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Autore: TravellinJack    26/07/2014    1 recensioni
Polvere così difficile da mandare via perchè si impregna nei vestiti, nei polmoni, nei capelli. Polvere che accompagna le nostre vite dal loro inizio alla loro fine.
Non so cosa mi abbia ispirato, probabilmente film che parlano di guerra e rivoluzione, credo anche tante cose che sento alla tele e leggo sui giornali che stanno accadendo e che sono accadute. Non lo so.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' notte. L'ora non la so, non ci sono sveglie nei pressi del mio letto e nessun orologio è appeso al muro.
Riesco a malapena riconoscere i contorni dei mobili che arredano la camerata. Di fronte a me ci sono tre giacigli e un'altro è posto a qualche metro da me. Poca luce lunare filtra dalle finestre serrate creando come una patina che ferisce l'oscurità della stanza. Nell'aria è presenta odore di alcool e ruggine.
Credo di sapere dove sono ma non voglio crederci. Non posso crederci.
Sollevo le braccia alla ricerca del triangolo che mi avrebbe aiutato ad alzare il busto. Le mie dita cercano invano capisco così di dover fare tutto da sola. Ricordo cosa è successo.
Sprazzi di immagini fanno capolinea nella mia mente. Ma non so cosa è successo al corpo. Artiglio la testata del letto con una mano mentre con l'altra faccio leva sul materasso.
Mossa sbagliata, una fitta atroce mi attraversa il costato e la testa che stringo immediatamente. Una fascia mi circonda e mi copre un orecchio. Il busto è stretto da bende rigide. Non devo lasciarmi vincere dal dolore e lo sfido. Riprovo ad alzarmi e questa volta anche se con i denti digrignati e un paio di mugugni riesco ad averla vinta. Scosto le coperte e vedo che il resto del corpo non ha subito danni gravi.
Solo un grosso cerotto sulla gamba destra all'altezza del polpaccio. Ora riesco a vedere meglio.
Non sono sola in camera ma già lo sospettavo. Nel letto accanto al mio c'è una donna, non avrà più anni me.
Doveva essere molto bella in passato, come molte di noi prima che tutto questo iniziasse. I capelli castani sono crespi e pieni di polvere. Il viso è lo specchio di quello che sta accadendo, pallido, scarno e pieno di macchie causate dalla poca igiene. Un singhiozzo da uno dei giacigli di fronte al mio. Delle spalle che si muovo freneticamente su e giù. Un piccolo lamento. Non resisto e di nuovo cerco di superare la soglia del dolore mettendomi prima seduta poi in piedi. Devo avermi dato dei punti nella gamba perchè sento tirare e bruciare. Trovo un bastone per le flebo e decido di usarlo come stampella, mi avvicino al letto e mi trovo davanti un bambino che avrà più o meno tra gli otto e i dieci anni. Con estrema calma mi siedo sul suo letto e gli accarezzo il capo. Chissà cosa ne sarà di lui domani mattina. Chissà dove lo porteranno e a chi sarà affidato.
Ed è solo a questo punto che mi viene in mente delle persone che erano con me in quel momento.
Cosa ne è stato di loro? Con un moto di agitazione mi alzò e mi dirigo verso il corridoio. Il pavimento freddo mi sta congelando i piedi e il camice logoro espone il mio corpo alla polvere proveniente dall'esterno.
Polvere di macerie. Polvere di cenere. Polvere così difficile da mandare via perchè si impregna nei vestiti, nei polmoni, nei capelli. Polvere che accompagna le nostre vite dal loro inizio alla loro fine. Sul corridoio si affacciano le più diverse stanze. Sale operatorie costruite alla bella meglio che di antisettico hanno ben poco.
Però è sempre meglio che operare all'aria aperta con i cecchini che ti sparano addosso. Mentre avanzo brividi di freddo percorrono il mio corpo. Mi avvicino a una finestra per capire in che zona della città siamo. Noto che siamo all'ultimo piano del liceo. Liceo che riconosco essere quello frequentato da me solo grazie alla fontana posta di fronte all'entrata.
Mio dio come basta poco per far cambiare le cose. Quante chiacchierate sedute sul suo bordo. Quanti baci scambiati, quanti pranzi condivisi con i pesci rossi. La nostalgia di quei tempi belli e brutti allo stesso tempo mi lascia sconvolta. Come è potuto accadere tutto questo?? Mordendomi le labbra continuo il mio viaggio.
Non incontro nessuno. Ne infermieri, dottori o altri malati. Strano ma non mi soffermo più di tanto.
Vorrei entrare in ogni stanza e controllare in ogni letto se ci sono le persone che cerco ma non ne ho la forza. L'idea di non trovarle è troppo spaventosa in questo momento e non so se riuscirei a sopportarla. Trovo come ricordavo la porta di emergenza che da su un piccolo terrazzo da cui partono le scale fino al piano terra.
Quante sigarette fumate illegalmente.
Una volta uscita mi appoggio al muro e lentamente mi faccio scivolare fino ad essere seduta. Ridacchio pensando alla fatica che farò per rialzarmi ma non mi importa. Sono fuori a respirare aria fresca per quanto possa esserlo. Niente stelle e luna per me stasera. Anche il cosmo si è chiuso su se stesso.
La porta cigola e un uomo fa capolinea. Ci fissiamo per quello che sembra un secolo. Ha le braccia completamente bendate e si intravede solo la punta delle dita. Anche la gamba sinistra non è conciata bene piena di graffi e lividi. Gli occhi sono talmente scuri che pupilla e iride sono quasi una cosa sola. Sospira alzando la testa e scruta il cielo. Quel cielo vuoto e senza fine come la nostra sofferenza, come la nostra disperazione ma anche come la nostra speranza.
  
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