio. Davvero. Ho aiutato Sailarg, ma ho fatto quello che la maggior parte delle persone avrebbe fatto al mio posto. Non… Insomma, sono già stato ripagato ampiamente dalla vostra ospitalità, quella volta.”

Bastian scosse la testa. “Ripagarti, Sir Gabriev, è stato il mio scopo fino ad oggi. Lo ammetto, all’inizio è stata forse una scusa per allontanarmi da casa, e trovare la mia strada… ma da quando mi trovo presso tuo padre… ho preso molto seriamente questo impegno. Permettimi di adempierlo.”

Scopo… anche io ero stato in cerca di uno scopo, quando avevo conosciuto Lina. In un certo senso, capivo quello che intendeva…

O c’era dell’altro?

 “Uhm… ok, non c’è problema.” Mi grattai la testa. “In fondo, non ho diritto di impedirti nulla e… il tuo aiuto può servirci. Quindi grazie.”

Bastian levò il capo e mi studiò con espressione seria, ma non aggiunse nulla. Stavo pensando a cos’altro avrei potuto aggiungere, per spezzare quel clima impacciato, quando in qualche punto sotto di me risuonò un urlo, e si sentì un rumore di vetri infranti.

“Che diavolo?!?”

Abbassammo entrambi lo sguardo. Era la voce di Lina?

Un’ondata di panico mi attraversò, e mi lanciai verso la scala che portava alle cabine. Saltai il gradino marcio, e mi avviai per lo stretto e lungo corridoio su cui si apriva la stanzetta in cui eravamo stati relegati, la prima sulla destra dando le spalle al ponte. Spalancai la porta.

Il nostro letto, che occupava i tre quarti della stanza, era sommerso da uno scheletro di metallo, e cosparso di cristalli e vetri. Alcuni frammenti avevano raggiunto il pavimento, frantumandosi in mille schegge, schizzate nelle direzioni più disparate. Mi ci volle qualche secondo per capire cosa era successo. Il grosso lampadario che pendeva al centro della cabina era precipitato. Le sue punte acuminate si erano piantate sulle lenzuola come degli artigli.

“Lina!!!” Gridai.

“Sono qui…” Una voce giunse dal pavimento, sull’altro lato del letto. Dopo un secondo, una mano affusolata sbucò alla mia vista e mia moglie, aiutandosi con la sponda del letto, si sollevò in ginocchio.

La raggiunsi di corsa, calpestando i frammenti di vetro, e mi inginocchiai al suo fianco. “Stai bene???”

“Sì… ahia!” Aveva spostato il ginocchio su una scheggia di vetro, e lasciato una scia di sangue al suolo. Anche le sue mani sanguinavano. Doveva essersi mossa con eccessiva foga, per sollevarsi, a causa del panico e della sorpresa. 

Lasciai che il sollievo mi invadesse, al pensiero che le sarebbe potuta andare molto peggio. Mi levai in piedi, e la aiutai a rialzarsi, scrutando con preoccupazione le sue mani coperte di tagli.

“Bastian!” Mi rivolsi al cavaliere, che mi aveva seguito, e ora si trovava in piedi di fronte alla porta, il volto terreo. “Chiama Amelia, per favore! Abbiamo bisogno della sua magia!”

Bastian annuì, e spari velocemente nel corridoio. Lo sentii bussare con veemenza alla porta della principessa.

“Maledetta nave!” Imprecò Lina. “Me lo sentivo che sarebbe caduta a pezzi prima del nostro arrivo!”

Le presi il volto fra le mani. “Sei certa di stare bene?” Ripetei. Aveva le guance pallide, e la fronte coperta di sudore, dopo lo spavento. “Ma come è successo?”

“Non ne ho idea!” Replicò, poggiando il dorso delle mani ferite sul mio petto. “Dormivo e… non lo so! Devo aver sentito qualcosa, o aver semplicemente avvertito il pericolo. Sono saltata giù dal letto senza nemmeno rendermene conto.” Lanciò un’occhiata al lampadario. “Per fortuna. Un secondo di più, e…”

Non terminò la frase, e gliene fui grato. Un secondo dopo, Amelia fece irruzione nella stanza. “Lina- san! Stai bene???” Era pallidissima. Spostò lo sguardo ripetutamente dal lampadario a noi due, e si coprì la bocca con le mani.

“Starò bene dopo che mi avrai guarito le mani, perché potrò usarle per strozzare Dorak e il capitano.” Sibilò mia moglie. Io sospirai. Se aveva voglia di fare del sarcasmo, doveva essere in via di ripresa.

Indietreggiai, e lasciai che Amelia si avvicinasse per curarla. Mi guardai intorno, perplesso. A proposito del capitano… dove era finito? Non era nella sua cabina? Non aveva sentito il grido di Lina, da lì vicino?

Bastian pareva essersi posto la mia stessa domanda. “Vado a chiamarli.” Ringhiò, in un tono di voce basso e pericoloso.

Prima che potessi replicare qualunque cosa, era già sparito nuovamente nel corridoio. Con un sospiro, rivolsi la mia attenzione al lampadario infranto. Una spessa fune pendeva sciolta dalla sua cima. Doveva essersi spezzata, lasciando crollare il pesante oggetto dal soffitto. Ma come? Era grossa, e non sembrava particolarmente corrosa dal tempo.

Una risposta giunse dopo qualche istante, e non fu per nulla rassicurante. Individuai l’estremità della corda. Sembrava tranciata di netto.

“Lina.” Chiamai. Mia moglie levò lo sguardo dalle mani di Amelia, e lo spostò sul mio. Non ebbi bisogno di parlare. I suoi occhi scivolarono verso il punto in cui i miei erano fissi, e si spalancarono di silenziosa comprensione. Quando i nostri sguardi tornarono a incrociarsi, le sue labbra erano strette in una linea sottile.

“Devo parlarvi.” Mormorò. “Ora che siamo soli.”

Amelia levò gli occhi dal suo lavoro, inconsapevole. L’incantesimo si interruppe, ma i tagli sulle mani di Lina erano ormai spariti.

Mia moglie si accigliò. “Probabilmente… c’è un assassino sulle mie tracce.”

Amelia cercò il mio sguardo.

“Un assassino, Lina-san?” Mi fissò, come per cercare il mio sostegno. “Credo che sia stato solo un incidente…”

“Non lo è stato.” Fui io a rispondere. “Guarda la fune che reggeva il lampadario. E’ stata tagliata.”

“Da una flare arrow, a giudicare dalle bruciature.” Aggiunse mia moglie. “Chiunque lo abbia fatto, conosce la magia.” Volse la testa verso la piccola finestra che dava sull’esterno. “Avevo lasciato la finestra aperta. Devo aver facilitato loro le cose. La levitazione è uno degli incantesimi più semplici che esistano, chiunque poteva utilizzare le due magie contemporaneamente.”

Amelia era impallidita ulteriormente. “Oh, Lina- san… ma allora qualcuno su questa nave…”

“… vuole uccidermi. Già.” Lina pareva straordinariamente calma, tutto considerato. Ma anche il suo volto era pallido.

“Da come ne parli sembra che la cosa non ti stupisca, però.” Intervenni io. “Conosci qualcosa che noi non sappiamo?”

Lina si morse il labbro. “Si tratta… di una predizione.” Mi parve esitare. “E’ una storia un po’ lunga. In ogni caso, è probabile che la Gilda degli Assassini di Rolan sia stata ingaggiata da qualcuno per togliermi di mezzo.”

Amelia, vicino a me, sussultò. Entrambi ci volgemmo verso di lei.

“La Gilda… degli Assassini di Rolan? Oh, Lina-san, ne sei sicura?”

Lina batté le palpebre. “Ne hai sentito parlare?”

Amelia deglutì. “E’… piuttosto famosa. Vedete, quando mia madre fu…” Esitò. “Beh, molti indizi portavano a loro, ma… non è facile individuarli. Non hanno identità note, sapete, e…” Le sue mani tremavano. “Puoi torturarli a morte, ma non rivelano i loro mandanti. Sono addestrati alla magia. Se… se nemmeno le guardie di un palazzo possono fermarli…” Si bloccò. Lina le si avvicinò, e le posò una mano sulla spalla.

“Terremo gli occhi aperti.” La sua voce era ferma, ma gentile. “Ma dobbiamo capire chi su questa nave può essere affiliato a loro, o lavorare per loro.”

Amelia la fissò con occhi spaventati. “Credi che sia qualcuno a bordo? Non potrebbe averci seguito in volo, o qualcosa del genere?”

Lina scosse la testa. “E’ possibile, certo. Ma in mare aperto, con molta probabilità lo avremmo avvistato. E’ molto più semplice pensare che sia qualcuno a bordo con noi. Qualcuno dell’equipaggio… o qualcuno del nostro gruppo.”

Cadde il silenzio. Mi chiesi se Lina sospettasse solo di Dorak, o anche di Bastian. La sua espressione, in quel momento, era stranamente indecifrabile.

“Sir Gabriev.” Levai lo sguardo, colto di sorpresa. Il cavaliere, come evocato dai miei pensieri, era ricomparso all’ingresso della stanza.

“Sono ubriachi fradici.” Sputò, con disprezzo. “Non sono nemmeno riuscito a svegliarli.”

Lo seguimmo nel corridoio, e verso la cabina del capitano. I due uomini erano riversi sul tavolo, e dormivano della grossa. Diverse bottiglie erano abbandonate fra loro, e due bicchieri vuoti troneggiavano ancora fra le loro dita. I miei sospetti sulla scarsa affidabilità del capitano trovavano sempre più inquietanti conferme.

“L’assassino è inutile, dubito che questa nave arriverà mai a destinazione.” Mormorò Lina, con un mezzo sospiro, quasi mi avesse letto nel pensiero. Le rivolsi un sorriso.

“Lo sveglierò con la forza e gli intimerò di restituirci le nostre monete d’oro.” Bastian fece un passo avanti verso Dorak, la spada corta di mia moglie (a proposito, che ci faceva con la spada corta di mia moglie?) levata, ma Lina lo bloccò.

“Lascia perdere.” Intimò. “Per quello che abbiamo pagato, dovevamo aspettarci che le condizioni della nave non fossero ottimali. Domattina arriveremo a destinazione, tanto vale non sollevare problemi inutili.” Ci volse le spalle e si avviò nel corridoio, lasciandoci tutti allibiti. “Gourry ed io ci trasferiremo nella cabina di Dorak, e lui potrà scegliere se passare la notte a ripulire la nostra, o restare qui con il suo amico di bevute. ” Con questo, sparì verso le scale.

Mi affrettai a raggiungerla. “Lina, cosa…”

“Non voglio sollevare un litigio.” Spiegò frettolosamente lei, a bassa voce. “Potrei anche far saltare in aria la nave e non pensarci più, ma questo risolverebbe solo temporaneamente il problema.” Mi fissò. “Voglio capire con certezza chi mi minaccia, ed estorcergli il nome del suo mandante. Nessuno deve sapere che abbiamo capito che non si è trattato di un incidente. Devo fare da esca.”

L’allarme mi catturò immediatamente a quelle parole, ma non ebbi il tempo di ribattere. Bastian ci aveva raggiunti insieme ad Amelia, e Lina mi intimò con uno sguardo di tacere. La seguimmo verso il ponte della nave, e io ne approfittai per cercare di pensare. Se Bastian si era trovato con me al momento dell’aggressione, era molto improbabile che lui c’entrasse qualcosa. E anche Dorak non mi era sembrato in condizione di muoversi, poco prima. Certo, Dorak aveva ingaggiato l’equipaggio della nave, quindi se il colpevole era uno di loro poteva essere che il mercenario c’entrasse qualcosa… però…

Aaaah, non ne avevo idea. Avrei voluto chiedere a Lina che cosa pensava, ma finché non ci fossimo trovati da soli la maga pareva risoluta a non sollevare l’argomento.

“Lina, io non ti capisco.” Sbottò Bastian, quando fummo sul ponte. “Hai rischiato di restare schiacciata! Che significa questo comportamento???”

“E’ un comportamento ragionevole.” Replicò Lina, secca. “Voglio arrivare a destinazione, non perdere tempo in idiozie.” Si sdraiò su un ammasso di vecchie vele abbandonate vicino al parapetto, e incrociò le braccia dietro la testa. “E ora, se volete scusarmi… ho intenzione di riprendere quello che ho interrotto poco fa.” Sbadigliò vistosamente, e chiuse gli occhi.

Amelia mi rivolse uno sguardo perplesso e preoccupato, ma io mi strinsi nelle spalle. “Immagino che non ci sia molto altro da fare, per ora…” Mi sedetti a fianco di Lina, e mi appoggiai al parapetto. Scrutai per un attimo i membri dell’equipaggio muoversi attorno a noi, dediti alle loro faccende, e apparentemente inconsapevoli di quanto era accaduto. Forse, tra loro c’era un assassino.

“Come sarebbe a dire ‘non c’è altro da fare’, Gourry- san? Ma se abbiamo appena scoperto che…” Amelia si bloccò, evidentemente consapevole della presenza di Bastian.

“Fareste meglio a tornare a riposare anche voi.” Suggerii, fingendo di non aver capito. “Domani sarà una lunga giornata.”

Amelia sospirò. “Voi due siete incoscienti come sempre.” Si lamentò. La vidi esitare, ma alla fine si strinse nelle spalle, e si avviò nuovamente verso le cabine. Dopo qualche secondo, anche Bastian la seguì, scoccandomi un’ultima cupa occhiata mentre spariva sottocoperta.

Levai gli occhi, incontrando gli sprazzi di azzurro che, sopra di noi, chiazzavano il cielo plumbeo.

“Che cosa hai intenzione di fare, esattamente?”

Lina non aprì gli occhi, ma sapevo che era ancora sveglia. “Attendere la loro prossima mossa.” Mormorò dopo qualche istante. “La prossima volta, saremo pronti a ricevere il loro attacco. Sempre che ci provino ancora prima della fine del viaggio.”

“Potrebbero non farlo?” Chiesi, perplesso.

“Se più di un uomo si trova sulle mie tracce, o se ad aggredirmi non è stato un membro dell’equipaggio, non ci sarebbe motivo di affrettare eccessivamente i tempi.” Abbassò la voce. “Certo… a meno che non stiano cercando di impedirmi di arrivare a Talit…”

Inclinai la testa, confuso. “E chi avrebbe interesse a farlo?”

“Qualcuno che conosce i piani di Erianna e vuole ostacolarli, probabilmente.”

“Erianna?” Mi sollevai, per osservarla. I suoi occhi erano semi aperti, ora, e intenti a scrutare il ponte. “Lina, non abbiamo ancora la certezza che le tue ipotesi su di lei siano esatte.”

Lina non si smuoveva facilmente dalle sue idee. Il che spesso significava guai.

“Lo so.” Sbottò mia moglie. “Ma se fossero esatte allora potremmo pensare che chi vuole uccidermi lo stia facendo per ostacolarla… che si tratti di Lord Georg? O di tuo padre?”

Strinsi le labbra, a disagio. Mio padre non aveva esitato a far condannare a morte Lina. Ma arrivare al punto di ingaggiare degli assassini contro di lei? Poteva davvero odiarla così tanto?

Lina volse lo sguardo verso di me e, forse notando la mia espressione, mi rivolse un sorriso. “Ehi, non preoccuparti.” Dichiarò, in tono leggero. “Anche mia sorella è una psicopatica, in fondo posso capirti.”

Levai un sopracciglio. “Questo dovrebbe tirarmi su il morale?”

Mi rivolse un ampio sorriso. “Mal comune mezzo gaudio.” Dichiarò, con inappropriata allegria.

“Comunque… ho davvero bisogno di dormire, dato che temo che questa notte dovrò restarmene ben sveglia.” Poggiò la testa alla mia spalla. “Svegliami per cena.” Mugugnò, con un mezzo sbadiglio.

“Non è il caso di scendere nella nostra cabina? O, ehm, nella cabina di Dorak, a questo punto?”

“Gradirei tenermi lontana dai restanti lampadari di questa nave, grazie.” Levò un sopracciglio. “E poi ho l’impressione che tu preferisca l’aria fresca, cara guardia del corpo.”

“Beh, su questo devo darti ragione.”

Lina ridacchiò, e chiuse nuovamente gli occhi. Dopo qualche minuto, la sentii respirare pesantemente contro il colletto della mia maglia.

I membri dell’equipaggio continuarono nelle loro faccende, ignorandoci. Tenni d’occhio i loro movimenti, stringendomi nel mantello contro il freddo pungente, finché il giorno non cedette il passo alla notte.

 

***

 

“Merda!”

Non sono abbastanza fine per essere una dolce, candida ragazza? Beh, provate a svegliarvi con una freccia di fuoco a due centimetri dal naso, e vedrete come vi sentirete ispirati a declamare versi.

 

Dopo cena, eravamo scesi nella nostra nuova cabina. Dorak si era mostrato (falsamente) costernato per quanto era successo, e ci aveva lasciato il suo posto, dichiarandosi ben felice di ritagliarsi un angolino nella stiva, insieme alle botti di vino. Il capitano non si era mostrato altrettanto accomodante. Aveva minacciato di farci ripagare i danni, e solo dopo che avevo menzionato l’opportunità di far saltare in aria il resto della nave, in modo da sentirmi realmente colpevole, eravamo giunti alla conclusione che era il caso di dimenticare entrambi quel piccolo incidente…

Mi ero appoggiata al letto con l’idea di rimanere vigile, ma a un certo punto sia Gourry che io dovevamo esserci addormentati. Finita quella faccenda, avrei dormito per settimane, immaginavo. Sempre che una freccia di fuoco non mi avesse fatta saltare in aria prima.

 

Balzai giù dal letto, inciampando nelle lenzuola, e finendo faccia al suolo. Un secondo dopo, un braccio mi afferrò per la vita, e vidi il pavimento allontanarsi, esattamente nell’istante in cui un’altra freccia di fuoco lo colpiva. Di fronte a me, le assi di legno esplosero in mille scintille.

“Lina! Tutto ok???”

“Gourry!!! Gra…” 

Non potei terminare. Gourry barcollò per evitare un’altra freccia, e finimmo a domino sul letto semiavvolto dalle fiamme.

Dovevano essere pazzi! Non si erano accorti che eravamo su una nave???

Senza nemmeno rendermene conto, dalla mia posizione supina, evocai la formula per estinguere le fiamme. Una luce bluastra illuminò istantaneamente la stanza, e nel suo riflesso scorsi una figura schizzare fuori dalla stanza.

Oh, ti piacerebbe!!!

Mi districai dall’ammasso di membra e lenzuola in cui ero imprigionata, e mi lanciai immediatamente all’inseguimento. Gourry mi si accodò, ma non feci in tempo a mettere piede nel corridoio, che il mio compagno mi investì, e fu costretto ad afferrarmi per le spalle per evitare che precipitassi al suolo. Avevo appena rischiato uno scontro frontale con Bastian.

“Che diavolo succede, ancora???” Domandò il cavaliere, la spada estratta, occhieggiando l’ennesima stanza semidistrutta alle mie spalle.

“Via di mezzo!” Gridai, cercando di superarlo, ma anche Amelia, l’aria assonnata, aveva fatto capolino nel corridoio, ostruendomi il passaggio.

“Lina-san, cosa…?”

Dannazione! Se l’uomo in fuga arrivava al ponte, lo avrei perso, e non avrei mai saputo di chi si trattava!

Ma in quel momento, una voce maschile imprecò, da una imprecisata posizione sulle scale. Levai la mano, evocando un lighting, e ne individuai con esultanza la fonte. La figura in fuga aveva messo il piede sul gradino marcio e vi era affondata, restando incastrata.

Evitai Bastian e Amelia, e schizzai in avanti. L’uomo si volse di scatto, estraendo un pugnale, ma io avevo già una formula pronta sulla punta delle dita.

“Io non tenterei scherzi, se fossi in te.” Intimai, in tono pericoloso, tenendolo sotto tiro. Alle mie spalle, Gourry mi aveva raggiunto, e aveva in qualche modo recuperato la sua spada.

“Al diavolo.” Ringhiò l’uomo, gettando a terra il pugnale. Lo vidi in volto per la prima volta, e lo riconobbi. Era il mozzo che ci aveva mostrato le nostre cabine quel pomeriggio. “Dovrai uccidermi prima di sapere qualcosa da me, Lina Inverse.”

“A questo possiamo lavorare.” Replicai, gelidamente. Non avevo grande pazienza, con chi cercava di uccidermi.

Un lampo di paura attraversò il volto del mio avversario. Evidentemente, non era un professionista. Il che significava che, se lo torturavo a sufficienza, potevo riuscire a estorcergli qualche informazione. E che potevo anche divertirmi un po’.

Le mie labbra si inarcarono in un sorriso. “Il punto però, amico, è quanto tempo impiegherai a morire. E dopo quanto inizierai a desiderarlo.”

Alle mie spalle, Amelia sussultò. “Lina-san! Questa è una frase da malvagio!” Ma il volto del marinaio era impallidito. Il mio sorriso si allargò. Oh, quanto ero brava in quel genere di cose…

“E dire che qualche tempo fa si è impegnata a spiegarmi quanto erano differenti gli esseri umani dai demoni.” Sentii la voce di Bastian, piatta, commentare alle mie spalle.

“Chi, Lina?” Replicò Gourry, con fare sapiente. “Lei è quanto di più vicino a un demone io abbia mai conosciuto.”

Mi volsi di scatto, agitando il pugno. “Guarda, Gourry, che ti ho sentito!!!” Stava sorridendo, quel maledetto. “Finitela, voi due, o più tardi faremo i con…!”

“Lina-san!”

I commenti idioti dei miei due idioti compagni di viaggio avevano distolto la mia attenzione dal mio prigioniero, ma il singhiozzo di Amelia mi riportò bruscamente all’attenzione. Mi volsi di scatto. Gli occhi dell’uomo di fronte a me apparivano vuoti. Un rivolo di sangue gli scendeva dalla bocca.

“Che diavolo…” Indietreggiai, mentre l’uomo cadeva faccia in avanti, sulle scale, la gamba imprigionata nel legno piegata in un angolo innaturale.

“Un inconveniente risolto.” Giunse una voce dalla cima delle scale. Levai lo sguardo, e incontrai quello del capitano della nave. Ci fissava dalla cima delle scale, gli occhi scuri cupi di determinazione. “Quell’idiota avrebbe parlato. E la mia signora ha detto che se qualcuno avesse rivelato il suo nome avremmo avuto di che pentircene.” Sorrise. “Questa è l’etica dei pirati. Nella lotta, chiunque è sacrificabile.” Nella schiena dell’uomo riverso di fronte a me era piantato il pugnale dall’elsa di bronzo che avevo visto legato alla cinta del capitano. Mi chiesi se con la sua mira avrebbe potuto colpire con altrettanta facilità… diciamo, la corda sospesa che reggeva un lampadario.

“Hai detto pirati? E la tua signora… chi sarebbe la tua signora?”

“Non ha importanza, Lina Inverse.” Il capitano levò la mano. “E’ tempo di morire.”

Osservai con orrore una luce rosso intenso formarsi fra la punta delle sue dita. La scala era troppo stretta per schivare. Dovevo parare il colpo.

Flare arrow!”

Wind shield!

Le frecce di fuoco esplosero contro il mio scudo, e il contraccolpo mi fece rimbalzare indietro, direttamente fra le braccia di mio marito. Le assi sopra le nostre teste presero fuoco, e in un attimo il corridoio si riempì di fumo.

Imprecai, cercando di riguadagnare l’equilibrio. Ma ci era andata bene. Se il capitano avesse scelto un incantesimo più potente, saremmo stati tutti topi in trappola.

“Lina!” Gourry gridò, tanto vicino al mio orecchio da rischiare di assordarmi. “Il fuoco!”

“Lo so!” Gridai, di rimando. “Amelia!”

“Ci sono!”La principessa avanzò da qualche parte dietro la cortina di fumo.

Ext ball!” Recitammo in coro, estinguendo le fiamme. Quando riguadagnammo visuale della cima della scala, il pirata era sparito. Raccolsi da terra il pugnale del mozzo morto e mi lanciai all’inseguimento. Appena  misi il naso all’esterno, nell’aria della notte, un’altra pioggia di frecce di fuoco piombò su di me, ma stavolta ero pronta a reagire.

Freeze arrow!” Gridai. I due incantesimi si annullarono nell’aria, e un secondo dopo… “Shadow snap!” Recitai, lanciando il pugnale verso il capitano.

Purtroppo, però, a quanto pareva quel trucco non gli era nuovo. “Lighting!” Lo sentii gridare. Lo avevo bloccato solo per un istante. Quello successivo stava già fuggendo, e i due restanti marinai si stavano gettando su di me.

“Non te lo permetto!” Gourry, emerso dalla scala, si interpose fra me e il primo dei due, respingendolo con la spada. Alle mie spalle, il clangore di un’altra spada mi rivelò che Bastian si stava occupando dell’altro.

“Non uccideteli!” Gridai. “Abbiamo bisogno di interrogarli!”

Ma le mie furono parole vane. Non feci nemmeno in tempo a terminare la frase, prima che Bastian piantasse la sua spada corta nel petto del suo avversario. E per quanto riguarda l’ultimo membro dell’equipaggio, la velocità con cui Gourry lo aveva intercettato era stata sufficiente a indurlo alla fuga. Mio marito gli si accodò, ma il suo piede finì su un’asse marcia, e caracollò al suolo con tutto il suo peso. In meno di un secondo, il marinaio in fuga aveva raggiunto il capitano, su una delle scialuppe.

“Non vi lascerò scappare!!!” Mi rimboccai le maniche, e feci per invocare un Dolf Zook, ma prima che potessi terminare la formula la voce di Amelia mi fermò.

“Lina- san! Attenta!”

Mi volsi. La figura di Dorak era emersa dal buio, alle mie spalle, e incombeva su di me. Le sue grosse mani stringevano una spada dalla lama ampia.

Dannazione’.

Piegai le ginocchia, pronta a schivare, certa che in meno di un secondo la lama sarebbe calata su di me.

E completamente in errore.

“Che c’è?” Chiese il mercenario, la voce impastata dal sonno e dall’alcol. “Si combatte?”

Feci del mio meglio per non caracollare al suolo.

“T… tu che ne dici, Dorak??? Ti sembra che ci stiamo divertendo???”

“Non arrabbiarti a quest’ora della notte, tesorino, o ti verranno le rughe prematuramente.”

Aaaaaaaaaah!!!

“Lascia stare!!!” Gridai, stizzita. “Ora devo… uh?” Mi ero volta nuovamente, e mi ero trovata a fronteggiare l’ennesima pioggia di frecce di fuoco.

Era troppo tardi per parare. Schivai di lato, ma le frecce colpirono in pieno le assi del ponte, che esplosero in una moltitudine di schegge.

“Lina!”

“Lina –san!”

Venni sbalzata contro una piccola piramide di casse, che crollò sotto il mio peso. L’impatto per un momento mi tolse il fiato, e la mia vista si annebbiò. Attorno a me si levò quasi istantaneamente un muro di fiamme.

Un istante dopo, qualcuno mi stava trascinando in piedi, e lontano dal fuoco. Quando il fumo si disperse, riconobbi il profilo accigliato di Bastian.

“G- Gourry…” Balbettai, cercando con lo sguardo mio marito sul ponte devastato dal fuoco. Un istante dopo, con sollievo, lo vidi trascinarsi fuori dalla cortina di fumo. Sembrava intero, anche se zoppicava lievemente.

“Lina!” Gridò, pallido in volto, raggiungendomi. “Stai bene?”

Annuii, debolmente. Bastian mi lasciò istantaneamente andare, tanto che rischiai di caracollare al suolo. Mi volsi verso di lui per ringraziarlo, ma aveva già distolto lo sguardo.

“Dov’è la principessa?” Sibilò, scuro in volto.

“Sono qui!” Anche Amelia emerse, insieme a Dorak, dal muro di fumo. “Lina- san! Dobbiamo andarcene immediatamente!”

“Dove sono finiti quei dannati pirati?” Replicai, guardandomi cupa attorno.

“Ormai saranno fuggiti, Lina.” Fu Gourry a rispondermi. “Tu e Amelia potete usare la magia per portarci tutti via di qui?”

Scossi la testa. “Siete troppo pesanti.” Occhieggiai Dorak. “Dorak, mi spiace, ma tu dovrai nuotare. Stiamo costeggiando la terra, la riva non è lontana.”

“Ma io non SO nuotare, tesorino.” Replicò il mercenario, con calma del tutto inappropriata alle circostanze. “Ti ricordo che sono cresciuto nel bel mezzo del deserto.”

AAAAAH, perché tutte a ME???

Ero sinceramente tentata di abbandonare Dorak al suo destino, ma sapevo già che Amelia, con la sua maledetta etica, non me lo avrebbe permesso. E non potevo pensare di trascinarmi dietro da sola Gourry e Bastian fino a riva, NE’ avrei abbandonato mio marito da solo in mezzo al mare, anche se sapevo che sapeva nuotare perfettamente.

“D’accordo, ci sarà un’altra dannata scialuppa su questa dannata nave!!!”

“Sull’altro lato della nave.” Annuì Amelia. “L’ho vista oggi pomeriggio, ora che ci penso. Venite con me!”

Pregai ogni divinità che conoscevo perché la barca non avesse già preso fuoco. Le innumerevoli buone azioni del mio passato (non dite niente) dovevano aver finalmente trovato la loro giusta ricompensa, perché quando la raggiungemmo sembrava ancora integra. Balzammo a bordo e slegammo le corde che la tenevano unita alla nave, precipitando quasi a picco in mare. Temetti sinceramente che saremmo affondati per il peso dei tre guerrieri, ma la barca in qualche modo resse il colpo. Gourry afferrò i remi, e mise a frutto la sua forza bruta per allontanarci dalla nave in fiamme. Ormai se ne intravedeva solo lo scheletro, avvolto in un incandescente lucore. Dei pirati che ci avevano attaccati, nemmeno l’ombra.

“Lina.” Ringhiò la voce di Bastian, vicino al mio orecchio. Si stava stringendo convulsamente al parapetto della barca. “Che significa tutto questo? Perché quegli uomini volevano ucciderti?” Lo disse come se la colpa dell’essere obiettivo di degli assassini fosse stata mia.

“E io come faccio a saperlo???” Replicai, in tono brusco. “Li hai sentiti anche tu, no? So solo che qualcuno, una donna, li ha ingaggiati per farlo!”

“Ah, l’invidia femminile è davvero una cosa terribile…” Commentò Dorak, mancando totalmente il punto della questione. Lottai con tutte le forze per resistere all’impulso di gettarlo a mare.

“E quindi credi che subiremo altri attacchi?” Insistette Bastian.

“Non lo so!!!” Sbraitai. “So solo che se c’è un posto in cui non voglio essere attaccata quello è il mare aperto, quindi sbrighiamoci ad arrivare a riva!!!”

In accordo con i miei desideri, Gourry accelerò il ritmo dei remi. La notte attorno a noi era buia, ma in lontananza si intravedeva la massa scura delle scogliere che lungo la costa risalivano fino alla città di Talit. Dell’altra barca non si vedeva nemmeno l’ombra. Mi chiesi se sarebbe stato più saggio evocare un lighting, o se invece indicare la nostra posizione con una qualsiasi fonte di luce magica ci avrebbe resi più vulnerabili a chiunque potesse essere in agguato all’ombra delle scogliere, pronto a coglierci di sorpresa.

“Lina – san, come facciamo ad arrivare a riva?” Domandò Amelia, in tono ansioso, spezzando il corso dei miei pensieri. “Non c’è spiaggia, solo scogli. Rischiamo di andare a sbattere se ci avviciniamo troppo con questo buio.”

Non aveva tutti i torti. Il mare non era particolarmente mosso, ma era comunque rischioso avventurarsi troppo vicino alle scogliere.

“Trasporterai Dorak a riva in volo.” Decisi. “E poi scenderai di nuovo giù e penserai a Bastian, mentre io porterò Gourry.” Mi seccava dividerci, anche solo temporaneamente, ma non vedevo altre soluzioni. Avrei voluto aiutare Amelia a portare via Dorak di persona, ma volevo che almeno una di noi restasse sulla barca per fare luce, se si fosse rivelato necessario. Fermi in mezzo al mare, saremmo stati un obiettivo semplice.

“Ho capito.” Annuì Amelia. “Levitazione!” Afferrò Dorak da sotto le braccia, e iniziò lentamente a sollevarsi in volo. Mi morsi il labbro. Le sue vesti bianche spiccavano anche al buio contro lo sfondo scuro della scogliera.

Dark mist.” Sussurrai, protendendo le dita verso di lei. Istantaneamente, un’oscurità magica avvolse le loro figure. Non potevamo più scorgerla, ma lo stesso valeva per un eventuale assalitore che avesse tentato di prenderla di mira da lontano. Rimasi a fissare il buio, chiedendomi quanto le ci sarebbe voluto per risalire la parete rocciosa e tornare indietro. Stavo quasi per rilassarmi, quando la voce di Gourry risuonò, talmente colma di allarme da farmi gelare il sangue nelle vene.

“Lina.” Rivolsi lo sguardo verso di lui. Aveva lasciato i remi, e messo mano alla spada.

Oh, no, e ora cosa…

Non ebbi il tempo di terminare il mio pensiero. In un secondo, il mare che fino a un istante prima era stato piatto attorno a noi prese a ribollire. Prima ancora che potessi rendermi conto di cosa si trattava, una serie di fiotti d’acqua concentrici si mossero verso di noi, abbattendosi sulla nostra barca da ogni direzione.

Emisi un grido strozzato. La barca si frantumò, implodendo, e proiettandoci verso l’alto con una violenza inaudita. Era stato un Dolf Zook, e ci aveva colpito in pieno. Chi lo aveva lanciato doveva annidarsi nelle vicinanze, e con ogni probabilità era già pronto a sferrare un nuovo attacco.

Ray Wing!!!” Recitai, lo stomaco stretto in una sensazione che non mi capitava spesso di provare, nonostante la mia vita pericolosa. Terrore. Era buio, non sapevo chi ci stesse attaccando, ed eravamo in un terreno sfavorevole alla battaglia. In più, dovevo preoccuparmi per la vita dei miei compagni di viaggio oltre che per la mia. E non aiutava il fatto che uno di loro sarebbe probabilmente colato a picco non appena avesse toccato la superficie dell’acqua.

Mordendomi il labbro, mi gettai nella direzione in cui avevo visto volare Bastian. Gourry se la sarebbe cavata, sapevo che lo avrebbe fatto. Dovevo avere fiducia in lui, e non permettere che il mio istinto costasse la vita al cavaliere.

Afferrai Bastian per le spalle, mentre arrancava per rimanere a galla. Lo sentii sputare e tossire, mentre lo sollevavo a distanza di sicurezza dalle acque scure.

“Lina!” Rantolò, non appena riprese fiato. “Sir Gabriev…!”

Non c’era bisogno che me lo ricordasse. “Gourry!!!” Gridai, con tutta la voce che avevo. “Gourry, dove sei???”

“Lina!!!” Sentii rispondere, da oltre i resti della barca. Mi gettai in picchiata verso di lui, e lo trovai aggrappato ad una tavola di legno.

“Gourry! Stai bene???”

“Lina…” Ansimò, lottando per parlarmi senza ingoiare acqua. “Vedo un’insenatura fra le rocce, dritto davanti a te. Io nuoterò fino a lì, tu porta Bastian in cima alla scogliera. C’è la possibilità che anche Amelia e Dorak siano stati attaccati, dovete andare a vedere!”

“Non se ne parla!” Gridai, di rimando. “C’è un assassino in giro, non ti lascio qui da solo!”

“Lina, non…”

“Attenta!!!” La voce di Bastian, sotto di me, mi mise in allarme ancor prima che avvertissi il pericolo. Dal nulla, alle mie spalle, un’oscurità magica, simile a quella con cui avevo cercato di proteggere Amelia, ci avvolse. Non capii più nulla, e mi restò solo l’istinto. Schivai di lato, prima che un colpo magico dalla natura sconosciuta mi colpisse in pieno stomaco. Ma poi qualcosa mi sferzò il braccio, con tanta forza da farmi lasciare la presa su Bastian. Arrancai, e cercai di recuperarlo, ma dovetti schivare un altro colpo, che esplose da qualche parte sotto di me. L’onda d’urto mi scagliò lontano, contro la scogliera. Battei la schiena, e il colpo mi tolse totalmente il fiato.

“Lina!!!” Udii gridare, senza capire quale fosse la fonte di quella voce. Mi accasciai, scivolando su una solida base di roccia, senza più riuscire a muovermi. Da qualche parte di fronte a me si udirono un tonfo, e altre grida.

Bastian era caduto in acqua? Lui… lui non sapeva…

Il panico mi catturò. Presi fiato, a rantolai per qualche secondo, prima di riuscire a formare le parole della formula. “P… palla di fuoco!!!” Levai una mano verso l’aria, e scagliai l’incantesimo. Il fuoco squarciò le tenebre, e per un momento il mare di fronte a me fu come illuminato a giorno. Avevo colpito l’assassino? L’avevo messo in fuga? La notte era deserta. Anche Gourry e Bastian erano spariti.

“Co… co…?” Mi alzai di scatto, ma un dolore lancinante alla gamba mi assalì, feroce come una bestia selvatica che si avventa sulla preda. Doveva essere rotta. Delle lacrime istintive mi annebbiarono la vista. Ricaddi sul mio peso, e mio il volto incontrò le rocce, e quando il dolore fu tanto forte da schermarmi totalmente alla realtà la mia coscienza scattò, e io precipitai nel buio.

  
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