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Autore: HZLNL_1D    26/07/2014    12 recensioni
Dopo aver avuto soltanto delusioni, tendi sempre a stare sulle tue, a mantenere una certa distanza dalle persona, qualsiasi rapporto ci sia, tendi a mantenere una certa distanza da tutto quello che potrebbe procurarti altro dolore.
Ti abitui alla solitudine, oltre a quella esteriore, anche a quella interiore, che è peggio.
Impari a fare affidamento solo tu stesso.
È così la vita: ti toglie e ti da.
Sta a te trovare un modo per sopravvivere.
Qualcuno, per cui sopravvivere.
_______________________________
Dicono che gli opposti si attraggono.
Ma se per una volta, fossero due persone apparentemente diversi ma così profondamente uguali ad attrarsi?
Dalla storia:
"Allora, vado così ti lascio sola."
"Tanto ci sono abituata."
"Ok, vado."
"Ho detto che ci sono abituata, non che mi piace."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You’re like a fire. 

-Cosa sta succedendo qui?! Esigo una spiegazione, adesso!- la voce del preside Brooks ruppe il silenzio creato da lui stesso. 
Tutti i ragazzi che poco prima assistevano alla rissa, si dileguarono abilmente. Gli unici rimasti furono Calum, Haley, Ashton e David. 
La loro attenzione era rivolta al preside, affiancato da un agente di polizia. 
-Irwin, ci si rivede.- disse il preside, con voce severa. 
Il ragazzo strinse la mano destra in un pugno, mentre con l’altra cerco di asciugarsi il sangue che usciva dal labbro spaccato.
Haley si voltò a guardare David,vedendo il suo il viso sofferente ma quel sorriso impertinente ancora sul volto.
-Signorina Bennet, non mi aspettavo di trovare proprio lei qui.- questa volta il preside si rivolse alla ragazza, con un tono di voce meno severo e più apprensivo.
-Bennet e Hood non sono coinvolti in questa storia.- la voce di Ashton sorprese tutti, anche il preside.
-Bene Irwin, allora vuole dirmi lei, o il signorino Lowry, cosa sta succedendo? Cosa avete in mente? Volete una sospensione per caso? Perché ci sono molte probabilità che l’avrete.- 
Nessuno emise un singolo suono.
Haley rimase in silenzio, ad osservare il biondo. 
I suoi lineamenti erano tesi e la sua mascella contratta. Le mani strette in due pugni e lo sguardo fisso a terra. 
Le labbra erano rosse e con alcuni tagli, con ancora del sangue su di esse.
-David Lowry, mi segua in presidenza. Irwin, lei vada in infermeria con la signorina Bennet e dopo raggiunga me e Lowry in presidenza. Hood, torni subito in classe.- queste furono le ultime parole del preside Brooks, prima che rientrasse dentro l’edificio seguito da David. 

Gli unici a muoversi furono loro. 
Ashton rimase immobile dove si trovava, ancora con lo sguardo fisso a terra, mentre Haley lo fissava senza rendersene conto.
-Haley, credo tu debba portare Ash in infermeria.- le sussurrò incerto Calum.
La ragazza annuì distrattamente, mollando poi la mano del ragazzo, che si rese conto di aver stretto fino a quel momento solo allora. 
Ashton si girò di scatto verso la ragazza, che si avvicinava a lui con passi inceri.
Nessuno dei due proferì parola. Entrarono entrambi dentro l’enorme edificio, prendendo il corridoio che portava all’infermeria.
Quando arrivarono, il biondo si fermò sulla porta, bloccando il passaggio.
Haley se lo ritrovò a due centimetri dal viso, ancora una volta. Indietreggiò velocemente, senza neanche rendersene conto.
-Non occorre che tu stia qui, vattene.- ringhiò il ragazzo, con uno sguardo freddo.
Haley ignorò le parole del ragazzo. Si prese di coraggio e scansò il braccio di quest’ultimo, per poi aprire la porta ed entrare nella piccola stanza. 
Le pareti erano di un azzurro chiaro e la finestra, coperta da una tenda bianca, lasciava entrare un po’ di luce.
Contro la parete c’era un lettino, dove Ashton andò a sedersi.
-C’è qualcuno?- chiese Haley, cercando di rendere la sua voce più udibile che potè. Ma la situazione non l’aiutava.
Era in una piccola stanza, con lo stesso ragazzo che settimane prima l’aveva chiusa in un’aula e minacciata.
-C’è qualcuno!?- ripeté ancora, cercando di ignorare lo sguardo del biondo che le bruciava addosso e sperando di vedere entrare qualcuno nella porta adiacente a loro.
-Ti sembra ci sia qualcuno?- sbottò Ashton, facendola sobbalzare.
Haley fece finta di niente e si avvicinò a passo svelto al mobiletto di fronte al lettino su cui era ancora seduto il ragazzo.
-Cosa stai facendo? Senti, ti ho già detto di andartene.- la voce di Ashton risuonò brusca nella stanza.
Nonostante Haley non gradiva la sua compagnia, decise di non dargli ascolto. Poteva benissimo andarsene per la sua strada e lasciarlo lì a cavarsela da solo, ma non lo fece. Si sentiva in debito con lui e sentiva che questo era un modo per ripagarlo, almeno in parte se non del tutto.
Aprì le ante del mobile bianco, non sicura di trovare lì ciò che le serviva, infatti aprì l’anta sbaglia.
-Nel mobile accanto, l’anta sinistra.- la voce del biondo le diede brevi istruzioni, con un tono di voce scocciato.
Haley rimase ancora in silenzio e seguì le indicazioni del ragazzo. Aprì l’anta sinistra e trovò ciò che le serviva: disinfettante, bende e cerotti.
Si avvicinò al lettino e si fermo a due passi dal biondo, incerta sul da fare. 

Ashton rimase in silenzio, a fissarla. Stava attento ad ogni sua mossa. Il suo sguardo era gelido e Haley sentiva bruciare ogni centimetro della sua pelle che il ragazzo fissava, ma cercò comunque di non apparire intimorita da lui e dai suoi occhi verdi. 
Avrebbe medicato le sue ferite e poi se ne sarebbe andata, senza stare un altro minuto in più in quella stanza.

Sospirò cercando di apparire indifferente, ma il suo passo incerto la tradì mentre si posizionava tra le gambe del ragazzo.
Prese una benda e dopo averla bagnata con del disinfettante, allungò il braccio nel tentativo di arrivare al viso del biondo, che però con una mossa veloce la prese per il polso, bloccandole la mano a mezz’aria.
-Cosa credi di fare?!- le disse brusco, stringendo la presa.
-Cosa credi stia facendo? Vedi qualcun altro disposto a medicarti le ferite? Beh, credo proprio di no.- rispose atona, strappando il polso dalla presa ferrea del biondo e poggiando la benda sullo zigomo del ragazzo.
Fece la stessa operazione sul taglio nel sopracciglio destro, su quello nella guancia e in quello sulla fronte.
Buttò le bende sporche, per poi riavvicinarsi al biondo e coprire i tagli con dei cerotti.
Haley incrociò i suoi occhi azzurri con quelli verdi-dorati del ragazzo. Le si mozzò il fiato.
Era bello, anche con il volto pieno di lividi e tagli.
Sentì il respiro caldo del biondo sul suo viso e finalmente riuscì a distogliere lo sguardo.

Anche Ashton sembrò essersi ripreso da chi sa quale stato di trance quando con un piccolo salto scese dal lettino, con l’intenzione di uscire dall’infermeria.

Haley gli si piazzò davanti. Poggiò una mano sul petto del ragazzo, impedendogli il passaggio.
-Cosa vuoi ancora!?- urlò il biondo, facendola sobbalzare.
Il viso di Ashton era teso, lo sguardo furioso e i suoi occhi cupi. 
Era arrabbiato, ma Haley non riusciva a spiegarsi questo suo comportamento. Lei voleva solo aiutarlo, anche se nessuno l’aveva costretta, ma voleva farlo.
Lei era abituata così: non avrebbe mai negato un aiuto a nessuno, nemmeno a qualcuno che ha provato a farle del male o che le fa paura. 
Non è quel tipo di persona. Solo per il semplice fatto che sa cosa significhi avere bisogno di aiuto e non avere nessuno disposto ad aiutarti. 

Ashton abbassò lo sguardo sul suo petto dove la ragazza teneva ancora la sua mano, che però ritrasse non appena si rese conto di ciò che aveva fatto.
La ritrasse con un gesto fulmineo, come se avesse toccato del fuoco.
E in quel momento la ragazza pensò che Ashton, fosse proprio il fuoco. 
Il fuoco da cui bisogna stare lontani, con cui non bisogna giocarci o rischi di rimanere scottata. E nessuno si avvicina al fuoco se non ha un motivo valido per bruciarsi. 
-Non… non abbiamo finito. Devo… il taglio sul labbro…- tentò di esporre le sue intenzioni in una frase di senso compiuta, ma fallì miseramente presa dall’agitazione, che aumentò quando le mani del biondo furono sui suoi fianchi spingendola contro la parete.
-Cosa? Ti piacerebbe ancora toccare le mie labbra, Bennet? Ti mancano?- le soffiò sul collo, provocandole una serie di brividi lungo la schiena.
Il corpo di Haley era incastrato tra il corpo del biondo e la parete azzurra.
Non riuscì a controbattere le parole del biondo. 
Ancora una volta, le immagini delle labbra del ragazzo sulle sue tornarono imperterrite a scorrere nella sua testa.
Quelle labbra ben definite e morbide. 
Non riusciva ancora a capire perché non avesse provato a respingerlo, ma fu ancora confusa quando si ritrovò a pensare che non l’avrebbe fatto nemmeno adesso se lui avesse provato a ripetere la scena.

Furono le parole del ragazzo, a farla riprendere ancora una volta dai suoi pensieri. 
-Se proprio non riesci a starne lontana, basta dirlo…- le sussurrò a un centimetro dalle sue labbra.
I loro nasi si toccavano, i loro respiri si confondevano.
Le labbra del biondo sfiorarono le sue più volte e quando sembrò che stesse per baciarla, la porta si aprì mostrando una donna anziana in divisa ospedaliera, che consisteva in una casacca bianca.
-Ragazzi… avete bisogno di aiuto?- disse sorridendo, facendo finta di nulla.
Ashton si allontanò lentamente dalla ragazza, sbuffando scocciato. Si passò una mano tra i ricci biondi e dopo aver dato una sistemata alla bandana, rivolse uno sguardo di fuoco ad Haley per poi andarsene senza dire una sola parola.

La signora entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
La ragazza era ancora immobile, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Il fatto di perdere la parola e la capacità di muoversi ogni volta che il biondo le era così vicino, la infastidiva.
Odiava dimostrarsi così vulnerabile e debole di fronte a lui.
Un sospiro di frustrazione le uscì dalle labbra e in quel momento si accorse della signora che la guardava apprensiva e con un sorriso sulle labbra.
-Mi scusi… noi stavamo… Stavo medicando le sue ferite e.. mi dispiace per il suo comportamento.- concluse in fretta Haley, per poi dirigersi a passo svelto verso la pota.
-Non si preoccupi signorina…- la voce della donna la fermò.
-Haley.-
-Haley. Stia tranquilla, conosco Irwin. Capita spesso qui in infermeria.- disse la signora, e Haley capì perché il ragazzo sapesse bene dove si trovassero le cose.
-Ah, immaginavo.- rispose Haley, ancora imbarazzata.
-Eh si, Irwin è un tipo… vivace.- disse la signora, per poi lasciarsi andare ad una leggera risata.
Haley le sorrise. Era una signora gentile e da come parlava di Ashton, sembrava conoscerlo da tanto tempo.
-Lei conosce Ashton da molto?- le chiese, allontanandosi dalla porta e avvicinandosi di più a lei.
Si avvicino al mobile sotto la finestra e si appoggiò.
Non sapeva perché stava chiedendo di Ashton a quella signora, non gli interessava di lui o per lo meno, non avrebbe dovuto interessarle nulla che riguardasse il biondo.
Dopo il loro primo incontro, Haley pensò che Ashton fosse una di quelle incognita che odiava tanto nella matematica. 
Ma ora, dopo quel sabato sera, si ritrovava a pensare che forse sarebbe l’unica incognita che potrebbe provare a risolvere. 
-Conosco Ashton da quando era molto piccolo, ma lui non lo sa. Io conoscevo… suo padre.- le disse piano la donna anziana, quasi non volesse farsi sentire da nessuno.
La sua voce era tremante e lo sguardo perso nel vuoto. 
Gli occhi velati da uno strato di tristezza e malinconia.
Perché la donna stava reagendo così?
-Signora…- Haley si fermò, rendendosi conto che non sapeva il nome della signora.
-Clara, chiamami Clara tesoro.- 
-Clara, sta bene?- chiese incerta, avvicinandosi di qualche passo.
La campanella suonò, segnando la fine dell’ultima ora di scuola. 
-Si, sto bene. Ora credo sia meglio che corri in classe.- le disse la signora, sorridendole dolcemente.
-Si, vado. È stato un piacere parlare con lei Clara, a presto.- Haley ricambiò il sorriso, per poi avviarsi a passi svelti verso la porta.
-Sei una ragazza fantastica Haley, ricorda: non tutte le cose negative sono brutte … da uno sbaglio può sempre nascere qualcosa di bello.- le sorrise. Un sorriso che una mamma rivolge a una figlia, un sorriso che una nonna rivolge al nipote. Un sorriso caldo, pieno d’affetto e sincerità.
Haley quella signora la conosceva da nemmeno dieci minuti.
Quella signora dagli occhi verde-dorato, molto simili a quelli di Ashton.
Ma quella frase. Quella frase l’aveva colpita. Non aveva capita a cosa Clara si riferisse, ma non fece altro che pensarci su fino a quando andò a sbattere contro qualcuno.
-Oh… scusa.- Haley alzò lo sguardo, incontrando così due occhi scuri che la fissavano preoccupati. -Calum, sei tu…- 
Haley guardò di fronte al moro e incontro, ancora una volta, quello sguardo freddo.
-Stavo cercando te. Hai lasciato la tua borsa fuori e l’ho portata con me.- Calum le porse la borsa, ma Haley era impegnata a guardare il biondo contrarre la mascella.
-Haley… -
-Ah, si. Grazie Calum.- Haley si sentì una stupida. Quel ragazzo la distraeva troppo facilmente. -Ci vediamo domani?- chiese al moro, cercando di ignorare lo sguardo di fuoco che Ashton le stava rivolgendo.
-Senti se non ti dispiace, prima che tu venissi a disturbare, io e Calum stavamo parlando.- la voce fredda del biondo, le fece ribollire il sangue nelle vene.
Avrebbe tanto voluto dirgliene di tutti i colori, ma sapeva che una volta incontrati i suoi occhi, non sarebbe riuscita a rivolgergli una parola, tanto meno un insulto. Così lo lascio perdere, continuando a guardare Calum che annuì alla sua domanda.
-Ok, a domani allora.- gli rivolse un piccolo sorriso e dopo essersi alzata sulle punte gli lasciò un bacio sulla guancia.
-Lascia perdere Ashton, è fatto così.- le sussurrò Calum nell’orecchio, per poi sorriderle e vederla andare via.

-Non guardarmi in quel modo, sai che non funziona. Non mi farai sentire in colpa.- lo sguardo serio e l’atteggiamento da tipo irremovibile del biondo, fecero arrendere Calum.
Ashton si levò la bandana, lanciandola disordinatamente nel divano beige. 
-Ashton, ormai la conosciamo abbastanza bene da sapere che non ti caccerà nei guai. Se avesse voluto parlare, l’avrebbe fatto già da un pezzo. E poi non sa nulla. Ti ha solo visto coinvolto in più risse, nulla di più. Ma se tu continui a comportarti così, la spingerai a porsi delle domande. Ti caccerai da solo nei guai. Magari questo è un segno ed è la volta buona che la smetti con i tuoi “affari” una volta per tutte!- Calum gli si piazzò davanti, cercando di farlo ragionare.
Ashton si buttò con nonchalance sul divano, perso nei suoi pensieri. 
Ignorò del tutto l’ultima frase del migliore amico, concentrandosi però su tutto il resto. 
Per quanto potesse dargli fastidio ammetterlo, Calum aveva ragione, fottutamente ragione e non era nella posizione di negare.
Ormai la vedeva quella voglia di sapere negli occhi della ragazza. 
L’aveva vista la prima volta in quell’aula, poi di nuovo nel parco e anche quella mattina nel corridoio. 
Lui sapeva che la ragazza voleva sapere, voleva delle risposte. Ma di certo non sarebbe stato lui a dargliele. L’idea non gli aveva nemmeno sfiorato la mente. 
Sapeva che la colpa era la sua. Si era accanito su di lei, senza ritegno. Lei era inconsapevole di tutto ciò, ma Ashton lo sapeva solo adesso con sicurezza. 
Ma adesso lei aveva visto altrettante cose e non poteva permettersi di cacciarsi nei guai.
Il fatto che lei e l’agente Bennet avessero un qualche legame, di cui Ashton ancora non aveva capito nulla, non andava bene.
Si sarebbe tenuto lontano da lei, era questa la cosa giusta da fare.
Avrebbe potuto cominciare da quella mattina stessa e le sue intenzioni erano quelle. Ma poi lei l’aveva rincorso, quasi rise al pensiero di lei che lo rincorreva.
Eppure era convinto di farle paura. Ma lei era lì quella mattina e voleva ringraziarlo. 
Che cosa stupida. 
E lui si comportò in maniera altrettanto stupida, baciandola.
Lo sapeva, il suo gesto non aveva alcun senso, se non lo scopo di zittire la ragazza in preda alla rabbia. 
Non sopportava di sentire qualcuno parlargli in quel modo.
Ma quella vicinanza a lui non era dispiaciuta per niente. 
Quelle labbra morbide, avrebbe continuato a baciarle ancora.
Si maledì per quei stupidi pensieri, ma le immagini di lei che medicavano le sue ferite si fecero spazio nella sua mente. 

Perché? Perché si ostinava ad essere gentile con lui? 
Ashton non poteva fare a meno di porsi queste domande, anche se era sicuro di sapere il motivo della sua gentilezza.
Si sentiva in debito con lui, solo perché l’aveva salvata da quel bastardo di Noel.
Ma quello l’avrebbe fatto in qualunque caso, di qualsiasi ragazza si trattasse.
Era vero che fosse uno schifo di ragazza, ma aveva dei limiti.
Lui alle ragazze non avrebbe mai fatto niente del genere. E poi quel viscido di Noel, a parere di Ashton, aveva ancora molto da scontare e il fatto che suo padre lavorasse nella polizia non gliene importava. 

I pensieri del biondo tornarono ad Haley, arrivando alla conclusione che quella ragazza fosse un rebus per lui.
Un’incognita. Di cui non gliene sarebbe dovuto importare nulla eppure era lì a cercare di risolverla.
L’unica cosa che sapeva per certo era che lei non avrebbe parlato, nemmeno su quel poco che aveva visto.
Quindi sarebbe potuto stargli semplicemente alla larga, ma si ritrovò ad ammettere a se stesso che stargli intorno e darle fastidio lo divertiva. 
Si sentiva quasi come uno psicopatico, ma i comportamenti della ragazza in sua presenza lo attiravano.
Era strana, diversa.
Un attimo prima puoi terrorizzarla e minacciarla, ma l’attimo dopo sarebbe disposta a farsi in due pur di aiutarti.
C’era qualcosa in lei che lo incuriosiva, anche se continuava a ripetersi che fosse solo una delle tante stupide ragazzine, finte innocenti. Nessuna sarebbe potuta essere così speciale, come la sua Kimberly.

La ragazza rossa, con le lentiggini sul viso, cominciò ad occupare i suoi pensieri e i suoi occhi si coprirono di uno strano velo che offuscava la sua vista e cominciò a sentire quel fastidioso nodo alla gola che ignorava da anni.
Scosse la testa e rivolse uno sguardo interrogativo al moro, che lo fissava nel tentativo di capire cosa gli passasse per la testa.
-A cosa pensi?- gli chiese.
-Uh guarda, programma interessante.- disse deciso Ashton, fermandosi sul primo canale che gli capitò. Sperando di far arrivare il messaggio all’amico.
-Pensavi ad Haley?- insistette Calum.
-Smettila di dire cazzate, perché mai dovrei!?- ringhiò il biondo.
-Non lo so, lei lo fa ultimamente.- disse Calum, facendo spallucce. 
-Stavo pensando a Kimberly.- ammise Ashton, cercando di respingere quella voglia di chiedere a Calum di più su quello che la ragazza dagli occhi azzurri gli riferiva.
-Ash, manca anche a me. Manca ogni maledetto giorno. Ma vado avanti e dovresti farlo anche tu. Altrimenti finirai con il distruggerti.- il ragazzo era serio, approfittò del momento per cercare di aiutare il suo migliore amico. Erano poche le volte che Ashton si apriva con lui su questo argomento.
-Cosa importa? Soprattutto, a chi importa? Non ho più nulla per cui resistere.- il tono di voce atono, copriva i suoi veri sentimenti.
-Non è vero. Come puoi dirlo? C’è tua sorella Ash e ci sono io. Noi abbiamo bisogno di te.- Calum si alzò dal divano, avvicinandosi di più a lui.
-Io… credo che sia ora di andare. Mia madre sarà a casa a momenti e sai che non sarà un bello spettacolo vederci insieme.- Ashton si maledì mentalmente per non essere riuscito a ringraziare il suo amico. Era davvero quello che voleva fare. Voleva ringraziarlo per non averlo lasciato, nonostante le sue costanti cazzate e sbalzi d’umore. 
L’unica cosa che era riuscito a fare invece, era stata mandarlo via. 
-Ci vediamo domani Ash.- Calum gli sorrise, per poi uscire da quella piccola villetta bianca, affiancata alle altre.
Non se la prese per il comportamento di Ashton, lui era abituato. Sapeva che Ashton gli voleva bene ed era grato a lui per il suo aiuto, il  fatto che non riuscisse ad esprimerlo a parole non era un problema per Calum.
Non erano i ringraziamenti che voleva, quello che voleva era riuscire ad aiutare il suo amico ad andare avanti. A tornare l’Ashton di una volta.


Una ventina di minuti dopo l’uscita dell’amico, Ashton sentì la porta di casa sbattere e due voci differenti spezzare il silenzio creatosi in quelle mura.
-Ashton!- una voce delicata, si disperse per tutta la casa. Un tono spensierato ed ingenuo, appartenente ad una bambina di sei anni.
Ashton aprì di corse la finestra della sua camera, per far passare l’aria. Buttò quello che era rimasto, ovvero solo il filtro, dalla finestra.
Corse al piano di sotto, vedendo le due figure in giro per la cucina.
Una bambina con i capelli biondo cenere, minuta e con un vestitino azzurro a fiori, gli corse in contro saltandogli tra le braccia.
-Lottie.- il ragazzo lasciò un bacio sulla fronte della piccola, mentre lei gli raccontava elettrizzata della sua piccola avventura con l’amichetta di scuola.
Ashton annuiva, rivolgendogli di tanto in tanto sorrisi mentre però il suo sguardo spento osservava una donna sulla quarantina, che apriva e chiudeva tutte le ante della cucina freneticamente.
-Dove diavolo è!- urlò Kirsten, sua madre.
-Dove l’hai lasciata prima di uscire!- ricambiò Ashton, con un tono di voce duro.
Sua madre era l’ennesima delusione della sua vita.
Insieme a suo padre.
Sua madre gli rivolse qualche insulto, che terminò quando riuscì a trovare la bottiglia semivuota di Vodka.
-Lottie, che ne dici di andare di sopra? Tra un po’ ti raggiungo e finisci di raccontarmi.- gli disse, cercando di mantenere la calma.
-Ma io devo ancora finire…- la voce della piccola fece capire ad Ashton che era sull’orlo delle lacrime e si sentì in colpa.
Ma non poteva far vedere alla piccola, la propria madre che si rovinava con le sue stesse mani.
-Lottie, ti prometto che se sali su, tra un po’ vengo e giochiamo tutto il tempo insieme.- gli rivolse un sorriso, uno di quei sorrisi sinceri che ormai rivolgeva solo a lei.
Pieni di affetto. 
Lottie era ciò che gli era rimasto della sua famiglia.
La piccola gli sorrise felice, per poi scendere dalle sue braccia e salire di corsa al piano di sopra.
Quando Ashton vide scomparire la chioma biondo cenere dietro la porta della sua stanza, tornò a prestare attenzione alla donna che ora fumava sul bancone, con una mano occupata da quella che era una canna e l’altra dalla bottiglia di Vodka.
Ed ecco che cominciava la solita routine.

Mentre la voce di Avril Lavigne suonava tra le mura della stanza di Haley sulle note di “When You’re gone’’, la ragazza pensò che non ci fosse canzone più adatta al momento.
Era proprio in sintonia con il suo animo.
Mentre canticchiava le parole di quella che era una delle sue canzoni preferite, Haley continuava a pensare alla sua vita.
Pensò che sembrasse quella di un film, ma uno di quei generi horror. Se non proprio horror, drammatico.
Da quando aveva lasciato la Richmond High School, un vuoto nel petto l’aveva seguita fino a casa. Ed era ancora lì. 
Nonostante nella sua vita fossero entrate due persone fantastiche, Calum e Abbie, si sentiva vuota. 
In quel momento l’unica cosa di cui aveva bisogno era di parlare con Janelle, ma non riusciva a rintracciarla. 
Avevano parlato poche ore prima, ma le era sembrata distaccata.
Le risate che continuava a mandarle la ragazze, le sembrarono false. Sentiva che qualcosa non andava.
E anche in lei qualcosa non andava.
Sentiva una strana sensazione, di solitudine e paura.
Aveva paura di tornare ad essere sola, in questi giorni si sentiva meno sola grazie a Calum e Abbie.
Ma aveva la costante paura che anche loro potessero andare via, così come Janelle.
Le persone avevano il vizio di andarsene, di allontanarsi da lei. Ma non voleva che anche quelle tre persone lo facessero.
Per lei erano davvero importanti.
Sentiva di star recuperando quegli amici persi dopo la morte dei suoi genitori.
E poi c’era un’altra persona che con prepotenza, s’insidiava tra i suoi pensieri.
Ashton.
Quegli occhi e quelle labbra proprio non riusciva a non pensarle. Lei credeva di non sopportarlo, credeva di aver paura di lui. Ed era ancora così. Quei sbalzi d’umore la spaventavano, ma quegli occhi era come se la chiamassero.

-Haley, c’è qualcuno per te!- la voce di Josh arrivò alle sue orecchie, riuscendo per miracolo a sovrastare la voce di Avril Lavigne.
Saltò giù dal letto e mentre scendeva di corsa le poche scale che la separavano dal piano di sotto, cercò di sistemarsi la coda che teneva i suoi capelli all’insù.
La figura di Josh, affiancata a quella di Calum, la fecero sbiancare di colpo.
Sapeva che Josh era a conoscenza dell’amicizia tra il moro e Ashton, e per qualche assurdo motivo cominciò ad agitarsi.
-Calum.- sorrise Haley, mentre cercava di capire se Josh fosse d’accordo per tutta la situazione o meno, ma non sembrò arrabbiato o teso.
-Haley, spero di non disturbare.- rispose Calum, gentilmente.
-Ok, io devo andare. È stato un piacere parlare con te Calum. Haley, mi raccomando: ricorda le regole principali.- Josh le diede un veloce bacio sulla fronte, per poi prendere la sua giacca e uscire di casa. Lasciando soli i due ragazzi.

-Come mai questa sorpresa?- gli chiese Haley, cercando di far andare via quella tensione che aveva provato fino a qualche secondo fa.
-Mi trovavo da queste parti e ho pensato di passare.- disse facendo spallucce, omettendo il fatto che fino a qualche minuto fa si trovasse a sole tre traverse dalla sua, nella casa del biondo.
Salirono al piano di sopra, nella stanza della ragazza.
Parlarono del più e del meno, come due vecchi amici.
E quella sensazione di solitudine, sparì completamente lasciando spazio ad un Haley sorridente e spensierata, fino a quando il suo telefono squillò interrompendo le risate sue e del moro.

Era un messaggio, da parte di Janelle.
Non era così che volevo dirtelo, ma… Domani vieni a prendermi all’aeroporto? 
Ti voglio bene ♥
Jane xx



_________Spazio autrice_____________
Ok, siete libere di odiarmi. ♥
Giuro, non volevo ritardare così tanto ma… boh, questo capitolo è stato un parto e tra l’altro fa schifo.
Sono davvero delusa da me stessa lol
Allora, sempre che voi non mi abbiate abbandonato -spero vivamente di no, perché vi amo lo sapete- prego Allah che questo capitolo vi piaccia.
Fatemi sapere. Anche se vi fa schifo, ditemelo chiaramente, perché tanto sono la prima a pensarlo.
Anche se so che non è una buona scusa, oltre al fatto che non sapevo cosa scrivere in questo capitolo -che alla fine è un capitolo di passaggio eh-, sono stata presa dal trailer per questa storia.
È stato un parto anche lui e ancora non sono nemmeno sicuro che sia visibile a tutti, ma comunque vi lascio il link. In caso lo sistemo prossimamente. Se si vede, fatemi sapere cosa ne pensate.
Ah, nel capitolo ho dovuto togliere alcune parti che però ci saranno nel prossimo capitolo, altrimenti sarebbe venuto troppo lungo e pesate. Mi scuso per eventuali errori nel testo.
Ora evaporo, perché già ho fatto il capitolo troppo lungo, sperando che non vi annoi. 
Fatevi sentire, ci tengo al vostro parere. ♥
Baci,
Giada
  
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